Serie TV > La Spada Della Verità
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Autore: 50shadesofLOTS_Always    20/10/2016    0 recensioni
Dal testo:
'‘Ma da quando era tornato da quel misterioso viaggio nelle Terre Centrali, qualcosa era cambiato in lui. Gli occhi grigi erano spenti e il sorriso raramente colorava il suo volto. Tutti al villaggio si chiedevano cosa gli fosse accaduto, ma lui continuava a ripetere le solite frasi cortesi, dal cipiglio nervoso.’'
Richard è tornato, da circa un anno e mezzo, a vivere nella propria terra. Fra le alte sequoie e gli abeti del balsamo, lontano soprattutto dalla magia, ritrova un po’ di pace. Nonostante quella pace avverte in sé una sensazione strana, che non gli piace e che allo stesso tempo, lo rende indipendente. Il suo cuore è ormai legato alle Terre Centrali e non potrà nascondersi in eterno. Presto qualcuno tornerà dal passato…
(Ff da collocarsi dopo la Prima Stagione)
Genere: Drammatico, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Darken Rahl, Kahlan, Richard, Un po' tutti, Zedd
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Le ruote di un carro scricchiolarono sonoramente, lamentandosi con un cigolio del pesante carico di un vecchio contadino. Quel suono si unì all’assordante cacofonia che pervadeva la piazza del mercato, dove i venditori ambulanti proponevano, come oratori teatrali, i prodotti più disparati. Dagli ortaggi coltivati nei campi fuori città, ai talismani che promettevano fortuna e salute. Dalle stoffe più pregiate, alle carni più ricercate. E poi fiori, attrezzi, medicine e pozioni miracolose. Alcune galline chiocciavano infastidite nelle loro piccole gabbiette mentre i maiali si rotolavano nel fango misto a paglia all’interno di bassi recinti, grugnendo fra le risa dei ragazzini. Una leggera brezza autunnale dal retrogusto estivo, scuoteva la biancheria appesa sui davanzali e diffondeva l’aroma delle pietanze e delle spezie vendute.
Il sole di mezzogiorno batteva sul marmo bianchissimo di un maestoso castello, il Palazzo delle Depositarie,  con cinque torri altissime, bastioni bloccati fra le nuvole e una cupola ogivale, che svettava come un silenzioso sovrano sulla città di Aydindril.
All’interno del palazzo, vi era la stessa atmosfera della piazza. Gli inservienti correvano su e giù dalle rampe di scale, entravano e uscivano dalle stanze, superando angoli e corridoi come tante api dentro ad un grande alveare. Le guardie, vestite e armate di tutto punto, sorvegliavano il perimetro, gli ingressi e le uscite di tutto il palazzo. Due di loro se ne stavano fermi, assistendo all’ennesima conversazione fra un contadino e la Madre Depositaria. La Custode di Aydindril e delle Terre Centrali.
L’esile uomo si trovava in piedi di fronte ad una predella, al centro di un transetto, innalzata di sei gradini dal pavimento marmoreo, candido con venature auree. Dodici imponenti colonne rastremate si ergevano da basi di oro massiccio per sostenere altrettante volte a crociera, generate da archi ogivali sospesi ad una ventina di metri. La loro superficie era completamente affrescata con figure di Maghi e Depositarie, che osservavano il gruppetto di astanti, raccolti dietro al contadino, con espressioni severe. Un ballatoio continuo, visibile ad intermittenza fra le colonne, percorreva il perimetro della sala ed era reso accessibile da un paio di rampe di scale, nascoste dietro a due colonne che reggevano un catino absidale, sotto cui si apriva una finestra enorme. Il vetro di alabastro lasciava filtrare la luce del dì, che tiepido, illuminava la donna seduta sullo scranno d’ebano posto sulla predella, proprio davanti ai contadini.
Lei, era la Madre Depositaria Kahlan Amnell.
I suoi occhi verdi si fissarono sul piccolo uomo umile che mentre parlava, stringeva e stropicciava il berretto fra le mani rugose per il lavoro nei campi. Due donne probabilmente la moglie e la figlia, non avevano emesso un fiato da quando erano entrate mentre altri uomini, altri contadini, annuivano alle parole del primo senza aggiungere o contestare.
