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Autore: Tony Stark    13/11/2016    3 recensioni
10 Aprile 1741, Mollwitz, Slesia.
La prima vittoria di Federico II, una delle prime volte in cui gli austriaci assaggiarono la nuova volontà di Prussia, ma soprattutto la sua nuova crudeltà.
Genere: Dark, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Old Fritz/Friedrich der Große, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Preußisch Brutalität
Brutalità Prussiana
 
10 Aprile 1741, Mollwitz, Slesia




“Maledetti Austriaci!” fu il pensiero della personificazione della Prussia, mentre il suo sguardo sanguigno osservava i soldati in bianco che si trovavano schierati di fronte a loro.


Li avevano costretti a ripiegare, a fuggire, li avevano costretti ad una ritirata quasi da codardi.
Ma ora erano di nuovo faccia a faccia.


Erano in superiorità numerica rispetto a quei vermi in bianco, erano più determinati e meglio addestrati di quei cani austriaci, la vittoria era loro per certo…


Lo credette fino a che il loro,suo , esercito si schierò sul campo.
Era fin troppo sbilanciato, l’ala destra dove Federico, il suo nuovo regnante, si trovava era troppo sguarnita anche con i due battaglioni di granatieri a difenderla.


Prussia promise a se stesso che qualunque cosa fosse successa avrebbe protetto il suo re, a qualunque costo, fosse la sua stessa vita a venir sacrificata.
Questa era la prima battaglia combattuta dal suo nuovo sovrano e anche se fossero stati sconfitti, Federico II non sarebbe caduto sotto le armi austriache.


L’ala sinistra di cavalleria austriaca, sotto gli ordini di Römer, partì alla carica.

 
La battaglia era ufficialmente iniziata…


<< Feuer!1 >> ordinò l’albino ai granatieri, per qualche istante, abbastanza per permettere agli austriaci di massacrare altri prussiani, non successe nulla. I suoi uomini non si muovevano
<< Habt ihr mich nicht gehört? Feuer!2 >>
Sapeva, sapeva che avrebbero colpito anche i loro commilitoni… ma, ma il re aveva bisogno che gli austriaci venissero distratti, che le loro file venissero sfoltite o non sarebbe riuscito a ritirarsi.


Sembrò come se in quell’esatto istante il pensiero della nazione fosse udito anche dalla sua gente, perché nonostante l’esitazione iniziale, i formidabili soldati prussiani aprirono il fuoco.


Scariche di pallettoni in ferro colpirono ugualmente austriaci e prussiani, senza distinzione, senza alcun riservo per la divisa che indossavano.


Prussia strinse i denti per non urlare, quando il dolore della sua gente si fece suo, quando sentì ognuno dei colpi sparati contro altri prussiani ferirlo come se fosse stato mirato a lui.


Ma rimase algido, imperturbabile… lo sguardo sanguigno puntato davanti a sé e la sciabola imbevuta di sangue austriaco stretta nella mano.


Quei piccoli vermi in bianco sarebbero morti tutti! Avrebbero assaggiato la sua vendetta, la vendetta dei prussiani, non appena il re fosse stato al sicuro.




Furono ancora una volta costretti a stringere le fila dall’avanzata austriaca, la polvere da sparo bruciata esplosa dai moschetti saturava l’aria così come l’odore metallico del sangue.
Le urla, fossero ordini o incoerenti grida lanciate al cielo per il dolore, si fecero assordanti, prussiano e austriaco che si mescolavano rendendosi quasi irriconoscibili l’uno dall’altro.
Lo scalpitio dei cavalli e i loro nitriti ogni volta che uno veniva abbattuto o ferito.


Gilbert cominciava davvero a temere che la sua promessa di proteggere il re sarebbe stata infranta, temeva che il suo esercito venisse sconfitto.


La sua giubba blu si era tinta di scuro per il suo sangue che sgorgava dalle numerose ferite che si aprivano spontanee sul suo petto ogni volta che uno dei suoi uomini moriva o veniva ucciso.
Ma Prussia rimaneva come un baluardo per l’esercito prussiano, un baluardo d’eternità e imbattibilità.


La loro Nazione, il loro Generale.


Un uomo, il feldmaresciallo Kurt von Schwerin, s’avvicinò al galoppo sul suo destriero bianco all’albino. I suoi occhi d’azzurro inverno bruciavano del fuoco prussiano, lo guardò e poi riferì alla nazione una sola informazione, il loro re aveva lasciato il campo di battaglia non era più raggiungibile dagli austriaci.


