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Autore: Miss Ria    01/11/2016    0 recensioni
“Scusa, ma non credo nelle promesse a lungo termine … però, credo ai tuoi occhi sinceri, al calore delle tue mani, alla dolcezza dei tuoi gesti e so che mi credi anche tu che mi credi quando ti dico che non servono un paio d’anelli perché noi dureremo di più.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Tutto è cominciato tanto tempo fa, quando il mio primo ragazzo mi lasciò. Fu allora che la solitudine mi avvolse come una coperta fatta di spine. Fu allora che cominciai a pensare di farla finita. Ma poi mi trovavo a pensare “E quindi? Finisce così?”. Ciò che volevo sapere sempre era il seguito. Perché una storia con un finale così triste non l’avrebbe mai letta nessuno. Quindi decisi di farla finita quando avrei raggiunto il mio lieto fine. Ma ogni volta che mi sentivo finalmente felice e realizzata, volevo solo che durasse ancora un po’. “Ancora un po’ …” mi dicevo. E quando anche quella poca felicità svaniva mi rendevo conto di quanto fosse folle il pensiero di farla finita in un momento felice della mia vita. Come potevo buttare via quella felicità che avevo allungo atteso? Non potevo. Fu così che abbandonai lo stupido pensiero del suicidio. Era lo stesso giorno che conobbi Simon. Ai tempi condividevo l’appartamento con altri due ragazzi : Mark ed Ellie. Io ed Ellie avevamo le stanze tutte per noi, così quando si aggiunse Simon, dovette trasferirsi nella stanza di Mark. Io e Simon andammo da subito d’amore e d’accordo. Andavamo tutti e quattro alla stessa università, ma frequentavamo corsi diversi. Ellie si era iscritta al primo anno di antropologia, Mark a scienze politiche, io andavo al corso di giapponese e infine Simon a quello di cinese tradizionale. Simon ed io però, ci alzavamo alla stessa ora, ascoltavamo la stessa musica e avevamo gli stessi gusti per quanto riguardava il cibo. Con il passare dei mesi ci avvicinammo sempre di più, fino a metterci ufficialmente insieme. E siccome gli ideogrammi giapponesi provengono dal cinese, lui mi dava una mano con i compiti quando aveva del tempo libero. Poi, durante una sera, mi incantai mentre lo stavo guardando. Lui si accorse che non lo stavo ascoltando e sorrise, avvicinandosi di più per baciarmi. Fu un attimo, ma fu intenso. Era come quando accendi la radio e per puro caso parte la tua canzone preferita. Quella sera ci lasciammo scappare più di un bacio. Perché un solo bacio non ci bastava. Volevamo spogliarci di tutte le nostre debolezze e imperfezioni, calpestando ogni insicurezza. Era l’alba ormai quando mi svegliai. Scesi piano dal letto e mi infilai i vestiti. Ero di nuovo finita a letto con lui. Fu uno sbaglio. Uno sbaglio, mi ripetevo. Ma avevo ancora tempo per farlo uscire dalla mia vita, l’unico modo era quello di uscire da quella rumorosa porta di casa e tornare a Roma. In fondo non era la prima volta che Simon spariva senza lasciare alcuna traccia di sé e stavolta volevo precederlo. Solo che quando mi voltai verso il letto, mi accorsi che era vuoto. Di lui non c’era più traccia, soltanto un biglietto sul suo cuscino. “Tornerò.” Il primo giorno lo passai a piangere e disperarmi, il secondo lo passai a sperare che sarebbe tornato presto, il terzo lo passai a farmi perseguitare dal suo pensiero persino nei sogni. Ma poi è passato un altro mese e di lui mi erano rimasti solo i ricordi, quando poi si ripresentò come niente fosse. Quello che io non sapevo, era che Simon non solo spacciava, ma faceva anche uso di droga. Lo venni a sapere attraverso Mark. Avevamo passato giorni interi senza nemmeno rivolgerci la parola, e lo vedevo ridere e scherzare con gli altri, mentre io morivo dentro. Quanto avrei voluto gettarmi di nuovo fra le sue braccia … ma il mio orgoglio non me lo permetteva. Di notte facevo gli incubi. Avevo paura che se ne andasse, di nuovo. Così mi alzavo dal letto, e mi dirigevo verso la stanza dei ragazzi per vedere se Simon c’era ancora. Venezia. Il sole era appena tramontato, ed io, lo aspettavo al molo, vicino al traghetto. Si accesero i lampioni e io rimasi lì, mentre il mio sguardo era immerso nell’orizzonte e i miei pensieri pieni di lui. – E’ ora di dirci “addio”, ma io, sarò davvero capace di farlo? – Quando finalmente si presentò mi abbracciò da dietro e mi sussurrò un dolce “ Mi sei mancata.” E il mio cuore prese a battere di colpo più velocemente, ma non mi scomposi. “Sono venuta per chiuderla una volta per tutte. Solo per questo.” Lui si prese le sue distanze e mi guardò sorridendo amaramente. Stavamo giocando entrambi a fare i grandi, a fare gli innamorati, ma l’unica cosa di cui eravamo innamorati davvero, era l’amore stesso. Cominciammo a camminare lungo le strette vie, facendoci spazio tra i tanti passanti, mano nella mano, in silenzio. Passammo davanti a casa nostra e tu ti fermasti improvvisamente. “Hai le mani gelate … saliamo su, ti preparo una cioccolata calda.” -“Mi