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Autore: trullitrulli    15/05/2009    2 recensioni
Nell'universo di Mirai no Trunks Vegeta non è mai morto, Bulma invece se ne è andata in seguito ad un incidente con i Cyborg relegando al padre il compito di prendersi cura di Trunks [...]-Bulma è morta!- sbottava – questo è quel che saprai da me-
-Ma tu la conoscevi bene!- insisteva.
-No, io non la conoscevo affatto-[...]
Genere: Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gohan, Trunks, Vegeta
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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L’etere azzurro, riflesso di una serenità che li non esisteva, quel giorno non appariva neanche
per offrire una vaga speranza agli abitanti della terra.
Quel giorno, il cielo si stendeva impietoso sul mondo con una luce grigiastra e quasi inconsistente, reale riverbero del punto senza ritorno in cui stava annegando il pianeta.
Quanta gente poteva essere rimasta su quello stanco mucchio di sassi.
Quattro milioni? Qualche ottimista avrebbe affermato cinque…
Cinque milioni di persone che ormai erano solo l’ombra di popolo del passato.
Sentiva il fischio insistente dell’aria attorno a lui che si piegava alla sua velocità. Sorvolavano un cimitero in quel momento.
Una distesa di lapidi vuote e mute nelle quali i posteri non avrebbero mai riconosciuto a quali morti fosse dedicato l’onore funebre, ne lo avrebbero mai sospettato. Trunks immaginava che, se per qualche motivo i cyborg avessero voluto conservare il pianeta, non ne avrebbero mai capito il senso, forse lo avrebbero visto come uno sciocco bisogno umano di riviere il passato.
Reggersi a bei ricordi, sfiorare per un attimo il gusto di una felicità passata per poi piangerla, stupido no?
Ma quando dietro di te lasci il dolore e davanti a te vedi di essere distinato ad un futuro immutato senza nulla di intatto a cui aggrapparsi non si ha dove sbattere la testa. Immaginava anche la lapide di sua madre, tra quelle tante, ugualmente indistinta, irrilevante, senza inciso il suo nome.
Ritornò sulla terra, coi pensieri e con il peso. Suo padre gli stava davanti con quella sua gigante aura fulgida e smisurata di potere.
Vegeta si era autoimposto l’obbiettivo di crescerlo nella forza Sayan, per onorare la sua stirpe,  e riscattarlo dalla debolezza congenita dei terrestri.
Evidentemente non si accorgeva del significato contorto che aveva la parola “ reale” e “ potere” per un bambino di dodici anni.
Non si sarebbe certo accollato tutti gli adempimenti che spettavano a una madre. Era il suo maestro, il suo mentore, la figura austera dalla rigida lucidità e dal distacco insofferente, in lui Trunks vedeva tutto questo.
Ma sua madre rimaneva un’essenza quasi mitica di un affetto più esplicito, di adolescenza e brio. Per nulla associabile al padre. Il polo opposto di Vegeta.
Tentava di decodificare il ruolo di una madre dalla figura di Chichi, a cui era stato affidato. Era stata Chichi a volerlo in casa, a sottrarlo alla selvatichezza a cui Vegeta lo avrebbe abbandonato.
Prontamente gli aveva reciso la coda eliminando conseguentemente tutte le minacce del gorilla della luna piena.
La predisposizione materna di Chichi si rivelava molto comoda per il Sayan: finalmente la famiglia di Kakaroth serviva a qualcosa.
-Come era mamma?- chiedeva spesso il piccolo.
Chichi stendeva il bucato, e sospirava.
-Bella, Trunks…bella e intelligente-
Trunks ancora in tenera età sbatteva le palpebre.
-E papà?-
All’epoca di queste innocenti domande Vegeta si era dettato un esilio dedicato ad allenamenti sfiancanti e mortali quasi avesse in odio l’immobilità; doveva sempre sovrapporre ferite alle altre, in una solitudine che si imponeva con piacere, per non essere costretto a partecipare alla molle ed insulsa vita del pianeta.
A quel punto Chichi sbuffava.
-Tuo padre?-
Si inginocchiava per prendere altri panni dal cesto.
-Tuo padre è un guerriero…- a quel punto mormorava tra i denti abbastanza piano perché
Trunks non sentisse.
-Pazzo furioso-
Il piccolo si allontanava di qualche passo, turbato dai toni negativi della balia.
-Ci verrà a trovare…?- mormorava temendo di scatenare le spinte reazioni violente.
Chichi sbuffava di nuovo.
-Non lo so Trunks-
Ma Vegeta non veniva a trovarli.
Il piccolo tendeva a considerarlo morto.
Non sarebbe tornato per venire a conoscerlo e prenderlo per portarlo via dal torpore sonnolento della vita emarginata nei confini entro cui Chichi e Goahn vivevano non facendo nulla per evitarlo.
Quella di Chichi era solo una sporca subdola bugia. Ormai non aveva più legami di sangue a cui riconoscersi, e Chichi voleva evitargli di pensarlo, per renderlo felice, poiché gli voleva bene.
Divenne un bambino silenzioso e serio.
Giocava con Gohan, ma a lungo andare si annoiava e lasciava per terra i giocattoli mezzi distrutti con le braccia inerti lungo i fianchi a fissare il pavimento in intense contemplazioni.
Un giorno alzò la testa di scatto.
-Insegnami a fare a pugni- sbottò contro Gohan.
Prese a fare semplici esercizi colpendo gli alberi con il pugno ben chiuso come  il suo maestro gli aveva fatto vedere.
Un giorno ne sradicò uno al primo colpo e non contento prese a farlo a pezzi con stoccate rapide.
Gohan dovette strapparlo via dalla pianta a forza e pregarlo di risparmiare i restanti.
Per esercitarsi prese a fare a pezzi tutto ciò che gli sembrava abbastanza resistente da poterlo impegnare più di qualche secondo.
Saltava, tentando di scavalcare il tetto della cupola: e ci riuscì.
Si avventava su Gohan ogni volta, supplicandolo di combattere con lui.
Un giorno che aveva accettato lo abbatte con molta facilità.
-Mi stai facendo vincere!- gli puntò il dito contro accusandolo.
Si lanciò ancora verso di lui saltandogli addosso e cominciando a prenderlo a pugni. Il ragazzo si lasciò colpire evitando i pugni diretti in faccia, poi gli fermò i piccoli pugni nei palmi della mano e lo costrinse a stare fermo.
-Visto!-