Un sorriso ferino spuntò sul viso della nazione guerriera, un fuoco di vendetta che bruciava nei suoi occhi rendendoli infernali, spaventosi al punto tale che lo stesso von Schwerin si trovò ad abbassare lo sguardo non potendo affrontare la sete di sangue che vi vide.



 
La battaglia che era sembrata rivolgersi al favore degli austriaci ora si volgeva a favore dei prussiani.


Il barone austriaco von Berlichingen guidò la seconda carica della fanteria austriaca verso l’ala sinistra dell’esercito prussiano, ma lui e i suoi uomini incontrarono un destino ben diverso da quello di Römer.
Venendo accolto fra le file prussiane da una pioggia di piombo mentre i sopravvissuti alle scariche furiose e serrate venivano letteralmente soffocati dai corpi dei loro commilitoni.


E ben presto Römer incontrò lo stesso destino del barone, Gilbert
attraversò quel poco che rimaneva dell’ala di cavalleria austriaca mietendo vittime con la sua sciabola insanguinata. Massacrando senza remore ognuno di quei vermi austriaci, mentre l’euforia e l’adrenalina del combattimento si mescolavano, liberandosi sotto la forma di una forte risata folle e sibilata.


Quando raggiunse il comandante della cavalleria austriaca, sollevò la sciabola calandola come una falce sul collo di quell’uomo che aveva provocato tante morti fra le fila prussiane.


Gli austriaci vennero completamente sconfitti, solo i codardi che si ritirarono ebbero salva la vita, mentre gli altri vennero trucidati dall’avanzata prussiana, chi colpito dalle scariche continue e quasi ininterrotte dei moschetti della seconda linea di fanteria, chi falciato direttamente dalle affilate sciabole dei soldati e della stessa nazione.


“Non devono esserci prigionieri, figli miei, solo cadaveri austriaci lasciati a marcire nel fango da cui provengono” fu quello che la nazione ripeté più di una volta esaltato dall’euforia dei suoi soldati che si vedevano vincitori, e accecato dallo stesso odio che bruciava nei loro cuori.


Alla fine di quella battaglia, ormai più considerabile come un massacro, sul campo di battaglia vi erano solo i prussiani e soli cinque austriaci, moschettieri.


Lasciati volutamente in vita per un ultimo gioco crudele che la nazione aveva voluto attuare.


I cinque poveri uomini erano stati lasciati solo con la loro divisa, niente armi, né altro. I loro sguardi erano spaventati, pavidi e dubbiosi, si chiedevano infatti perché fossero stati lasciati in vita.


Prussia sorrise, ferino, crudele. Una luce fredda nello sguardo.


Si rivolse ai cinque e parlando con voce alta e chiara, seppur sempre in prussiano disse:
<< Abbiamo deciso di lasciarvi in vita >> si zittì solo per qualche istante, abbastanza perché gli austriaci sembrassero sollevati e i prussiani confusi << Ma ad una sola condizione, dovrete correre più in fretta di quanto uno di noi possa caricare il suo moschetto >> concluse così, il suo sorriso che si faceva più dannoso.


Nessuno avrebbe mai potuto correre abbastanza in fretta e loro lo sapevano.


Lo sguardo sanguigno dell’albino si posò sui cinque austriaci ora terrorizzati, e anche rassegnati.


<< Avanti, correte! >> ringhiò.
I cinque uomini in ginocchio vennero lasciati dai prussiani che li tenevano fermi e dopo essersi rialzati frettolosamente macchiando la candida divisa di fango e sangue. Cominciarono a correre.


Gilbert rise, mentre sceglieva cinque dei moschettieri della seconda linea. Più un sesto a cui disse di sparare il più vicino possibile a quei vermi solo per farli correre ancora più in fretta.


Il primo colpo, volutamente sbagliato, risuonò nel silenzio. I cinque austriaci trasalirono voltandosi appena solo per poi correre ancor più in fretta.


“Come topi” pensò l’albino.


<< Non uccideteli immediatamente, voglio vedere quanto ci metteranno a capire di essere spacciati >> sibilò ai suoi uomini.
Un sorriso simile a quello del loro comandante spuntò sui volti dei cinque scelti.


Mai dare ad un nato-soldato la possibilità di usare la sua conoscenza per infliggere sofferenza.


Cinque colpi seguitarono rapidamente interrompendo il silenzio, seguiti poi da delle grida.