Kahlan non seppe dire con certezza se era la paura nei propri confronti o nel Principe Fyren del Kelton, a cui erano stati sottomessi per lungo tempo. In sua assenza infatti, il Principe si era appropriato del Palazzo e della città, proclamandosi Alto Lord Reggente. Titolo assolutamente insignificante e privo di valore data la sua inesistenza. Inoltre Kahlan aveva il forte sospetto, anzi ne era sicura, che il Concilio avesse giocato un ruolo fondamentale nell’ascesa del Principe.
Ovviamente aveva sciolto l’assemblea, ma non tutti erano rimasti in città. Quelli sfuggiti all’esecuzione per alto tradimento erano sicuramente nascosti da qualche parte, in attesa di mordere di nuovo.
Il Primo Mago Zeddicus Zu’l Zorander era teso proprio per quel motivo. Non avevano a che fare con normali funzionari, ma maghi dotati seppur in potenza minore.
« Mi rendo conto di essere colpevole di quel furto e di meritare la mia punizione… - balbettò - Ma credetemi, Madre Depositaria: l’ho fatto solo per salvare la mia famiglia » mormorò, guardandola con delle occhiate fugaci e sottomesse. Kahlan sospirò, paziente.
« Ripagherai quella famiglia col raccolto che otterrai da questo momento in poi. Per punizione, aggiungerai il trenta per cento in più per un mese, fino al saldo del debito » sentenziò con tono severo, ma distaccato. L’uomo sembrò riprendere colorito quando seppe che non gli avrebbero tagliato la testa.
« Lo farò, Madre Depositaria ».
Zedd intervenne, tossendo leggermente per attirare l’attenzione di Kahlan, che lo osservò imperturbabile.
« Permettete, mia Signora… » esordì riverente e scese i gradini fino a fermarsi davanti all’uomo, che aveva finalmente smesso di tremare. Con estrema delicatezza, Zedd gli sollevò il braccio sinistro. Il moncherino, dovuto ad un’ingiusta esecuzione degli scagnozzi di Fyren, era nascosto dalla giacca vecchia, ma comunque in buono stato.
Kahlan osservò il Primo Mago chiudere le palpebre mentre compiva un profondo respiro. Il volto solcato dalle rughe del tempo, era incorniciato da una chioma nivea arruffata in contrasto con la lunga tunica color castagno, fermata in vita da una cintura.
Zedd si concentrò e fece appello al proprio Han che albergava all’interno del suo essere, calmo e pacato, e con un gesto della mano, restituì al contadino la propria. L’uomo strabuzzò gli occhi per la sorpresa e Kahlan si lasciò sfuggire un lieve sorriso mentre le due donne piangevano commosse.
« Ti ho donato ciò che ti apparteneva e che ti è stato tolto senza alcun diritto, ma adesso devi fare la tua parte – l’uomo annuì con gli occhi azzurri e acquosi per la gratitudine – Se commetterai un altro reato, la Madre Depositaria non potrà essere così clemente » lo ammonì, arcuando un folto sopracciglio.
« Non accadrà, Grande Mago. Farò come da voi richiesto e pagherò per il mio errore, Madre Depositaria » tartagliò per l’emozione, chinando la testa più volte e imitato poi dal piccolo capannello.
«  Bene. Ora potete andare » acconsentì Kahlan infine, guardando il gruppetto allontanarsi ed uscire dalla sala. La grande porta a due battenti rimase aperta per permettere il passaggio del Principe Fyren. Al suo fianco pendeva una spada, che ondeggiava ad ogni suo passo reso sicuro dal carattere caparbio e a volte, arrogante, tipico dei Keltiani.
Kahlan non biasimò Zedd, tornato vicino a lei come un fidato mastino da guardia. Aveva percepito una certa nota di repulsione del Mago per Fyren e sospettò che se non fosse stato confessato, lo avrebbe già incenerito con una vampata di fuoco magico. Dopo i recenti avvenimenti, non potevano più concedersi esitazioni. O peggio, errori.
« Ho restituito le ammende come mi avevate ordinato, Padrona » esordì, inginocchiandosi di fronte alla predella, sotto lo sguardo impassibile di Kahlan. Quella maschera priva qualsiasi emozione faceva tremare le ossa di Zedd, non tanto per la consapevolezza del suo potere, quanto per la gelida fermezza con cui gli soldava l’anima. Trovava quasi inquietante quella sorta di saggezza in una ragazza appena ventiquattrenne.
Chiunque sarebbe arretrato sotto quegli smeraldi, anche la terra stessa. Non conosceva nessuno in grado di sfidarli, tranne Richard.
