Voodoo doll (La casa delle donne tristi).
Katrina p.o.v.
Mi chiamo Katrina Crane e sono la
vostra tipica ragazza
alternativa: lungo ciuffo di capelli rossi tinti che mi copre un
occhio, il
resto dei miei capelli prevalentemente neri, occhi verdi contornati da
uno
spesso strato di matita nera, collare e braccialetti con le borchie,
tante
collane, vestiti neri pieni di buchi e strappi.
La tipica ragazza alternativa che però ha qualcosa che la
rende più alternativa delle altre: sono una strega.
Non pratico la wicca, quella la lascio alle mie sorelle
più buone, comunque non sarebbe il mio dono, sono
un’esperta nei riti voodoo.
Lavoro come apprendista in un negozio di tatuaggi, ma il
lavoro è solo uno sfizio, il denaro non mi manca. Mia nonna
mi ha lasciato una
grande casa in stile vittoriano alla periferia di Sidney e tanti soldi,
perché
io sono una strega come lei. Mia madre non lo è, il dono ha
saltato una
generazione, e penso che la cosa non le sia mai andata giù,
perché da quando ha
capito che non avrebbe avuto poteri ha iniziato a disprezzare sua madre
e il
mondo magico.
Quando ha scoperto che io il dono l’avevo – a
quattro
anni levitavo, a otto spostavo le cose con il pensiero e le
distruggevo, a
sedici ero in grado di teletrasportarmi, leggere il futuro, comunicare
con i
morti e usare il voodoo – mi ha cacciato di casa.
Sono stata cresciuta da mia nonna ed è stato naturale che
mi lasciasse tutto, che tutto andasse al suo piccolo mostriciattolo,
come mi
chiamava. La famiglia di mia madre emigrò qui alla fine
dell’Ottocento dalla
Louisiana, da New Orleans precisamente, portandosi dietro qualche
schiava
fedele tra cui una che insegnò alla figlia del suo padrone i
segreti della magia voodoo.
La schiava venne uccisa, ma i suoi segreti continuarono a
vivere nelle donne della famiglia che da allora divennero i veri
capofamiglia,
spodestando gli uomini sotto la minaccia della morte.
In una famiglia normale una bambola nelle mani di una
bambina è vista come un’immagina tenera che
prefigura la futura maternità,
nella mia è sinonimo di terrore e morte.
Adesso io sono fuori da un locale molto chic di Sidney, Luke
Hemmings è appena entrato da solo senza nemmeno una guardia
del corpo.
Io esco dalla macchina, indosso una canottiera nera con
una stella a cinque punte capovolte che mi lascia scoperto
l’ombelico visto che
termina in tante strisce di tessuto, un paio di shorts neri, una
cintura di
borchie, della parigine di rete con un fiocchetto sbarazzino e anfibi
con la
zeppa.
Con aria indifferente sorpasso la coda di persone che
vuole entrare nel locale e cammino fino alla fine del viale fumando una
sigaretta, poi prendo una stradina che passa parallela a quella
principale e
trovo un vicolo che sbuca proprio sul retro del locale in qui Luke
è entrato.
Mi metto un paio di guanti neri e un passamontagna dello
stesso colore, poi controllo il contenuto della mia borsa: una siringa
e una
fiala. Riempio la siringa con il contenuto della fiala e aspetto.
So che Luke uscirà dalla porta che dà sul retro
per
fumarsi una sigaretta di nascosto dalla sua ragazza Arzaylea e
sarà in quel
momento che colpirò.
Dal mio aspetto si direbbe che io sia una Michael girl,
ma Luke mi è sempre piaciuto con quella sua aria angelica,
è esattamente tutto
quello che io non sono.
Luce quando io sono tenebra.
Dolcezza quando io sono cattiveria.
Simpatia quando io sono stronza.
Perdono quando io sono vendetta.
Ed ecco che esce con aria distratta, io mi porto alle sue
spalle, lui forse capta qualche rumore, ma ormai è troppo
tardi, con un braccio
lo tengo fermo, con la mano libera gli pianto una siringa nella gamba
esattamente dove passa un’arteria.
Lui lotta un po’, poi cade esanime tra le mie braccia,
gli ho dato un buon sonnifero!
Mormoro qualche parola e sento come se un manto freddo ci avvolgesse,
siamo
invisibili al mondo ora, Luke è mio.
Lo trasporto delicatamente fino alla mia macchina, poi lo
chiudo nel baule, nessuno mi vede dato che ho scelto un parcheggio
buio. Una
cosa o la fai bene o non la fai affatto, soprattutto se illegale.
Salgo e metto in moto, poi esco dal parcheggio e guido
lungo le vie di Sidney verso la periferia a velocità
moderata e con l’aria più
innocente del mondo.
La villa dove abito è all’estrema periferia,
circondata
da un grandissimo parco e si affaccia su una spiaggia privata,
è apparentemente
un luogo a sogno, ma dentro ci solo incubi: pareti dipinte di nero,
tendaggi di
varie tonalità di rosso e ricamate d’oro e
argento, mobili tropicali scuri,
paraventi, statue africane, quadri con scene violente, surreali, strane
e
candele, tappeti persiani, teschi di animali incisi, acchiappasogni e
scacciapensieri fatti di campanellini o vetro o acciaio, lanterne
occidentali e
orientali, furin, gabbie vuote.
