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Autore: Sabriel    12/05/2009    2 recensioni
Matt si ritrova ad affrontare Mello, dopo anni. Mello propone a Matt di seguirlo, al contrario della prima volta e Near riflette sul rapporto tra i due, invidioso. Spero commentiate in molti!^^ MxM MxN
Genere: Romantico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Matt, Mello, Near
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Questa storia è per una cara amica, che mi ha stressata senza tregua perché scrivessi una Matt/Mello.
Lo so, il titolo fa schifo, accetto suggerimenti, perché proprio non ne trovavo uno adatto.
Ci tengo a precisare che è la prima volta che scrivo una storia degna di tale nome su Death Note, e che sono agitata! xD
Perché ho paura di rendere i personaggi OOC, perché non so se sono all’altezza e perché non ho idea della piega che prenderà questa storia! Non ho ancora deciso nulla, e voglio che sappiate che ci sarà anche una buona dose di Matt/Near.
Allora la storia è narrata da tutti e tre, quando cambia il narratore ho messo doppio a capo. Se così la storia non risulta chiara fatemelo sapere che mi invento qualcosa.
Spero che recensirete in molti, e sono ben accetti eventuali consigli sul continuo della storia.
Specialmente da parte tua, Ale, perché se mi sono cimentata in questa impresa è tutta colpa tua ù.ù
Ed iscriviti ad Efp, invece di girovagarci dentro e basta, o mi tengo in ostaggio il tuo manga é.é
Bene, vi lascio alla storia, però siate clementi! :*


L’INCONTRO

Era Furibondo. Stizzito il rosso prese un piccolo pacchetto dalla tasca interna della giacca, portandosi una Malboro alle labbra e accendendola in un lungo, profondo aspiro.
Matt dopo la partenza di Mello era cambiato, in tutti i sensi.
Aveva giurato a sé stesso che non sarebbe mai più stato debole, mai. Si era allenato duramente a controllare le sue emozioni, e le numerose ore in palestra, nella speranza di alleviare un poco quell’immenso dolore che gli lacerava l’anima, avevano dato i loro frutti.
Non esisteva più l’esile ed indifeso Matt, al suo posto vi era un diciottenne cresciuto troppo velocemente, dai bei muscoli scolpiti, i capelli scarmigliati e rossi come il fuoco, e due occhi verde speranza colmi di solitudine e rancore.
Ancora una volta portò la sigaretta alle labbra aspirando il suo appagante veleno, cercando di darsi un contegno.
Chi cazzo se ne fregava poi… L era morto! E lui il suo posto non lo voleva.
Un amaro sorriso increspò le sue labbra, nel tentativo di bloccare le lacrime. Ormai gli riusciva sempre più facile mascherare la rabbia in scherno e la tristezza in indifferenza… persino meglio di quanto non facesse Mello.
Già… Mihael, sempre lui.
Era stato convocato da Roger, insieme a Near. Il vecchio aveva chiamato anche lui dicendo che la morte di Lawliet aveva cambiato le cose, che questo lo rimetteva in gioco, ma lui non era andato. Si era comportato da perfetto coglione, tutto per paura di rivederlo.
Già, perché da quella maledetta sera in cui Mello aveva deciso di andarsene, di abbandonarlo senza dire una sola parola non l’aveva più rivisto. Non sapeva neanche che fosse ancora vivo, fino a quella mattina.
Ma da uno come lui c’era da aspettarselo. Velocemente, si sfilò la sigaretta dalle labbra, spegnendola violentemente contro il muro, e con rabbia, quasi di malavoglia si sdraiò sul proprio letto.
Ci aveva provato, aveva cercato con tutta la sua volontà di dimenticare, di andare avanti, ed in un certo senso non sapere nulla l’aveva aiutato… ma quando aveva saputo che stava bene, e che avrebbe avuto modo di vederlo, non ce l’aveva fatta. Guardò l’ora.
Erano le nove di sera, sicuramente l’incontro era già avvenuto. Sospirò, riafferrando il pacchetto delle sigarette, sfilandone una per poi accenderla.
Dei tocchi indelicati alla porta lo fecero sobbalzare e per poco non si bruciò.
“Chi è?” sbraitò scontroso “chiunque tu sia spero abbia un buon motivo per rompere a quest’ora, perché non sono per niente di buon umore”
Alzandosi, impugnò la pistola, preparandosi a ricevere il malvoluto visitatore. Non ci fu risposta alla sua minaccia, l’unico suono che poteva scorgere oltre la porta era lo sfrecciare delle macchine sull’asfalto, null’altro.
Altri colpi, più forti.
“Ehi, sei sordo? Ti ho chiesto chi sei” esclamò arrabbiato “rispondi se non vuoi essere imbottito di piombo” aprì la porta, pronto ad inveire contro quel rompiscatole maleducato, ma non appena vide chi era il misterioso visitatore il respiro gli si bloccò nei polmoni.
Si limitò ad osservarlo in silenzio, le labbra leggermente dischiuse, la sigaretta ancora tra le labbra, fumante.
Il ragazzo di fronte a lui sfoderò un sorriso sghembo, osservandolo attentamente “Non ti ricordavo tanto irascibile, Matt” poi il suo sguardo focalizzò sulla sigaretta fra le labbra dell’amico e il suo ghigno si allargò “E da quando fumi?” aggiunse sarcastico.
“Mello…” si limitò a dire il rosso, fissando l’amico da dietro gli occhiali spessi.
“Non mi inviti ad entrare?” domandò poi, carezzevole.
Matt si scostò appena, per farlo passare. Lo sguardo del biondo vagò pigro per la stanza, assorto. “Credevo che Roger avesse convocato anche te”
“Come hai saputo il mio indirizzo?” chiese il rosso, serio.
Mello si voltò verso di lui, ghignando lentamente “Ho i miei mezzi. Allora, perché non sei venuto?” domandò poi, senza girarci intorno.
Il ragazzo sospirò, sedendosi stancamente su una sedia “Perché non me ne frega niente di tutta questa storia, non me ne è mai importato”
Teneva la testa bassa, ma dal fruscio velato capì che il biondo si stava scartando una barretta di cioccolata. Sorrise, gli era mancato quel suono. “Sei un idiota” non c’era cattiveria in quelle parole, era una semplice constatazione.
“E tu uno stronzo. Certe cose non cambiano mai” ribatté lui, pacato. Era cambiato, e non gliel’avrebbe data vinta questa volta, anche perché gli doveva delle fottutissime scuse, o quanto meno una spiegazione.

