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Autore: kyon181    21/08/2003    1 recensioni
Rei Ayanami, Shinji Ikari: le loro anime, e l'opera di un veleno. L'amore sara' il rimedio?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rei Ayanami, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Veleno

Autore: Shin-chan a.k.a. fabychan

Author’s note: La storia è ambientata qualche settimana dopo l’episodio 24. Legenda: *pensiero*;“citazioni dalla serie”; keywords;”dialogo, monologo”;
discorso in terza persona.

~Free the dream within
The stars are crying a tear
A sigh escapes from heaven
And the world's end


Breathe the dream within
The mystifying
We tremble and spin
Suspended within

Look beyond where hearts can see
Dream in peace
Trust, love, believe~

Veleno

“Si avvisano i signori viaggiatori che il treno sta per entrare nella stazione di Atsugi Ayruma. I passeggeri diretti a Gora devono scendere in questa stazione.

” La voce dello speaker era femminile, ma risuonò affatto aggraziata nelle orecchie di Shinji, da poco libere dall’auricolare del suo SDAT, le cui cuffiette aveva dismesso, scorgendo tutti gli usuali segni della stazione di destinazione conseuta: sempre la solita storia. Ritornava alla sede della sua ormai non piu’ nuova vita, dopo avere fatto visita al proprio passato, per l’ennesima volta.Era infatti andato a ritrovare il suo tutore degli anni trascorsi. Quasi nulla gli era sembrato cambiato nell’uomo trentenne, quando i loro occhi si erano incrociati. Nessun ragazzo dell’eta’ di Shinji, tranne Shinji stesso, avrebbe potuto intravedere la sensazione di impotente immobilita’ che il suo maestro di un tempo teneva strettissimamente ferma dentro se’, per non perdere il senso di quella vita che passava rimanendo impassibile.
Il giovane Ikari aveva appreso da lui tanti insegnamenti che probabilmente sarebbero stati di giovamento a chiunque, tranne che a Shinji stesso,
impelagato in un’esistenza invivibile, arruolato per una guerra inutile. Eppure, in questo conflitto blasfemo contro gli esseri dai nomi celesti ,
il ragazzo aveva persino ucciso un proprio simile: un Angelo delle fattezze umane..no…un uomo a tutti gli effetti.
Cos’e’ in fondo l’uomo? Cio’ che rende umani sono i sentimenti e i pensieri per cui viviamo nel mondo.. o fuori dal mondo, quando esso ci rifiuta, o noi lo rifuggiamo. Shinji aveva imparato che essere uomini non significava avere il coraggio di affrontare o fuggire il destino: ma piuttosto, avere la forza, in mezzo a tanto tremore,
di sentire il profumo dell’esistenza, fino in fondo. Ad ogni costo, anche se il prezzo da pagare fosse stato la propria felicita’. Angelica. L’esistenza angelica.
Shinji aveva imparato quanto fosse scomoda, e quanto essa somigliasse a quella umana. Ciò che ci somiglia, non e’ anche uguale a noi, profondamente?
Scomoda: un vocabolo riduttivo, riassuntivo, ma Shinji non trovava aggettivi migliori per definire la vita quale gli appariva adesso.
Adesso che aveva scoperto i destini passati che segnavano il presente di Ayanami e di Asuka; adesso che Misato-san aveva perso tutto dopo la scomparsa di Ryouji; adesso che Nagisa era apparso e scomparso alla velocita’ di un tramonto, che sembra scusarsi per la sua brevita’ ricompensandoci con la bellezza.
Cosi’ sono di nuovo qui..Questo ritorno mi ricorda che oramai qui e’ il luogo dell’angoscia: e tuttavia e’ la mia casa.Mi son sentito un pesce fuor d’acqua nei giorni che ho passato lontano da questo posto”. Un po’ sovrappensiero il giovane Ikari percorse , a passi rallentati dal bagaglio a mano,
il marciapiedi verso il sottopassaggio della stazione.“Come pensavo. Misato-san non poteva certo venire a prendermi. Lo so bene, eppure mi fa’ dispiacere.”
Shinji riconsidero’ come non si possa fare a meno di nutrire illusioni inutili.
Quanti mesi erano passati dal suo primo tentativo di fuggire da Neo-Tokyo 3: allora lei era corsa a salutarlo, pregando di trovarlo ancora li’,
e infinde dandogli il ben-tornato-a-casa.Negli istanti di silenzio in cui i loro sguardi si erano incrociati, da una parte all’altra del binario, l’uno aveva letto nel volto dell’altro la parola legame. Forse un legame piu’ consapevole e razionalizzato da Misato, che nutriva meno spontanea paura di lui, e tuttavia malcelava quella forma adulta di paura che si chiama insicurezza, della quale Shinchan era diventato il contravveleno.Shinji si era pero’ presto o tardi reso conto di questo risvolto egoistico dell’affezionamento di Misato verso di lui: qualcosa di difficile da smascherare, perche’ non si mostrava nelle forme lampanti della possessivita’, e di spiacevole da scoprire, perche’ la donna , d’altro canto, gli aveva datto effettive dimostrazioni di caloroso Bene.
Ma ognuno porta appresso un’ombra. E l’innocenza diventa una colpa.
Quanto tempo era passato da quella seconda rinuncia al rango di pilota da parte di Ikari. Quella volta il maggiore Katsuragi gli si era rivolto in tono militaresco.
E, considerato tutto, lei aveva confessato i propri limiti: l’affetto riversato sul ragazzo, era anche uno sfogo personale; con tutto cio’,l’altra faccia della medaglia del loro rapporto, coperta quel giorno che il medaglione si era rovesciato, era bene vero, d’oro zecchino. E di quell’affetto, Shinji ne sentiva la mancanza, dentro di se’. Adesso che la donna si era allontanata verso i luoghi piu’ difficili, quelli del dolore inconsolabile.

He was aware he was still a child

“Il ritorno del Third Children e’ previsto per oggi”, osservo’ Kozo Fuyutsuki, in piedi davanti alle finestre dai vetri opacizzati della camera ovale che ospitava il Comando dell’Agenzia Speciale Nerv.“Tornera’ sotto la tutela diretta del Maggiore Katsuragi.”, rispose Gendo Ikari, semplicemente considerando quella notizia
come un dettaglio marginale. Il ruolo del pilota dell’unita’ 01 era ricopribile benissimo da altrui, o da un pilota digitale. Quanto all’umanita’ di suo figlio,
egli pensava in altri termini al loro destino di famiglia. Questo non era mai cambiato dalla morte di Yui: nonstante tutti gli sforzi, le velleita’, le imprese e le fughe di Shinji, suo padre aveva continuato a considerarlo come inetto alla missione dell’ avvenire prossimo..il cammino verso il perfezionamento. Su quella strada, Gendo Ikari si sarebbe incamminato da solo, perche’ unico uomo capace di prendere in mano il proprio destino: l’audacia della volonta’ era la giustificazione? Eppure era stato Shinji Ikari a risalire i rami dell’albero, al quale, nonostante ciò non si sentiva in cima.

In quel momento il giovane Ikari si incamminava verso l’appartamento dove risiedeva assieme alla donna che lo aveva in custodia.
Quando busso’ alla porta e gli venne aperto, ne’ un abbraccio ne’ un largo sorriso lo accolsero, ma solo un imperfetto accenno di apertura della bocca da parte della signorina Misato, una specie di sbadiglio perso nel viso sommesso di lei.Lo scambio di tenerezza si ridusse a questo. Ed eccolo a casa.
Dov’era finita quell’allegria-nonostante-tutto, che Misato aveva dipinto sull’intonaco alle pareti di quel piccolo appartamento?
“Hai gia’ pranzato?”
“Non ho molta fame. Mi preparero’ qualcosa per cena.”
“…” Se fosse stato un altro tempo, il Maggiore avrebbe fatto qualche osservazione del tipo: si sentiva la mancanza della tua cucina, Shinchan!