Arrivo al grande cancello in stile liberty, lo apro,
entro e mormoro altre parole: adesso questa tenuta è
protetta da incantesimi
che tengono visitatori indesiderati e la polizia lontano.
Torno in macchina e la parcheggio nel garage, apro il
baule e tiro fuori un Luke ancora incosciente, immediatamente Charlene
appare.
Charlene era la schiava che insegnò il voodoo alle donne
della mia famiglia, una ragazza che indossa un vestito arancione con
fantasie
nere che le lascia scoperte le spalle, il turbante coordinato, al collo
ha
l’ndebele, il tipico collare
africano d’oro e hai pesanti
braccialetti sempre d’oro alle braccia.
Charlene è un fantasma che protegge le
donne della mia famiglia.
“Signorina, chi è quel ragazzo?”
Mi chiede con un leggero accento strascicato, del sud degli Stati Uniti.
“Quello che diventerà il mio ragazzo,
Charlene.”
“E come, signorina?”
“Ti ho detto mille volte che puoi chiamarmi Katrina e
comunque con i sistemi
che le donne della mia famiglia usano con gli uomini che piacciono
loro.”
Lei scuote la testa, facendo tintinnare
gli orecchini circolari che ha alle orecchie.
“Non sono buoni sistemi, signorina, non
possono creare l’amore se questo non
c’è.”
“Io dico di sì.”
Trascino il corpo fino ai sotterranei, là lo lego non troppo
stretto e accendo
due lanterne giapponesi che illuminano la tetra stanza di pietra,
l’altra fonte
di luce è una finestra posta molto in alto con le sbarre e
nascosta da teli
indiani rossi.
Io mi siedo su di una sedia – dopo
avergli strappato delicatamente un capello biondo e averlo messo in una
piccola
bambola di paglia con sembianze umane – e mangio una mela,
presto l’effetto del
sonnifero finirà e io dovrò parlare con lui.
Dopo un po’i suoi occhi iniziano a
muoversi e poi si spalancano, lui inizia a scalciare e urlare, vendendo
le
manette, le corde e le catene che pendono dal soffitto: qui una volta
venivano
puniti gli schiavi.
“Non agitarti, nessuno userà quelle
contro di te.”
Lui si blocca e mi guarda terrorizzato.
“Chi sei?”
Esala alla fine.
“Sono quella che diventerà la tua
ragazza.”
“Sei pazza!”
Urla lui, io non mi scompongo: è una vita intera che mi
sento dire che sono
fuori di testa.
“Così non va bene.”
Prendo un lungo spillo dal tavolino accanto alla sedia e lo infilo nel
braccio
destro della bambola, Luke comincia a urlare tenendosi proprio quel
braccio.
“Mi fa male il braccio, mi
fa male il braccio!”
“Lo so, tesoro. Sono io che te lo sto facendo, non vorrei
farlo, ma tu mi ci
hai costretto.
Ripartiamo da capo, io sono Katrina,
piacere di conoscerti.”
Lui ansima forte, ma poi si arrende.
“Io sono Luke, molto piacere di
conoscerti.”
Tolgo lo spillo e lui si massaggia la spalla sollevato.
“Ti piaccio, Luke?”
“Sei marcia dentro, come fai a piacermi?”
Io infilzo l’altro braccio della
bambola e Luke riprende a urlare.
“Mi dispiace, amore. Mi hai costretto
di nuovo a farti male, ma sei stato sgarbato.
Ti piaccio, Luke?”
“No.”
Prendo un altro spillone e trapasso la gamba destra, lui urla
più forte, io
fischietto “Amnesia”.
“Allora, Luke.”
“Non lo so, non ti conosco.”
Io tiro fuori gli spilloni e lui riprende a respirare normalmente, io
mi alzo
dalla sedia.
“Per stasera può bastare. Dietro quella
porta c’è il bagno e un cambio di vestiti e adesso
arriva il letto.”
Con noncuranza lo faccio apparire, lui
si guarda i polsi legati.
“I nodi sono deboli, tra un po’ li
disferai. Sei libero di girare per la casa e per il giardino, tanto non
puoi
scappare da qui.
Buonanotte, amore.”
Mi avvicino a lui e gli do un bacio sulla fronte che lo paralizza, per
stasera
mi basta.
Luke p.o.v.
Katrina.
Le braccia e le gambe gli fanno ancora
male e la sua testa è confusa, di preciso come ci sia
arrivato in quella stanza
non lo sa. Era in un club di Sidney con Arzaylea, si annoiava ascoltano
le
chiacchiere vuote della ragazza e aveva pregato Dio che gliene mandasse
una con
un po’ più di cervello, ma la preghiera doveva
averla intercettata Satana. Era
uscito a fumarsi una sigaretta e qualcuno lo aveva immobilizzato e
addormentato
e si era ritrovato davanti a lei: capelli rossi e neri, trucco pesante,
piercing
e occhi verdi.
Una ragazza più adatta a Michael che a
lui, ma lei sembrava pensarlo in modo diverso: vuole che lui diventi il
suo
ragazzo e quella terribile bambola è un buon modo per
forzare la volontà di
chiunque.
Luke sospirando inizia a provare a
sciogliere i nodi che gli legano i polsi e dopo qualche tentativo ci
riesce,
dopotutto su quello Katrina non ha mentito, sono deboli.