Mello non si mosse, osservando in silenzio il ragazzo che aveva di fronte.
Quasi stentava a credere che si trattasse di Matt, perché di lui, oltre a quel suo abbigliamento strambo e i suoi fedeli occhiali non aveva nulla. Non c’era traccia del viso dolce e bonario che lo caratterizzava, il suo corpo un tempo così piccolo ed esile, che aveva sempre sentito il bisogno di difendere era mutato radicalmente, prendendo forma, rassodandosi.
Non che fosse grosso, il fisico del rosso restava snello e dinoccolato, ma adesso se la giocavano alla pari. E poi, a giudicare dall’odore che regnava nell’appartamento e che gli impregnava i vestiti, quella sigaretta così inopportuna sulle sue labbra era solo una delle infinite altre che aveva fumato.
Quando se ne andò dalla Wammy’s House, ebbe la tentazione di dirlo a Matt, ma era quasi del tutto certo che l’amico l’avrebbe seguito, e questo non avrebbe potuto permetterlo.
Non avrebbe mai permesso al rosso di rovinarsi la vita per colpa sua, ma adesso, gli venne inevitabilmente da pensare che forse avrebbe potuto essere egoista e portarlo con se, date le condizioni in cui si era ridotto da solo.
Era sicuro che non aveva risposto alla convocazione di Roger a causa sua, perché non voleva affrontarlo, e, preso dalla rabbia aveva deciso di andare da lui.
Adesso era lì, e lo aveva rimproverato, come faceva sempre quando Matt si comportava da bambino, ma per la prima volta da quando lo conosceva lui aveva risposto a tono. L’aveva addirittura insultato! La cosa lo fece incazzare.
“Da quando sei diventato tanto scurrile?” lo sfotté “non è da te. C’è forse qualcosa che devi dirmi?” chiese poi, provocandolo.