I soldati avevano scelto di mirare alle braccia, al destro… quello del saluto regio austriaco.


Eppure le cinque vittime provarono ancora a correre, anche nel dolore seppur tenendosi il braccio ferito e con lo shock a intorpidire i loro pensieri.


I prussiani li lasciarono correre per un po’ prima che Gilbert desse l’ordine, stavolta i bersagli vennero colpiti alle gambe… niente più fuga.


Gilbert rise, sibilante. Il suono della sua risata così strana e spaventosa fece rabbrividire più di un soldato.


<< Lasciateli ai lupi ci penseranno loro a finirli… >> si interruppe mentre il suo sorriso si ripresentava << sempre che non si dissanguino prima >>




Mentre l’albino dava ordine di riorganizzarsi e di recuperare i feriti, von Schwerin gli si avvicinò.


<< Se posso permettermi, signore… non credete che quella dimostrazione di pura crudeltà sia stata inutile? >>; la voce dell’umano era dubbiosa, e quasi sussurrata come se non volesse attirarsi la rabbia della sua nazione


Gilbert lo guardò e dopo aver dato le ultime indicazioni su come riorganizzare le fila, gli rispose: << Oh, tutto il contrario, feldmaresciallo von Schwerin. Tutto il contrario, abbiamo appena mostrato qual’è la pena per quelli che sfidano la Prussia e che sfidano la nostra forza >>


<< Non abbiamo lasciato testimoni che potrebbero riferirlo, però >> rifletté l’umano senza rendersi conto di aver dato voce al suo pensiero, rendendosene conto fin troppo tardi, ma la risposta di Gilbert fu un sorriso caldo, amichevole quasi.
<< Mi piace il tuo modo di fare feldmaresciallo. Sempre schietto e assolutamente sincero >> disse << E non devi assolutamente preoccuparti dei testimoni umani >> sottolineò con la voce la parola umani << Österreich saprà già cosa abbiamo fatto ai suoi uomini… anzi possiamo dire che l’avrà provato di prima mano >> e dopo aver pronunciato queste parole ridacchiò sottovoce.


Kurt rifletté su ciò che la nazione aveva detto e arrivò alla consapevolezza che questo significava che anche… anche il loro imperturbabile generale aveva sofferto per le ferite causate dagli austriaci ai suoi uomini e che quell’ordine tanto crudele quanto necessario di sparare anche contro i loro stessi compagni doveva essere stato orribile quanto moralmente che fisicamente per lui.


Il feldmaresciallo arrivò anche ad una conclusione questo era il motivo perché la loro nazione, il loro regno non sarebbe mai scomparso, loro erano forti, imperturbabili, determinati, capaci di eseguire anche l’ordine più crudele sia per sé che per altri pur di mantenere al sicuro la propria patria.


In momenti come questi Kurt von Schwerin poteva dire di essere più che orgoglioso di essere prussiano.


Anche quando la sua nazione si dimostrava tanto feroce, inumana e brutale.
Preußisch Brutalität
Brutalità Prussiana




















Note dell’Autore
Sono tornato con un altra Historytalia incentrata sulla Prussia, spero che vi piaccia come le precedenti.


Stavolta ho solo qualche piccolo appunto:
Kurt von Schwerin”, feldmaresciallo prussiano dal 10 giugno 1740, fu effettivamente grazie ai suoi ordini che la battaglia di Mollwitz si concluse in una vittoria prussiana. Morì a Praga 6 maggio 1757, guidando la carica che avrebbe portato alla presa della città.


Il fatto che più volte Gilbert si riferisce agli austriaci chiamandoli “piccoli vermi in bianco” è soprattutto l’ultima parte riconducibile al fatto che le divise austriache dell’epoca erano bianche, del tutto bianche.


L’ultimo evento accaduto quello dei cinque austriaci usati come bersagli viventi, beh, in realtà questa cosa viene da una fonte molto poco attendibile in quanto viene dai resoconti austriaci che vista la loro “inamicizia” coi prussiani cercavano in ogni modo di farli figurare come mostri ho deciso di prenderla per vera solo perché questa storia parlava della brutalità prussiana(fosse questa reale o affibbiatagli dai loro nemici, penso che non lo sapremo mai).


Traduzioni:
1)=”Feuer!”, “Fuoco!” in tedesco
2)=”Habt ihr mich nicht gehört? Feuer!”, “Non mi avete sentito? Fuoco!”in tedesco


Scusatemi ancora una volta per la mia prolissità
-Anthony Edward Stark
   
 
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