Guai e meraviglie in una sola persona. Sentiva molto la sua mancanza, un po’ come allievo. Conosceva benissimo le ragioni che avevano spinto il Cercatore ad abbandonare quel ruolo e tornare a casa, ad Hartland. La Depositaria non aveva esposto alcuna critica né opinione, tranne un debole ‘capisco’. Era poi rimasta a guardarlo salire in sella ad un cavallo e gettarsi al galoppo nella Valle degli Echi, al confine con la Galea. Prima di allontanarsi troppo Richard aveva fatto retrofronte, si era voltato ancora una volta. Zedd sospettava come allora, che pur così distanti, gli sguardi dei due giovani si fossero incontrati per dirsi addio. Poi aveva atteso con lei, che il Cercatore svanisse come un minuscolo puntino all’orizzonte. Sapeva anche che Kahlan soffriva terribilmente ed era sicuro che fosse proprio suo nipote, il motivo per cui non aveva ancora preso un compagno.
« Puoi tornare ai tuoi doveri, adesso » rispose Kahlan con tono distratto, passandosi una mano sul viso. Era stanca, spossata e desiderava ardentemente di potersi coricare anche solo per qualche ora. La notte non aveva chiuso occhio: la preoccupazione per i dissidenti, annidati chissà dove, in attesa di colpirla nel momento più impensabile, la teneva ben sveglia. Senza contare il vuoto lasciato da Richard.
Le mancava terribilmente per quanto le costasse ammetterlo, perfino a sé stessa.
Era come se le mancasse un pezzo di sé, di cui restava solo una voragine o una sagoma concava che lentamente continuava a sgretolarsi per aumentare di dimensioni. Provava una strana sensazione, qualcosa di indefinito e indefinibile che credeva di poter afferrare senza poi riuscirci, ogni qualvolta il suo animo vi inciampava per poi restarne impantanata.
Faceva gli incubi e si svegliava nel bel mezzo della notte, ma non urlava. Non voleva che qualcuno sapesse. Non voleva dare soddisfazione al suo subconscio, già tormentato.
Si volse verso Zedd, che stava per dirle qualcosa quando i battenti della porta esplosero improvvisamente, come spazzati via da un’onda d’aria densa.
Fyren e le due guardie atterrarono sul pavimento insieme ad uno scroscio di schegge mentre ai cardini, restarono fissi solo dei brandelli di legno. L’ex principe e i due soldati erano morti e sotto i loro corpi, si stavano formando delle pozze vermiglie.
Kahlan si alzò in piedi mentre Zedd scese un gradino, per porsi poco più avanti. Dopo alcuni secondi comparvero degli uomini. Erano due maghi sfuggiti all’esecuzione, entrambi del Terzo Ordine. Uno di loro, Alan, era anche rappresentante di un regno minore, la Sanderia.
« Quale immenso onore! - esordì uno - Kahlan Amnell e Zeddicus Zorander nella stessa sala »
« Jesaia1…» sibilò Zedd, stringendo i pugni fino a sbiancarsi le nocche nodose.
« Sei sorpreso, amico mio? » gli chiese, sprezzante.
« Dopo l’ultima volta che ci siamo visti, non così tanto » borbottò.
« Alan » ringhiò Kahlan, assottigliando gli occhi su di lui come un leone su una preda.
« Mi aspettavo un benvenuto più caloroso da parte di entrambi. Mi hai deluso, Kahlan » mormorò il mago, compiendo qualche passo verso di loro, imitato poi da Jesaia. L’aria cominciò a crepitare, a caricarsi di elettricità. Kahlan poteva sentire gli Han dei due maghi, compreso Zedd vicino a lei. I peli del corpo le si erano rizzati come se avesse la pelle d’oca.
« Mai quanto avresti potuto deludere me alleandoti con Rahl » rispose di pari tono mentre lentamente faceva scivolare i pugnali nelle sue mani, nascosti rigorosamente dalla stoffa dell’abito bianco.
« Cosa credete di fare? » li provocò Zedd, sapendo che, tranne Jesaia, non potevano costituire una mera minaccia. Alan, nonostante fosse un mago, non possedeva l’Han nel proprio sangue. Aveva solo la predilezione per la magia, attraverso pozioni e polveri.
« Quello che avremmo dovuto fare un sacco di tempo di fa » disse Jesaia sollevando un pugno verso Kahlan. Lei era comunque pronta a scattare. Sentiva l’adrenalina che pompava nel sangue, facendo fremere i propri muscoli nella smaniosa attesa di agire.
