Videogiochi > Assassin's Creed
Segui la storia  |       
Autore: cartacciabianca    12/05/2009    2 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nella luce, nel tempo e nelle ceneri di Acri










-Perché ci avete messo tanto?- domandò serio il Rafik.
Fredrik prese posto nel centro della stanza, e i tre assassini si schierarono dietro di lui. –Abbiamo preso una strada secondaria uscendo da Gerusalemme e siamo stati costretti a ritirarci per la notte. Ma ora siamo più che pronti ad agire- proruppe dignitoso.
Il vecchio capo sede li squadrò uno ad uno, soffermandosi ad un tratto su Hani ed Elena.
-È bello riavervi qui entrambi- sorrise mesto.
-Altrettanto- annuì il ragazzo.
La Dea distolse lo sguardo. –Non ci rimane tempo- disse scontrosa avviandosi già fuori dalla stanza.
Rhami corse dietro di lei e le afferrò un braccio, mentre nella camera accanto sentivano Fredrik e il Rafik scambiarsi le ultime informazioni necessarie.
-Elena- la chiamò tirandola verso di sé, e la ragazza non tentò di ribellarsi.
Rhami la guardava in un modo serio, composto che non gli aveva mai visto. –Ti senti bene?- le chiese duro.
-Sto… benissimo!- digrignò lei liberandosi con uno strattone. Andò verso l’ingresso della Dimora. –Avanti! Dobbiamo sbrigarci…- sbottò autoritaria.
L’assassino dagli occhi azzurri tacque ammutolito.
Hani si avvicinò a lui e insieme la osservarono dal basso arrampicarsi agile e sparire sul tetto dell’edificio.
-Possiamo andare- Fredrik comparve al suo fianco e il più giovane sobbalzò.
-E…- provò a dire, ma l’assassino biondo si calò il cappuccio sul volto e intraprese la scalata della fontana.
-Non ci servono altre indagini- proruppe Fredrik quando tutti e quattro si furono ritrovati all’interno della Dimora, disposti in circolo l’uno di fronte all’altro.
Elena, unica tra di loro che pareva distratta, volgeva lo sguardo a nord, ove vi era il distretto ricco e sul quale imperava la Grande Cattedrale e la sua altissima torre, assieme al Forte dei Monferrato situato nella zona più esterna del quartiere. Una leggera brezza le scompigliò i capelli, e solo allora la ragazza si alzò il cappuccio sul volto. –Ottimo- disse.
-Elena, nelle tue condizioni, forse…- intervenne Hani debolmente.
-No- ella si volse, fulminandolo con un’occhiataccia. –L’ho già detto tante di quelle volte…- sbuffò scocciata. –Sto bene. Non mi fa male niente che non sia la mia coscienza che continuerà a premermi se ce ne stiamo qui troppo allungo. Quindi muoviamoci!- strillò. –Bonifacio e la Fratellanza saranno qui a momenti. Non possiamo permetterci ulteriori ritardi se vogliamo tirare fuori dal suo palazzo mio padre e i Frutti dell’Eden senza troppi problemi! Riuscite a comprendere questo o no?!- era su tutte le furie, la pressione di quel frangente l’aveva portata allo stremo. Non era più in lei.
Rhami sbatté le palpebre diverse volte, stupito. –Non possiamo portarla con noi in questo stato- intervenne d’un tratto, guardando Fredrik che pareva stupefatto allo stesso modo.
-Infatti- borbottò questi.
Elena si passò le mani in volto stropicciandosi gli zigomi. –Ma che diamine…- mormorò flebile.
-Forza- comandò Hani. –Ha ragione. Non c’è tempo. Ormai non possiamo più cambiare idea, e che Elena venga con noi è il volere di Tharidl e del Rafik. Quindi… avanti, Fratelli- sorrise mesto avviandosi, calandosi giù dal tetto.
La ragazza lo seguì subito dopo. In coda restarono Rhami e Fredrik che si scambiarono un’occhiata d’intesa.
-Ti ha dato la piuma?- domandò il più giovane tra i due.
Fredrik sospirò. –Sì, me l’ha data…-.
-Non sei costretto a farlo tu, se non vuoi- pronunciò serio.
-Rhami- lo guardò dritto negli occhi. –Prima di cominciare a fare pregiudizi sulla situazione, perché non attendiamo di avere conferma a ciò che ci è stato chiesto di considerare?- sbottò. –Preferisco aspettare piuttosto che portarle altri dispiaceri… so che è un uomo che non lo farebbe mai-.
-Ma l’ha fatto! Se siamo qui è solo per questo! Ci ha traditi…- sibilò il ragazzo.