Matt, inspirò profondamente, lasciando che la nicotina gli circolasse in corpo, cercando di non perdere il controllo. Era ora di mettere in pratica il suo agoniato selfcontrol.
“Non ho nulla da dirti. Sei tu che sei venuto da me” gli fece presente, serafico.
Mello si irrigidì, un punto per lui.
“Ho bisogno di una persona fidata che lavori per me. Ho bisogno che stia al mio fianco” dichiarò il biondo, tranquillo.
“Che genere di lavoro?” volle informarsi Matt, mentre il cuore, incurante dei suoi sforzi, iniziava ad accelerare. Era diventato scemo o Mello stava chiedendogli di andare via con lui?
L’amico sfoderò uno dei suoi sorrisi preoccupanti, sedendosi nella poltrona di fronte, accavallando con lentezza le gambe.
“Credo sia ora di dirti che fine ho fatto dopo che ho deciso di andarmene”
“Meglio tardi che mai” involontariamente le sue parole si macchiarono di risentimento, traditrici.
“Sono entrato nella mafia, adesso sono a capo di una banda, me ne uso per seguire le indagini sul caso Kira per conto mio”
Il rosso sussultò, incredulo. Si era incasinato nella mafia, fantastico!
“E io a cosa ti servo?” chiese curioso, null’altro.
“Mi serve qualcuno che possa sostituirmi in caso di necessità, qualcuno con un cervello in grado di starmi dietro, che possa aiutarmi a mettere insieme i pezzi. Qualcuno che possa svolgere i compiti più delicati”
Il rosso rise, una risata roca, per via del fumo. “Non sono mai stato bravo a starti dietro, Mello”

Lo osservò attentamente ma dal suo viso non trasparì la benché minima emozione.
Sfottente, indecifrabile, cinico, controllato… odiava quel Matt, lo detestava a morte.
“E’ un no? Devi darmi una risposta adesso, perché non posso concedermi perdite di tempo” celò la stizza in urgenza, abilmente.
Lui spense la sigaretta, sembrava interdetto. Mello si avvicinò all’amico, accucciandosi al suo fianco. Il rosso nel vederlo così vicino si irrigidì, suscitando nel biondo un ghigno divertito. Infondo restava sempre il solito, timido Matt. I contatti fisici lo avevano sempre messo a disagio, fin da bambino.
Afferrò gli occhiali, sfilandoglieli. “Voglio guardarti negli occhi quando ti parlo. Ho sempre odiato questa tua mania” spiegò, godendosi il rossore che lieve si affacciava alle sue guance. I suoi occhi non erano cambiati, erano sempre limpidi, profondi.
“Allora?” chiese spazientito.
Lui sospirò “D’accordo Mello”
Si alzò, guardandolo dall’alto in basso. “Preparati allora, ce ne andiamo”
Vide il rosso alzare lo sguardo su di lui, l’espressione grave. Poi si alzò, iniziando a gettare le proprie cose dentro una valigia, alla rinfusa, senza nemmeno guardare.
Mello ghignò, gli occhi dell’amico non avevano segreti per lui, poteva fingere quanto voleva. Era arrabbiato, ed agitato per giunta. Sapeva di dover dire qualcosa, ma non sapeva cosa… non era mai stato bravo in quanto a sentimenti, e non aveva intenzione di chiedere scusa. Se Matt non era riuscito a capire il perché delle sue azioni, al diavolo.

Ecco che tutti i suoi bei discorsi davanti allo specchio, tutti quei ‘vaffanculo Mello! Io non sono un cagnolino da sfruttare quando ti va per poi abbandonare’ erano svaniti, lasciando spazio all’amarezza per essere così irrimediabilmente stupido.
Mihael chiamava e lui accorreva, proprio un bel modo di fargli capire che non era un cane! Più arrabbiato di prima, gettava vestiti nella valigia, senza nemmeno piegarli, cercando di imporsi lucidità.
Stava acconsentendo ad immischiarsi in una cosa pericolosa, parecchio, tutto per lui… per l’unico amico che avesse mai avuto, che l’aveva abbandonato senza nemmeno una parola di congedo, senza pensare alle conseguenze che la sua partenza avrebbero potuto avere su di lui.
Chi poteva essere così masochista?
“Mail…” si bloccò, stupito. Mello non lo chiamava mai per nome, mai.
“Non mi pento di essermene andato, e non mi pento di averti lasciato alla Wammy’s House. La mia proposta non ha nulla a che vedere con questo”
Un sorriso amaro gli affiorò sulle labbra. Non aveva dubbi, Mello che si faceva un esame di coscienza era come vedere Near vestito di rosso, impossibile!
“Lo so” rispose semplicemente, atono. Gettò uno sguardo alla valigia, contrariato. Non si sarebbe mai chiusa con i vestiti messi in quel modo.