Si libera anche i piedi e si alza,
muovendo le mani e gironzolando per la stanza, il letto lo tenta
immensamente,
ma come è arrivato lo fa morire di paura. Lei lo ha
semplicemente fatto apparire
con un’occhiata, se prima aveva dei dubbi ora ha un paio di
certezze: è
prigioniero e la sua carceriera è una strega.
Si toglie le scarpe e salta sul letto,
posizionato sotto dei lunghi teli indiani rossi, alto
com’è Luke riesce ad
arrivare in cima e a scostarli, dietro c’è una
lunga finestrella con delle
sbarre. Forse se si impegnasse un po’ potrebbe provare a
scappare da lì.
“Fossi in te non lo farei.”
Gli dice una voce femminile.
Una ragazza di colore è apparsa nella
stanza, vestita di arancione, con un turbante, braccialetti e un
pesante
collare d’oro, scalza.
“Chi sei?”
“Mi chiamo Charlene.”
“Io sono Luke, puoi aiutarmi a uscire?”
“No, non posso. Io sono al servizio della signorina
Katrina.”
“E se tu ti ribellassi?”
Tenta disperato.
“Sì, potrei farlo. Tuttavia anche se lo
facessi non potrei comunque aiutarti a scappare.”
Lui la guarda senza capire.
“Io sono morta due secoli fa, io sono
un fantasma.”
Luke lancia un urlo che farebbe la felicità del suo manager
viste le note alte
che riesce a raggiungere, farebbe
invidia persino a Hayley Williams.
“Perché posso vederti? E cosa ci fai
qui?”
“Questa casa è quella che definiresti
una casa stregata, le barriere dei mondi sono più deboli e
persino le persone
che non sono magiche possono vedere i fantasmi. Tu mi vedresti lo
stesso anche
se le barriere fossero normali. La padrona mi può vedere e
adesso siete legati
perché ha una bambola con le tue sembianze per controllarti.
Sono qui per
accettarmi che tu riposi.”
“Come posso dormire in un letto che è
apparso dal nulla?”
La ragazza rimane un attimo in
silenzio.
“Presto ti abituerai a tutte queste
stranezze. Buonanotte, signorino Luke.”
La ragazza sparisce così come è apparsa e Luke si
lascia cadere sul letto: è
morbido e sa di pulito.
Ricapitolando Luke è alla mercé di una
strega spietata e di un fantasma, le possibilità di fuga
sono pari allo zero, meglio
dormirci sopra, dicono che la notte porti consiglio.
Luke si toglie jeans scuri e calzini e
si infila sotto le coperte che sanno di pulito, spera con tutto il
cuore che
sia un incubo e di risvegliarsi nel suo letto la mattina dopo.
La mattina dopo Luke è ancora lì,
quello che ha inventato il detto sulla notte che porta consiglio
probabilmente
non pensava a un adolescente prigioniero mentre dava forma ai suoi
pensieri
ottimisti.
Scalcia vie la coperte e si accorge che
accanto al letto c’è un piccolo tavolo con sopra
del cibo: latte caffè, the,
biscotti, brioches uova con il bacon, panini, una scatola di cereali.
“Scusa, ma la padrona non era sicura su
cosa preferissi per colazione.”
“Oddio!!”
Luke guarda la fantasma di colore con
una mano sul cuore, non è ancora abituato.
“Ci farai l’abitudine.”
Dice lei sorridendo.
“Comunque io per colazione mangio latte
e cereali, dillo alla tua padrona.
Dove è, a proposito? Come mai non è qui
a trafiggermi?”
“È al lavoro.”
“Pensavo che una che vive in una villa del genere non avesse
bisogno di
lavorare.”
“Non ne ha bisogno infatti, le piace quello che fa e basta.
È un’apprendista
tatuatrice.”
“Capisco.”
La donna scompare, Luke mangia di corsa la sua colazione e poi corre al
piano
superiore, spalanca la porta d’entrata e attraversa come una
furia il giardino
fino ad arrivare al cancello in ferro battuto. È alto e le
sbarre terminano in
punte acuminate, ma non impossibile da scalare.
Lui vorrebbe provarci, ma non ci arriva
nemmeno al cancello, una forza misteriosa lo butta a terra.
“Tutto il cancello è protetto da
incantesimi.”
Gli dice paziente Charlene.
Luke torna verso la casa, le fa il giro
e poi scopre il giardino posteriore e il sentierino che porta alla
spiaggia, li
percorre di gran carriera e quasi non si accorge che i suoi piedi
calpestano la
sabbia più chiara, fine e morbida di tutta Sidney. Vede solo
il mare, non vede
l’ora di tuffarcisi dentro e nuotare via da
quell’incubo, scatta verso l’alto,
ma invece di atterrare nell’acqua viene spinto via dalla
stessa forza del
cancello.
“Tutta la tenuta è protetta da
incantesimi, non c’è modo di scappare da
qui.”
Luke bestemmia e torna in casa, solo lì si accorge della
stranezza della casa: pareti
dipinte di nero, tendaggi di varie tonalità di rosso e
ricamate d’oro e
argento, mobili tropicali scuri, paraventi, statue africane, quadri con
scene
violente, surreali, strane e candele, lampadari di cristallo, tappeti
persiani,
teschi di animali incisi, acchiappasogni e scacciapensieri fatti di
campanellini o vetro o acciaio, lanterne occidentali e orientali,
furin, gabbie
vuote.