Ritsuko-san versava in una rassegnata angoscia, ormai priva persino di rabbia, rinchiusa nelle carceri del Padiglione Est della base Nerv. Il regime di massima sorveglianza sulla detenuta era stato revocato qualche giorno fa dal Comandante. Lei, ridotta in quell’oscurita’ opprimente, non aveva potuto ricevere visite per circa due mesi; una volta revocato il divieto, il primo ad andarla a trovare era stato proprio Gendo.
Il suo carnefice, il suo amante, il suo che cosa?
Quel giorno, o forse era stato di notte- ormai non faceva piu’ differenza per la sua coscienza, immersa nella perenne oscurita’ di quell’ambiente tombale- la bellissima donna, vestita nella consueta mise da lavoro, eccetto che per il lab-coat, fu presa da pacato sgomento nel vedere lui fare il suo ingresso all’interno della cella,
mentre uno della sorveglianza che accompagnava il Comandante rimase fuori. La porta venne lasciata semi-aperta.Ritsuko ritrasse le gambe e chino’ il capo,stringendo le ginocchia a se’; senti’ la tensione aumentare, mentre con la destra accarezzava il nylon delle calze color marrone scuro, passandosi l’altra mano sui capelli, come a cercare nel contatto con la propria figura la conferma di essere viva. Gendo si inoltro’ nella finta quiete oscura della stanza di reclusione,
gravida dei pensieri di Ritsuko, presenza impalpabile come di nebbia. “Cosa sei venuto a fare qui?”, chiese lei, proferendo quell’espressione con disprezzo,
ma senza intendervi alcun segno di risentimento, covato in tanti giorni di silenzi, e represso tuttavia in quell’istante.Ritusko Akagi non era riuscita,
per quanti pensieri l’avessero assalita tartassando il suo antico Amore, a raggiungere quell’indifferenza di fronte a lui, al cospetto del solo suo pensiero,
che si era prefissa di ottenere da se stessa, come mura di difesa da erigere attorno alla propria mente.Forse adesso era rimasto in lei il rancore, o peggio,
un pizzico d’odio: quel parente stretto dell’amore, figlio di una famiglia di sentimenti, inestirpabili dall’animo di Akagi.
“Semplicemente per accertarmi di persona del tuo stato generale. Mi sembri tuttora reattiva.”
“A cosa ti servono le mie briciole di vita?”
“Potresti ancora essere utile Non c’e’ nessun altro motivo per cui sei ancora in vita.”
“Non c’e’ mai stato un altro motivo, vero?”, chiese la dottoressa, con una voce bassa e profonda.
Il comandante la scruto’, rimanendo in piedi davanti alla panchetta su cui Ritsuko sedeva; le lenti opacizzate non tradivano nessuna esitazione,
mentre le palpebre si aprivano e richiudevano , quasi compulsivamente, davanti agli occhi del Comandante.
“Non e’ cosi’. Sai che era diverso. Ma se vuoi torturarti riscrivendo il passato, il tempo per farlo non ti manchera’, suppongo.”
“Bastardo…”
La cosa che piu’ le faceva male era continuare a provare risentimento: quando invece le parole di un vile avrebbero dovuto scorrere sulla sua fronte come acqua corrente. E invece erano le lacrime a scorrere sul viso innocente, come di bambina.

*
Gendo Ikari stava in silenzio, osservando l’enorme sagoma del gigante crocifisso, ospitato negli inferi del Terminal Dogma. Nessun rumore disturbava la pace terrificante di quel luogo, accessibile solo a pochissimi umani, e tuttavia ricettacolo del destino dell’Umanità intiera.
Ma all’improvviso dei passi a stento udibili sul camminatoio accanto alle pozze di LCL, richiamarono l’attenzione di Ikari.Con sua grande sorpresa, egli vide Rei avvicinarsi a lui, vesita della semplice uniforme scolastica.
Quando fu giunta a circa un metro dal Comandante, la ragazza si fermo’. Nella mano destra Ayanami reggeva una siringa,
avendo evidentemente cura che l’ago fosse rivolto verso il basso, lontano dal corpo.
Ikari notò quasi imediatamente quel particolare, e con voce forzosamente calma le chiese:
”Rei, come mai sei venuta?”
“Per cercarla, Signor Comandante.”
“Mi hai seguito?” Sulle prime Gendo non ricevette risposta. Dopo alcuni secondi, Ikari incalzò. “Hai seguito i miei spostamenti?”
La domanda era rivolta ad appurare come ella fosse riuscita a rintracciarlo, in quell’aria ad accesso vietato. Vietato non a lei, a dire il vero.
“E’ così. Le chiedo scusa per averla seguita in segreto.”, rispose Rei, abassando gli occhi.Ayanami era sempre stata un pilota obbediente, e riluttante a trasgredire gli ordini dell’autorità. Meno che mai per lei era facilmente concepibile compiere azioni a discapito e all’insaputa del Comandante.
Ma l’ambivalenza dei sentimenti di lei verso di lui era ormai esplosa con tutte le sue implicazioni
.“Non servono scuse. Piuttosto, perché volevi vedermi, Rei?”
“Devo farle una richiesta”, proferì la ragazza, scandendo le parole, pronunciate con voce atona, per non tradire l’emozione del momento.
Immediatamente il pensiero di Gendo Ikari collegò la frase di Ayanami con l’insolito oggetto che la ragazza teneva nella destra. Una relazione fra concetti che lo impaurì, facendogli balenare in mente i possibili propositi di Rei.
“Perché hai scelto queste modalità e questo luogo per porgermi una richiesta?”, la domanda indagatrice del Comandante si appuntò sul gesto stesso più che sul contenuto della richiesta di Ayanami, perché ciò che lo attanagliava era la repentinità e imprevedibilità dell’azione di Rei, la quale stonava con la percezione di controllabilità trasmessa puntualmente dai passati comportamenti della ragazza.
“Perché immagino che una via illecita come il ricatto sia l’unico modo per ottenere ciò che desidero”, fu la fredda risposta della first.
Il braccio sinistro della giovane tremò leggermente, mentre l’altro restava rigido, fino all’estremità dell’arto, che reggeva la siringa.
“Lodo il tuo essere esplicita. Del resto, sei abituata alla chiarezza. Rispondi a queste due domande. Qual’e’ il tuo desiderio? Pensi di ottenere da me qualcosa minacciandomi con un ago?”, il secondo dei due era l’interrogativo a cui Gendo trepidava maggiormente fosse data risposta da Ayanami.
In realtà, il Comandante sospettava già, con intuizione profonda, il contenuto della minaccia: non era lui che Rei avrebbe punto, nel caso.
“Desidero che la dottoressa Akagi venga rilasciata senza condizioni, e reintegrata nel suo ruolo in seno alla Nerv. Diversamente, pungerò me stessa con l’ago della siringa che tengo in mano. All’interno di essa vi e’ del curaro, che, iniettato in questa dose, mi darebbe la morte. Le ricordo, qualora ce ne fosse bisogno, che, essendo stati distrutti i dummies per la mia sostituzione, io non sono più fungibile.”
La prima reazione interiore di Gendo fu il senso di stare perdendo qualcosa di irrinunciabile per la seconda volta.
L’immagine delle sue speranze minacciava di darsi la morte.
“Ciò che mi chiedi è impossibile. Non posso revocare un provvedimento preso per motivi di sicurezza. La dottoressa Akagi è stata già sufficientemente graziata.
Il suo gesto ha tradito la sua totale inaffidabilità. Inoltre, mi domando come tu sia venuta a sapere della distruzione del Dummy System.”
Il Comandante tacque la sua raggelante paura di fronte al paventato suicidio della ragazza, e concentrò le sue affermazioni sui motivi della sua ricusa
di fronte alla richiesta del first children. Le due figure si squadrarono, nell’istante di silenzio che seguì. Erano in fondo simili, nel loro ragionamento:
poco importava ad entrambi indagare i motivi delle azioni, delle parole: cosa avesse spinto Ayanami a chiedere la libertà per la dottoressa Akagi,
era fuori del suo campo di ricerca.
Allo stesso modo, egli aveva mostrato questa sua attitudine a considerare motivazioni e fatti come compartimenti stagni,
allorchè aveva seccamente replicato a Fuyutsuki, in occasione del repentino utilizzo della lancia Longinus: “Ogni altro ulteriore significato è irrilevante”.
L’indagine sul senso delle cose si arrestava all’appuramento delle circostanze, per lui. Mosse e contro-mosse, così era il suo codice di azione,
che si specchiava in quello di Rei Ayanami. Entrambi lasciavano intravedere poco delle loro menti, e tanto meno dei loro cuori,
spinti da inclinazioni così forti da sfuggire alla possibilità di essere comprese, tanto meno all’eventualità di essere comunicate.
“Non posso recedere dalla mia richiesta. Se non mi darà il suo assenso, metterò in atto ciò che ho minacciato di fare.”
La ragazza sollevò il braccio destro al petto, e poggiò l’ago sulla vena, all’altezza dell’avambraccio. Gendo aveva previsto che la ragazza sarebbe stata irremovibile, tuttavia non potè trattenere la concitazione delle sensazioni che lo assalirono.
“Rei, ti ordino di gettare la siringa in terra.”, fu il suo disperato, rinunciatario tentativo di risolvere con le parole ciò che ormai era diventato fatto compiuto.
Di fronte all’esitazione di Ikari, la ragazza allineò l’estremità dell’ago colla vena mediale del suo braccio, poi fece pressione col pollice sullo stantuffo, così che le prime gocce del liquido venefico vennero messe in circolo; l’iniezione terminò poiché Gendo si avventò fulmineamente sulla ragazza, trattenendo la mano ed estraendo l’ ago dal braccio di Rei, che venne presa alla sprovvista dalla fulmineità del Comandante. Ikari trattenne Ayanami dalle spalle, e la trascinò verso l’ascensore. La risalita fu rapida, attraverso il Central Dogma e le Malebolge. La ragazza era riuscita a iniettarsi un centilitro di curaro, il che provocò un progressivo rilascio della rigidità delle membra, che divennero flaccide, per azione del composto organico: la sensazione di flaccidità interessò dapprima le estermità inferiori del suo corpo. In breve tempo si sarebbe estesa agli organi coinvolti nella respirazione, provocando la morte per paralisi respiratoria. Era una lotta contro il tempo. Gendo non disse una parola, mentre poggiò le gambe della ragazza sul pavimento dell’ascensore, trattenendola per la nuca, e cingendo la vita con l’altro braccio.
Rei teneva gli occhi aperti a stento, giacchè anch’essi erano stati affetti dalla sensazione anestetica, mentre biascicava:
“Comandante Ikari…non è necessario…che lei…”Gendo non le rispose, ma la guardò. Aveva dismesso le lenti, lanciandole per terra.
Nei suoi occhi non si poteva leggere nulla: neanche in quel momento, la sua anima tradiva il senso di colpa nascosto nel suo cuore.
Stranamente, egli ebbe la sensazione di stare sorreggendo suo figlio Shinji.