-Attento a come parli. Da quanto ho saputo, ci sono diversi modi per “tradire” la setta, e tu hai già praticato almeno uno di questi- proruppe.
Rhami abbassò lo sguardo, curvando le spalle, ma non aggiunse nulla.
-Come potrebbe prenderla lei? Sarebbe stato meglio agire una volta che l’avessimo riportato a Masyaf, ma i Saggi di Tharidl ci hanno costretti ad eliminarlo prima che potesse mettere piede nella fortezza-.
Rhami s’irrigidì. -Loro non sanno come sono andate davvero le cose!- sbraitò.
-Ma non sta a noi decidere!- ribatté Fredrik.
-Hai ragione- si guardò gli stivali stringendo i pugni. –Perdonami-.
-Presto, prima che quei due si caccino nei guai- ridacchiò l’altro avviandosi.
-Ti seguo- fece Rhami sorridendo.

Saltavano agili come gatti da un tetto all’altro, una volta compatti e una distanti tra loro. Sfruttavano ombre e cunicoli nei quali pararsi in casi di sguardi di arcieri che, nel complesso, furono molti pochi, ma risparmiarono loro la vita per la semplice concezione di “poco tempo”, e in caso di un urletto nemico, non avrebbero avuto modo di sbarazzarsi in tempo delle guardie a seguire. Per tanto, si tennero molto concentrati sui loro stessi passi.
Il palazzo della casata del Monferrato apparve l’oro dietro l’angolo di una torre delle sentinelle, e gli assassini si arrampicarono quatti sulle mura traversando in primis la piazza deserta e sfollata di guardie, e poi seguendo il perimetro del borgo eliminando con estrema minuzia gli arcieri a sfavore.
Il cortile interno era desolato e silenzioso. I vicoli bui che s’insinuavano convergendo nella piazzola erano pattugliati da un’unica piccola ronda composta di pochi soldati che faceva lo stesso giro infinite volte e con passo davvero lento, straziante.
Si fermarono tutti e quattro sul tetto di un capanno e osservarono dall’alto la zona.
-Rhami- chiamò d’un tratto Fredrik, e il ragazzo si volse.
-Hm?- fece questi da sotto il cappuccio.
-Tu ed Elena passerete dal retro. Hani, tu vieni con me dall’ingresso principale. Mentre faremo piazza pulita, voi vi dirigerete nelle celle del palazzo. Al Frutto ci pensiamo noi- dichiarò severo.
I tre annuirono.
Hani si allontanò di un passo da lei, ma Elena, prima che questi potesse seguire Fredrik gettarsi in strada, lo afferrò per un polso.
-Fa’ attenzione. Ho un brutto presentimento…- gli sussurrò sotto occhio critico di Rhami.
L’altro assassino stava in disparte con le braccia conserte.
Hani gli volse un’occhiataccia, e Rhami guardò così altrove. –Anche tu- mormorò in risposta. –Ci rivedremo sicuramente a cose fatte, ma sii cauta come ti ha insegnato…- le poggiò una mano sulla spalla e poco dopo scomparve tra le ombre dei vicoli sinistri.
-Andiamo- sbottò Rhami avvicinandosi.
Elena si scansò di colpo. –Stammi lontano-.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio. –Che c’è, adesso?- domandò irritato. –Cos’ho fatto?!-.
-E che ne so! Se Hani ti guardava male ci sarà stato un motivo…- digrignò la Dea saltando sul tetto vicino.
-Sei perfida- eruppe lui. –Perché hai questa visuale così distorta di me? Sono un bravo assassino, lo giuro…- sorrise in un modo che non la convinse affatto, anzi.
La ragazza si trattenne dal ridere. –Sai qualcosa che io non so, e questo basta ad innervosirmi-.
Il giovane alzò gli occhi al cielo stellato. –Possiamo concentrarci sulla missione?-.
Senza rispondere alla sua domanda, Elena saltò giù in strada sorprendendo la pattuglia di guardie che, neppure il tempo di gridare, si trovarono a terra l’una dopo l’altra con un pugnale alla gola.
Rhami atterrò sonoramente nel clangore delle cinghie della sua veste al fianco di lei, ed Elena lo fulminò con un’occhiata più che truce.
Il ragazzo avanzò. –Non mi stupisci, avanti- disse contegnoso, indifferente.
I due si diressero dietro il palazzo ed adocchiarono una finestra aperta la quale, dopo essersi arrampicati fin lassù, notarono era parte di una vasta cucina silenziosa e buia.
Elena si calò giù lentamente, rotolando svelta dietro la dispensa più vicina e attendendo che Rhami facesse altrettanto.