Il comportamento del rosso lo mandava in bestia. Sapeva che avrebbe detto si, ne era certo, perché Matt era leale, era un vero amico, ed era l’unica persona che riuscisse a vedere oltre il suo caratteraccio ed il suo egoismo, l’unico capace di volergli bene.
Ma non era così. Il SUO Matt avrebbe urlato, si sarebbe sfogato, gli avrebbe dato del traditore, dell’insensibile, magari gli avrebbe anche cioccato un pugno in pieno volto e poi avrebbe tenuto il broncio per un tempo indeterminato. Ma non era in grado di mantenere quel controllo spudorato, di simulare quella snervante calma.
Si avvicinò al compagno, scostando la valigia dalla sua portata. “Vorrei andarmene prima che faccia mattina, se non ti dispiace” lo rimbrottò, iniziando a piegare i vestiti.

Matt guardò l’amico riordinargli la valigia, e una bruciante voglia di abbracciarlo lo sconquassò nel profondo. Ricacciò quella pulsione, aiutato da un ondata d’orgoglio improvviso. Non erano più bambini, e lui non era più il ragazzino ingenuo ed affettuoso di un tempo. Si era esposto troppo con Mello, gli aveva mostrato le sue debolezze, quanto tenesse a lui, e quello era il risultato.
No, non avrebbe ceduto.
“Come sei noioso, devi sempre lamentarti” sbottò, sedendosi sul letto affianco alla valigia ed accendendo il Nintendo DS.
Mello gli lanciò uno sguardo storto, ma non commentò. Sapeva che l’avrebbe innervosito, odiava quando si metteva a giocare, ignorandolo. L’aveva fatto apposta.
“Non devi portar via nient’altro?”gli chiese improvvisamente.
“Mh?..” non lo ascoltava, ormai preso dal gioco, le dita che pigiavano veloci i tasti, abili.
Tre, due, uno…
“Matt cazzo, spegni quel dannato affare se non vuoi che lo disintegri!”
“Un momento, finisco la partita” disse tranquillo, mentre un ghigno tentava di sbucare dalle sue labbra, trionfale.
Altro punto per lui.

Cazzo, lo faceva apposta?! Sapeva quanto odiasse quel dannato aggeggio, non era decisamente il momento! Senza indugio, afferrò la console, spegnendola.
“Non sei più un bambino Matt, devi smetterla di perdere tempo con queste idiozie”
“Ehi non avevo salvato” gli fece presente il rosso, ignorando il suo commento.
“Non me ne frega un cazzo. Andiamo” ordinò, chiudendo la valigia. Se aveva scordato qualcosa peggio per lui. Sentì lo sguardo dell’amico puntato addosso, e si voltò, ancorando gli occhi ai suoi.
“Dimmelo” gli disse, quasi accondiscendente.
“Cosa?” domandò il rosso, incrinando appena il capo.
“Quello che muori dalla voglia di dire. Che sono un bastardo menefreghista”
“Sei un bastardo menefreghista” fece eco, e sulle sue labbra affiorò un sorriso. Piccolo, breve, ma sufficiente a donare al viso di Matt quel qualcosa che l’aveva sempre reso unico.
Mello, suo malgrado ghignò. “Hai la patente?” chiese pacato.
“Si”
“Allora guida tu, ti darò istruzioni strada facendo” spiegò, lanciandogli le chiavi.