 

Percepì una vaga elettricità lungo la spina dorsale che si allargò a tutte le ossa fino alla punta delle dita.
Gohan gli insegnava a trovare la concentrazione per canalizzare l’energia delle sue cellule in quelle luminose sfere di luce opalescente che gli faceva vedere da piccolo. Trunks stava iniziando a dare segni di squilibrio nella sua pazienza. Si mordeva il labbro irritato mentre i suoi occhi diventavano lucidi di delusione. L’amico gli raddrizzò le spalle e si mise alla sua destra e nella sua mano compariva una piccola bolla di bianchissima luce.
Era bellissima.
-Sarà più facile per te- gli aveva detto Gohan – conosci già i rudimenti delle arti marziali, vedrai ti aiuterò io-
Quanto era odioso quando si sacrificava ad aiutarlo in quei suoi umilianti slanci di bontà e generosità.
Lui non voleva essere aiutato, lui era il principe dei Sayan dalla punta degli alluci fino all’attaccatura dei capelli, anche se ancora non sapeva di esserlo.
Lui la sentiva nelle pieghe più nascoste delle viscere quella luce bianchissima, ma non c’era verso che uscisse dal confine del suo corpo.
Diede un pestone a terra a denti stretti.
Con le mani a coppa appena sotto il mento, da mezz’ora elucubrava, congetturava, spremeva le meningi stanche per trovare anche solo a una scintilla.
Eppure la sentiva, quella scintilla, era li, nel sottopelle dei polpastrelli, quasi impaurita dall’aria esterna.
-Non ci riesco- strillò.
-Non scoraggiarti ai primi tentativi, è una cosa che viene molto naturale a quelli della nostra specie-