“Dio, come mai questa casa è arredata
così?”
La mano di Charlene fa suonare uno scacciapensieri di
vetro azzurro lavorato come se fossero gemme, quello emette un suono
triste.
“Questa è una casa di donne sole e tristi, si
circondano
di cose per dimenticare il mondo che non le vuole.”
“Cosa significa?”
“Le donne di questa famiglia conquistano i loro uomini
con il voodoo, è stato così sin da quando questa
famiglia è arrivata qui dalla
Louisiana ed è in parte colpa mia.”
“Non ti capisco.”
“Sono io che ho insegnato il voodoo alla figlia
più giovane di questa famiglia
quando arrivarono qui, eravamo cresciute insieme, era la mia migliore
amica. La
sua famiglia voleva che sposasse un vecchio e ricco industriale di
Sidney, lei
amava un giornalista.
Era disperata e la iniziai ai riti, ben presto il suo
futuro marito morì. La famiglia ne scelse un altro e poi un
altro, ma morivano
tutti. Un giorno scoprirono la verità, picchiarono la mia
amica fino quasi a
ucciderla e uccisero me. Pensavano di avere risolto il problema, ma il
seme del
male era stato piantato e non passa giorno per cui me ne penta.
La mia padrona uccise tutta la famiglia, ereditò la loro
fortuna e poi chiese al suo innamorato di sposarla, lui
rifiutò. Dio mi perdoni
per quello che sto per dire, ma lei lo costrinse a giacere con lei
sicura che
sarebbe rimasta incinta e poi lo uccise. Lanciò una
maledizione su questa casa,
le donne si sarebbero sposate solo grazie al voodoo torturando i loro
amati e
uccidendoli una volta diventati inutili.
Era colpa mia, la mia anima era in purgatorio per questo.
Un giorno però Dio venne da me, mi disse che dovevo
rimediare a quello che
avevo combinato, le mie intenzioni erano buone, ma avevo causato un
disastro.
Dovevo proteggere le donne di questa famiglia e trovare il modo di
rompere
questa maledizione, pensavo di avercela fatta con la madre di Katrina,
ma è
successo solo perché lei non aveva poteri. Katrina
è come tutte le altre.”
Luke rimane in silenzio, tutto quello che gli ha raccontato Charlene ha
scalfito un paio delle sue certezze: Katrina non è una pazza
ossessionata da
lui e pericolosa, è solo il frutto di una lunga linea di
sangue e odio.
È solo il prodotto di una reazione a catena iniziata
duecento anni fa e che non sembra destinata a finire.
Katrina p.o.v.
Non vedo l’ora di vederlo di nuovo, voglio stare con lui
per sempre e l’unico modo che conosco è
procurargli dolore perché il dolore
piega i desideri delle persone alla tua volontà ed
è l’unico modo per far amare
a qualcuno una persona come me.
Arrivato mezzogiorno e mezzo me ne vado dopo aver salutato
i colleghi e guido verso casa mia, non appena arrivo al cancello scopro
subito
che Luke ha provato a scappare da qui e dalla spiaggia. Me lo aspettavo.
Sciolgo la protezione e poi la riattivo una volta dentro,
parcheggio in garage ed entro in casa, Charlene è in cucina
come al solito,
Luke sta facendo pigramente suonare un furin.
Io mi accendo una sigaretta.
“Buongiorno.”
Lui mi guarda spaventato.
“Ti ho detto buongiorno.”
“Oh, ciao.”
“Ho saputo che hai provato a scappare, ma non importa,
adesso andiamo a mangiare.”
“Non ho molta fame.”
“Ho detto che si mangia.”
Il corpo di Luke si alza a un mio movimento, lui mi guarda ancora
più
terrorizzato.
“Come è possibile?”
“Con la mia bambola non solo posso farti del male, controllo
anche il tuo
corpo, se ti dicessi di pugnalarti lo faresti. Sei in mio
potere.”
Lui scuote la testa, ma lo farà ancora per poco.
Ci sediamo al tavolo, mi sembra ancora arrabbiato, ma
in lui avverto anche un cambiamento, come se ci fosse della
pietà dietro a quegli
occhi azzurri.
Forse Charlene gli ha detto qualcosa, ma non importa, la
gente come me non può essere amata in modo spontaneo,
sarebbe come amare un
drago cattivo.
“Charlene, cosa c’è per
pranzo?”
“Cous cous con pollo e verdure, signora.”
“Quante volte ti ho detto di non chiamarmi signora?
Mi fa sentire vecchia.”
“Scusa, Katrina.”
Il fantasma arriva con due piatti pieni di cous cous e li depone
davanti a noi.
“Mangialo, Luke. Il cous cous è uno dei piatti
forti di
Charlene.”
Lui affonda il cucchiaio nella semola e poi se lo porta alla bocca.
“È buono, ma preferire mangiare da solo.”
“Voglio solo assicurarmi che tu ti nutra, ti
servirà.”
“Per sopportare il dolore? Perché non mi lasci
andare?
Possiamo vederci in un bar e fare qualcosa insieme,
qualcosa tipo andare al mare o in giro per Sidney, magari
così riesci a
sedurmi.”
Io scoppio a ridere.