-Dove si…- provò a dire, ma il ragazzo le mise una mano sulla bocca attirandola verso di sé.
-Sssh- le sussurrò soave, e nella cucina entrò sbattendo le porte un drappello ristretto di uomini.
-Vi giuro che ho sentito qualcosa cadere!- balbettò una giovane guardia.
-Impossibile- sbraitò una seconda voce. –Anni di esperienza mi gravano sulle spalle, e io non ho sentito nulla- aggiunse.
-Forse la vostra vecchiaia, generale…-.
-Cosa vai insinuare?!-.
La conversazione proseguì fuori dalla cucine con un gran tonfo dei battenti che si richiudevano.
Rhami l’aiutò ad alzarsi, ma Elena si allontanò alla svelta da lui correndo alla parete che ospitava l’ingresso della stanza.
-Cammina!- ordinò lei sotto tono, e il giovane la imitò, poggiando le spalle al muro.
-Le segrete si trovano di qualche livello più in basso. C’è un passaggio nel corridoio che porta al salone principale- disse serio.
-Come ci arriviamo nel…- s’interruppe nel vedere Rhami fare ciò che non si sarebbe aspettata.
Il ragazzo aprì la porta della cucina ed emerse nel vasto corridoio. –Eccoci arrivati- le sorrise divertito.
Elena lo afferrò per il cappucci trascinandolo dietro di sé. –Ma che fai, scemo?! Sei impazzito, per caso??- sbraitò sbattendolo al muro, così che l’ombra di una vecchia armatura li nascondesse.
Alla fine della galleria in pietra vi sostavano due uomini armati e uno che pareva solo un servo di corte.
-Il corridoio di cui parli si trova al piano superiore, e non possiamo passare di lì!- gli ruggì a pochi centimetri dal suo volto, e Rhami ghignò ancor più divertito.
-Perché?-.
-Perché in quella parte del palazzo è custodito il Frutto e non possiamo rischiare di intrometterci nella parte del piano che riguarda Fredrik e Hani!- digrignò.
-Hai una soluzione migliore?- domandò nervoso, adocchiandosi attorno di tanto in tanto.
Le guardie infondo al corridoio se ne stavano buone per i fatti loro, sordi al bisbiglio confuso che provocavano le loro parole.
-No…- sibilò lei scostandosi di un passo e abbassando lo sguardo pensosa.
-Bene, allora…- Rhami si sporse dal loro nascondiglio e, fulmineo, scagliò due dei suoi pugnali contro i soldati. Questi si accasciarono al suolo nel flebile sussurro delle lame nell’aria, mentre il servo presente si guardava intorno spaventato.
Elena fermò la sua mano prima che Rhami potesse colpire anche quest’ultima creatura.
-Rammenta i principi del Credo, se sei un bravo assassino…- gli mormorò suadente all’orecchio, poi si allontanò quasi di corsa bloccando il servo prima che potesse svignarsela.
-Conducici nelle celle dove Corrado tiene Kalel- pronunciò con calma la Dea. –Non ti faremo del male-.
Il ragazzo proferì un leggero inchino. –Che Dio sia lodato. Se siete qui, vuol dire che Corrado è morto-.
Elena annuì. Chissà quanta gente non aspettava altro che il suo sangue venisse versato, si chiese.
Il giovane li condusse fino al secondo piano che trovarono deserto di qualsivoglia ronda di pattuglia, e poi dritti spediti per una stretta scalinata a chiocciola che convergeva, scendendo di diversi livelli, in un’angusta stanzina illuminata da fiaccole e solcata da diversi ingressi secondari che conducevano a differenti corridoi, a loro volta stretti e puzzolenti di aria viziata.
-Venite, il vecchio saggio è qui!- disse loro scostando una delle varie porte di pesante legno e ferro.
-Perché non c’è nessuno a controllare le celle?- domandò Rhami dietro di lei, ed Elena s’irrigidì.
Non ci aveva pensato. Era stato tutto fin troppo facile. Quasi si trattasse di…
-Sorpresa- ridacchiò Bonifacio emergendo dalle ombre alle loro spalle, e i due assassini si voltarono all’unisono.
Dalla parte opposta del corridoio comparvero altri membri della Fratellanza, ma non tutta al completo.
Elena sfoderò la spada all’istante mettendosi schiena a schiena col suo compagno. –Impossibile!- ruggì a denti stretti.
-Eravamo parecchie ore di cavallo prima di voi!- aggiunse Rhami altrettanto stupito, impugnando la sua arma. –Come avete fatto a…- s’interruppe.