La respirazione di Rei era lenta e regolare; mentre la ragazza inalava ossigeno puro dalla macchina, la machserina asettica le aderiva alle guance,
venendo appannata dal calore del respiro. Il tubo con le sacche per il nutrimento endo-vena, e il catetere per il drenaggio dei liquidi trasmettevano
un senso di impacciata necessità. Ayanami dipendeva da quell’ “armamentario” clinico per la propria sopravvivenza. Il primario del reparto di terapia intensiva dell’ospedale interno della Nerv, osservando la paziente, si domandava scuotendo il capo se la giovane donna avrebbe assecondato gli sforzi fatti per tenerla in vita.
In fondo, da quanto gli era stato dato conoscere, si trattava di un tentato suicidio. Qualora il medico avesse saputo quale fosse il motivo per cui il first children aveva cercato di darsi la morte, sarebbe stato meno scettico sui buoni propositi dell’incosciente Ayanami riguardo alla propria sopravvivenza. A quel punto, Rei avrebbe probabilmente desiderato vivere, se avesse potuto scegliere.Alla ragazza erano sicuramente indifferenti vita e morte,
nel momento in cui aveva minacciato Gendo, nel senso che ella non desiderava morire piu’ di quanto desiderasse vivere.
Il suicidio era semplicemente uno strumento, non il fine della sua azione. Perciò, adesso, sdraiata nel letto, sulla linea di confine tra permanenza e abbandono,
c’era da credere che stesse lottando per rimanere, visto che le erano estranei i desideri di morte di coloro che odiano la vita.
A lei l’esistenza era semplicemente indifferente, ma non le mancava l’istinto di sopravvivenza, a cui era contravvenuta per un motivo piu’ alto.
Il dottor Kobayashi attendeva speranzoso da una settimana che Rei uscisse dal coma vigile e riprendesse la piena funzionalità vitale.
Momentaneamente, egli appoggiò la cartella col quadro clinico di Ayanami sulla propria spalla sinistra, assumendo una posa buffa,
quasi fosse stato un ragazzo delle superiori e quella una cartella per libri. Gendo Ikari non aveva autorizzato nessuno ad accedere alla stanza dove era ricoverato
il first children , all’ infuori del personale medico, ovviamente. Il Comandante aveva concitamente seguito i primi momenti del trattamento d’urgenza
che Rei aveva subito in sala rianimazione, quel terribile giorno di una settimana prima. I barellieri l’avevano ricevuta dalle sue mani, e deposta delicatamente sulla lettiga. Il colore bianco delle lenzuola trovava riscontro nel pallore cadaverico della ragazza. Gli occhi e i passi di Gendo seguirono il corpo disteso muoversi
verso le porte della sala operatoria di emergenza, che si spalancarono automaticamente al passaggio del lettino a ruote, per poi richiudersi.
Nelle ore successive Gendo era rimasto ad attendere la sua uscita con ansia paterna, intrecciando tra loro le dita delle mani immancabilmente guantate,
e forse pregando Yui perche’ la ragazza non morisse.
Per il momento sembrò che le sue preghiere venissero esaudite, come testimoniò la sua muta soddisfazione di fronte alle parole del dottor Kobayashi,
appena terminato il delicato intervento di rianimazione della giovane donna agonizzante sotto gli effetti devastanti del siero.
“Il pericolo di morte immediata per l’iniezione della sostanza tossica è stato fugato grazie alla tempestiva somministrazione dell’antidoto”.
Questa comunicazione venne fatta dal primario al comandante, a quattr’occhi, in uno studiolo di rappresentanza del reparto. Nessun comunicato stampa sulla vicenda del ricovero e sulla situazione clinica del first children venne fatto trapelare, per ordine tassativo di Ikari.
“La prognosi?”, chiese Gendo, stando all’inpiedi dinanzi al giovane medico, messosi a sedere sull’unica sedia girevole, anzi unico posto a sedere,
della piccola stanza, dopo avere appurato che il comandante non desiderava evidentemente mettersi comodo.
“Riservata. La paralisi degli organi respiratori è stata impedita, ma permangono seri dubbi a che la paziente recuperi la piena funzionalita’ dell’apparato. …Non possiamo escludere l’eventualita’ di danni permanenti al sistema nervoso, qualora la regolarita’delle funzioni polmonari non dovesse ristabilirsi in tempi relativamente brevi”, terminò il resoconto Kobayashi.
Il che soddisfece comunque l’inquieto comandante. L’esito dell’intervento salva-vita non era stato infausto.
”E’ stato anche grazie alla tempestività della nostra azione. Qualora il siero fosse entrato in circolo da più di venti minuti, non ci sarebbe stato molto da fare ..
”Era stato anche merito di Gendo. Ma questo proprio non poteva inorgoglire Ikari, che provava, diversamente, un gravame di colpa, solo parzialmente sollevato
da quella buona notizia. Il coinvolgimento emotivo che Ikari sentiva, veniva dissumulato a stento. E ciò urtava non superficialmente la persona del Comandante.
A nessun uomo un medico si sarebbe sentito di imputare come eccessiva la trepidazione per una persona cara. Era nella natura umana. Ma Gendo non voleva dare minimamente mostra agli altri di questi suoi aspetti emotivi. Forse per eccessiva ritrosia, che arrivava allo sfrontato cinismo ostentato dal suo carattere.

A distanza di una settimana da quel giorno, Ikari si ritrovava col viso affiso al vetro divisorio tra il corridoio del reparto di terapia intensiva e la stanza di Rei
. Con gli occhi chini su di lei, il Comandante pensava a cose dimenticate per lungo tempo. La paura di mostrare il proprio dolore, o, cosa ancora piu’ semplicemente difficile, la propria gioia, era un timore innaturale; per il semplice fatto che le verita’ piu’ profonde non possono tradursi in nessuna espressione verbale,
né in lacrime o sorrisi. Esse tutt’al più si nascondono in un puntino di sale affogato nella corrente che a volte inonda, invincibilmente, il viso: come le emozioni di Ayanami che stringeva forte le lenti del Comandante Ikari, fino a farle crepitare sotto le proprie mani, il giorno che la terza ritrovò con dolore nel suo corpo parte dei ricordi nascosti nell’anima .
O dissimulano la fragilità in un accenno di riso, dagli angoli della bocca: come lo splendore di Ayanami che sorrideva a Gendo, e solamente a lui, mesi addietro. Nonostante egli potesse accedere liberamente alla camera, non lo faceva. Stava come in religioso contegno, di fronte alla parete di vetro, ad osservarla,
mentre il ventre di lei saliva e scendeva ritmicamente sollevando le lenzuola.
“Ikari…”, da dietro le spalle il vice-Comandante Fuyutsuki lo richiamò.
Malinconicamente, era rimasto per qualche istante a guardare il suo viso di profilo.Gendo si voltò senza rispondere.
“Mi permetti di dirti..ti leggo negli occhi lo stesso senso di colpa disperato che provasti quando Yui ci lasciò.”
“Fuyutsuki. Come vedi…”, Gendo prese una pausa prima di continuare. “ pare sia mio destino vedermi sottratte le persone più importanti, che si sacrificano per motivi legati in qualche modo al mio operato. Gli Eva e il Dummy System sono progetti eseguiti da altri, ma sotto la mia direzione. Rei e Yui sono state protagoniste di queste realizzazioni, ma mi hanno fatto vedere ognuna di queste cose sotto occhi diversi. Non avevo intenzione di farne strumenti, eppure ciò che era fine è diventato mezzo.”