“Sono innamorata di te, ma non ho perso la ragione. Se ti
lasciassi andare tu spariresti come un ninja, cosa sono io per te? Una
fan come
le altre.
Per quanto ne so potresti anche chiamare un prete o un
esorcista per proteggerti da me.”
“Katrina, come fai a saperlo se non provi?”
“Lo so cosa fanno i ragazzi davanti alle ragazze come me:
scappano e di corsa
anche.
Lo hanno sempre fatto e lo faranno sempre, in questa casa
non c’è mai stato amore perché
l’amore come lo intendi tu per le creature come
noi non esiste. Noi otteniamo l’amore attraverso il dolore
perché è l’unico
modo in cui possiamo farlo, tu non puoi rompere questa
regola.”
“Charlene dice che si potrebbe.”
“Charlene è una cara ragazza, ma anche la
più disgraziata
delle creature. Mandata da Dio a raddrizzare il torto che ha creato pur
sapendo
che è impossibile, la maledizione che ha lanciato la mia
antenata è più forte
di qualsiasi potere divino perché sale dalle
profondità dell’inferno più nero.
Dove c’è così buio la luce non dura a
lungo o non dura
affatto. Lei pensa di poterci salvare, ma la verità
è che può solo tenerci a
bada per evitare che facciamo troppi danni e adesso mangia!
Le chiacchiere mi hanno stancato!”
“È così perché voi non
volete che cambi, la maledizione
esiste perché siete voi a crederci, il giorno in cui
smetterete di farlo
sparirà e potrete amare senza usare il dolore.”
“STAI ZITTO!”
Urlo e tutti i vetri della casa vanno in frantumi, con un
movimento della mano li faccio tornare come nuovi.
“Noi siamo diverse, questo è quello che sappiamo
fare:
distruggere.
Non è questione o meno di credere alla maledizione, che
io ci creda o meno essa esiste, scorre nel mio sangue e non si
fermerà perché
io decido di ignorarla.
Tu hai visto solo un quarto dei miei poteri, tu non sai
cosa sono in grado di fare ed è meglio che tu non lo sappia.
Se solo volessi
potrei radere al solo da sola questa città!
E adesso mangia.”
Comandate dalla mia volontà le sue mani prendono
forchetta e coltello e tagliano il pollo, per poi farglielo arrivare
alla
bocca. Luke tace, per fortuna.
Charlene ci serve il dolce e la frutta in silenzio,
finito, faccio alzare Luke e andiamo nei sotterranei.
“Cosa vuoi fare?”
Mi chiede spaventato Luke.
“Ti farò innamorare di me.”
“Non è in questo modo che…”
Con un gesto della mano lo faccio tacere, apro la porta della sua
stanza e lo
faccio entrare, poi la chiudo la chiave e tiro fuori la bambola e gli
spilloni
da un cassetto del comodino.
“Siediti.”
“Voglio stare in piedi.”
“Come vuoi, ma farà più male.
Allora, Luke… Ti piaccio?”
“Non lo so, non ti conosco.”
Io infilo lo spillone in pancia, lui si piega in due
per il dolore e
finisce per rotolare a
terra, gemendo.
Tolgo lo spillone.
“Ti piaccio?”
“Perché non provi a conquistarmi in un altro modo,
accidenti a te?
Perché non puoi fare come tutte le ragazze?”
Io infilo lo spillone nella testa, lui urla.
“Mi dispiace, amore. Io non avrei voluto farlo, ma tu sei
stato sgarbato e dici cose che non hanno senso.”
“Perché? Perché cazzo fai
così?
Dici di amarmi e mi ammazzi di dolore? Non si fa del male
a chi si ama!”
“Ti ammazzo di dolore per far sì che tu mi ami a
tua
volta, qui l’amore si ottiene attraverso il dolore.
Sono le regole della casa, lo sai.”
“Le regole sono fatte per essere infrante.”
Questa volta lo spillone finisce nel braccio destro, in testa ne ha
ancora un'altro.
“Basta! Basta! Basta!”
“Smettila di dire a me come vivere in casa mia!
Dimmi che mi ami o che almeno ti piaccio!”
“No, non smetterò mai di dirtelo! Per troppo tempo
ti hanno lasciato vivere in
una follia, serve qualcuno che ti riporti alla
realtà.”
“Smettila!”
Urlo mandando in frantumi le finestre, il vetro cade su
di noi e per un attimo i miei occhi diventano neri come quelli di un
demone.
Sto per perdere il controllo e in questo stato potrei uccidere Luke e
non
voglio, lo amo! Con un gesto rabbioso riparo le finestre, tolgo gli
spilloni e
scappo via con la mia bambola in mano.
Sconfitta per la prima volta.
Chi l’avrebbe mai detto.
Luke p.o.v.
Luke giace sulle fredde pietre della cella, il dolore
sale ancora a ondate, ma diminuisce gradualmente.
Respira affannosamente, nella sua mente ci sono gli occhi
di Katrina per un attimo completamente neri e la sensazione acuta di
pericolo.
L’ha fatta arrabbiare troppo, se lei non si fosse fermata in
tempo l’avrebbe
ucciso, quel rumore di vetro che esplode lo perseguiterà a
lungo nei suoi
incubi ne è sicuro.