 
L’apparente consistenza bianca e morbida delle nuvole con il lucore del cielo offrivano uno sfondo superbamente bello.
Trunks amava essere al di sopra della stessa gravità, la pressione dell’aria sulla faccia, la velocità, le paurose contorsioni dello stomaco quando si lanciava in pericolosissime picchiate.
Giocava con acrobatici avvitamenti e capriole, Gohan lo assecondava imitandolo, arzigogolando un po’ i volteggi ed insegnandone a Trunks di nuovi.
-Trunks!-
Al richiamo che sovrastò il fischio dell’aria tagliata dal suo corpo, mentre si abbandonava ad una caduta a testa in giù assaporando il brivido di sfidare la morte sapendo di vincere, Trunks si riscosse e guardò Gohan al suo fianco che cadeva più veloce di lui.
-È ora di pranzo!-
Aspettò di essere più vicino alla terra, piegò la sua traiettoria a pochi centimetri dall’erba e sfrecciò lungo il folto del bosco divincolandosi tra gli alberi con scatti veloci e precisi.
Il tempo tra il pensiero e l’effetto era minimo e con una planata breve toccò la terra battuta del vialetto di Chichi.
-Questa volta ho vinto io- dichiarò a se stesso correndo verso la porta.
-Ti sbagli-
Gohan era sulla porta appoggiato allo stipite con aria soddisfatta.
-Ma questo non è giusto, tu sei più grande di me!-
-Ehi- Gohan gli si avvicinò ignorando il suo broncio e arruffò amorevolmente i suoi capelli
-Sbaglio o ti eri lamentato che ti facevo vincere?-
Trunks continuò ostinato a esibire il suo muso con le braccia incrociate al petto e Gohan rise un po’ amaramente pensando a quanto quella posa richiamasse la somiglianza col padre.
-Mamma siamo tornati-
La testa corvina di Chichi spuntò da dietro lo stipite ma qualcosa non era al suo posto nella sua espressione.
Lei non era felice di rivedere Gohan. Perché mai non lo era? Lei amava Gohan più di ogni altra cosa al mondo, teneva più a lui che a se stessa, più che a Trunks. Era tutto ciò che di Goku le rimaneva. Perché dunque non era felice?
-Cosa è successo mamma?-
Trunks si sporse tentando di uscire dall’ombra di Gohan.
-Dov’ è?-
-É qui, è appena tornato- Chichi non si sforzava affatto di trattenere la sua antipatia verso la persona dietro di lei.
Era un uomo basso, superava di mezza spanna Chichi anche se la sua capigliatura lunga e ritta lo faceva apparire più alto.
Aveva bei lineamenti nobili e affilati, e vestiva di una battle suite blu, sprovvista di armatura, mezza sbrindellata, ogni strappo rivelava una piaga purulenta in via di guarigione e sotto di esse altre cicatrici meno vistose.
Alla vista dei suoi occhi impietosi Trunks rimpicciolì dietro Gohan nascondendosi quel poco che bastava a non dare troppo a vedere che desiderava farlo.
-Lì dietro- lo indicò Chichi.
Gohan si scostò lasciando che la luce colpisse Trunks, l’uomo ebbe un attimo di dissimulata esitazione alla vista dei suoi stessi occhi ma si ricompose al colore terrestre che possedevano.
Lo squadrò qualche attimo: aveva il suo stesso fisico asciutto, capelli lilla di cui non riconosceva l’origine, i suoi stessi lineamenti anche se addolciti dai geni terrestri e dall’età tenera.
-Trunks lui è Vegeta, il tuo papà-
Trunks non ebbe reazione, non batte ciglio, non aprì bocca, non si staccò dalla sua posizione.
Non si era mai posto il problema di rivedere suo padre, non si era mai interrogato su come lo avrebbe accolto, se lo avrebbe abbracciato o se lo avrebbe salutato timidamente con la mano, ma ogni atteggiamento davanti a quell’uomo sembrava fuori luogo.
Rimase dov’era con muto rispetto.
L’uomo mormorò qualcosa all’indirizzo di Chichi ma nessuno capì.
-Spero che tu gli abbia già spiegato qualcosa- sbottò rivolto a Gohan.
-Beh, si- si era quasi dimenticato della reazione di soggezione che Vegeta suscitava – Sa già volare, è più o meno al livello a cui ero io alla sua età, ma non ha ancora imparato…- Vegeta attendeva, ma lui esitava.
-Io non so diventare un super Sayan- disse Trunks infastidito.
-E tu, Vegeta? Tu lo sei diventato?- provocò Chichi.
La reazione di Vegeta fu millimetrica, si voltò appena verso la donna, senza espressione.
-Lo sai fare tu… papà?-
Che strana parola…papà, fu la prima volta, sia per Vegeta sentirselo dire sia per Trunks pronunciarla.
-Vedremo di farti diventare super Sayan- sbottò verso il figlio.
-Me lo fai vedere?-
-Non abbiamo tempo per certe cose! Vedrai domani, in combattimento-
Trunks si illuminò.
Combattere…combattere sul serio…non quell’amichevole scambio di pugni controllati che gli riservava Gohan.
Era certo che suo padre voleva che combattesse sul serio, e anche lui lo desiderava, con tutta la forza della sua natura aliena.

