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Autore: aleerika    05/11/2016    1 recensioni
Crolla chi aspetta, ama chi sbaglia.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti amavo, ogni volta che ti sentivo sulla pelle.
Amavo il tuo respiro.
Le tue labbra.
La tua carne.

Ti detestato, ogni volta che mi parlavi.
Detestavo le tue parole.
Le tue attese.
Me.

Era tutto così diverso in tua assenza, la mia vita era solamente mia.
Ho continuato a stringere le mie mani attorno alle tue braccia, per non poterti perdere mai.
Ti ho sbattuta al muro, solo per poter fissare la tua vita in interminabili istanti e non lasciare nulla al caso.
Non ho mai compreso me stessa fino in fondo, ma quel giorno capii tutto di te.
Avevi la forza di reggere il mio gioco di sguardi, io avevo solo quella di iniziare le cose e non terminarle.
Le mie labbra sospiravano il tuo nome sulle tue, imprimendolo nell’aria di mezza estate che accompagnava le stanze vuote, prive di vita della tua casa a lago, quella dove mi portasti per amarti un po’ di più di quello che già potessi.
Inerme era il tuo corpo a contatto col mio, inibito dal rancore che mi ha reso tua schiava.
Solo io potevo accendermi alla tua irrefrenabile voglia repressa di lambire ogni singola parte di me.
Ma solo io potevo odiarmi in questo modo.
Scivolavo sempre più in alto, fra le pieghe dei tuoi pensieri.
Quella volta era diversa.
Non volevo fare l’amore, non volevo un contatto fisico.
Cercavo le tue parole, cercavo i tuoi pensieri, scavando.
Conoscevo i miei errori, ma non il tuo freno al mio contatto.
Diventava sempre più pesante, il tuo sguardo, non riuscivo più a sorreggerlo.

Crolla chi aspetta, ama chi sbaglia.

Ed io continuavo ad errare.
Stavo guardando la tua vita tra fogli ingialliti in cui era scritta la mia, vita che scelleratamente ho considerato più importante della tua.
L’orologio appeso alla parete non aveva voglia di funzionare da quando ho preferito la mia esistenza alla tua.
Me ne pentivo ogni giorno, ad ogni ticchettio mancato di quell'orologio che viaggiava insieme a noi ogni notte, fra spiriti e coperte.

《Regina.》

Stringesti le labbra così forte fra i denti che divennero più rosse di quelle che già erano.
Le apristi e scorresti la lingua sotto il labbro inferiore, come per trovare la forza di parlarmi.
Abbassasti le palpebre per riaprirle pochi istanti più tardi, fissandomi come un'anima in pena.
Non potevi rispondere alle mie continue suppliche, se non con un ipotetico:

Lasciami andare.

Parole che suonarono come una condanna alle mie orecchie.
In quel momento volevo odiarmi ancora di più.
Avevo definitivamente perso ogni cosa di te per colpa mia: le tue mani, i tuoi fianchi, i tuoi respiri, la tua anima, volatilizzatasi senza che nemmeno me ne rendessi conto.

Lentamente lasciai la presa dalle tue esili braccia.
Auspicavo la tua presenza ogni notte su quel muro, ma le tue parole continuavano a fottermi la mente ogni istante.
Non concepivo la tua assenza a pochi centimetri dai miei occhi.
Era presenza la tua continua assenza.

L’orologio riprese improvvisamente a ticchettare.
   
 
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