Le gocce di sudore scivolano lente sul collo intanto che
lui cerca di riprendere il controllo del suo corpo, alla fine riesce ad
alzarsi
sebbene le sue gambe siano malferme e nota che c’è
un bicchiere di acqua sul
comodino. Lo beve e scopre che qualcuno ci ha aggiunto dello zucchero,
Charlene
probabilmente, per ridargli energia. Lo manda giù tutto
d’un fiato come se
fosse vodka e si sente subito meglio, così riesce ad
abbandonare i sotterranei,
in salotto trova il fantasma con le braccia incrociate sul petto in un
gesto di
protezione.
“Ha esagerato, signorino Luke! Deve andare per gradi con
la signora, se non si fosse fermata l’avrebbe
ucciso!”
“Lo so, ma quella ragazza ha bisogno di qualcuno che le
sputi in faccia la realtà.”
“Lo so, ma non così. È pericoloso per
lei, la prego, non lo faccia più.”
“Charlene…”
Il fantasma prende una sua mano tra le sue, la sensazione è
strana è come stare
tra due blocchi di ghiaccio.
“Signorino Luke, io so che lei è il prescelto,
quello che
può spezzare la maledizione.
Lo sento, lo so, lo sapevo fin dalla prima volta che lei
ha varcato quella soglia perché le mie conchiglie me lo
avevano annunciato.
Però non può farlo così, ci vuole
tempo.
Katrina è potente almeno quanto la mia vecchia amica ed
è
piena di odio come lei, deve andarci piano, molto piano. La madre
l’ha
abbandonata a quindici anni e non ha più voluto vederla, il
padre non c’è mai
stato perché la mia vecchia padrona lo ha ucciso e sua nonna
le ha inculcato
tutti i principi delle donne di questa famiglia oltre a insegnarle a
usare i
suoi poteri.”
“Sua nonna ha ucciso suo padre?”
“Sì, perché la madre di Katrina lo
aveva conquistato con l’amore.”
“Questa famiglia è folle.”
“È una famiglia di donne tristi, di una tristezza
profonda che si è accumulata generazione dopo generazione,
ci vada piano.”
“Va bene.”
Il fantasma lo lascia e lui sale ai piani superiori, apre qualche
porta, ma
sono tutte stanze deserte e ingombre di cose. La terza la trova
più vissuta,
con un letto a baldacchino nero, un armadio, una scrivania ingombra di
cose, le
tende di pesante velluto rosso e il solito casino di gabbie e
acchiappasogni.
Uno è fatto di ossa.
Luke apre un cassetto e trova un vecchio quaderno, lo
apre alla data di un anno prima e legge.
“Oggi
è passato un anno da quando Mordred, il mio amato gatto,
è morto. L’ho disseppellito, ho sistemato le ossa
e mi appresto a costruire un
acchiappasogni con esse. Ogni volta che suonerà
sarà come avere lui accanto.”
Rimane colpito da quell’annotazione e accarezza le ossa
fragili di quello strano acchiappasogni, probabilmente dopo il diario
parlerà
di lui e lui non si sente pronto a leggerlo.
Lo riprende in mano e lo apre alla prima pagina.
“Mia madre mi
ha buttato fori casa, dice che ha partorito
un mostro.
Vorrei solo che mi
volesse bene per come sono, poteri
compresi, non sono stata io a chiederli, mi sono stati dati fin dalla
nascita
perché discendo da una famiglia di streghe. Sono stanca di
essere continuamente
mandata da esorcisti, ci vado fin da quando avevo quattro anni e ormai
so a
memoria tutto il rituale.
Non ho un demone in
corpo, sono semplicemente fatta così
e probabilmente per volontà di quel Dio che prega ogni sera.
Dovrei odiarlo
quel Dio, ma non ci riesco, perché penso che mi abbia messo
al mondo per
qualche ragione e che i miei poteri serviranno nel suo disegno o non me
li avrebbe dati.
Vorrei che mia madre lo
capisse e mi accettasse, vorrei
che mi volesse semplicemente bene come ogni madre dovrebbe. Vado a
stare dalla
nonna.”
Salta qualche pagina.
“Sono dalla
nonna da una settimana e mi sento meglio, più
accettata. Lei dice che i miei poteri sono una risorsa che devo
imparare a
usare, che non ho bisogno di nessun esorcismo e che sono semplicemente
una
donna di questa famiglia. Mamma è l’eccezione, non
la regola.
Mamma non si
è fatta più sentire, ho provato a chiamarla,
ma lei mi ha sbattuto il telefono in faccia.
Spero che le passi.
L’unica cosa
su cui non vado d’accordo con la nonna è che
l’amore vada conquistato con il dolore, io sono sicura che
là fuori c’è un
ragazzo che mi accetterà per come sono.”
Luke è sinceramente stupito.
“Oggi mi sono
dichiarata a Davis, mi ha riso in faccia e mi ha detto che non
è
interessato a un mostriciattolo come me. Mi ha detto quello che mia
madre ha
detto prima di lui: che sono un mostro, che lo sanno tutti che sono
pericolosa
e che nessuno sano di mente si metterebbe con me.
Inizio a pensare che la
nonna abbia ragione.”
A lui si stringe il cuore, Katrina non è altro che un
uccellino a cui
continuano a danneggiare crudelmente le ali.
“Ho trovato
un’amica, si chiama Allie. È una wiccana,
insieme parliamo di magia, mi ha mostrato i riti che fa e la
connessione con la
natura. È davvero forte.
