Freddo... Nero... Tempestoso... Sono questi gli aggettivi che accomunavano ogni mio sogno ultimamente. Ero sveglia da diverso tempo ormai, girai leggermente la testa verso l'orologio, 6.30. Anche quel giorno risveglio all'alba. La tenda della finestra aperta ondeggiava insieme al vento ed i primi raggi di luce illuminavano la mia piccola stanza, rendendola più spaziosa agli occhi. Scostai le coperte dal letto con tutta la lentezza di cui ero capace e rimasi seduta a fissare il vuoto per qualche secondo. La sera prima non riuscii a sistemare la stanza per quanto ero stanca, ed infatti la sedia della scrivania di fronte al letto era piena di vestiti. La guardai per poi sbadigliare spostando i capelli indietro. Solitamente di prima mattina ero sempre solare e felice di cominciare la giornata, ma non negli ultimi mesi.
Potevo definirmi la classica ragazza acqua e sapone, grintosa, piena di voglia di fare. Non mi consideravo bella, anche se per alcune persone potevo esserlo. Ma non credo che queste persone facessero tanto testo, visto che erano di parte. Comunque decisi di scendere da quel letto e di andare al bagno. Mi guardai allo specchio e non vidi me stessa riflessa, ma un volto bianco, stanco e incavato... Quella non ero io, non dopo quel fatto successo una sera di qualche mese prima. Scossi la testa per cacciare via ogni minimo ricordo e iniziai a sciacquare il viso per darmi una rinfrescata. Dopo qualche minuto di preparazione sembravo quasi presentabile.
La voce di mia madre giunse alle mie orecchie come spilli appuntiti. Dopo aver preso le ultime cose scesi di corsa le scale di legno che portavano dritte all'ingresso e mi precipitai in salotto, dove un bellissimo ragazzo moro mi stava aspettando con un meraviglioso sorriso in volto appoggiato all'arco che collegava il salone con la piccola cucina in muratura, il mio migliore amico.
Ormai erano anni che io e Bruce ogni mattina facevamo la nostra corsa. Nel nostro paesino non c'era granchè. Era un piccolo agglomerato di case in pietra e niente più, ma vicino casa c'era una piccola stradina ricoperta di terriccio e nascosta tra alcuni alberi altissimi le cui foglie ricadevano leggermente sopra le nostre teste, e cosa importantissima era praticamente sempre deserta quindi perfetta per andare a correre. Ad entrambi piacevano le attività fisiche, di ogni genere. In realtà avevamo davvero tanto in comune, stesse passioni, stessi gusti e quasi stessi lineamenti. A volte venivamo scambiati per fratello e sorella, ed effettivamente tutti i torti non c'erano, eravamo tutti e due castani con gli occhi color ghiaccio ed esattamente con la stessa tipologia di viso. Peccato però che Bruce era almeno trenta centimetri più alto di me e con una ventina di chili di muscoli in più. Per il resto eravamo praticamente uguali.
Quella mattina faceva particolarmente freddo, la stradina era leggermente bagnata e l'aderenza delle nostre scarpe lasciava un po a desiderare, ma la nostra corsa prosegui senza problemi tra chiacchierate varie e tante risate. Tornai a casa un'oretta dopo, esausta come ogni giorno ma piena di energie per cominciare l'ennesima monotona giornata. Correre al mattino mi ricaricava fortunatamente. Appena entrai a casa la trovai vuota perché sia mia madre che mio padre erano già a lavoro. Andai in cucina e presi dal frigorifero il cartone del succo di frutta bevendone un sorso, lo riposai dentro e mi diressi in camera mia. Una volta entrata mi buttai qualche secondo sul letto per rilassarmi un attimo, sul soffitto c'erano ancora attaccate le stelline adesive che mia madre mi comprò quando avevo più o meno sei anni, ci ero andata in fissa soprattutto perché si illuminavano al buio. A dire il vero era cambiato ben poco della mia stanza negli ultimi 19 anni. Sembrava ancora la camera di una bambina. Il letto era perennemente ricoperto di peluche, anche quando dovevo andare a letto, mi limitavo ad ammucchiarli tutti verso il bordo. Sotto la finestra c'era una piccola scrivania in legno piena di figurine appiccicate ovunque, che usavo principalmente per studiare, infatti era piena di libri, tanto che era persino difficile andare a ritrovare il mio portatile sotto tutta quella roba. Ed infine accanto al mio letto c'era un armadio che conteneva di tutto e di più.