Ma una vampata di fuoco magico mise fine a tutto.
Delle fiamme, dall’aspetto quasi liquido, sfrecciarono verso i due maghi e li avvolsero con ferocia. Il calore fece distorcere i loro lineamenti, si nutrì della loro carne fino a che di loro non rimasero altro che due cadaveri sanguinolenti e in alcuni punti, smembrati fino alle ossa. Le loro grida di dolore rimbalzarono sulle pareti in marmo mentre Kahlan riponeva le armi.
« Avevi ragione, ragazza mia » mormorò Zedd, fissando quelli che per anni erano stati i suoi allievi.
« Avrei potuto confessarne uno » commentò lei, lanciando loro un’occhiata.
Quasi si sentì sollevata nel vedere Fyren morto, poco più in là.
« Beh è troppo tardi ».
Alcune guardie ed inservienti, sotto le direttive di Kahlan, portarono via i corpi uno alla volta. I piedi di Jesaia lasciarono una scia rubina che un’inserviente si affrettò a far sparire, insieme alle altre prove dello scontro. Il marmo, dopo pochi minuti, tornò a risplendere bianchissimo. Come se niente fosse accaduto.
Kahlan trovò quel fatto più inquietante dei cadaveri che avevano imbrattato il pavimento.
« Non ha comunque senso. Sapevano che non avrebbero potuto ucciderci » esordì nel momento in cui Zedd cominciò a scendere dalla predella.
« Ho il sospetto che a loro non importasse molto del successo » bofonchiò, quasi più rivolto a sé stesso.
« Una missione suicida? » chiese Kahlan, seguendolo. Spostò la lunga gonna per evitare di inciamparvi.
« Ciò non cambia la situazione – continuò il vecchio mago, voltandosi a guardarla - Questo palazzo, questa città non è più un posto sicuro per te. Devi andartene ».
Il viso del Primo Mago appariva ancor più rugoso per la preoccupazione.
« Se me ne vado, la gente penserà… ».
Lui la prese per le spalle, stringendo appena le dita ossute sulle sue braccia.
« Non possiamo permetterci di perdere la Madre Depositaria. Al popolo penserò io »
« Zedd… » ma non poté dire altro, perché lui la interruppe nuovamente.
« Devi andare via da qui e subito » ribatté severo. Gli occhi nocciola brillavano di risolutezza. Pur non esprimendosi, Kahlan aveva capito dove Zedd voleva che si dirigesse.
« Promettimi che ti rivedrò »
« Non preoccuparti per me. Sarà un gioco da ragazzi – le incorniciò il viso e le stampò un bacio affettuoso sulla nuca – Che gli spiriti ti proteggano, bambina ».
 

*

« Ecco a te, caro » mormorò la donna, porgendogli cinque monete di rame e una d’argento.
Richard le prese,  sorridendole riconoscente per poi restituirle quella d’argento.
« Grazie Signora Inge » disse mentre l’anziana gli mostrava un piccolo fagotto. Dal panno a quadri annodato, proveniva un profumo delizioso di biscotti appena sfornati.
« E qui ci sono anche dei biscotti »
« Lei è molto gentile – rispose, dandole un affettuoso bacio sulla guancia - Se ha ancora bisogno di me, sa dove trovarmi ».
L’anziana rispose con un cenno deciso della testa e Richard si avviò, infilando le monete in tasca. Tenne il fagotto in una mano mentre camminava evitando i punti più fangosi a causa di un breve acquazzone, terminato proprio quel mattino. Salutò Walter, il buffo macellaio del villaggio che ricambiò con un caloroso sorriso poi proseguì oltre le cinta di pali lignei per addentrarsi nel bosco, dove i primi animali notturni cominciavano a sgusciare fuori dalle loro tane. Fra quei versi e il fruscio delle foglie degli alberi, Richard  si sentì tranquillo. Il sole morente stava ormai sparendo all’orizzonte, occupato da monti scuri, e le nubi lontane di un nuovo temporale, si tingevano di cremisi.