Dovrei mostrarle i miei
poteri?
Nonna dice che le
wiccane non sono altro che delle
fighette e che scapperebbero davanti a una vera strega, ma io penso che
con lei
possa essere diverso.
Ci
penserò.”
Luke salta ancora qualche pagina.
“Allie mi ha
presentato al suo gruppo di seguaci della
wicca, è andata bene, ma non sanno ancora dei miei
poteri.”
Sfoglia.
“Ho preso
coraggio a due mani e ho mostrato ad Allie e
alle sue amiche quello che so fare, si sono spaventate. Dicono che ho
in corpo
un demone e che non vogliono più avere più nulla
a che fare con me, rovino le
loro vibrazioni con la mia magia nera.
Allie non mi parla
più, mi ignora. Una volta l’ho beccata
a sparlare con Angie, una cheerleader, su di me e su quanto io sia
strana e
mostruosa.
Nonna aveva ragione
sulle wiccane.”
Luke sospira.
“Oggi ho visto
Davis e Allie entrare mano nella mano,
sono scioccata, pensavo non gli piacessero le streghe, ma Allie
è alta, bionda
e con le curve al posto giusto. Li ho seguiti dopo la scuola, hanno
iniziato a
scopare nello spogliatoio della squadra di football, lui diceva che il
suo
essere strega lo eccitava.
Qualcosa si è
spezzato dietro di me, ho urlato e la
parete dietro cui mi sono nascosta è andata in pezzi, loro
sono rimasti sotto.
LI HO UCCISI.
Due giorni dopo
c’è stato il memorial, adesso mormorano
tutti che sono un’assassina e hanno ragione, ma non mi
interessa. Qualcosa è
morto dentro di me.
Adesso so che la nonna
ha ragione, che nessuno accetterà
mai una persona come me e che l’unico modo per ottenere
l’amore è il dolore,
come per tutte le donne della nostra famiglia.
Sono diventata il mostro
che tutti hanno sempre detto che
fossi.”
Luke chiude il diario con il cuore stretto dal dolore, adesso sa
perché Katrina
è a quel modo.
Esce dalla stanza e guarda la tv per un po’ rimuginando
su come potrebbe aiutarla, come potrebbe farle sentire di nuovo
l’affetto che
tutti le hanno sempre negato.
“Hai letto il diario, vero, signorino Luke?”
Chiede Charlene.
“Sì, l’ho letto e non so cosa fare. Non
posso riparare al
male che le è stato fatto, è stato
troppo.”
“Puoi invece, signorino. In fondo al cuore di Katrina
c’è
ancora la quindicenne piena di sogni e speranze che è
entrata in questa casa,
devi solo trovarla.”
Lui non dice nulla e si concentra sulla tv, danno un documentario sulle
tartarughe, pur essendo animato di buona volontà si sente
sopraffatto dal
compito che gli è stato affidato: è troppo per
lui, ma Katrina va salvata.
Nessuno merita di vivere a quel mondo, nemmeno una pazza che ti ha
rapito e torturato.
“Dicono che l’amore sia la risposta, signorino.
Scruta
nel tuo cuore e vedi se non ce n’è un
po’ per la mia padrona.”
Lui non dice nulla e poco dopo la porta di casa si apre: Katrina
è arrivata e
probabilmente le torture inizieranno di nuovo.
Katrina p.o.v.
Tornare a casa mi preoccupa,
quello che è successo oggi
mi ha terrorizzato.
Mi è sembrato di tornare a quando ho ucciso senza volerlo
Allie e Davis, loro si meritavano la morte da un certo punto di vista,
ma Luke
no. Lui non mi ha fatto alcun male, inizio di nuovo ad avere paura dei
miei
poteri e non deve succedere. La prima chiave del loro controllo
è non temerli.
Entro nel cancello e parcheggio la macchina, apro la
porta di casa e lancio solo un mezzo sguardo a Luke, la mia meta
è la spiaggia.
Fumo una sigaretta e poi apro il cancellino che porta alla spiaggia
privata di questa
casa, mi siedo sulla sabbia morbida con le gambe incrociate e chiudo
gli occhi.
Cerco di concentrarmi per riprendere il controllo di me,
nel frattempo delle nuvole nere si ammassano sulla mia testa, un lampo
e poi un
tuono fragoroso e inizia a piovere. Io sto lì sotto la
pioggia a meditare fino
a che qualcuno non mi butta addosso una coperta e mi fa alzare. Torno
in me e
mi accorgo che Luke mi sta portando in casa, mi fa sedere sul divano,
toglie la
coperta bagnata e mi avvolge in una asciutta, poi torna con del the
caldo.
“Perché?”
“Non avevo voglia di vederti annegare sotto quel
temporale.”
Io guardo fuori e la pioggia ha già smesso di cadere,
sono io che l’ho creata, come un vero mostro.
“Stasera ti porto in un posto speciale e…
grazie.”
“Di niente.”
Lui se ne va ad apparecchiare la tavola, quando mi sono
sufficientemente riscaldata mi siedo e aspetto la cena. Charlene arriva
con
dello zhiginì: carne di montone cotta in umido, accompagnata
da berberè, un
sugo ricco di paprika piccante, e verdure varie. Il tutto servito su
uno strato
di injera, una specie di piadina, io e Luke iniziamo a mangiarlo e
questa volta
non ho bisogno di obbligarlo a farlo.