Finito questo piccolo riposo mi alzai dal letto e mi diressi in bagno, feci scorrere l'acqua della doccia mentre mi spogliavo e posai i vestiti sopra il cesto dei panni sporchi. Scostai la tendina azzurra con i fiorellini della doccia e mi diedi una rapida lavata. Una volta finito tornai in camera e tirai fuori dall'armadio le prime cose che mi ritrovai davanti, una camicetta azzurra e dei jeans chiari a sigaretta, preparai la borsa per i miei corsi estivi e mi avviai verso la porta dell'ingresso. Ero sempre andata alla grande a scuola e durante l'estate non volevo perdere il ritmo.
Il mio telefono squillò proprio prima di uscire di casa, era mia madre.
-Pronto mamma? Tutto ok?- Chiesi sorpresa della sua chiamata, di solito quando era in ufficio non chiamava mai.
-Si, va tutto bene. Volevo soltanto chiederti se volevi venire con me e tuo padre ad un pranzo di lavoro che i suoi superiori hanno organizzato. Sicuramente gli farebbe piacere- il tono di mia madre era pieno di aspettative, peccato che gliele avrei infrante di li a poco.
-Mamma non ho intenzione di partecipare ad un pranzo solo per far fare bella figura a mio padre. Sono sicura che gli basti tu, anche perché io non sarei per niente d'aiuto credimi. E poi a pranzo devo vedermi con Natasha.- Dissi praticamente tutto d'un fiato sperando che mia madre capisse. Nel frattempo che eravamo al telefono ero uscita di casa.
-D'accordo tesoro, ci ho provato. Goditi il pranzo e salutami Nat. Ci vediamo dopo.- Purtroppo mi accorsi che mia madre ci rimase male ma non potevo fare altrimenti. Chiusi la chiamata e misi il telefono in borsa.
Non avevo una grandissima stima di mio padre, ed ero certa che neanche lui mi tollerava troppo. Non aveva fatto praticamente nulla nella vita, aveva sempre vissuto sulle spalle di mia madre senza dare un minimo aiuto, perché non riusciva a tenersi nessun tipo di lavoro. Poi un giorno ebbe la fortuna di riuscire a trovarlo nel campo edilizio come capo cantiere, e da allora non si vedeva spesso in giro, si sentiva un uomo in carriera ormai, frequentava solo gente di un certo livello e non aveva di certo tempo per la famiglia. E proprio quel giorno aveva un pranzo importante con i suoi superiori per parlare di un progetto di grande rilievo che sperava di ottenere.
Nel frattempo mi stavo avvicinando alla fermata dell'autobus poco distante da casa.
Il mio era un piccolo paese situato praticamente nel nulla, ci conoscevamo tutti per quanti pochi abitanti eravamo. E per raggiungere qualsiasi punto d'interesse ci serviva l'autobus o per i più fortunati bastava la macchina... Io purtroppo non ero automunita e per ogni cosa dovevo ricorrere al bus, peccato però che c'erano poche corse, quindi se ne perdevi una dovevi aspettare almeno una quarantina di minuti per quella dopo. La scuola era a mezz'ora dal paese, quindi durante il tragitto avevo sempre il tempo di ripassare un po' le lezioni e di volare con la mente. Una delle mie passioni era la scrittura, avevo un mio diario personale da quando avevo più o meno 10 anni e non avevo mai smesso di scrivere. Ogni avvenimento della mia vita, bello o brutto che fosse, era impresso in quelle pagine gialle che custodivo con la massima gelosia nell'unico cassetto chiuso a chiave della mia scrivania. Facevano parte di me ormai e nessuno aveva il permesso di leggerle, neanche Bruce che mi conosceva dall'età di 5 anni. Riflettendoci era davvero tanto tempo, forse lui era l'unica persona che mi conosceva a fondo e che non mi giudicava per com'ero fatta. E credetemi, una persona complicata come me non esisteva. A volte mi chiedevo come aveva fatto Bruce a non mandarmi ancora a quel paese dopo tutti quegli anni.