stai prendendo di nuovo in giro.” - Lo sapevo dove volevi arrivare, eppure annuii lo stesso, come una stupida. Salimmo le scale del palazzo color blu cobalto e arrivammo davanti al nostro appartamento. Ma appena aprì la porta, mi prese di nuovo per mano e mi tirò dentro chiudendo la porta dietro di me. “Non ti lascerò scappare da me.” Mi sussurrò all’orecchio, rotta era la sua voce. Lo guardai e mi accorsi che aveva gli occhi lucidi. Non l’avevo mai visto così … vulnerabile. Era il momento di andarmene sbattendo la porta dietro di me una volta per tutte. E invece … restai. E scoppiai a piangere, proprio come una bambina. Lui mi abbracciò e mi strinse forte a se. – “Non sopporti vedermi piangere, lo so bene.” - Allora cominciò a baciarmi. Per dimenticare il suo dolore, la nostalgia degli amori passati, la sua solitudine. E io sapevo benissimo dove voleva arrivare e questo mi fece male, davvero male. Ma non gli avrei mai permesso di usarmi di nuovo, no. “Ellie me lo diceva che dopo aver fatto un po’ lo scemo in giro, saresti tornato e io non volevo nemmeno ascoltarla. Anche se in fondo lo speravo … E ora eccoti qui. Sei tornato per spezzarmi il cuore di nuovo?” “No … piccola, te l’ho detto. Sono tornato perché mi mancavi. Solo per questo … Quindi ti prego, non dire così …” E mentre lo diceva il mio cuore si riempiva di gioia e le lacrime presero il soppravvento su di me. E lui sapeva che ciò che avrei aggiunto dopo quelle parole, sarebbe stato falso come Giuda, quindi si avvicinò per asciugarmi le guance. Ma io levai quelle mani sporche dal mio viso, con prepotenza e ripresi a guardarlo in cagnesco, mentre quello che sembrava più ferito tra i due era lui. E iniziammo a litigare, mentre per la prima volta, ci togliemmo le maschere che si sciolsero, insieme alle nostre lacrime. Ci riempiemmo di insulti, lasciando che i nostri demoni si divorassero a vicenda. “Non ti è mai importato niente di me, ammettilo. Mi hai solo presa in giro … Torna pure per strada a drogarti!” “Ma chi ti credi di essere?” riprese lui arrabbiato. “Chi sei tu per farmi una scenata del genere e darmi del drogato?” Sei solo una stupida che si è fatta dei castelli in aria per una notte!” Quell’ultima frase mi colpì dritta al cuore. Rimasi in silenzio a testa bassa. Non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi, in fondo aveva ragione. Dopo qualche istante alzò il mio viso e cercò di rimediare alle sue parole con un bacio. Ma ormai quelle parole le aveva dette e io volevo solo andarmene da quella stanza, volevo scappare. Lontana da lui e tutto quello che lo riguardava. “Scusami piccola … ho sbagliato. In realtà, volevo solo guadagnare dei soldi per comprare questi.” Tirò fuori dalla tasca dei jeans un paio di anelli d’argento identici con le scritte delle nostre iniziali. Io richiusi la mano, scuotendo piano la testa. “Scusa, ma non credo nelle promesse a lungo termine … però, credo ai tuoi occhi sinceri, al calore delle tue mani, alla dolcezza dei tuoi gesti e so che mi credi anche tu quando ti dico che non servono un paio d’anelli perché noi dureremo di più.” Non c’era più nulla da perdere. Aveva già preso il mio cuore tempo fa. Ma ora che ci eravamo finalmente tolti le maschere ci guardammo a lungo negli occhi, lasciando che il silenzio si impadronisse della stanza. Non c’era più bisogno di parole inutili, dei “ti amo” senza senso. – “Anche se non smetterei mai di dirtelo.” – Eri lì e non avevo bisogno di altro. Quella notte, ci facemmo cullare dal letto con la nostra canzone preferita in sottofondo. Dita che s’intrecciavano, corpi che si fondevano fino a diventare una cosa sola, occhi socchiusi nell’oscurità della stanza. Ci lasciammo andare completamente alle nostre emozioni più profonde. Come se l’unica salvezza si trovasse lì, in un lungo abbraccio. E sentivo le sue ferite che diventavano finalmente le mie e mille baci non l’avrebbero strappato alle pene dell’Inferno. Io lo sapevo, perciò lo tenevo stretto a me, come un bambino dagli occhi di un cucciolo smarrito. E mentre lo baciavo sulla fronte, i suoi pensieri l’avevano abbandonato. Erano altrove, forse lontani, da qualche parte lassù dove I’Inferno incontra il Paradiso Terrestre. E con le lacrime agli occhi mi chiesi come potevo salvarlo da se stesso, per fare in modo che la sua fragile anima non si spezzasse del tutto lasciandomi nell’oblio della solitudine più totale. Sono passati ben quattro ormai da allora. Quattro anni di felice convivenza insieme a Simon. Certo, non è stato facile, da allora Simon è scomparso altre volte, ma alla fine è sempre ritornato da me, e io ero lì ad aspettarlo, ogni volta. Oggi ho trovato per caso, un anello di diamanti nella sua tasca dei jeans. Quel ragazzo deve smettere di infilare gli anelli nei jeans! Comunque stasera mi ha invitata a cena in un ristorante di gran classe, sarà una coincidenza? Non credo. E stavolta no, non gli dirò di no.
   
 
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