“Yui è infatti diventato il mezzo stesso attraverso cui tu vorresti ritornare a lei.”, commentò l’anziano professore. “Ma con Rei, come vorresti giustificarti? Non era l’immagine della tua speranza? E’ come un preludio a un’ulteriore fallimento, nella tua previsione?”
“Non e’ questo l’oggetto del mio rammarico. E inoltre, reputo adesso inessenziali molte cose. Le priorità cambiano in base alle circostanze. Ma non le cose che, originariamente, erano la nostra destinazione.”, rispose sibillinamente l’altro.
“Cio’ vuol dire che perdonerai alla dottoressa Akagi di avere distrutto il Dummy System? In fondo, se esso fosse ancora in piedi ,
non ci sarebbe un’altra Rei a sostituire la moritura?”, incalzò il Vice-Comandante, con piglio curioso, specchiando il proprio viso allo spesso vetro.
“Non considererei più l’ipotesi di avere un’altra Rei come possibile. Il concetto di “numerosità” non si addice a una singola persona. E’ stata solo l’ultima Rei ad essere la prima, dopo che le riserve sono state eliminate.” Ikari prese posto su una panchina appoggiata all’altra parete, curvandosi e sentendo una fitta ai fianchi.
Primi sintomi di un affaticamento da insonnia che colpiva al fine anche il più instancabile degli stakanovisti.
“Non ci eravamo forsi accorti che, ogni volta, Rei moriva effettivamente?Sono state entrambi delle morti vere. Un supplizio oltre ogni umana comprensione, perire più di una volta. Anima e corpo, uguali, ma divisi, possono soffrire per più vite. Abbiamo moltiplicato il dolore.”, asserì mestamente Kozo Fuyutsuki.
“La morte è apparsa ineluttabile solo adesso..”
“Eppure non è la prima volta che quella ragazza tenta di darsi la fine volontariamente. L’ha già fatto la seconda. E sempre a causa di un Ikari.”
“Bisogna sperare che non accada questa volta la medesima cosa.”
“Che il first children perisca? …Finora credevi di potere giocare con la morte?”.L’anziano vice-comandante prese posto accanto al suo superiore. Percepì, guardando verso di lui, che la profondità di Ikari era insondabile: fosse quella di uno stagno o di un oceano.
“No…” La quiete regnò sul corridoio, ammutolito dalla negazione proferita da Gendo. In lontananza, il silenzio fu rotto dalla risata di qualcuno, probabilmente del personale para-medico, che allontanava così l’angoscia del turno di notte. Erano le 11:45 PM “io continuo a credere di potere sconfiggere la morte di chi mi sta accanto attraverso il mio operato.”, terminò Gendo, guardando davanti a sé la parete in color ghiaccio.
“Forse solo tuo figlio può. Solo tuo figlio può suscitare l’anima che resiste alla morte e ri-anima i corpi. …” Fuyutsuki portò la mano destra sotto il mento,
accarezzandolo. “Non siamo altro che barriere spirituali, campi di terrore assoluto, che un’anima può scegliere di elevare, per meglio spalancare le porte del paradiso all’immagine della speranza..”
“..io ho visto coi miei occhi l’immagine della speranza.”, commentò con tono pacato il comandante. Fuyutsuki ebbe quasi l’istinto di poggiare una mano sulla spalla di Ikari, come se fossero stati due vecchi amici che si consolano a vicenda del tempo che passa, seduti al tavolo di un bar.
“ E’ perché più alto è il muro del tuo cuore, di chiunque abbia conosciuto. Ma non tanto quanto quello di Ayanami.. o di Shinji..”

Il giovane Ikari non aveva più una scuola da frequentare dopo la distruzione di Neo-Tokyo 3. Il governo nazionale era stato dissuaso dal mettere mano alla
ricostruzione della città-fortezza, per la volontà contraria della Seele. Neo-Tokyo 3 era, dal punto di vista della Commissione, uno spreco di risorse, e un concentrato di umanità da allontanare. Presto, in quei paraggi, Qualcuno avrebbe infatti innescato la miccia che avrebbe fatto saltare in aria il coperchio del vaso di Pandora:
e ciò non senza spargimento di sangue, cosa che rendeva inopportuna la presenza di tanti testimoni quanti gli abitanti di una città.
Il cielo sopra di essa avrebbe ospitato il Compimento degli auspici della Seele, quando il tempo sarebbe arrivato.
“Il tempo sara’ quel momento.”, aveva annunciato Kheele Lorentz.
Il tempo sembrava passare inutile, giorni e notti, per Shinji. Il ragazzo si era ormai rassegnato a viverli sotto il soffitto sconosciuto di Misato.
La sua presenza alla Base era richiesta sempre più raramente, ed egli poteva spendere tranquillamente le giornate come faceva prima di trasferirsi alla corte di suo padre: tale era ai suoi occhi tutto l’apparato della Nerv, le strutture di appoggio, persino gli edifici e le attività dei civili, ogni cosa e ogni persona, sudditi di suo padre.
Ma non era stato Gendo a chiedergli di uccidere Nagisa. Allora Shinji si era trovato di fronte a un altro Angelo, un essere a metà fra l’uomo e Dio. Di fronte alla propria decisione. L’ Umanità urlava dentro il cuore di Shinchan, per farlo desistere dall’eseguire la condanna di Kaworu. La Divinità dei viventi, quella che suo padre voleva emulare, gli diede invece la vigliacca forza di stritolare quelle membra e mozzare il capo del ragazzo dai capelli d’argento. L’unico che gli avesse detto: “ Ti voglio bene.”Mai Shinji aveva udito quella benedetta parola, né dalla signorina Misato, né da Asuka, né tanto meno da suo padre.E lui aveva ucciso quell’unica persona.

“Lasciamo che lo 01 sia l’esecutore..”
Era questo il prezzo da pagare? Ma per cosa? Lì, di fronte al lago formatosi in seguito all’esplosione dello 00, Shinji andava a pensare,
ricordando il primo incontro con Kaoru
.*Mio padre è disposto a pagare qualsiasi prezzo, pur di ottenere ciò che cerca. Mi sono estranei i suoi fini..tuttavia è come se presentissi che in essi si cela una tale mostruosità da non potere essere mostrata* Chissà cosa avrebbe pensato Shinji, se avesse saputo che il frutto più impresentabile dell’opera di suo padre era celato
adesso sotto i suoi bianchi guanti.
“ Adam. La cui anima si trova unicamente in te. Il cui corpo, ricostituito dall’embrione recuperato di esso, si trova impiantato nel corpo di Ikari. “
Era stato questo fatto a far pensare a Kaworu, di essere uguale al padre di Shinji.