Trasportata da quei numerosi pensieri non mi ero resa conto che l'autobus stava facendo la sua ultima fermata, proprio di fronte la mia scuola. Presi al volo la mia borsa e scesi dirigendomi a passo svelto verso la prima lezione di quella mattinata, letteratura inglese, il mio corso preferito. La mia scuola si trovava giusto al centro della città ed era completamente circondata da verde, la struttura sorgeva su delle antiche rovine ed esteticamente parlando era bellissima. Comunque, dopo la prima ora, il resto delle lezioni volarono velocemente ed io finalmente potevo prepararmi per il mio pranzo con la mia migliore amica. Il ristorante si chiamava "The Inn" ed era un piccolo ma grazioso locale tutto completamente in legno ed arredato in stile anni '80.
Io e Natasha ci conoscevamo da 5 anni più o meno ed era l'unica persona, che dopo Bruce, aveva questo privilegio di far parte della mia vita. Come avevo detto prima ero un tipo piuttosto solitario e solo loro due riuscivano ad entrarmi dentro come nessun altro sapeva fare, erano come fratelli per me. Però dovevo ammettere che un po' la invidiavo Natasha, era sempre circondata da ragazzi e ragazze. Adorata da tutti quanti. Dopo tutto come biasimarli, aveva un corpo da urlo, lunghi capelli biondi e degli occhi di un verde smeraldo da fare invidia a chiunque. Era sempre solare e sicura di se, praticamente era la ragazza perfetta.
Come gia detto il mio era un piccolo paese dove davvero tutti conoscevano tutti senza nessun problema. Quindi quella mattina quando vidi le luci della casa accese mi venne un pizzico d'ansia e di curiosità, visto che erano praticamente 19 anni che quella casa era disabitata.
Dopo pranzo decidemmo di andarci a fare un giro in un piccolo parchetto situato giusto fuori città. Ci andavo spesso lì quando avevo voglia di stare un po sola, o semplicemente per pensare. Non era mai un posto affollato, anzi ero convinta che la gente evitasse di andare li proprio per quanto fosse deserto. C'era giusto qualche panchina qua e la per sedersi, per il resto c'era solamente la natura. Verso la sera diventava parecchio fitto e sembrava che si facesse notte prima quando si stava li dentro.
Dopo un'oretta Natasha arrivò al suo limite di sopportazione verso quel piccolo parco e tornò a casa. Io decisi di rimanere li ancora un po' per godermi quel silenzio assordante che mi circondava. Tirai fuori il telefono e trovai due messaggi, uno di mia madre:
-Tesoro, il pranzo è andato benissimo e papà ha ottenuto quel progetto. Stasera si festeggia e non voglio sentire scuse. Ci vediamo a casa. TI voglio bene, mamma.
Mi era bastato leggere quel messaggio per farmi salire la nausea. Subito dopo visualizzai il secondo che per mia gioia era di Bruce:
-FESTA IN SPIAGGIA. Stasera ti voglio assolutamente con me. Ti prometto che ci divertiremo e che non berrò come mio solito. Passo da te alle 20.00.
