Sento i muscoli rigidi e il sonno profondo che fino a quel momento mi aveva avvolto come una soffice coperta mi abbandona ad un rumoroso e brusco risveglio mattutino.
Sono stesa sulla panchina, esattamente nella stessa posizione in cui mi ero addormentata, il che è molto strano dato che di solito sono abbastanza agitata mentre dormo.
Mi metto a sedere molto lentamente, così da ridurre il dolore causato dalle fitte che ormai avevano preso possesso delle mie gambe (provocate dalla corsa di ieri e probabilmente anche dalle continue posizioni scomode assunte).
Mentre cerco di riprendermi dal solito “rincoglionimento” mattutino, i miei occhi tentano di mettere a fuoco combattendo anche con l’improvvisa luce del giorno.
Mettendo una mano sulla fronte per farmi un minimo di ombra riesco a scorgere delle figure in lontananza nonché la causa del gran chiasso che mi ha svegliata.
Sbuffo rendendomi conto che il parco si sta riempendo di bambini urlanti e decido così che è arrivato il momento di riprenderei il “viaggio” (se così si può definire).
Con i palmi delle mani cerco di aggiustarmi un minimo i capelli, che sembrano ormai aver vita propria, e furtivamente mi cambio la maglietta mettendomene una totalmente a caso presa dallo zaino.
Mi alzo in piedi e, dopo aver preso un respiro di incoraggiamento, cerco quella poca determinazione che ancora mi era rimasta.
“Bene! La notte è passata rapida e indolore, ora devo solo cercare qualcosa da mangiare e un posto dove stare, facilissimo!” Dico con una certa ironia che basta però a smuovermi e farmi iniziare la giornata con un po' di spirito.
Mentre mi aggiro per le strade della città getto delle occhiate veloci alle persone intorno a me per vedere se qualcuno mi avrebbe in un certo senso potuta aiutare.
La gente però non sembrava essere molto caritatevole, alla mia vista apparivano tutti presi da loro stessi e mi trovavo ad essere ripetutamente rifiutata.
Quando penso di aver perso le speranze, però, vedo una donna, insieme ad una bambina che si tengono per mano… in quel momento ho come un lampo di speranza e penso che magari mi avrebbe ascoltata,; essendo una madre proverà un minimo di compassione (?) per me.
Faccio per tendere la mano sulla sua spalla quando improvvisamente la mia mente viene invasa da un brutto presentimento: e se il problema fossi io? E se in realtà mi vedessero come una minaccia? Dopotutto sono una sconosciuta per loro…
Può sembrare un pensiero eccessivo ma riflettendoci sù se dovessi trovarmi al posto di uno di loro non mi sarei fidata minimamente.
Abbasso lo sguardo e ritiro la mano che prima avevo teso verso la donna…
“Qui la gente è continuamente esposta a criminali e mostri… per forza non si fidano di nessuno… a meno che non siano degli eroi..” penso.
Cavoli, non credevo che sarebbe stato così deprimente sentirsi soli.
Ho fame, il mio stomaco si sente da metri di distanza, sono abbandonata a me stessa e il sole inizia a dar fastidio man mano che si avvicina mezzogiorno.
Ad un tratto noto uno di quei carretti dei venditori di hot dog e mi viene un’idea.
“Se la gente è costantemente sull’attenti posso ricavarci un vantaggio”.
Dallo zaino prendo una delle mie felpe larghe che ero solita mettere e la indosso avvicinandomi cauta al carretto.
Il venditore era un uomo sulla mezza età con dei capelli ricci neri e un paio di folti baffi.
“Ha bisogno di qualcosa signorina?” Mi chiese educatamente l’uomo.
Subito io, mentre stavo per rispondergli, finsi di vedere qualcosa di spaventoso nel vicolo cieco che si trovava alle spalle dell’uomo.
Lui non ci cascò subito e mi guardò con fare stranito “C’è qualcosa che non va?”
La folla era diminuita notevolmente (perché era ora di pranzo) e ciò mi permetteva di scappare più liberamente.
A quel punto, con l’espressione più scioccata che potessi fare in quel momento (e le mie “grandi doti” da attrice), punto il dito verso un angolo a caso del vicolo come se ci fosse chissà quale mostro in agguato.
L’uomo, inizialmente confuso, si gira di scatto e, dopo aver visto che non c’era niente di così strano, si volta di nuovo verso di me quando ormai era troppo tardi.
Avevo preso due panini vuoti e me li ero messa nelle tasche per poi mettermi a correre come una matta con, ovviamente, il cappuccio alzato (cavoli, non pensavo che questo vecchio trucchetto del “oh guarda lì” funzionasse ancora).
“Mi scusi tanto e grazie!” urlo…un po' mi spiace per lui ma può benissimo sopravvivere con due pezzi di pane in meno no?
Tengo rigorosamente lo sguardo avanti e continuo a correre fino a quando non mi ritrovo a dover girare bruscamente per non essere presa da una macchina.
Pochi istanti dopo sbatto contro qualcuno (dannato cappuccio) e l’urto è tale da farmi cadere a terra.
“Maledizione” mormoro tra me e me. Mi rialzo e non oso volgere lo sguardo verso a chi, un istante prima, sono andata addosso.
Mi limito a mettere il pezzo di pane che si era salvato in tasca spiccicando appena due parole:
“M-mi scusi” dico a testa bassa e, quando faccio per riprendere a camminare sento una stretta sul braccio.
“Non credevo che il pane fosse gratis”.
…beccata.
Merda…era estremamente umiliante.
Alzando lentamente lo sguardo noto che colui che mi sta parlando è un ragazzo più alto di me dalle iridi di un marrone abbastanza scuro da confondersi con la pupilla e
…. affetto da calvizia?
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『Ed ecco qui un secondo capitolo inventato sul momento (sì perché magari mi vengono mille idee in mente ma quando vado a scrivere mi suona tutto stupido e finisco per fare cambiamenti drastici c:)
Non so se il risultato sembri troppo noioso o che magari i pensieri dell’oc siano…come dire…eccessivi.
L’unica cosa che voglio è scrivere una brutta storia su uno dei miei anime preferiti.
Sappiate che ci ho provato e se avete qualcosa da dire o correggere non esitate a farlo, non vi mangio mica c:』