-Questo è ora il mio regno ora!- sottolineò Bonifacio mostrando la sua bella spada estraendola dal fodero intarsiato. –Credete che non conosca meglio di voi le terre nelle quali sono cresciuto?!- sbraitò.
Erano quattro i cavalieri Templari lì presenti. Un numero che avrebbero potuto superare con facilità in combattimento, ma in un luogo tanto stretto non avrebbero avuto la meglio.
-Va’ da Kalel, li trattengo io!- strillò Rhami spingendola via, e la ragazza rotolò a terra finendo ben oltre i piedi dei membri della Fratellanza. Si rialzò a fatica, udendo solo alle sue spalle la voce penetrante e rigorosa di Bonifacio che strillava:
-Non deve fuggire! Prendetela!-.
Due dei cavalieri le furono dietro mentre, disperata, la ragazza svoltava di corridoio in corridoio perdendosi nella vastità di quelle gallerie di pietra e mattoni, ansimando per trovare suo padre e una via di fuga passabile che non fosse combattere. Il clangore di spade del duello che aveva ingaggiato Rhami col fratello di Corrado, poi, non aiutava.
Le sue gambe l’accompagnarono fino a destinazione quando, improvvisamente, un dei due Templari, dopo essersi avvicinato troppo alle sbarre di una cella, si vide stretta la gola da due mani solcate da profonde rughe e incallite. Il cavaliere si accasciò al suolo con l’osso del collo distorto, e l’altro si scostò con un balzo dalla parete dal quale erano emerse quelle mani.
-Paura, eh!- intimò una voce vecchia, potente, intimidatoria sopra ogni dire.
Elena indietreggiò e approfitto dello stupore del Templare per saltargli addosso e penetrarlo con la sua lama nascosta, infierendo nell’incavo lasciato debole tra l’elmo e la cotta di maglia.
-Papà!- gioì lei sollevandosi e affacciandosi oltre le grate. –Papà, sei tu!- pianse allungando una mano e sentendo le sue dita intrecciarsi a quelle tremanti del suo vecchio.
-Sì, Elena, sono io! Chi altri?!- neppure lui riuscì a trattenersi, e un singhiozzo incrinò la rigidezza del suo tono maturo.
-Le chiavi! Dove sono le chiavi?!- domandò lei guardandosi attorno in preda agli spasmi. –Dobbiamo portarti fuori di qui, subito!- strillò piangendo.
Nel frattempo, nelle gallerie sotterranee erano accorse una dozzina di guardie che davano supporto a Bonifacio impiegato nel combattimento contro l’assassino.
Rhami scartò di lato evitando il fendente proporzionato che arrivò dall’alto, piegò le ginocchia e fu alle spalle del suo assalitore. L’altro Templare, che osservava attonito la scena in disparte al duello, ordinò intanto agli altri Crociati di dirigersi alla caccia verso l’altra infiltrata.
Nei corridoi delle segrete si sparsero così un numero sempre crescente di guardie che allontanavano sempre più la loro fuga da quell’Inferno.
-Lì, piccola, lì in alto!- Kalel indicò la parete esattamente di fronte alla sua cella ed Elena afferrò di fretta il mazzo di chiavi appese al chiodo. Le provò tutte, con immensa fortuna, solo al quarto tentativo su undici riuscì ad aprire la gabbia di suo padre.
Kalel si gettò ad abbracciarla ed Elena lasciò cadere il mazzo per terra, diffondendo il suono metallico che andò ad affiancarsi al clangore di spada contro spada.
La ragazza affondò il volto nell’incavo del suo collo, stringendolo con forza a sé, avvinghiandosi al suo corpo gracile e stanco ma che, nonostante la fame e le condizioni, mostrava tutto quel fisico che ci si poteva aspettare da un ex assassino di buon rango. Poco più sciupato, Kalel era esattamente come se lo ricordava da quell’ultima notte, la sera della sua fuga da Acri. La barba grigia e scomposta si arrampicava sulle guance, i capelli bianchi, che alla luce delle fiaccole alle pareti rilucevano di bagliori bronzei, non erano di un taglio corto come li portava all’epoca della loro vita tranquilla, ma bensì molto disordinati e funghetti, tirati all’indietro.
La giovane si asciugò le lacrime sulla sua veste scura e lacerata. –Papà…- mormorò ancora.
-Presto, ora non c’è tempo!- la prese per mano. –Dobbiamo portare i Frutti dell’Eden via da qui, non è così?!- domandò serio mentre correvano ripercorrendo i loro passi.
Lei annuì. –Ci stanno pensando altri due…-.
