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Autore: a m o r e    13/05/2009    1 recensioni
La felicità raduna, ma il dolore riunisce
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Act I, Scene I

Everlasting journey or A leg cramp would be much more appreciated

Quando il suo sguardo si posò distrattamente sul lucido quadrante erano le tre e mezza. Ancora. Gli sembrava di aver dato l'ultima occhiata al suo orologio da polso come minimo un'oretta fa e invece quelle infami lancette con il loro ticchettio veloce, traditore e appena percettibile continuavano a segnare la stessa identica dannatissima ora dell'ultima occhiata fugace ma irrequieta. Quello che per lui sembrava un'ora abbondante in realtà non era neanche un minuto. Se avesse continuato ad avere questa percezione così distorta e sofferente del tempo sarebbe finito con l'impazzire molto presto.

Eppure più il tempo passava più le praterie che sfrecciavano via al suo passaggio gli sembravano sempre uguali, infinite e custodi impenetrabili dell'orizzonte. L'insolita lentezza con cui le ore avevano preso a scorrere via sul suo essere inerme avevano reso ancora più insopportabile alle sue orecchie il rumore del treno a contatto con le rotaie evidentemente arrugginite, non poteva spiegarselo altrimenti tutto quello stridio di metallo su metallo, quel tum-tum tum-tum più simile al battito del cuore di un RubRumDragon che al motore di un treno in corsa e quei continui scossoni dovuti a frenate improvvise che lo facevano oscillare tra lo sconfortante presagio di un qualche ipotetico guasto e la piacevole sensazione che erano ormai in prossimità di una qualche stazione dove dopo file interminabili di alberi e sterpaglie avrebbe finalmente rivisto volti umani.

In effetti per essere piena primavera il treno era relativamente vuoto e la desolazione tanta, troppa. Pochi i pendolari per non parlare dei turisti diretti nei loro mirabolanti luoghi di villeggiatura. Cominciava a rimpiangere le giornate in cui lo sferragliare dei treni veniva sommerso dalle voci di bambini urlanti che protestavano contro madri sconsolate perché volevano un altro gelato dal carrello, dalle fitte e sussurrate conversazioni di operai i cui volti erano sempre perennemente oscurati dalle visiere di piatti cappelli e anneriti dalle macchie d'olio e fuliggine, cominciava ad avere nostalgia anche delle scolarette petulanti e chiacchierone ingorde di gossip e piccoli scandali nati tra i banchi di scuola, di quelli che senza minimamente preoccuparsi degli altri passeggeri si intrattenevano in rumorose e quasi urlate conversazioni al telefono con i parenti od occupavano mezzo vagone con le loro valigie, pacchi e pacchetti e pure di quelli che si improvvisavano corteggiatori passionali quanto goffi al passaggio della giovane e carina cameriera con il carrello dei dolci e bevande.

Anche in quelle giornate dove i treni erano ghermiti di gente il suo vagone era sempre e comunque vuoto, ma perchè le persone erano intimorite dalla sua divisa Galbadiana, non certo perchè di passeggeri semplicemente non ce n'erano. Eppure quei frammentati bisbiglii e schiamazzi provenienti dalle altre cabine erano quanto meno confortanti e anche lui si sentiva quasi uno di loro, uno di quelli che deve svegliarsi alle cinque per arrivare sul posto di lavoro alle otto, uno di quelli che dopo la cinquantesima telefonata della mamma hanno finalmente acconsentito ad andarla a trovare in campagna, uno di quelli che tra un giornale e un caffè caldo ma un po' acquoso si pregustano le ferie a loro detta più che meritate benchè i continui sbuffi del capo reparto alla loro insistente richiesta sembrassero suggerire tutt'altro. Quasi dimenticava di essere sul quel treno per affari di lavoro, quasi dimenticava che la sua fermata sarebbe stata molto probabilmente anche il capo linea del treno visto che veniva sempre mandato in missione in posti isolati e sperduti giustamente più propensi ad accogliere prigioni e centri di ricerca che pittoreschi paeselli di campagna o sgargianti città brulicanti di vita, quasi dimenticava che stava andando in guerra. Quasi, quasi.

Paradossalmente, con grande ironia della sorte, in quella che molto probabilmente sarebbe stata la prima ed ultima volta che prendeva il treno per motivi assolutamente personali e pacifici, lontani da un qualsiasi conflitto che prevedeva l'utilizzo di armi da fuoco nonchè la morte di terzi a difesa della propria sopravvivenza e di quella di lei, così almeno sperava, provava la sempre più vivida e desolante sensazione che stesse andando in un posto dimenticato da Hyne e dagli uomini più di quanto avesse mai aspettato con irreparabile rassegnazione durante le sue innumerevoli ed estenuanti missioni, che fosse stato mandato da solo o con quei due bravi solo a burlarsi di lui tutte le volte che si cimentava in qualche proverbio.

Come se non bastasse la sua piccola compagna di viaggio sembrava non volesse far niente per risollevarlo almeno un po' da tutta quella solitudine, da tutto quel magone fatto di domande senza risposta ed irrequieta agitazione che gli stava attorcigliando lo stomaco e, raggomitolata sul divano di fronte a lui, completamente avvolta in un pesante mantello dello stesso color verde militare di quello in cui si stringeva lui stesso, si era isolata totalmente da lui e dal silenzio del vagone, che cominciava a dargli tanto l'idea di una punizione che sembrava fosse fatta progettata in quella fresca giornata di maggio solo apposta per lui e per quello che aveva fatto a lei.

