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Autore: GeoFender    14/11/2016    4 recensioni
(Iniziativa Femslash 2016)
"Qualcosa si ruppe in lei, un qualcosa già incrinato da tempo e che aspettava solo un altro colpo per cedere del tutto. Alla fine lasciò cadere la maschera di perfezione che aveva costruito col tempo, soprattutto per rendere fiera sua madre."
[Sanvers con accenni Supercorp]
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Alex Danvers, Altri, Hank Henshaw, Maggie Sawyer
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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So già che mi odierete, io stessa mi sono odiata mentre la rileggevo ma dvevo assolutamente scriverla. Ci saranno diverse semi citazioni a Grey's Anatomy, una di queste è il titolo. Buona lettura :D
Geo


Come ogni giorno, il DEO era silenzioso. In realtà non si trattava di un silenzio vero e proprio perché, se qualcuno vi avesse fatto attenzione, erano distinguibili suoni come il bip dei macchinari in infermeria e i tasti dei diversi computer che ticchettavano. Uno di questi rumori proveniva infatti dal portatile di Alex che, almeno in apparenza, stava scrivendo un rapporto. In apparenza perché non faceva altro che scrivere un breve periodo, cancellarlo e fissare la pagina bianca di Word. Tutto questo accadeva sotto gli occhi di J'onn che, leggermente preoccupato dalla scena, aggrottò le sopracciglia. Non disse nulla all'inizio e si limitò a guardarla, evitando di farlo in modo ossessivo per non farsi beccare sul fatto. I suoi occhi scuri esaminarono Alex in modo quasi clinico, notando tutto ciò che era fuori posto. I capelli con delle lievi sfumature rossastre erano spenti, la pelle già pallida lo era ancora di più e delle lievi occhiaie facevano capolino sotto i suoi occhi. Sospirò vedendola ridotta in quel modo, erano passati poco più di due anni da quando l'aveva vista in uno stato simile e non poteva permettere che ritornasse indietro. Si alzò e si avvicinò alla scrivania ultramoderna proprio vicino alla sua, posando una mano sulla spalla della scienziata. Il contatto non sortì alcun effetto e aggrottò le sopracciglia, sempre più preoccupato, entro il limite concesso dalla sua forma umana. La soluzione, sebbene non ne fosse particolarmente entusiasta, era una sola. I suoi occhi diventarono di un rosso abbagliante e si intrufolò nella mente della donna, stupendosi per  ciò che trovò al suo interno. In essa non aleggiava un solo pensiero ma trovò un qualcosa che non aveva mai visto in nessun terrestre, dei blocchi mentali simili a quelli dei kryptoniani. All'apparenza sembravano solidi ma, ad un'attenta occhiata, presentavano una rete di sottili crepe in superficie. Un piccolo colpo sarebbe stato sufficiente per abbatterli ma non sapeva che effetto avrebbe avuto sulla mente di Alex.

"Danvers, ascoltami. Non so cos'hai ma devi riprenderti." Le comunicò J'onn, cercando di infonderle forza. La donna si riprese talmente tanto che riuscì a far uscire il Marziano Verde dalla sua testa. I suoi occhi, prima vuoti e velati, avevano ripreso quello scintillio che li caratterizzava. 

"Cosa... hai usato i tuoi poteri su di me, J'onn?" Domandò con tono tagliente come la lama di un coltello. L'ultimo figlio di Marte era stato più volte spinto da lei ad usare i suoi poteri per una causa ma, in quel caso e a prescindere dalle intenzioni, era decisamente furiosa. Non avendo voglia di urlare nonostante la rabbia che provava per quella mancanza di rispetto, strinse entrambi le mani a pugno, utilizzando talmente tanta forza da tagliarsi la pelle dei palmi. Senza contare il fatto che fosse il suo superiore.

"Danvers, per quanto mi riguarda potevi essere sotto il controllo di un metaumano o di un alieno, quindi è stato il mio preciso dovere intervenire. Non lo sei ma ti consiglio vivamente di tornare a casa." Hank rispose con un tono neutro, cercando di nascondere alla sua sottoposta la sua preoccupazione. La considerava, insieme a Kara, come una figlia e di conseguenza, tendeva ormai ad essere molto protettivo. Alex non rispose, si limitò a raccogliere meccanicamente le sue cose e a spegnere il computer.