-No, no! Bonifacio li ha fatti spostare, non si trovano più al secondo piano di questo palazzo, ma nella torre della Grande Cattedrale!- la informò.
Elena fu percorsa da un brivido. –E perché mai??? Avrebbe fatto prima a portarli via da Acri direttamente!- strillò.
-Eccoli!- sentirono alle loro spalle, e un battaglione di soldati li fu presto alle calcagna.
Chissà con quale benedetta mano santa poggiata sulla testa, Kalel ed Elena sgattaiolarono le buio e risalirono la scala a chiocciola che portava nei corridoi principali del palazzo. Una volta lì, si diressero nei saloni e spalancarono i battenti.
-Presto, fuori dalle finestre!- le ordinò suo padre.
-Cosa?!- sbottò lei scettica.
Kalel la trascinò con sé di corsa verso le vetrate. –Spero solo che la memoria non m’inganni…-.
Frantumarono in vetro in mille pezzi e scaglie che le ferirono una guancia, ma nel complesso si lanciarono assieme fuori dal palazzo galleggiando per interminabili secondi nel vuoto del vento che ululava tra i tetti di Acri.
Come aveva fatto Altair la prima volta, Kalel la strinse a sé proteggendola dall’impatto violento che fu quello nel cesto di fieno a dieci metri più in basso, dopo una caduta libera e acrobatica avvinghiata al suo petto.
Tutto tacque, ma neppure il tempo di riprendere fiato che il suo vecchio la tirò violentemente allo scoperto, cominciando a correre a perdifiato per le strade della cittadella.
 -Papà, gli altri assassini… loro!…- provò a dire, ma non notando un minimo assenso a quelle parole da parte di suo padre, Elena perse in fretta la speranza.
-Non capisci la gravità della cosa!?- sbraitò lui mentre si nascondevano in un vicolo buio. –E’ già abbastanza se Rhami si è occupato così allungo di Bonifacio! Prego perché ne esca vivo…-.
-Come sai il suo nome?!- domandò incredula lei.
Kalel fu evasivo sull’argomento. –Adesso non c’è tempo. E comunque, ti basti sapere che conoscevo sua madre e sapevo bene che nome avrebbe dato ad un possibile figlio- disse solo.
E mezzo secondo più tardi ripresero a correre.
-Chi altri era con te a palazzo?!- chiese col respiro corto.
Elena esitò. –Hani e Fredrik!- proferì.
-Ah! Fredrik!- ridacchiò il vecchio, e svoltarono in una stradina secondaria e più stretta.
La guglia più alta della Grande Chiesa era imponente dall’alto e sembrava seguire ogni loro spostamento. Kalel ed Elena si mossero furtivi e velocissimi tra le ombre delle strade senza mai necessitare di ingaggiare alcun duello, ma il rimbombo delle campane prese loro così alla sprovvista che la ragazza cadde inciampando dallo stupore.
-Avanti, Elena!- digrignò lui tirandola su a fatica.
I portoni della Cattedrale erano sorvegliati, e l’immensa e desolata piazza sui quali affacciavano, erano pattugliati da una quantità assurda di uomini.
Ecco dov’erano tutti! Rise sarcastica lei.
-Ci serve un diversivo…- intervenne Kalel guardando in alto.
Elena piegò la testa da un lato e seguì il suo sguardo perso tra le stelle quando, d’un tratto, la sua attenzione fu attirata da un puntino nero e indistinto che vagava sopra di loro con le ali aperte e gonfie al vento.
-Rashy!- gioì la ragazza facendo un passo avanti, così da esporsi alla luce della luna. Un istante dopo si portò due dita alla bocca e fischiò, mettendo in allarme la maggior parte degli uomini presenti nella piazza.
Kalel la tirò dietro l’angolo di una stradina. –Ma sei scema o cosa?!- la rimproverò.
Ma Elena non prestò attenzione alla collera di suo padre, piuttosto si godette lo spettacolo.
Rashy levò il suo grido acutissimo che squassò l’aria gelida e immobile della città, e poco più tardi ripiegò le ali e si scagliò in picchiata contro la piazza. I suoi artigli si avvinghiarono alla maglia di uno dei soldati di guardia ai battenti della Chiesa, dilaniandogli la gola a furia di poderose beccate.
Questo, travolto dal dolore e dalla morte certa, fu ricoperto del suo stesso sangue che andò a macchiare alcune delle piume della falchetta che, senza alcuna pietà, si avventò persino sul secondo soldato.
Le pattuglie in piazza si guardarono attorno allertate dalle grida strazianti dei due morenti e moribondi, accompagnate dai gridolini acuti di Rashy che ammirava soddisfatta la sua opera.