Finita la cena lavo i piatti e verso le dieci faccio
cenno a Luke di seguirmi, camminiamo nel giardino fino a un boschetti
di alberi
particolari: è decorato con delle lucine di Natale gialle e
dei barattoli di
vetro appesi agli alberi, alcuni vuoti e altri con una candela
all’interno. È
il posto preferito delle lucciole, che aggiungono altra luce a questo
posto,
che altro non è una specie di camera di contenimento creata
da me per evitare
di perdere il controllo.
“Che posto è questo?”
“Il mio posto preferito, ma potrebbe diventare il nostro se
solo tu dicessi che
ti piaccio.”
“Se la smettessi con il voodoo e provassi a conquistarmi in
un altro modo.”
“Amore attraverso il dolore. Siediti.”
Dico brusca.
“Non funziona così.”
“In questa casa sì. Ti piaccio?”
“Non ti conosco, perché non mi parli un
po’ di te invece di usare quegli
spilloni?”
“Risposta sbagliata, amore.”
Prendo il solito spillo e lo infilo in una delle gambe della bambola,
lui
urla.”
“Ti piaccio?”
“Parlami di te.”
Tolgo lo spillone.
“No, rifacciamo. Ti piaccio?”
“Parlami di te.”
Uso di nuovo lo spillone, lui urla di nuovo.
“Dimmi qualcosa di te.”
“Lavoro come apprendista in un negozio di tatuaggi.”
Sputo alla fine grazie alla magia di questo posto e alla consapevolezza
che
potrei ucciderlo davvero senza volerlo.
“Ottimo, io sono un cantante. Parlami della tua
famiglia.”
“Ti piaccio?”
“Rispondimi e forse ti risponderò.”
Uso di nuovo lo spillone e lui urla di nuovo.
Questa sera va così, a spizzichi e bocconi rispondo a
qualche sua domanda, quando torniamo nella villa sono esausta e do
l’incarico a
Charlene di scortarlo nei sotterranei. Dormo male, sogno cose del mio
passato
che credevo dimenticate come Davis e Allie e la loro morte.
Il mio urlo pieno di rabbia che ha stroncato la loro
vita, perché sono soprattutto pericolosa, prima di essere un
essere umano.
La mattina dopo sono uno straccio e continuo a esserlo
anche nei giorni seguenti, Luke sta iniziando a
prendere lui il controllo del gioco, nonostante usi la
bambola voodoo
come sempre continuo a raccontargli qualcosa di me ogni sera.
E ogni sera sto male, sono esausta, ho gli incubi, al
lavoro sono distratta. Non sto vincendo la partita più
importante della mia
vita e non ce la faccio ad accettarlo.
Ogni giorno è sempre peggio, non è lui che sta
cedendo
sono io.
Questa sera lo lascerò libero, ho incontrato il ragazzo
che ha resistito a tutto quello che gli ho fatto e che non mi
amerà.
“Ciao.”
Dico spenta.
“Ciao, Katrina.”
“Puoi andartene.”
“Sì, mi piacerebbe andare in giardino con
te.”
“Non hai capito, sei libero. Hai vinto tu, puoi andartene
anche subito da
questa casa.”
“Tu mi piaci.”
Un sorriso amaro deforma il mio volto.
“Non devi mentire, Luke. Oggi non ho la bambola, ho tolto
il tuo capello da essa, ossia quello che mi permetteva di controllarti,
e l’ho
bruciata. Non ti torturerò più.”
“Io non sto mentendo, mi piaci davvero.”
Io lo guardo a occhi spalancati.
“Ma come? Perché?”
“Perché ho imparato a conoscerti direttamente e
indirettamente. Tu sei il
risultato di lunga storia di dolore e io voglio rompere la
catena.”
“Vuoi dire che io ti piaccio anche senza bambola voodoo e
sapendo che ho ucciso
due persone?”
“Sì.”
“Non ci credo.”
Lui mi prende delicatamente il mento tra le mani e mi bacia, io rimango
immobile per un attimo, poi rispondo con passione e gli accarezzo
timida i
capelli.
“Come è possibile?”
“L’amore non si ottiene con il dolore, si ottiene
attraverso la fiducia e tu me ne
hai data.”
Io mi giro di scatto, Charlene sta sorridendo in un
angolo.
“La maledizione è spezzata, signorina.
Gliel’ avevo detto che sarebbe successo.”
“No, così tu te ne andrai.”
“Ce ne andremo insieme, signorina.
Quando morirai io tornerò nell’aldilà
insieme a lei e al
signorino Luke.”
“Quindi rimarrai?”
“Sì.”
“Sono felice, sei l’unica amica che ho.”
Lei sorride e svanisce, Luke mi guarda.
“Ti va se facciamo una passeggiata in giardino? Magari
andiamo nel tuo posto segreto e magari domani andiamo a prenderci
qualcosa
insieme.”
“Sì, va bene.”
Ci alziamo insieme e lui prende la mano nella sua: è calda.
È una sensazione piacevole, soprattutto il senso di
libertà
che provo, adesso il dolore di questa casa è stato sanato.
Un nuovo futuro con lui mi aspetta e io sono pronta a
viverlo.
Angolo di Layla.
Beh, che dire.
Buon Halloween e spero che vi piaccia.
Questa è Katrina.