Le ore passavano monotone e stanche, sotto il soffitto dell’appartamento di Katsuragi. Il ventilatore a muro girava lentamente in camera del Maggiore.
*Shinchan..sono giorni che passa le giornate tappato in camera sua…quel ragazzo sta sperimentando di nuovo la solitudine..d’altronde è ovvio..i suoi amici sono tutti dovuti andare via, e le persone a cui era legato affettivamente sono andate forse per sempre..* Il pensiero di Misato andava certamente a Soryu, ad Ayanami, a Touji, a Kensuke, allo stesso Kaworu, l’unico children che ella non aveva potuto conoscere: queste erano le persone che avevano reso viva l’esistenza di Shinji, con il calore
dello scambio reciproco. Adesso era rimasta solo lei con lui. E, nel momento in cui la giovane donna aveva tentato di oltrepassare le barriere,
offrendogli il contatto fisico col proprio corpo, Shinji ne era rifuggito con astio. Non era un abbraccio, o un amplesso, quello che il cuore di Ikari cercava.
Egli voleva indietro la delicatezza di Kaworu. La dolce spontaneità di Touji. Le urla di Soryu. I silenzi di Ayanami. Tutta la fragilità delle donne e degli uomini, le loro maschere ritrose, dietro le quali era possibile guardarsi, e, timidamente, incrociarsi, senza la violenza di chi vuole andare a fondo di tutto.
Senza la violenza indifferente di suo padre.
*Trovare ogni cosa inutile..forse è un anestetico contro il dolore che sento adesso. Io ho assassinato un ragazzo; mi sento schiacciato contro il pavimento, come se un sasso mastodontico fosse deposto sul mio ventre da ogni risveglio, dopo gli incubi della notte* “Era bello anche in quel modo. Anche se non succedeva niente di particolare.” *A chi potrei parlare del mio dolore? Asuka..solo pensarla mi provoca una pena immensa. Non voglio andare a trovarla.
Per lei, essere in queste condizioni, ed apparire agli altri indifesa e sconfitta, dev’essere la peggiore delle umiliazioni.La mia compassione gli sembrerebbe solo un’offesa crudele. E certo non potrei parlarle di me.*Shinji ignorava che Asuka non poteva neppure più avere coscienza dell’orgoglio.
*Ayanami..Nei giorni passati avevo paura di cercarla.Ho timore di lei, tuttora. Ma, anche se incontrarla dovesse condurmi a scoprire nuove orrende verità ,
su mio padre, su mia madre..non posso continuare a fare domande alla mia anima, stampata su questo soffitto*
Mentre egli era immerso in quei pensieri, la sigorina Misato bussò alla porta.“E’ permesso, Shinchan?”, chiese da fuori.
“Si..”
Ella, aperta lateralmente la porta scorrevole, fece capolino nell’aria della stanza. “…Ehi..che ne diresti di fare una passeggiata con me..fare quattro passi
la mattina presto non è male, sai?”Il ragazzo si piegò sul fianco, su cui era disteso, in posizione fetale, in direzione della voce della donna. Sfregò le dita sugli occhi , appesantiti dall’oscurità e feriti dall’ingresso della luce, entrata attraverso lo spiraglio della porta.“Si….mi cambio e sono pronto..”, rispose infine.
“Bene..”, replicò lei, mentre un mezzo sorriso rallegrava la penombra della soglia.Dalla finestra , col telaio di assi incrociate,
un barbaglio prodotto dal riflesso del sole, nel mattino livido di Neo-Tokyo 3.
*
Rimanevano poche strade di quella che era stata la città. Misato portò Shinji in automobile sulla panoramica, che dava sul pianoro dove un tempo sorgevano gli edifici: adesso esso ospitava una stagnante pozza d’acqua. Scesero dalla vettura e cominciarono a camminare lungo la linea del guard-rail.
“Signorina Misato”, esordì Shinchan. “E’ da molti giorni che non vedo Ayanami, alla base.”
“Neanche io ho notizie di lei..Non so davvero perché Rei non si sia presentata alla riunione della sezione operativa di venerdì. E’ da tre giorni che domando di lei ai superiori, ma la loro risposta è stata: “non sono informazioni di sua competenza, Maggiore.”, spiego’ Katsuragi, guardando la punta dei suoi stivaletti che lentamente passavano sull’asfalto.
“Questi superiori a cui si riferisce..si tratta di mio padre?”, domandò Shinji, cacciando un respiro profondo.
“No..il comandante non è reperibile in questi giorni”, rispose ancora Misato, continuando a camminare assieme al ragazzo.
“Mi scusi..ma mio padre e’ fuori città?”
“Non lo so davvero. Anzi, ci sono altre assenze su cui mi preme indagare. Ritsuko non viene al lavoro da due settimane, ormai.
Anche su questo non ho potuto sindacare, e la veemenza con cui ho inveito contro il comandante non è servita a smuovere la sua reticenza.”,
aggiunse sconsolotamante la donna, dando un calcio a un sasso che le capitò fra i piedi, poi passandosi la mano sui capelli blu porpora.
“Signorina Misato, non aveva detto che mio padre si trova fuori città?”, domandò Shinji, avvicinandosi al Maggiore, da cui si era tenuto leggermente discosto fino a quel punto del cammino.
“Il colloquio col Comandante di cui ti ho detto risale a circa dieci giorni fa.”, spiegò la donna.
“Lei..lei non ha intenzione di scoprire dove siano finiti, signorina Misato?..intendo entrambi..Ayanami e la signorina Ritsuko..” chiese nervosamente il ragazzo, fermandosi sui propri passi.
Misato-san si fermò a sua volta, e voltandosi verso di lui rispose: “Certo, Shinji.”

La notte di quel giorno.Misato si alzò dal letto per andare a prendersi una lattina di birra. Sedette sul tavolo, e stette al buio in silenzio a sorseggiarla.
*Cercare gli scomparsi... Solo di una persona ho la certezza che non la potrò ma rinvenire.* La donna si alzò da tavola, per andare a lavarsi le mani nel lavello, cosa che fce velocemente, asciguandosi poi con una tovaglietta appesa a un supportino appiccicato alle piastrelle accanto allo scolapiatti.
Poi tornò a letto, non riuscendo però a prendere più sonno.


Due giorni dopo, l’ Alpine Renault di Katsuragi stava lentamente discendendo verso le installazioni militari del Geo-Front,
alloggiata su uno dei “gradini” del conveyor. Sul parabrezza della vettura si riflettevano a intervalli periodici le luci azzurrognole che accompagnavano la discesa agli inferi, facendo capolino dalle pareti lungo cui scorreva il gigangesco trasportatore. Sullo specchietto retrovisore, il viso di Katsuragi, distesa sul sedile leggermente reclinato, le mani dietro la nuca, in apparente relax, mentre apprendeva con un mezzo sorriso dall’operatore Hyouga una notizia molto importante.
“Ho scoperto dove si trova la dottoressa Akagi.”
Makoto aveva bisbigliata l’informazione alla donna, perché si sa che anche i muri hanno orecchi. Addirittura gli stessi muri della Base recavano l’avviso:
“SICUREZZA INNANZITUTTO”.Con molta fantasia, che non mancava agli abitatori del Geo-Front, lo si poteva intendere come un’allusione a pensare alla propria di sicurezza…Il che non comprendeva certo come buona norma il diffondere informazioni riservate sul lupo, nella tana stessa del lupo,
dove questi avrebbe potuto origliare con facilità.Si aggiunga il fatto che sussurrare qualcosa nell’orecchio alla donna che amava, era per Hyouga un’occasione imperdibile, velata com’era di un pizzico di sensualità. Tornando al lupo, a dire il vero esso aveva mille sensi.Le possibilità di controllo della Nerv erano seconde solo alle capacità di occultamento. Persino quelli della Seele ignoravano il sancta sanctorum delle macchinazioni di Ikari, pur avendo Lorentz sparpaglito segugi umani e tecnici un po’ dappertutto, che arrivavano persino a sbirciare tra le composizioni dei compagni di classe dei children, e a intercettare le conversazioni telefoniche,
su linea fissa e satellitare, tra gli abitanti di Neo-Tokyo 3. Ma la NERV aveva l’enorme vantaggio di essere in prima linea sul campo: ciò che avveniva ai piloti,
ciò che ne era dell’animo e del corpo di essi, prima di tutto della first, tutto questo rimaneva segreto persino per Kheele. Invece gli uomini cresciuti in seno
all’ Agenzia Speciale, sapevano come intrufolarsi persino nel più inaccessibile mistero. Il Maggiore Katsuragi sembrava esercitare un’attrazione magnetica verso le persone con capacità spionistiche. Ryouji, senza dubbio, ma anche Makoto, che “aveva fatto il ladro per lei”, secondo le parole dello stesso Maggiore. *
Non c’e’ che dire*, pensò la donna, sorridendo leggermente. *Incito gli uomini a dare il meglio di sé...se fossi riuscita a infondere un po’ di motivazione anche in Shinchan..* Pensieri un po’ leziosi, mentre il convogliatore li condusse finalmente a destinazione, e idue si avviarono al loro doppio lavoro di dipendenti della Nerv, e indagatori dei misteri celati in essa.Questa volta la loro ricerca aveva come fine la salvezza di due persone, che quella Base sembrava avere inghiottito.