Kalel ed Elena entrarono di corsa nella Chiesa e attraversarono tutta la navata centrale, giungendo sull’altare e arrampicandosi sulla scala che risaliva fino alle piccole balconate del piano superiore. Traversarono un vasto corridoio dipinto di maestosi affreschi e raggiunsero, in fine, la saletta che custodiva i due Frutti.
Vi erano quattro uomini di guardia e, prima che questi potessero solo muovere un muscolo, Elena percepì il suono di una lama estratta dal fodero, accorgendosi poi di suo padre che aveva estratto dalle sue cinghie la piccola e tozza lama corta.
Elena lanciò un primo pugnale e di seguito impugnò la sua spada lunga.
I soldati vennero loro incontro gridando furibondi, e tra di quelli vi era un membro della Fratellanza che aveva una bella croce rossa ricamata sulla maglia bianca. L’elmo lucente e argentato, assieme all’armatura che specchiava la luce delle stelle che filtrava dalle vetrate colorate.
Fu un duello durante tutto il quale Elena non prestò minima attenzione ad altro che non fosse sé stessa. Se anche in minima parte si girava ad osservare suo padre che combatteva al suo fianco, rischiava di perdere la concentrazione.
Non appena restarono soli loro due assieme al Templare, Elena scorse con la coda dell’occhio suo padre lanciarsi su di lui cor rabbia.
-No, papà!- strillò.
Il Templare schivò il fendente del vecchio scartando di lato e aprendo un vasto squarto sanguinante sul fianco di suo padre.
Il cavalieri ridacchiò divertito allontanandosi di qualche passo, ed Elena si avventò su di lui cogliendolo alla sprovvista.
Con un colpo netto, ben assestato, gli tranciò di dritto la testa che ricadde, con ancora indosso l’elmo, sul pavimento, macchiandolo di conseguenza di un sangue nero e denso.
Kalel si reggeva in piedi a fatica, ormai, ed Elena dovette prenderlo sotto braccio e condurlo assieme a lei all’interno della saletta.
-Stai bene?- domandò col fiato corto.
Lui annuì. –Eccoli- indicò con mano tremante.
Erano due cofanetti di acciaio neri adagiati su un sobrio scrittoio privo di altro che non fosse qualche testo  o volume, assieme a pochi scaffali che ornavano le strette pareti.
-Prendili, Elena. Mettile nelle sacche della cinta…- le ordinò flebile, e la ragazza ubbidì.
Svuotò i cofanetti e rovesciò i loro contenuti sul tavolo, così che la luce dorata delle due sfere luminescenti potesse travolgere la stanza irradiando ben oltre le vetrate.
-Fa’ alla svelta!- imprecò Kalel appoggiandosi al muro, premendo una mano sul fianco ferito.
-Non cambi mai, eh?!- strillò lei nervosamente, maneggiando con cura e molto lentamente le due sfere. Prima che riuscisse a richiudere la seconda nella tasca della cinta, sul corridoio del piano comparvero una dozzina di guardie.
-Dannazione!- digrignò il vecchio raggiungendola dietro al tavolo.
Elena strinse con più vigore la piccola sfera che pareva d’oro colato. –Aspetta, ho un’idea…- sibilò nel mentre i soldati si avvicinavano di corsa verso di loro, gridando come forsennati frasi del tipo: -Eccoli!- oppure –Ammazziamoli!- o anche: -Hanno il Frutto!-.
L’uomo si voltò a guardare sua figlia in modo intimorito, quasi con paura. –Elena, spero tu stia scherzando…-.
Lei scosse la testa e alzò il braccio cui mano impugnava la sfera. Si concentrò e, impedendo al nero di avvolgere la sua coscienza, respinse le guardie scaturendo dal Frutto un’onda d’urto che infranse i vetri delle finestre e gettò per aria i libri dello studio.
In tutto ciò, dopo quell’incredibile e assordante boato, Elena e suo padre erano rimasti indifferenti, senza un minimo graffio.
Il silenzio calò nelle navate della Cattedrale.
-Come diamine…- mormorò strabiliato il vecchio.
-Non lo so- rispose lei avvicinando la sfera al volto, incamminandosi nel corridoio. –Ma non è la prima volta che ci riesco- aggiunse evitando i corpi sdraiati e senza vita dei soldati rovesciati al suolo, nel caos di frammenti di vetro e roccia.
-Elena!- Kalel l’afferrò saldamente per un braccio, strattonandola. –Sai cosa significa questo?!- azzardò scontroso.
La giovane aggrottò la fronte.