Da una parte ero sollevata nel leggere il messaggio di Bruce perché avevo una scusa per non festeggiare quello stupido progetto che mio padre aveva ottenuto. Ma allo stesso tempo non ero per niente entusiasta di andare alla festa in spiaggia. D'altronde però cos'era meglio? Una cena dalla quale ne sarei uscita estremamente esaurita o una banale festa? Optai senza ombra di dubbio per la seconda opzione. Diedi il mio ok a Bruce ed infilai il telefono in tasca, presi un bel respiro e decisi di alzarmi da quella panchina dove mi ero seduta con Nat per dirigermi verso la fermata dell'autobus che era poco distante da li. Non mi ero accorta che erano quasi le sei e sarei dovuta essere pronta per le otto, quindi presi una stradina che portava dritta sulla strada principale del centro città per fare prima, certo non era proprio il massimo dato che si stava facendo buio e non c'era neanche un lampione. Forse Natasha aveva ragione ad avere l'ansia per quel posto, quindi mi misi gli auricolari e feci partire la musica del mio Ipod, la prima canzone della playlist era Unsteady degli XAmbassadors, una delle mie canzoni preferite in assoluto. Misi le mani in tasca e pensierosa accelerai il passo. Mi stavo facendo condizionare troppo dalla mia migliore amica. Qualche metro dopo, vicina ormai alla fine di quella stradina deserta, fui costretta a fermarmi di colpo dato che un faro di una moto puntava dritto ai miei occhi. Scostai la testa di lato con gli occhi chiusi e mi scansai dalla sua traiettoria togliendomi gli auricolari. Ecco, mi ritornò subito in mente il discorso degli stupratori e dei serial killer di Nat. Quel tipo spense la sua moto e scese con una classe non indifferente, era vestito completamente di nero e si avviava con passo lento verso di me. Il mio corpo non riusciva a muovere un muscolo per quanto ero tesa, quindi mi limitai ad osservarlo mentre si avvicinava sempre di più a me, finche non me lo ritrovai proprio a pochi passi. Si tolse il casco lasciando ricadere i capelli biondi e per mia grande sorpresa il mio cuore perse un battito per quanto era bello. Avevo sempre creduto che non avrei mai trovato un ragazzo più bello di Bruce.... Fino a quel momento. I suoi occhi azzurri erano fissi sui miei e nessuno dei due sembrava intenzionato ad aprire bocca fino a quando posò il casco per terra ed incrociò le braccia al petto. Sarà stato alto almeno un metro e novanta, quindi se avesse voluto farmi del male non mi sarei potuta certo difendere da un colosso del genere. Nat mi stava contagiando senza ombra di dubbio, ma più che altro il ricordo di quella lontana serata era ancora vivo nei miei pensieri e nonostante questo mi ostinavo ancora a girare in posti così isolati da sola.
Erano passati dieci minuti ma ancora non riuscivo a muovermi da li, pensavo a quel rapido incontro con quel ragazzo misterioso. A quanto era bello e a quanto era strafottente. Ma rimaneva comunque bellissimo. Scossi la testa e ricominciai il mio cammino verso la fermata dell'autobus, per il momento meno ci avrei pensato e meglio era, il mio orologio segnava le 18.40. Maledizione. Era tardissimo, e forse avrei dovuto accettare il suo passaggio. Ma che stavo dicendo, era un perfetto sconosciuto. Però non riuscivo proprio a togliermelo dalla testa.
Arrivata a casa mi precipitai in camera, feci una doccia lampo, mi misi un vestitino floreale che arrivava poco sopra il ginocchio, infilai le mie inseparabili vans grigie e asciugai i miei lunghi capelli castani. Una volta soddisfatta del mio aspetto decente presi la borsa e mi fiondai giù dalle scale oltrepassando mia madre che stava uscendo dalla cucina.
Quelle parole furono come un getto d'acqua gelida. Ma si era resa conto di quello che aveva detto? Diedi un'altra occhiata a Bruce e notai che anche lui era teso. Cercai di prendere un bel respiro profondo prima di dire qualcosa di cui mi sarei sicuramente pentita.