Nonostante la sfiducia della signorina Misato, e la morte che regnava nel suo cuore, Shinji Ikari non era un semplice sopravvissuto.
Tutt’altro: una sfrontata volontà di sapere si era impossessata di lui, proprio perché ormai nessuna ulteriore terribile verità avrebbe potuto rendere più amaro da bere di quanto non fosse il calice di ogni giorno. Così la sua determinazione lo condusse dritto nella sala del Comando.
“Tuo padre è impegnato altrove, tuttavia si trova attualmente all’interno del Geo-Front. Non credo sia possibile per te parlargli, perché ha dato espresso ordine di non lasciare che gli venga introdotto alcuno in presenza.” Il vice-comandante Fuyutsuki rispose così alle richieste del figlio di Ikari,stando in piedi con le mani raccolte dietro la schiena, mentre osservava la serie di ramificazioni dell’albero delle Sephirà, con lo sguardo di chi stesse seguendo un qualche intreccio, per un’illuminazione del momento, che fendesse l’ intrico dei collegamenti tra le conquiste dello Spirito. Quando si voltò a guardare il ragazzo, il suo cipiglio e le rughe che solcavano il viso, espressero appieno la tristezza del vecchio. In fondo, egli compativa profondamente il third children.
“Non è possibile per me parlargli telefonicamente?La prego, è importante…”, chiese Shinji, ricordandosi di avere di fronte a sé un superiore diverso da suo padre, nonostante la sala del Comando gli parlasse insistentemente di lui, cioè di un interlocutore sulla cui empatia umana non si poteva in nessun caso contare.
“Per quale necessità vorresti avere un colloquio col Comandante, Shinji?”
“Perché vorrei chiedergli di Ayanami”, rispose francamente il ragazzo. “E mio padre è l’unico capace di rispondermi, per quanto io ne sappia..”, continuò, chiudendo e riaprendo i pugni, in agitazione, mentre si avvicinava al nocciolo della questione, nei termini del suo discorso col professor Fuyutsuki.
“…” Il vecchio uomo non fu sorpreso dall’uscita del ragazzo. Avrebbe voluto anche accontentarlo senz’altro, tuttavia non si voleva assumere il peso di fargli una comunicazione che Gendo aveva classificata come privata, e che lui stesso riteneva tale, profondamente tale.L’ ”affare” occorso tra Rei e Gendo, nonostante fosse stato occasionato da qualcosa di legato alle attività della Nerv, era una questione che riguardava il privato del Comandante, agli occhi del suo vice.Giacchè la disobbedienza del first children, il diniego di Ikari e la successiva azione suicida della ragazza, che l’aveva portata in stato d’agonia, arrecando un tormento enorme a Gendo stesso, facevano parte della storia di loro due. Non si trattava di insubordinazione, di reato militare, e fose neppure del destino dell’umanità.
Ma della vita di quel singolo uomo e di quella singola ragazza.
*E’ stata in fondo una doppia beffa del destino ambiguo.Vita e morte si sono incrociate ripetutamente sotto gli occhi di Gendo.
Rei ha inteso col suo gesto liberare Ritchan da ogni senso di colpa nei suoi confronti: è stata pronta a sacrificarsi per la persona che l’ha liberata dall’immortalità, facendole dono, con questo, della possibilità di una singola vita. In virtù di questo dono, lei era pronto a morire. Così è quando si dice: chi ama la propria vita la perderà, ma chi la abbandona , la guadagnerà per sempre. In fondo, un’esistenza mortale, proprio per la possibilità della morte, diventa eterna, quando si è pronti a sacrificarla.Che smacco per Ikari…. Un crollo alle fondamenta della sua anima: scoprire che l’immortalità da lui agognata, e ricercata tramite la duplicazione e il Perfezionamento dell’ Uomo, è raggiungibile per la via opposta, in un solo istante, nell’attimo di maggiore debolezza, di fronte all morte,
a un passo dall’ago capace di iniettare il liquido del passaggio verso una nuova forma di esistenza.

Fuyutsuki rimase assorto per lungo tempo. Aveva iniziato a pensare a quegli avvenimenti come a un affare di famiglia fra Gendo, Shinji ed Ayanami.
E aveva rimesso il giovane Ikari al giudizio di suo padre, sull’oppurtinità di farlo partecipe del dramma di Rei. Quella ragazza, in fondo, aveva solo quei due uomini, come unico legame affettivo col mondo. Era giusto che Shinji ne fosse messo a parte. Ma Gendo Ikari aveva autorità su ogni cosa che concernesse la Nerv.
Così il figlio si trovò a dovere chiedere udienza, parlando alla linea rossa col Comandante, dall’apparecchio che Fuyutsuki aveva appena estratto dal tiretto
della grande scrivania, consegnandolo a Shinji dopo avere aperto la conversazione, pigiando un singolo tasto. Gendo rispose, trovandosi in quel momento in isolato acquartieramento, nell’ala Est della Piramide del Geo-Front, in una piccola stanza, al buio. Non si aspettava certo di sentire la voce del figlio al telefono.
“Come hai avuto accesso a questa linea?”, tuonò il Comandante.
“Non importa. Voglio parlare con te. Di Ayanami”, chiese Shinji, con voce spezzata e convulsa, eppure decisa nelle affermazioni.
“Non rientra nelle tue prerogative chiedermi alcunchè. Stato e locazione attuale della first children non sono cose di tuo interesse.”, rispose freddamente il padre.
“ E INVECE LO SONO!”, Shinji raccolse tutto il coraggio della sua disperazione. Fu come se sentisse il peso delle battaglie, delle morti, dei distacchi, comprimere il suo stomaco e forzare un urlo a uscire: “VOGLIO VEDERLA!! DOVE LA TIENI, PADRE?? E’ ANCORA PER QUALCHE MALEDETTO ESPERIMENTO CHE LA TIENI RECLUSA CHISSA’ DOVE??”
Gendo si compiacque dell’ira del figlio, piuttosto che esserne sorpreso. Era la naturale reazione del leone che ammira l’istinto di caccia del proprio cucciolo
“E sia. ..la potrai vedere. Fa in modo di trovarti all’ingresso dell’ Ospedale della Base tra venti minuti”.
Quasi sorpreso dalla remissività improvvisa del padre, Shinji si appuntò sulle parole rivoltegli. “Ospedale..? E’ ricoverata?”, chiese spaventato il ragazzo.
“Non avrai ulteriori spiegazioni.Ti ho già dato disposizioni , per venire incontro alla tua richiesta. Ma non credere che lo faccia per assecondarti. Semplicemente, negartelo sarebbe futile.”
“Non mi importa perché tu acconsenta! E’ quanto basta”. Gendo riattaccò e Shinji consegnò il ricevitore a Fuyutsuki, guardandolo con un velo di adulta soddisfazione. Kozo era quasi stupefatto, e un sorriso altrettanto lieve, appena accennato agli angoli della bocca, tradì la sua sincera contentezza. Adesso Rei avrebbe avuto accanto anche l’altro Ikari della sua vita; forse non avrebbe potuto percepirne la presenza, ma l’avrebbe visto con gli occhi della mente.
Ayanami lo stava già vedendo, avvicinarsi ansiosamente dove lei si trovava. Shinji infatti era uscito dalla sala , senza avere né coraggio né voglia di chiedere
a Fuyutsuki se il first children stesse male, e se fosse ricoverata davvero in ospedale.Tra poco l’avrebbe appurato da sé.

No love for myselfAnd no love for another.
Searching to find a love up on a higher level
Finding nothing but questions and devils (1)