L’anziano assassino alzò gli occhi al cielo. –Quando ne venni a sapere da Corrado, credevo che si fosse trattato di qualcun altro… il Potere del Frutto dell’Eden è incontrollabile da nessun essere umano! Come è possibile?- gemé. –E nascondilo immediatamente nella cinta!- ordinò anche.
-No, papà- ribatté la ragazza. –È l’unica possibilità che abbiamo per arrivare vivi nella Dimora- sbottò riprendendo il passo.
Il calore della Sfera che aveva nella mano le risaliva il braccio e pareva fondersi al suo stesso sangue, come fosse parte del suo corpo.
Una volta fuori dalla Cattedrale, i due si confusero tra le ombre sfuggendo alla miriade di battaglioni crociati che andavano pattugliare la città. I volti terrorizzati dei soldati che, nella maggior parte, avevano risentito degli immensi poteri che il Frutto dell’Eden era in grado di liberare.
Pertanto, erano come tante formichine sul cui formicaio si era abbattuta la suola di una scarpa.
Elena e Kalel intrapresero un vicolo buio e cominciarono a correre.
-Eccoli!- sbraitò qualcuno, e il sibilo di una freccia la fece voltare verso l’alto.
Il dardo andò a conficcarsi a pochi centimetri dal suo piede, ed ella sobbalzò gridando impaurita.
Il vecchio alle sue spalle la prese sottobraccio conducendola al riparo all’ombra di un terrazzo.
-Dammelo!- sbottò lui.
Elena avvicinò la sfera al suo petto. –No, io so usarlo, ma te no!-.
-Elena, questo non è un giocattolo! Dammelo! So usarlo meglio di quel che credi!-.
-Prendeteli!- il rumore di passi e zoccoli arrestò la loro piccola litigata familiare, e la fuga disperata riprese.
Due cavalieri vestiti di una lucente armatura comparvero sulla piazzetta e la traversarono in pochi secondi, arrivando in breve esattamente dietro di loro.
Uno di questi allungò una mano e fece per afferrare alla ragazza la sfera che stringeva tra le braccia, ma Elena si volse di colpo accecando lui e il suo cavallo col bagliore dell’oggetto.
I nitrii spaventati dell’animale si diffusero in un rimbombo assordante accompagnato alle grida dell’uomo che, prima accecato e poi disarcionato dalla sella, si dissolse in polvere sulla strada.
Elena, attonita, continuò nonostante ciò a correre di dietro a suo padre.
Il secondo Templare, accompagnato da un vasto battaglioni di soldati, sostituì il primo e tentò di colpirla con la sua spada, ma Elena balzò di lato finendo in vicolo, staccandosi però da suo padre che proseguì a correre per la via principale.
Le campane divennero una litania lenta e costante, sempre più amplificata nella sua mente, e la ragazza si accorse tardi che, lucente di una luce azzurrognola, il Frutto che aveva tra le mani aveva mostrato così uno dei suoi poteri più strabilianti.
Gli zoccoli del cavallo alle sue spalle si arrestarono nel vuoto, esattamente fotografati nell’istante in cui nessuno dei quattro tocca terra. L’arma dell’uomo galleggiava in aria tenuta in una presa salda e possente, e persino la nuvoletta di condensa che veniva dalle narici del cavallo restò ferma dov’era.
Elena rallentò la sua corsa fino a stopparsi del tutto. Si guardò attorno confusa e solo allora capì.
C’era uno stormo di colombe nere immobili nel cielo stellato, e lo sguardo perso all’orizzonte di un cane nascosto in un vicolo, assieme all’immagine ferma di un gatto, seduto su una cassa, che stava leccandosi una zampina.
Il tempo si era fermato, e assieme a questo tutta la natura attorno.
Elena, però, poteva muoversi liberamente all’interno di quel quadro surreale della realtà. Si avvicinò all’uomo sulla sella del cavallo e gli sfilò l’arma lentamente, quasi questa pesasse troppo appesantita dalla stessa inarrestabile forza del tempo immobile.
Impugnò l’elsa dell’arma e, con un colpo diretto e sicuro, infilzò la carne senza vita del cavaliere che restò immobile dov’era con ancora la lama in corpo.
Si allontanò di qualche passo addietro e riprese a correre, tornando nella direzione che aveva percorso assieme a suo padre che, immobile come tutti in quella città fantasma, trovò piegato sulle ginocchia per evitare il fendente mal piazzato di un soldato.
Gli altri crociati erano disposti in circolo attorno a lui; Elena estrasse la sua lama dalla cintura e fece strage di quei corpi senza vita approfittando dell’irrealità della situazione.
D’un tratto, una vampata bollente esplose tra le sue braccia e fu costretta a mollare la presa sulla sfera dorata, che rotolò al suolo camminando di suo tutt’altra parte.