 

***

Trasformarsi in super Sayan era stato lo scopo della vita di suo padre, l’arrivo più ambito e più sofferto, l’aura doratissima l’aveva avvolto da pochi anni ed era riuscito a padroneggiarne la forza con destrezza.
Sognava di poterlo fare anche lui, non era il desiderio ammorbante e tormentato del genitore , ma desiderava eguagliarlo e poter combattere ad armi pari.
Ormai viveva con lui, imparava da lui, a volte parlava con lui ma il più delle volte erano risposte sporadiche che riceveva; suo padre era un misantropo, si rifiutava di rievocare ricordi sia piacevoli che spiacevoli e non amava l’argomento preferito di Trunks.
-Bulma è morta!- sbottava – questo è quel che saprai da me-
-Ma tu la conoscevi bene!- insisteva.
-No, io non la conoscevo affatto-
Il luogo dei loro combattimenti era una landa, un tempo era verde, ma ora i loro colpi l’avevano resa un terreno arido e secco, un polveroso ring dove Trunks aveva finalmente versato il sangue negli scontri.
Sentì in faccia il colpo del padre, rispose con una carica di pugni ovunque gli riuscisse di arrivare, Vegeta lo schivava con movimenti ripetuti.
-Sei troppo, troppo prevedibile- gli assestò una ginocchiata sotto la cintura e con un calcio al ventre, Trunks si sentì compresso contro il suolo dal piede di suo padre.
Il corpo di Trunks sollevò un polverone tale da rendere invisibile tutto il ring Vegeta ci si scaglio contro pestandolo a sangue.
Quando sembrò che ne ebbe avute abbastanza da non reagire lo afferrò per la collottola e lo rimise in piedi, aveva un occhio gonfio e nero che teneva appena aperto e dappertutto piccole piaghe diffuse su tutta la pelle, in questo genere di combattimenti, da piccolo, Vegeta gli aveva fatto saltare tutti i denti da latte.
Una volta sulle due gambe, inaspettatamente Trunks gli assestò un pugno in pieno volto e riuscì a sbatterlo a terra, scagliandoli contro una sfera di energia.
L’ombra stesa di Vegeta stagliata contro la luce a cui tentava di opporsi sembrando avere ai margini un’abbagliante raggiera, venne poi resa vaga e fagocitata.
Una volta che il bagliore si fu rarefatto rimase solo un afoso polverone.
Un ulteriore esplosione rase metri di zolle gettando tutt’attorno una pioggia di terra.
Il braccio di Vegeta risorse smuovendo il terreno mentre una sabbia fine gli scivolava di dosso, con l’arto si spinse in superficie annaspando e aggrappandosi anche con l’altra mano ormai libera alla gleba superficiale.
-Questo non era poi così prevedibile non pensi?- rise Trunks.
Vegeta scatarrò un grumo rosastro di sangue polmonare tossendo e spurgandosi la gola dalla
polvere.
-Sta arrivando il figlio di Kakaroth- disse alzandosi e sputando a terra.
Trunks si voltò verso una aura gigante notando una macchia che andava ispessendosi tra le nuvole.
Atterrò sulla terra ad una distanza di sicurezza calcolata dal luogo, avendo timore di essere accolto da una delle onde energetiche di Trunks tirate con poca mira o da un aggressivo colpo di avvertimento di Vegeta.
-Trunks! Vegeta!- li salutò alzando la mano.
-Ho trovato una cosa, Trunks , devi venire a vedere-

 

***

-Ecco a te il laboratorio sotterraneo della C.C.-
Scavò un po’ con le unghie sotto le macerie trovando una botola in acciaio con una maniglia, la girò ed aprì il passaggio stretto infilandocisi dentro.
Percepì il colore sgargiante del capelli di Trunks accanto.
Da molto non combattevano insieme, da quando Gohan aveva messo tutta la sua testa ed il suo tempo in certi tomi di robotica fortunatamente recuperati e ben conservati. Questi corridoi non appartenevano ai ricordi di Trunks, ma erano appartenuti ad un passato ben più felice e nitido della memoria di Gohan, che ci si districava molto bene, soffrendone per come la rovina buia e fitta di ragnatele e puzza di chiuso contrastasse sovrapposta ai suoi luminosi ricordi.

-Il laboratorio di Bulma- indicò.

  
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