Silenzio di tomba, il tempo che colava nella clessidra come se fosse cemento e non fine sabbia, lei che per la prima volta da quando l'aveva scorta dietro quella porta intenta a studiarlo mentre quella ancora sconosciuta giovane donna gli medicava le ferite che neanche si ricordava come si fosse procurato, gli negava il suo volto radioso, spensierato e dal sorriso contagioso e i suoi innumerevoli, confusi e frastornati pensieri che andavano ormai al ritmo delle lancette di quel maledetto orologio martellandogli ancora di più la testa stavano facendo di quel viaggio qualcosa di molto più insopportabile e doloroso dei suoi quotidiani crampi alle gambe.

Il treno affollato aveva accolto il soldato, adesso quello deserto accoglieva il profugo e se vogliamo sequestratore di persona vista la difficoltà con cui aveva varcato la soglia del bar e, fattosi scudo della sua apparente indifferenza e momentanea sordità, aveva superato le suppliche, i rimproveri e la contrarietà mista a rabbia di...

Sbuffò.

Tutto quell'inutile rimuginare sul quel passato ancora così prossimo e tutti quei pensieri senza nè capo nè coda non facevano che rendere il viaggio ancora più pesante ed insopportabile e ne avrebbe avuto ancora per...diede l'ennesima sbirciata all'orologio...per esattamente altre quattro ore e mezza. Un attimo...quattro ore e mezza?

Con uno scatto piantò ancora una volta gli occhi sgranati sull'orologio il cui vetro gli rimandò indietro l'immagine riflessa, scioccata e priva di colori del suo volto insieme alla posizione esatta e lapidaria delle lancette.

Erano le tre e trentun minuti.

Si lasciò ricadere mollemente lungo il divano puntando per terra i piedi chiusi in quei pesanti stivaloni di cuoio nero per evitare di scivolare giù sdraiato sul pavimento e girandosi verso il finestrino, la guancia premuta sulla pelle del divano e la fronte sul freddo ed opaco vetro, si mise a guardare di nuovo quell'orda di prati e boschetti che non sembrava finire mai.

La sua si era rivelata essere una pessima idea comunque perchè non erano passati neanche un paio di minuti da quando si era messo a fissare quelle macchie informi sulle tonalità del verde marcio scivolare via veloci dalla sua visuale, che subito il suo stomaco fece strani gorgoglii e un forte senso di nausea iniziò a dargli alla testa annebbiandogli i sensi.

Mugugnando seccato ed esausto si girò dall'altra parte e chiuse gli occhi sperando quanto meno di aver rimediato in tempo a quella che quel suo amico avrebbe chiamato 'furbata' e quell'altro suo amico avrebbe commentato in silenzio limitandosi a scuotere il capo se solo fossero stati presenti e cercò alla bella e meglio di prendere sonno come forse aveva fatto anche quello scricciolo ancora più piccolo ora che si era accartocciato su sè stesso sotto a quel mantello troppo grande e che sembrava la stesse proteggendo da nient'altro che lui stesso.

A quel pensiero rabbrividì.

C'è chi lo avrebbe chiamato senso di colpa, lui preferiva rimanere nella sua convinzione che quella fosse semplicemente la cosa più giusta da fare per lei e per tutti quanti. Ciò non toglieva il fatto che era stata la decisione più difficile che lui avesse mai dovuto prendere e che le sue donne avessero mai dovuto subire.

Un sinistro e molto, troppo familiare formicolio cominciò ad intorpidirgli lentamente la gamba sinistra.

Sì, sarebbe finto con l'impazzire, decisamente.



NOTE DELL'AUTRICE: Eccomi qua con la prima oneshot che fa parte della raccolta titolata 'Mother war', titolo in cui si fondono due figure di grande importanza nella storia dei nostri pirncipali pg: la 'madre' Edea e la guerra della strega. Si tratta di spezzoni sull'infanzia e sul passato non solo dei bambini dell'orfanotrofio ma anche di Laguna, Edea, Rinoa e pure Raine. Un piccolo esperimento che ormai da troppo tempo mi martellava nella testa e che ho voluto mettere finalmente in atto. Subito volevo evitare di postare altre storie prima di finire 'Without you' ma mi stanno nascendo troppe idee ed accantonarle semplicemente così non mi sembrava il caso. E poi almeno spero che in questo modo la mia presenza su EFP si faccia meno rada.
Allora avete capito di chi si tratta in questo primo capitolo vero? In caso contrario mi rifiuto di dirvelo XD
Benchè si tratti di one shots almeno le prime saranno comunque collegate tra loro e ad ogni atto corrisponde un personaggio ed un diverso filo cronologico. Tanti tempi cronologici quanti i personaggi così che potrò seguire in modo più esauriente la storia di ognuno di loro. In effetti penso che il passato dei personaggi sia stato approfondito poco nel gioco quindi con questa raccolta darò una mia libera interpretazione di ciò che fu prima che i nostri eroi si incontrassero tutti sotto lo stesso tetto del Garden ^_^ Spero che sia di vostro gradimento e se anche non lo fosse commentate comunque per farmi sapere cosa ne pensate ^_^

  
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