-Diamine!- imprecò, ma in quell’istante il tempo riprese il suo corso naturale, e le tredici guardie disposte in circolo a suo padre si accasciarono a terra con grande di Kalel.
-Cosa?!?…- non fece in tempo ad aggiungere altro, che guardò sua figlia allontanarsi di corsa dietro alla sfera che rotolava e la seguì.
-Vieni qui!- sibilò la ragazza piegandosi e saltellando, tentando in vano di recuperare la palla che proseguiva indisturbata evitando casse, colonne, porte e pietre come se la strada fosse in pendenza, cosa che non era.
-Elena! Prendilo subito!-.
-Ci sto provando! Ci sto provando!- strillò lei gettandosi poi sulla sfera, che però le sfuggì ancora.
Si lanciò per terra una decina di volte, ma il Frutto scivolava via come unto di un olio speciale. Sbucava con violenza via dalle sue braccia che si stringevano aggressive attorno alla composizione dorata e viva di questa, ed Elena cominciò a prendere la pazienza.
Così estrasse dalla tasca sulla cintura l’altra compagna e la volse verso la sfera birichina.
-Vieni qua, infame di una lampadina!- sbraitò collerica, e l’oggetto che aveva in pugno si illuminò ci un’accesissima luce verdognola.
Il Frutto sfuggevole arrestò la sua fuga d’un tratto, ripercorrendo la sua scia e spegnendosi del tutto del suo potere raffreddandosi di un grigio metallico e rugoso.
Elena sgranò gli occhi chinandosi ad afferrare quello che adesso, da magnifica sfera dorata, le pareva solo un sasso comune come quelle della strada.
Kalel le venne affianco. –Su, dammelo!- ordinò.
-Aspetta, io…- non terminò che il suo vecchio glieli strappò entrambi di mano. Li avvicinò l’uno all’altro e questi s’intrecciarono come gli anelli di una catena.
La ragazza sobbalzò nell’udire una voce fredda, e distaccata, oltre che familiare, gridare: -No! Fermo!- Bonifacio emerse dalla stradina vicina in groppa al suo cavallo. –Non farlo, vecchio!- portò l’animale al galoppo con una sola tallonata ben piazzata.
Un istante dopo suo padre pronunciò in un sussurro quelle che le parvero parole senza senso, ma che in fine associò al freddo suono della tonalità latina di quella stessa lingua morta. Mormorò una dozzina di parole, suo padre, prima di sollevare i Frutti dell’Eden verso il cielo.
Un bagliore accecante invase tutta Acri, che splendé d’oro per pochi secondi, accompagnato dal suono fortissimo di un boato assurdo e squillante che si allargò per le strade, giungendo fino all’oceano.
Il cavallo di Bonifacio galleggiò nel vuoto di fasci di luce dorati e argentati, poi egli stesso si dissolse come polvere del deserto, e così tutta Acri scomparve sospinta dal vento, tramutata in una quantità di sabbia che sgrumò come uno sciame di api sospinta dal vento.

_____________________________________


°___°
Ma che diavolo ho scritto?
Allora, pochi punti fondamentali:
In questo chappo compaiono alcuni dei poteri del Frutto, ovvero:

1.    fermare il tempo
2.    tramutare la gente e le intere città in polvere da sparo! XD
3.    Tramutare gli oggetti in… altri oggetti.

Nonostante queste novità che mi paiono assurde allo stesso modo di come paiono a voi °___° spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Avevo detto che questo sarebbe stato l’ultimo aggiornamento… ebbene, ho dovuto dividere in due il capitolo perché per intero conta esattamente 19 pagine e mezzo, fate voi i conti… <.< xD Ma nonostante il chappo subito dopo a questo sia già così corposo, credo comunque di non poterlo postare molto presto. Si tratta del fatto che, seppure alle 20 pagine, non ho descritto tutte le restanti scene che ho in mente! XD Ah, ma per quanto riguarda il possibile sequel, bhé… non smentisco una parola di quello che ho detto. Chissà, con Isabella a Masyaf le cose potrebbero farsi interessanti per tutti… e poi, chissà cosa se ne faranno le dee e gli angeli dei poteri così occulti del Frutto! XD

Ringrazio gli utenti che recensiscono con continuità e tanto amore questa ff tanto assurda e illeggibile, perciò… xD sono troppo pigra, non mi va di mettere i vostri nomi in colonna! XD
Tagliando corto… <.<
A voi la parola.
Elik.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Assassin's Creed / Vai alla pagina dell'autore: cartacciabianca