Shinji Ikari stava immobile di fronte all’ingresso dell’Ospedale interno della Base, mentre il suo sguardo saliva inquietamente la gradinata di accesso ai reparti.
Dopo che ebbe atteso per circa due minuti, finalmente due agenti della sezione Sicurezza si fecero incontro a lui, giungendo dall’interno della struttura. Trafelati, gli uomini gli si fecero a lato. “Ci segua.”, ordinarono semplicemente. Il ragazzo non rispose. Mentre lentamente Shinji intraprese il percorso , che lo portò su per le scale,
e i vari piani dell’ Ospedale, il suo capo tentennava, la sua andatura e il suo piglio apparivano quelli di un sonnambulo, o di qualcuno che e’ condotto in qualche
dove al gioco della “mosca cieca”.Le figure che i tre incrociarono nel loro cammino lungo gli androni del nosocomio, erano come ombre di anime trapassate, per la coscienza di Shinji, e i suoi due conduttori gli sembravano più che mai inquietanti aguzzini, brutti come due orchi che avessero rapito un bambino. Ed effettivamente, brutti, quei due, lo erano^^; Dietro le loro lenti scure, non traspariva niente di umano. La vividezza degli occhi del ragazzo era invece schermata da un velo di angoscia. Senza che Shinji avesse il tempo di pensare a niente, arrivarono al reparto di Terapia Intensiva. I due agenti di sicurezza fecero cenno
al ragazzo di imboccare il corridoio centrale, e si congedarono da lui senza proferire parola.Il giovane Ikari si inoltrò, dopo un pizzico di esitazione,
verso l’interno del reparto. Non si attentò a chiedere niente a due medici che lo incrociarono. Ormai aveva intuito, e una specie di istinto lo stava guidando
verso qualcosa che gli faceva già tremare le ginocchia, senza che ancora l’avesse potuta vedere coi suoi occhi.
Ma, non appena giunse a fianco della parete di vetro che dava sulla stanza di Ayanami, il suo sguardo, lanciando un’occhiata attraverso la parete trasparente, si pietrificò. Gli si mostrò l’immagine della ragazza, a tutte le apparenze, in gravi condizioni. Shinji poggiò le dita contro il vetro, mentre le gambe premevano
contro il muro: il battito cardiaco del ragazzo aumentò, ed egli si sentì pulsare le tempie. Rimase a fissarla per circa cinque minuti. Poi si arrese all’angoscia, e si lasciò sedere sulla panchina dove, la notte prima, avevano seduto Fuyutsuki e suo padre.
Mentre la testa cominciò a girargli, Shinji cominciò a desiderare che passasse presto di lì qualcuno del personale medico, per domandare di Ayanami, per sapere di più sul suo stato di salute.E non dovette aspettare molto. Perché , proprio il dottor Kobayashi passò davanti a Shinji, e, con sorpresa del ragazzo, si sedette accanto a lui. Pochi istanti prima, il primario aveva ricevuto comunicazioni dal Comandante Ikari. “Sei Shinji Ikari?”, chiese Kobayashi.
“Si..”, rispose lui, ancora un po’ stupito e a disagio. “Tuo padre mi ha preannunciato la tua visita. Immagino tu sia qui per sapere del first children.”,
disse l’uomo, con tono alquanto pacato, cosa che non rassicurò per niente Shinji. Il dottore, un uomo sulla quarantina, dai capelli rossicci, con un pizzetto molto curato,
e dei radi baffi, indossava il classico camice bianco, e sotto di esso una blusa del medesimo colore.
“Mio padre…..sì..è così…Come mai Rei si trova in questo stato? E come sta?”, domandò Shinji , raccogliendo quanto più coraggio possibile prima di emettere la voce.
“Rei si trova in stato di coma vigile. Ha avuto una crisi respiratoria, in seguito a un’iniezione di sostanza velenosa, più precisamente curaro.”
“Curaro? Chi e’ stato a farlo?”, chiese il ragazzo, piegandosi in avanti, mentre portava la mano destra sul ginocchio, tradendo tutto il suo nervosismo nel tremolio del labbro inferiore.
“Il first children ha tentato il suicidio.”, rispose il medico, mordendosi involontariamente la lingua, nel pronunciare le ultime parole, cosa che rannuvolò la sua buona disposizione a raccontare i fatti al ragazzo.
“Come?… il suicidio…perche’? Perche’ avrebbe tentato di suicidarsi?”, domandò inquietamente, mentre lanciava di quando in quando occhiate verso il lettino dove giaceva Rei, al di là della parete di vetro.
“Questo non lo so. Tuttavia ti posso dire che le condizioni attuali della ragazza sono stazionarie, e non ci sono motivi di disperare sulle possibilità di guarigione.”, continuò rapidamente il dottor Kobayashi, sentendo fastidio per l’urto del palato contro la lingua, ferita dal morso di poco prima.
“….” *mio padre saprà sicuramente i motivi..*, pensò Shinji.*..anzi, ho il presentimento che sia qualcosa che riguarda lui, che l’avrà spinta a quel gesto…
dopo aver visto ciò che lui le ha fatto, penso di immaginare che i loro rapporti siano sempre stati al centro delle attenzioni e preoccupazioni di Ayanami....
e tuttavia lei ha continuato a rispettarlo, tutto questo tempo, ne sono sicuro..*
Il primario lasciò Shinji rammentandogli che non gli era permesso entrare in camera di Rei, almeno fino a quando le sue condizioni non fossero migliorate.
Il ragazzo non obiettò nulla
.* Ayanami …..da tanto tempo, ho imparato a vederla come una ragazza che non potrebbe morire..perché riesce sempre a rinascere..anche quando pensavo
di averla persa, il giorno che fece saltare in aria l’unità 00 per salvarmi. ..Chissà perché, io e lei abbiamo sempre dovuto condividere battaglie in cui lei doveva essere la vittima. Come quando mi fece da copertura, mentre io dovevo colpire l’ Angelo che fluttuava sulla città col fucile a positroni. Mi disse che io non sarei morto,
perché c’era lei. E’ così..invece lei era pronta a morire. Ogni volta la rincontravo in questo stesso Ospedale: era come se, dietro i bendaggi che ricoprivano parti del suo corpo, non ci fossero ferite. Ebbi, ogni volta, questa stranissima sensazione. Era come se….lei potesse riprendersi da qualsiasi cosa. E così, quando vidi quei “recipienti” vuoti, che ci mostrò la signorina Ritsuko..mi feci una specie di ragione, di quella stranezza. Anche se tuttora, non capisco fino in fondo. In fondo non so chi è la ragazza che stà dietro il vetro. Mi fa paura. Ma, più di ogni cosa, mi faccio paura io. Sono io, il ragazzo per cui, due volte, lei ha messo la sua vita a rischio mortale. E’ stato per difendere me..o meglio, l’ Eva che io pilotavo. Ayanami è la persona che sento più vittima della tragedia degli Eva, di cui parlava la signorina Misato…
La vedo…la vedo proprio come Kaworu… Qualcuno che si è sacrificato, per me..che io, ho sacrificato..Non sono migliore di mio padre… Anche io sono un assassino. Anche io.. Non so per cosa mi senta precisamente in colpa..ma è come se mi sentissi complice dello stato in cui si trova Ayanami adesso.
E’ come se quello che ha fatto per me, fosse la strada che l’ha portata ad essere qui. ..Mi domando se ce la farà come sempre.. Forse, quello che diceva la signorina Ritsuko..”distruggere i pezzi di ricambio per Rei”..significa che adesso Rei è diventata vulnerabile?Ma…adesso..credo che se lei mi potesse sentire,
vorrei dire qualcosa ad Ayanami. Io…avrei voluto dirle tante cose..e non voglio…non vorrei mai che morisse…io non posso più vivere da quando ho ucciso Kaworu..
ma l’unica che può spiegarmi perché..l’unica che forse può dirmi le parole che mi spieghino perché sta succedendo tutto questo..perche’ mi sta succedendo tutto questo… e’ solo Ayanami.E poi..vorrei..è da tantissimo tempo che non dico a nessuno una parola d’affetto. Ho bisogno di dare affetto. Di dare affetto.
Ne ho una necessità disperata. Forse, dopo che ho dato la morte, ne sono indegno? Non so….ci voglio provare comunque.. vorrei dirle che le voglio bene.. Forse anche Ayanami non se l’è mai sentito dire, come era per me, prima che me lo dicesse Nagisa* I pensieri di Shinji furono interrotti dalla percezione che il ragazzo ebbe di qualcuno paratosi improvvisamente dinanzi a lui. Il ragazzo alzò il capo, prima chino e tenuto tra le mani, mentre i gomiti poggiavano sulle ginocchia stanche.
Era Gendo Ikari, che osservava silenziosamente il figlio. Shinji fu spaventato da quella visione improvvisa. Eppure, i sentimenti di rabbia e paura che lo avvincevano sempre di fronte a suo padre, furono preceduti e dissimulati dalla curiosità del ragazzo, che forse, per questa volta, sarebbe stata soddisfatta.
“Adesso sei a conoscenza delle condizioni del first children.”, asserì Gendo, voltandosi di spalle, e guardando verso la stanza di Rei,
aggiustandosi gli occhiali sul naso.
Shinji osservò dall’alto in basso l’alta figura del Comandante, e domandò:
“Mi è stato detto che Rei ha tentato di suicidarsi…Tu sai perché lo ha fatto, vero?”. Il ragazzo guardò in tralice, verso qualche angolo del pavimento.
“Si. Rei ha minacciato al mio cospetto di iniettarsi una dose mortale di curaro, qualora non avessi acconsentito alla sua richiesta di concedere la libertà
e reintegrare in ruolo la dottoressa Akagi, responsabile di tradimento verso l’Organizzazione di cui sono a capo.”
“ E tu..non hai acconsentito..”, rispose gravemente Shinji, fremendo di impazienza e livore.
“No. Era una richiesta assurda.”
“MALEDETTO!!NON HAI NEPPURE TENTATO DI CONVINCERLA A NON FARLO!!”, urlò il ragazzo, alzandosi da sedere. Gendo si voltò verso il fianco sinistro. “Non è esatto. Ho tentato di dissuadere il first children, e sono intervenuto quando lei ha inopinatamente messo in atto il suo proposito. Non era mio desiderio che Rei giungesse a questo.”
“Tu…tu…”, Shinji avrebbe voluto più che mai colpirlo con tutta la sua forza. Ma sentì le gambe tremargli sotto un peso impalpabile. Mille pensieri affollavano la sua mente. Strane associazioni mentali: il fatto che la dottoressa Akagi avesse distrutto i cloni, aveva a che fare col gesto di Rei? Se sì, perché? E suo padre..cosa provava davvero per Ayanami? Shinji credeva, in mente sua, che Gendo non avrebbe mai contraddetto Rei. In questo la invidiava molto. Alla fine, Gendo aveva messo a repentaglio l’esistenza di Ayanami..adesso che lei, forse, era davvero diventata vulnerabile. Era come se suo padre l’avesse condannata a morte. E Shinji, per qualche strana ragione, si sentiva complice delle decisioni di suo padre. E si odiava. Era come , se nel viso di suo padre, il ragazzo leggesse ciò che odiava di se stesso.
Era quello , che lui avrebbe voluto prendere a pugni. Ma egli serrò le sue mani fortissimo, e poi rilasciò la stretta.
Gli occhi di entrambi gli uomini tornarono ad affiggersi sul vetro che li separava da Rei.
Forse, era un po’ come se il muro delle loro anime avesse preso forma. Il campo di terrore assoluto, che li divideva da quella donna, unendoli ad essa.