Lui non era venuto. Prevedibile.
Near sedeva scompostamente sul pavimento, il viso imperscrutabile, mentre con una mano, lentamente, si arricciava una ciocca di capelli, bianca come il latte.
E Mello si era incazzato. Scontato.
Aveva previsto ogni cosa, eppure ne era rimasto deluso ugualmente.
Ricordava ancora, come fossero eventi recenti, i giorni trascorsi alla Wammy, e ricordava lui. Era sempre stato invidioso del rapporto fra i due, lo trovava impari ed ingiusto.
Mello non meritava una persona come Matt al proprio fianco, quel viso dolce e sorridente, quelle braccia che lo abbracciavano quando ne aveva bisogno, quella voce calda e rassicurante che lo calmava quando come al solito dava in escandescenza.
Li aveva sempre osservati, e non capiva come Matt potesse farsi trattare a quel modo, come potesse provare quel bene così spassionato per un bastardo come Mello, restandogli accanto in ogni istante, sempre pronto ad aiutarlo, sempre pronto a regalargli un sorriso.
Inizialmente li osservava per pura abitudine, studiando i loro comportamenti, come faceva con tutti.
Poi un giorno, apparentemente come gli altri, accadde una cosa che ancora stentava a credere.
Sedeva nella sala giochi, tutto preso dal suo puzzle. Era Natale. Gli altri bambini erano usciti a giocare con la neve, ma lui non ci teneva affatto a bagnarsi tutto con quella roba fredda ed inutile.
Improvvisamente il rumore di una corsa attirò la sua attenzione, e voltandosi vide Matt, piegato in due per la corsa, le guance arrossate dal freddo, i capelli bagnati che gocciolavano sul pavimento.
Ripreso fiato alzò lo sguardo, per osservarlo, tra lo stupito e l’interdetto.
“Near, perché non sei fuori a giocare?” chiese.
Si stupì di quella domanda, nessuno si interessava mai di lui. Si limitò a fissarlo, criptico. Il rosso gli sorrise, provocandogli un sussulto. Proprio uno di quei sorrisi che rivolgeva a Mello, dolce e luminoso.
“Ahh Mello ha ragione, sei proprio un asociale” sbottò, avvicinandosi, sempre sorridente. “mi dici cosa ci trovi in quegli stupidi puzzle? Sono noiosi!”
“Non è vero, io li trovo interessanti” si giustificò, monocorde.
“Si ma è Natale, e non puoi startene qui tutto solo” disse conciliante, osservandolo quasi con tenerezza. Near si chiese perché diavolo si comportasse così, dato che prima non gli aveva mai rivolto parola.
Il rosso lo afferrò per la maglietta, strattonandolo appena. “E dai vieni a giocare con me”
“Mello non ne sarà contento” gli fece presente lui, pacato.
Matt lo fissò incredulo “Che c’entra Mello adesso?”
“Grazie, ma non mi piace la neve”
Il ragazzino mise il broncio. “Uffa, come vuoi. Allora resto qui con te” dichiarò, strizzando i capelli cremisi, zuppi.
Near non rispose, riprendendo il suo puzzle, cercando di calmare il cuore, animato da quella novità.
Matt lo osservava, concentrato. “Facciamo un altro gioco?” domandò.
L’albino rivolse nuovamente gli occhi onice su di lui “A cosa vorresti giocare?” chiese privo di inflessione.
Il ragazzino si mise a riflettere “Non lo so…”
Una voce in lontananza interruppe il loro discorso. “Matt, dove accidenti ti sei cacciato?!”
Era la voce di Mello, la riconobbe subito. Osservò il coetaneo, per valutare la sua reazione. Non sembrava agitato o a disagio. “Ora vengo, mi sto scaldando un po’” urlò, perché l’amico lo sentisse.
“Ok ma sbrigati, sono stufo di aspettarti”
Poi puntò i suoi occhi smeraldo su di lui, fissandolo intensamente. “Dai vieni con me a giocare… ci parlo io con Mello”
“No”
Il rosso sospirò sconfitto. “D’accordo” poi sfoderò un altro sorriso e senza preavviso l’abbracciò, facendolo irrigidire “Buon natale Near!” esclamò, mentre le sue guance diventavano una gradazione più rosse.
Near non lo scostò, mentre il suo cuore si dimenava impazzito, per la prima volta nella sua vita.
“Buon natale Matt” ricambiò, per poi osservarlo uscire, nuovamente di corsa.
Da quel giorno sperò che succedesse ancora, non aveva mai avuto amici, e non gliene era mai importato, perché era fatto così.
Non poteva farci niente, tutto lo annoiava, le persone lo annoiavano… ma Matt no.
Era sicuro che dopo il colloquio con Roger Mello sarebbe andato a cercarlo, e sapeva che Matt lo avrebbe perdonato.
A quel pensiero lo stomaco gli si attorcigliò, contrariato.
Si mise una mano sulla pancia, impassibile.
Che strana sensazione… solo il pensiero di Matt riusciva a suscitare in lui delle reazioni, solo quello.

  
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