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Autore: Ciulla    04/11/2016    8 recensioni
Le stelle del cielo che sorridenti, ignorate e silenziose assistevano a quella scena, dopo milioni di anni ancora la ricordano con commozione, cantandola a tutti gli esseri di qualunque razza che passano loro vicino. Probabilmente, se ascolti bene, anche tu riuscirai a sentire quelle semplici strofe che riecheggiano nel cielo, la notte, quando tutti sono troppo stanchi per ascoltarle...
Non c’è una famiglia più strana ed amata
di quella temibile e dolce accoppiata,
l’amore più puro, la gioia donata,
del piccolo gatto e di crapa pelata.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lord Bills, Whis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un maestro per sempre'
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LA STORIA DEL PICCOLO GATTO E DI CRAPA PELATA


Era una mattina apparentemente normale sul rinomato pianeta a piramide. Whis aveva dormito bene quella notte, mentre Beerus dormiva già da otto settimane ed era dunque prossimo al fatidico risveglio, tanto temuto quanto atteso dal suo amorevole maestro azzurro. La loro particolare vita non era sempre spensierata e c’erano giorni ricchi di timori in cui l’ansia aveva la meglio sulla felicità, ma quella luminosa mattina non ne faceva parte; anzi, Whis aveva la testa stranamente leggera, libera da ogni qualsivoglia preoccupazione, e sorrideva sereno pregustando il momento in cui il suo piccolo pupillo si sarebbe svegliato e lo avrebbe guardato col suo sorrisone a trenta denti e i suoi furbissimi occhioni gialli.
Whis si aspettava dunque una giornata allegra e spensierata o, per meglio dire, era oltremodo convinto che avrebbe avuto una giornata allegra e spensierata. Non si aspettava in alcun modo quello che sarebbe successo di lì a poco e non immaginava minimamente che quella mattina apparentemente normale si sarebbe presto trasformata in un incubo terribile ed odiato.
L’alieno azzurro cominciò ad insospettirsi quando, una volta alzatosi, notò che la sensazione di leggerezza non passava; e stranamente non era una sensazione solo emotiva, ma proprio fisica. Preoccupato, senza osare raggiungere lo specchio che aveva in bagno, si portò le mani alla faccia, verificando di avere gli organi giusti al posto giusto. Temendo già quello che avrebbe scoperto di lì a poco, sollevò le mani strofinandole sul volto fino ad arrivare alla sommità del capo, che trovò tristemente glabra.
Incredulo, si passò più e più volte le mani sulla testa calva, lanciando a intermittenza piccoli gemiti di sconforto. Come era potuto succedere? I suoi capelli! Dove erano finiti? Era decisamente troppo giovane per averli già cominciati a perdere! Lui non invecchiava, non era possibile. Lui era bello, giovane, aitante, affascinante, non poteva essere diventato... Pelato!
Eppure era così, e voltandosi verso il suo letto ormai vuoto vide la più diretta testimonianza del suo già confermato timore: sulle coperte giaceva la sua capigliatura abbandonata, che pur separata dalla sua cute manteneva la sua forma rigida e regale. Accanto al letto, sul pavimento, qualche bianco capello solitario deturpava l’ordine della sua stanza e, accanto ad essi, giaceva un oggetto che Whis identificò curiosamente come un paio di forbici.
Un paio di forbici con l’impugnatura a prova di zampa di gatto.
Un paio di forbici... Dalla punta arrotondata.
Furioso, Whis ci mise poco a fare due più due e capire cos’era successo. Quel maledetto gatto l’aveva colpito con un altro dei suoi terribili dispetti, ma questa volta non gliel’avrebbe di certo fatta passare liscia.
 