Shinji chiuse dietro di sè la porta dell’appartamento di Misato, mestamente. La accolse l’aria immobile dell’ingresso, dove regnava il silenzio dell’assenza:
il maggiore Katsuragi era fuori per il turno notturno alla Nerv, e non sarebbe rientrata prima di tre ore. Il giovane Ikari si diresse con meccanica svogliatezza verso la cucina, e prese dal frigo una bottiglia d’acqua. Frastornato e quasi sospinto dal malumore, il ragazzo si mise a sedere, tenendo la bottiglia dal collo,
poi sollevandola per riporla sul tavolo, continuando tuttavia a impugnarla fermamente. La freschezza della plastica raffreddata appagava la sensibilità tattile
della sua mano, e quasi dava un minimo di sollievo alla calda oppressione di pena sconsolata.
*Ayanami è ancora una volta a rischio di perdere la vita e ho come l’impressione che questa volta non si verificherebbe un nuovo miracolo, se lei non ce la dovesse fare. ..Non dopo quello che ho visto fare alla signorina Ritsuko..anche se non ho capito bene come stanno le cose. Ma la mia paura non deriva dal non capire, o almeno, non solo da quello. Ci sono tante cose che mi spaventano. Ayanami è una ragazza che temo..forse la temo persino più di mio padre. Eppure è questo stesso timore la cosa di cui ho più paura. E’ come se sentissi dentro di me una collina di neve insozzata…come dei tizzoni di carbone ardenti sotterrati per soffocare la fiamma. I sentimenti che lei ha suscitato in me, sono i più forti che abbia mai provato. Non vorrei provare tanto timore di rincontrarla, di rivederla.E’ come se avessi ancora paura di ferirla e di venirne ferito. Se mi facessi del male lei, non saprei come guarire da quelle ferite. Sarei impotente. Perciò, vederla così disarmata, mi mette ancora più a disagio, che affrontare i suoi silenzi. Anche la sua chiusura di fronte a ognuno, mi parlava di vita, di ciò che lei serbava dentro di sé. In fondo, chi di noi parla davvero di sé stesso? Lofa forse Soryu?O Misato-san? O io..? o mio padre?Ci sono tante cose che avrei voluto dirti, Ayanami..ma mi andrebbe bene anche continuare ad ascoltare i tuoi silenzi. Quanto sono stato stupido, a cercare di più…adesso che rischio di perderti per sempre, io…*
L’immagine mentale di Rei, al di là del vetro, in quel ferroso letto d’ospedale, bussò insistemente alla finestra del cuore di Shinji, che aprì con un pensiero sonnambolico. L’ossessionante pungolo si affacciò alla memoria del ragazzo, ripresentandosi senza soluzione di continuità.
Ma il rientro anticipato della signorina Misato colse Shinji di sorpresa. Quasi di soppiatto, la giovane donna era sgattaiolata sulla soglia della cucina,
trovando il ragazzo chino sul tavolo, il capo appoggiato sulle braccia conserte.
“Shinchan..”, sussurrò Misato-san, controllando se si fosse assopito.
Shinji riaprì gli occhi, e alzando leggermente il capo guardò verso la porta. “E’ già arrivata.. signorina Misato..”, disse con un filo di voce, roca, oltretombale.
“Che ore sono?”
“Quasi le cinque..è l’alba…..”, rispose Misato prontamente, senza dover controllare l’orologio da polso.
“ Rei…l’ho vista…è in ospedale..è in pericolo di vita..ha tentato di suicidarsi..davanti a mio padre..”, mormorò il ragazzo, chinandosi ancora di più sul bancato del tavolo, col capo piegato a guardare verso il lavello, nella direzione opposta a quella in cui i suoi occhi avrebbero incrociato la figura del Maggiore, che rimase in piedi, pochi passi oltre la soglia della stanza da pranzo.
“Cosa?…Rei..ha tentato di suicidarsi? E perché l’avrebbe fatto?”, chiese Misato, portandosi una mano sui capelli, e lasciando ricadere l’altro braccio lungo il fianco.
“Signorina Misato..”, il ragazzo si destò improvvisamente, appoggiando sulla superficie del tavolo le palme delle mani e sollevandosi.
“Non ho voglia di parlarne adesso…mi scusi…”.
“Shinji…” Dopo una piccola pausa di silenzio, durante la quale il Maggiore venne sfiorata dal braccio di Shinji, che passò accanto a lei, per uscire dalla porta della stanza, ella aggiunse: “Va bene…vai a riposarti…”, e così tirò un profondo sospiro. Quindi si fermò sul posto, finchè non sentì la porta scorrevole della camera di Shinji richiusa. Allora, la donna girò il capo verso il lato della stanza privo di mobilio, e fissò un punto impreciso del vuoto.

“E’ il momento adatto credo”, disse l’operatore Hyouga Makoto, ritirando dietro la colonna il capo che aveva sporto per controllare la situazione del corridoio laterale
alle celle dell’area di reclusione, nel padiglione Ovest della Base.Udito questo, il Maggiore Katsuragi infilò il caricatore dentro il calcio della sua hand-gun,
e si preparò all’azione, senza fiatare, ma facendo un cenno d’intesa al suo complice.Rapidamente, la donna imboccò il passaggio, camminando spalle al muro,
con passo di granchio. Makoto la seguiva da presso. Stavano andando a liberare Ritsuko-san.La dottoressa, ancora ignara, avvertì il clamore provenire da fuori la cella.
”Niente di personale”, sentì dire, da una voce familiare. Poi, il tonfo sordo di un corpo che cadeva a terra. Era quello di una guardia carceraria.
Ritchan non si appressò alle sbarre, per controllare di cosa si trattasse. Non sapeva, che sarebbe arrivata la vendetta, il compimento del sacrificio
di Rei Ayanami…Quante cose si ignorano al mondo, e non tutte, alla fine, si riescono a sapere. Resta solo il silenzio, senza neppure che soffi qualcosa che ci dia aria
per pensare.
THE END


(1) From “Shinji’s last resort” by Kaworu X.

Nota dell’autore.
Un’ultima parola, per quella che è, molto probabilmente, la mia ultima ffic. Chiedo davvero scusa a tutti i miei lettori, per non riuscire a
corrispondere alla assiduità del loro feed-back di complimenti. Li ringrazio tutti, agurando davvero loro che risplenda il sole su ogni loro giorno.
E così lo auguro alla mia prima lettrice, più di ogni altro al mondo.Le ragioni della mia rinuncia alla scrittura sono difficili da spiegare.
Io non ho certo mai scritto sperando nel “successo” per le mie storie, e in ogni caso non sono il tipo da desiderare di ottenerlo, o capace di procacciarselo.
Adesso sento che la voglia di raccontare, soprattutto quando è legata a una passione così grande come i personaggi dell’animazione, deve essere sempre sospinta
da una forte emozione, dalla capacità di sognare, proprio come mi fanno fare le storie animate, i personaggi del nostro piccolo mondo interiore.
E’ questo che rende bella la nostra passione per Evangelion, CCSakura, od ogni altro anime.Così, non mi sento all’altezza di sogni tanto grandi. Ho sempre creduto nel significato profondo della scrittura. Ma, nonostante ci creda ancora, sono un po’ sfiduciato in essa, e nella sua forza. E’ vero, forse, parafrasando un autore famoso, e il nostro Nagisa Kaworu, che gli uomini trovarono la musica e il canto, per fuggire dalla tristezza delle parole, che, una volta scritte, diventano traccia di qualcuno che è assente, lontano con la sua emozione.
Adesso, non credo davvero nell’importanza di cio’ che le mie storie potrebbero dare. Perdonatemi tutti, anche perché forse sembro peccare di presunzione.
Eppure…per quello che credo…ho sempre pensato di scrivere le mie storie col cuore.. E spero che questo lo abbiate sentito anche voi.
Se a qualcuno interessa, e se mi verrà concesso dalla gentilezza di chi me ne ha sempre mostrata, mi occuperò di tradurre ffiction, continuando a leggerne, per potere sognare assieme agli autori, che, bravissimi e con stoffa da vendere, stanno finalmente nascendo nel panorama italiano.Grazie a tutti. Vi voglio bene.
E grazie al mio Angioletto. Ti voglio più bene che a me stesso.
Per finire, una dedica, stranamente, in inglese…..Preferisco così.
This ffic is dedicated to my star ruby,
blent in the night bright, whose emotions fill
my heart with trembling joy.
Whenever I can feel them,
my life is thick with a sweet confusion.
Thank you for everything, My Treasure.
I beg your pardon for being so dumb, but you know
that I’m fond of you,
anytime, anyway,
my lovely marshmallow…

  
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