Si levò un soffio di vento, che lo fece sorridere mentre osservava gli ultimi raggi, giocare coi rami. Una volpe passò furtiva fra alcuni tronchi, lo fissò con le orecchie tese e poi fuggì con un guizzo. Richard si chinò quando scorse delle bacche appetitose. Le raccolse con una mano e quando riprese il cammino, le mangiò piano piano per gustarsele. Si accertò della presenza di eventuali estranei, ma non vide né impronte né rami spezzati. Le ragnatele erano ancora al loro posto. Le evitò fino alla fine del sentiero cosicché quando qualcuno ci sarebbe passato, lui lo avrebbe saputo. Poi attraversò il prato enorme, protetto dalla foresta tinta di toni caldi che sembravano in quel momento, un’estensione del cielo ormai teso all’imbrunire. La depressione in cui si trovava la sua casa pareva un angolo nascosto di un paradiso riservato unicamente a lui e a suo padre. Nonostante fosse morto, vivere là era un modo per sentirlo più vicino a sé. Salì i gradini della veranda ed entrò. Posò il fagotto su un tavolo e si avvicinò al camino per accendere il fuoco. Usò un acciarino, poi aggiunse della legna secca e cominciò a prepararsi la cena. Dopo una giornata faticosa era lieto di potersi rilassare. Riempì la pentola d’acqua e sminuzzò verdure e radici per la zuppa. Sistemò la pentola sul fuoco e mentre prendeva del pane da una credenza, il suo sguardo scivolò sulle proprie creazioni di legno. Prima sul nido di cinciallegre, sull’aquila reale e poi sul mezzo busto femminile. Guardare quella scultura gli provocava dolore, allargava la voragine che sentiva da quando era tornato dalla missione contro Rahl.
Ma del resto, non poteva farne a meno. Aveva provato a distruggerla lui stesso, con un’accetta, ma non ci era riuscito. Anche se l’avesse distrutta, non poteva dimenticare. Non poteva dimenticare la propria Depositaria. Era rimasto immobile a fissarla, col cuore che saltava i battiti e gli occhi immersi nei sua prima di riprendere la strada per Hartland.
Sospirò pesantemente, tornando al proprio pasto.
 

***

Kyle, il soldato che l’avrebbe scortata, si sistemò le bisacce sulle spalle e le fece strada fuori dalle scuderie. Kahlan non aveva bisogno di una guida, ma due braccia in più in quel viaggio, le sarebbero sicuramente servite.
Il freddo della notte le accarezzò il viso e lei allungò le mani sulle spalle per sollevare il cappuccio. I capelli le ricaddero sulle spalle mentre camminava sotto lo sguardo del pallido disco lunare.
Attraversarono la città ormai deserta. Non riusciva a pensare a niente. La sua testa era ora un turbinio caotico di pensieri. Durante il tragitto, scorse le vite all’interno delle case.
Vide una donna che preparava del pane mentre sorrideva al proprio figlio, piccolissimo, che giocava con la farina. In un’altra casa, vide due fratelli che giocavano vicino ad un fuoco mentre la nonna rammendava i pantaloni con delle toppe colorate. Poi da una finestra, illuminata da una piccola torcia, intravide una giovane coppia. La donna stava cucinando con una mano posata sul pancione e, accanto a lei, il compagno le sussurrava qualcosa all’orecchio. Rubò quei momenti fugaci di quotidianità perché sapeva che non avrebbe mai avuto una vita simile, normale. Sposata con dei figli e magari, in seguito anche dei nipoti.
Poi l’immagine del Cercatore le tornò alla mente. Ricordava bene il loro primo incontro, sul precipizio della Montagna Smussata. Gli occhi grigi dell’uomo erano costantemente nei propri sogni, che a volte, erano solamente ricordi. Ricordi che aveva cercando di cancellare, invano.
Le Depositarie non conoscono l’amore, solo il dovere.
Sua madre aveva avuto ragione.
Giunti oltre e mura, si addentrarono in una fitta foresta. Il sentiero poi curvò su un piccolo promontorio da cui si poteva ammirare tutta Aydindril, su cui il satellite dominava, rendendo il palazzo bianco quasi di cristallo. Le lanterne somigliavano a tante lucciole sparse qua e là mentre gli sbuffi dei camini parevano il respiro di tanti piccoli esseri di legno addormentati. Era una vista mozzafiato.
Già sentiva la gli artigli della nostalgia, ma la voce del soldato la riscosse.
« Madre Depositaria…».
« Sì? » chiese distrattamente, continuando a guardare la città.
« Dove siamo diretti? ».
Lei si girò verso le imponenti vette del Rang’Shada, imbiancate da una neve prematura.
« A Ovest » rispose dopo qualche attimo, prima di avviarsi con Kyle.
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1Jesaia: mago citato nella puntata 6 della prima stagione, “L’Elisir”.

   
 
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