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Autore: Ulissae    15/05/2009    4 recensioni
Elisa aveva un problema, un problema grosso come due labbra e violaceo come una corona funebre; un problema che si poneva esattamente alla destra del suo collo, proprio al centro tra l’orecchio e la spalla, proprio lì, dove tutti potevano vederlo.
Fan fiction partecipante al contest "100 prompts!" indetto da CoS.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutta colpa di uno stupido succhiotto!


Elisa aveva un problema, un problema grosso come due labbra e violaceo come una corona funebre; un problema che si poneva esattamente alla destra del suo collo, proprio al centro tra l’orecchio e la spalla, proprio lì, dove tutti potevano vederlo.
Il suo problema era un succhiotto.
Esatto, un succhiotto enorme ed imbarazzante che in quel momento fissava disperata allo specchio, strofinandosi con l’acqua la pelle, tentando, inutilmente, di levarlo.
La sera prima non se ne era accorta, non aveva fatto minimamente caso alla macchia abnorme che troneggiava là, dove il ragazzo aveva deciso di passare il suo tempo alla festa. Non che le dispiacesse, certo, però l’idea di dover andare a scuola con quel “coso” non le piaceva minimamente; soprattutto se doveva vedersela con la professoressa di latino, comare mancata e ambiziosa pettegola.
Doveva trovare un modo per sbarazzarsene, qualunque modo, anche a costo di rompersi l’osso del collo e mettere il collarino; di sicuro, una volta tolto, il succhiotto sarebbe scomparso.
Scosse la testa affrante, l’idea di lei su una barella diretta all’ospedale non l’allettava, perciò la prima ipotesi andava scartata in favore di una più tranquilla e pacifica.
Si guardò intorno, cercando qualcosa che potesse nasconderlo, ma niente: tutte le mensole che la circondavano erano inutili, uno shampoo non avrebbe certo risolto la questione. L’unica cosa da fare era sgattaiolare, il più silenziosamente possibile, nel bagno dei genitori e, una volta lì, rapire un po’ di fondo tinta, destinato a nobili gesta.
Sgusciò sopra la sorella, che assonnata si spazzolava i denti, e afferrò al volo la scatolina nera, mentre con sguardi circospetti si allontanava; fortunatamente la madre era intenta a fare le tazze: una filippica era l’ultima cosa che voleva.
Si richiuse nuovamente a chiave nel suo, di bagno, coprendo il rumore del chiavistello con lo sciacquone, e iniziò a fissarsi allo specchio nuovamente.
Stava seriamente odiando il suo collo, anzi, era sicura, lo odiava.
Bagnò leggermente la spugna color carne e prese a strofinare con rabbia la macchietta rossastra, peggiorando unicamente la situazione, dato che il fondotinta, troppo chiaro per la sua pelle, risaltava in modo magnifico e comico il succhiotto.
Stava facendo tardi, doveva trovare una soluzione più veloce, si finì di lavare ed uscì circospetta, mentre con i capelli, ricci e troppo corti per essere utili allo scopo di coprire, appiattiti dalle mani e dall’acqua correva all’armadio, ricercando disperamene una sciarpa.
Ma una sciarpa è una cosa assai rara da trovare nel mese di giugno, soprattutto se tua madre ha deciso di usare il ponte per eliminare totalmente ogni vestiario pesante o che ricordasse, anche solo da lontano, l’inverno.
Ne trovò solo una, piccolina e striminzita, arrotolata ed impolverata, in fondo all’armadio, la prese scontenta e l’indossò, il più tranquillamente possibile, uscendo di casa.
Una cappa di caldo soffocante l’accolse, dandole il buongiorno; giugno era un vero e proprio inferno, in particolare se si indossava una sciarpa: se la tolse subito, scontenta ed affranta, mentre scendeva i gradini di marmo bianco pestando i piedi contro l’ingiustizia che le era toccata.
Non aveva mai avuto un ragazzo, non ne aveva mai baciato uno; mai prima della sera precedente, ed ora i risultati si vedevano.
Mentre percorreva a piedi la strada che la separava dalla scuola si sistemava ansiosamente i riccioli, portandoli dietro le orecchie, schiacciandoli, stirandoli, cercando, in ogni modo, di coprire quella fonte di pettegolezzi.

Quando arrivò a scuola però si era ritrovata completamente sudata, affaticata da quel pezzo di stoffa che si era trasformato, improvvisamente, in un cappio; la tolse prima di varcare il portone e la infilò nello zaino, piegando leggermente il collo: uno strappo. Idea eccezionale.
Sorvolando sul fatto che somigliava al gobbo di Notre Dame, era un’ottima idea.
Entrò in classe silenziosa e si sedette al suo posto, sfortuna per lei, il primo.
Il collo iniziava a farle male, le doleva tutta la spina dorsale e sapeva bene che se avesse continuato a rimanere in quella posizione avrebbe dovuto ricorrere ad un busto il più presto possibile; così si risistemò, facendo saettare gli occhi in attesa del giudizio finale: la professoressa di Lettere antiche.
Tac, tac. I tacchetti risuonavano per tutto il corridoio, come un avvertimento.
Elisa si coprì il collo istintivamente ed aspettò la fine con occhi sbarrati dal terrore; l’ultima volta che una sua compagna, sciagurata!, aveva fatto notare il suo “trofeo” era finita a raccontare tutte le sue storie amorose dall’asilo al giorno prima, tutto sempre sotto interrogatorio della signora.
Appello, saluti, fine.
La Professoressa si sistemò gli occhiali sul naso e la fissò intensamente, anzi, per essere precisi, fissò il collo.
La ragazza sospirò e sperando di diventare una tartaruga, capace di ritirare la testa dentro il torace, si preparò alle domande.
Dannato, dannato collo!

A
ngolo autrice:
No
n ho molto da dire, ho scritto la fan fiction per un'iniziativa del forum CoS in cui dovevo usare la parola "collo" come cardine della storia.
Ne è venuto fuori questo.^^
Questa fanfiction partecipa al Contest 100 prompts indetto dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight since 01.06.08 }.

   
 
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