Guardò un'ultima volta il viso del Marziano, cercando di trovare in esso il motivo per cui aveva compiuto un'azione del genere, ma la sua espressione era criptica e quindi indecifrabile. Uscì dall'ufficio e si diresse verso il garage del DEO, montando in sella alla sua Ducati nera come il cielo a notte fonda e si allacciò il casco integrale. Mise in moto e sfrecciò fuori dal sotterraneo, vedendo finalmente la luce del sole. La stella illuminò la sua Ducati con i suoi raggi aranciati, segno che ormai era giunta al tramonto. Questo significava che l'agente governativo aveva passato un giorno a lavorare senza fare pause di alcuna sorta e la mancanza di sonno iniziava a pesare sul suo corpo, nonostante il suo lungo addestramento per operare effettivamente sul campo. Fortunatamente, mentre si dirigeva verso il suo spoglio appartamento, sentì il vento frizzante di novembre ritemprarla e tenerla sveglia. Inoltre aiutò a scacciare i suoi pensieri cupi, che erano esattamente il motivo del suo isolamento emotivo. Dopo diversi minuti, arrivò nei pressi del complesso di appartamenti in cui viveva e, una volta entrata al suo interno, porse le chiavi della moto al portiere e, sospirando, si diresse verso le scale. Normalmente avrebbe utilizzato il comodo ascensore ma si era rotto proprio il giorno prima. Si poteva infatti dire che la dea bendata assistesse sempre Alex. Lentamente e soprattutto poggiandosi al corrimano, salì gli scalini uno per uno sentendo ogni singola fibra muscolare delle gambe bruciare per lo sforzo. Certamente le ore ad allenarsi in palestra non avevano aiutato affatto. Sospirò di sollievo non appena arrivò al suo appartamento che si trovava al settimo piano e tirò fuori il suo mazzo  di chiavi, tenuto insieme dal simbolo della casata degli El, regalo ovviamente di Kara.

Inserì una chiave color cobalto all'interno della serratura e, con una torsione secca del polso, scattò e la porta si aprì. Delle spesse tende blu impedivano che la calda luce del sole invadesse la stanza, strategia da lei adottata per non avere la stessa reazione di un vampiro alla luce del giorno. Lasciò che il portone blindato si chiudesse da solo e premette l'interruttore più vicino, diffondendo una luce fredda in tutto il salotto. Il suo appartamento era essenziale, spesso Kara lo aveva definito una Bat Caverna per i suoi colori cupi. Non che ad Alex importasse. Adorava le tonalità scure, soprattutto il nero, anche se tecnicamente esso rappresentava la totale assenza di colore, e il fatto che lavorare al DEO incoraggiasse ad indossarlo era un punto a favore. Osservò i vari mobili del salotto, indecisa sul da farsi. Avrebbe potuto sdraiarsi sul divano nero e sorseggiare una birra mentre guardava le repliche di NCIS ma il suo corpo reclamava del calore. In parte lo aveva ottenuto entrando in casa ma non era decisamente abbastanza. Decise allora per una doccia calda, un bagno l'avrebbe decisamente fatta addormentare e non voleva ripetere l'esperienza, soprattutto il farsi sgridare dalla propria sorella minore che, fino a qualche anno prima aveva paura della macchina dei popcorn. Si stava per avviare verso la stanza ma il cellulare iniziò a vibrare nella sua tasca. Lo prese in mano e, vedendo il numero, sbuffò scocciata e rispose mettendosi comoda sul divano, intuendo che si potesse trattare di una conversazione lunga. 

"Pronto mamma?" Domandò sforzandosi di usare un tono neutro. Non voleva far intuire il suo essere scocciata per essere stata interrotta. Se sua madre l'avesse lontanamente immaginato, avrebbe allungato notevolmente la conversazione ponendole domande scomode che l'avrebbero resa ancora più a disagio. Avere una madre scienziata era decisamente una combinazione letale.

"Alex, è un po' che non ti vediamo o sentiamo. Capisco che il lavoro e gli appuntamenti riempiano la tua giornata ma tua sorella riesce a chiamarmi una volta a settimana. Comunque fra mezz'ora dovrei essere da te, spero vivamente che tu sia a casa." Disse Eliza senza dare ad Alex il tempo materiale di rispondere. Difatti la bionda scienziata chiuse la chiamata lasciando senza parola l'agente e soprattutto, scatenando in lei una paura che non pensava d'avere. Posò il cellulare sul comodino bianco e si diresse in bagno dopo aver preso dei vestiti puliti. Si spogliò lentamente ed entrò in doccia, aprendo l'acqua calda e sospirò di sollievo non appena iniziò a scorrere sulla sua pelle. Non si era resa conto di essere così tesa e stanca ma d'altronde quegli ultimi giorni non erano stati per niente leggeri ed era accaduto tutto troppo in fretta. Sua madre che veniva in città non faceva altro che peggiorare la situazione e sarebbe stata da sola. Kara era di pattuglia a quell'ora e Maggie... non voleva disturbarla più di quanto non avesse già fatto. La situazione fra le due era strana, o meglio, ad Alex sembrava così. In ogni caso, non poteva chiedere a nessuno. Riuscì a rendersi presentabile appena in tempo, per quanto possa esserlo una persona che indossa dei pantaloni della tuta e una maglietta di Stanford. Andò ad aprire la porta non appena sentì suonare il campanello e sfoggiò il sorriso finto migliore che possedeva nel suo arsenale, sperando che fosse abbastanza per convincere sua madre. Eliza entrò e dopo aver chiuso la porta con attenzione, abbracciò la figlia come se non la vedesse da anni. Alex sussultò a quel contatto improvviso, sua madre non l'abbracciava da tempo e aveva deciso di farlo proprio in quel momento e facendo così, andò a premere proprio su una ferita alla schiena di qualche giorno prima. Trattenne un gemito di dolore, non aveva proprio bisogno di una predica sullo stare attenta e sul non correre rischi.