Pochi minuti dopo la terribile scoperta Beerus, che si rotolava da ore nel letto in attesa di scoprire come il suo maestro avrebbe reagito a quell’ennesima marachella, decise di essere stufo di aspettare e si alzò dal suo comodo giaciglio. Tentò di identificare l’aura dell’alieno azzurro come aveva imparato a fare pochi mesi prima, e fu sorpreso di trovarla immobile, pacifica e straordinariamente lieve proprio fuori da camera sua. Curioso, si affacciò sull’uscio e inorridì di fronte all’immagine che gli si parò davanti: steso a terra, con gli occhi socchiusi e un filo di sangue che gli colava dalla bocca, stava Whis, senza capelli ed apparentemente senza forze in corpo.
“Maestro!” Gridò il piccolo precipitando accanto a lui e crollando spaventato sulle ginocchia. “Maestro, cosa ti è successo?”
Whis allungò una mano verso il suo protetto, afferrando con mano debole il suo pigiama e trascinandolo più vicino, in modo tale che potesse sentire la sua voce bassa e rantolante. “Un nemico, piccolo mio...” Farfugliò faticosamente. “Un nemico è giunto nella notte e mi ha tagliato i capelli. Devi sapere... Cucciolo mio... La mia forza... La forza del mio popolo... Risiede nei capelli... Senza i capelli siamo morti... Sto morendo...”
Terrorizzato e disperato Beerus scoppiò a piangere. “Ma c’è qualcosa che posso fare? Non possono ricrescere i capelli? Maestro ti prego!”
Con aria addolorata e solenne Whis annuì. “L’unico modo... Per farli ricrescere... Devo uccidere chi me li ha tagliati... Trovalo, Beerus, trovalo e portalo da me... E io sarò salvo...”
Terrorizzato, Beerus capì che per lui era la fine. Senza il suo maestro non avrebbe resistito a lungo, capriccioso ed immaturo com’era, in un mondo pieno di tanti nemici, ma l’unico modo per salvare il maestro Whis era dirgli comunque addio per sempre e morire al posto suo. Non c’era via d’uscita. Aveva fatto una cosa stupida ed ora doveva pagarne le conseguenze.
In pochi istanti, Beerus vide tutta la sua ancor breve vita passargli davanti. Si rivide piccolo, accoccolato a terra, in lacrime, circondato da un’immensa desolazione che lui stesso, accidentalmente, aveva creato. Si rivide additato ed evitato da tutti, solo in mezzo ai milioni di abitanti del suo pianeta natale. Si rivide mentre per non soccombere si creava una propria illusione di famiglia e di felicità. Ed infine, si rivide quando davvero aveva conosciuto la felicità, quando Whis lo aveva preso con sé e con lui era diventato una famiglia. Da allora la sua vita era cambiata in meglio, ed ogni cosa bella che gli era capitata era stata merito di quell’alieno azzurro, un po’ pazzo, a volte, ma tanto, tanto buono. La decisione da prendere era così ovvia, così semplice, ma così dolorosa.
Calmando le lacrime, Beerus prese una mano del Maestro e la strinse forte, portandosela alla guancia e chiudendo gli occhi mentre la sfregava sul suo volto per sentire Whis vicino, un’ultima volta.
“Sono stato io, Maestro. Ma non ti preoccupare. Sono stato stupido e sono felice di morire per farti ricrescere i capelli”.
Sorpreso da quelle parole, Whis si rizzò a sedere e sorrise commosso al suo pupillo, attirandolo con slancio al petto e stringendolo forte. “Whis?” Mormorò questi, la voce soffocata per il volto premuto con forza sulla tunica dell’alieno adulto. “Whis, stai bene?”
Whis annuì, nonostante sapesse che il piccolo non poteva vederlo. “Beerus, perdonami. Quando ho visto che mi avevi tagliato i capelli mi sono arrabbiato e ho voluto darti una lezione. Temo di avere esagerato. Perdonami, cucciolo mio”, mormorò lasciandogli diversi baci sulla testa, tra le lunghe orecchie che stavano ripiegate lungo il volto, moge moge. Con grande sorpresa di Whis, Beerus non si arrabbiò ma ricambiò finalmente l’abbraccio, sorridendo pacifico tra le braccia del più grande. “Sono felice che rimaniamo vivi tutti e due, Whis”.
Le stelle del cielo che sorridenti, ignorate e silenziose assistevano a quella scena, dopo milioni di anni ancora la ricordano con commozione, cantandola a tutti gli esseri di qualunque razza che passano loro vicino. Probabilmente, se ascolti bene, anche tu riuscirai a sentire quelle semplici strofe che riecheggiano nel cielo, la notte, quando tutti sono troppo stanchi per ascoltarle...

 
Non c’è una famiglia più strana ed amata
di quella temibile e dolce accoppiata,
l’amore più puro, la gioia donata,
del piccolo gatto e di crapa pelata.

 
   
 
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