"Scusa Alex, è solo che non ti vedo da un po'. Volevo sapere come stavi, Kara mi ha raccontato qualcosa ma poi ha iniziato a divagare sul suo nuovo lavoro e su Lena Luthor. Spero che ci sia un giovane uomo nella tua vita." Disse Eliza quasi casualmente. Tutti erano a conoscenza dell'entusiasmo di Kara riguardo a Lena Luthor, atteggiamento che agli occhi di Alex nascondeva una cotta e a quanto pare ricambiata da parte della dirigente. L'agente sobbalzò nell'udire l'ultima frase, non sapeva come glissare sulla questione e aveva alle spalle una montagna di esperienza m,a il fatto che fosse sua madre a chiederlo implicitamente la riduceva alla sé stessa adolescente. Il sangue iniziò a ribollirle nelle vene, stava perdendo la sua solita calma e non era decisamente un buon segno. 
"Mamma, non c'è nessun giovane uomo nella mia vita. Sono gay!" Urlò Alex. Non appena quelle parole furono pronunciate, madre e figlia spalancarono gli occhi. L'agente non si aspettava di possedere una frustrazione tale da fare involontariamente coming out. Dall'altra canto Eliza era sorpresa, emozione che mutò in qualcosa di indefinito e che si trattava di molte sensazioni provate allo stesso tempo, senza capire quale fosse la predominante. 

"Alexandra Caroline Danvers, sei una delusione. Ti unisci all'organizzazione che ha portato alla morte di tuo padre, hai lasciato che tua sorella iniziasse ad usare i tuoi poteri ed ora questo. Tu non sei mia figlia, tu non sei la donna che io ho cresciuto!" Disse utilizzando molta rabbia e veleno nelle sue parole. Alex contò lentamente, cercando di non dare peso al discorso appena udito. Qualcosa si ruppe in lei, un qualcosa già incrinato da tempo e che aspettava solo un altro colpo per cedere del tutto. Alla fine lasciò cadere la maschera di perfezione che aveva costruito col tempo, soprattutto per rendere fiera sua madre.

"Sono la figlia che tu hai cresciuto. Ma crescere una persona non significa plasmarla a propria immagine e somiglianza, rendendola così una copia sbiadita dell'originale. Non ti sta bene che io sia così? Bene, allora puoi andartene per sempre da casa mia!" Le sue guance erano rosse e respirava profondamente per recuperare fiato, aver sfogato tutta la rabbia accumulata nel corso dei dodici anni passati a prendersi cura di Kara la faceva sentire sollevata, libera e più leggera. Vide la madre uscire e sbattere la porta dietro di sé, lasciandola finalmente da sola. Si mise in posizione fetale e dopo tanto tempo si permise il lusso di lasciarsi andare. Forti singhiozzi scossero il suo esile ma forte corpo e calde lacrime rigarono le sue guance fino a bagnare la maglia e qualsiasi superficie toccassero. Tutto quello che aveva fatto in quegli anni era stato dunque inutile se sua madre l'aveva disconosciuta. Anni spesi a sforzarsi di essere perfetta buttati al vento. Le gocce salate continuarono a scorrere per un lasso di tempo che alla maggiore delle sorelle Danvers sembrò indefinito e, avendo deciso di aver pianto abbastanza, andò in bagno. Si guardò allo specchio, vedendo che i grandi occhi nocciola erano arrossati. Aprì il rubinetto e, dopo essersi assicurata che l'acqua fosse fredda, si sciacquò ripetutamente il viso. Il cellulare, di nuovo nella sua tasca, iniziò a vibrare. Sbuffò, sperando che non si trattasse di sua madre o del DEO. Non aveva la voglia ne' le forze di affrontare un'ennesima discussione perché quella di pochi minuti prima l'aveva prosciugata sia mentalmente che fisicamente. Prese in mano lo smartphone e aprì il messaggio, il cui mittente e contenuto le illuminarono il volto.

Danvers, che ne dici di una rivincita a biliardo? ;D  -Sawyer
 
 
 
 
   
 
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