Veleno
Autore: Shin-chan a.k.a. fabychan
Author’s note: La storia è ambientata qualche settimana
dopo l’episodio 24. Legenda: *pensiero*;“citazioni dalla serie”;
keywords;”dialogo, monologo”;
discorso in terza persona.
~Free the dream within
The stars are crying a tear
A sigh escapes from heaven
And the world's end
Breathe the dream within
The mystifying
We tremble and spin
Suspended within
Look beyond where hearts can see
Dream in peace
Trust, love, believe~
Veleno
“Si avvisano i signori viaggiatori che il treno sta per entrare nella stazione di Atsugi Ayruma. I passeggeri diretti a Gora devono scendere in questa stazione.
” La voce dello speaker era femminile, ma risuonò
affatto aggraziata nelle orecchie di Shinji, da poco libere dall’auricolare
del suo SDAT, le cui cuffiette aveva dismesso, scorgendo tutti gli usuali
segni della stazione di destinazione conseuta: sempre la solita storia.
Ritornava alla sede della sua ormai non piu’ nuova vita, dopo avere fatto
visita al proprio passato, per l’ennesima volta.Era infatti andato a
ritrovare il suo tutore degli anni trascorsi. Quasi nulla gli era sembrato
cambiato nell’uomo trentenne, quando i loro occhi si erano incrociati.
Nessun ragazzo dell’eta’ di Shinji, tranne Shinji stesso, avrebbe potuto
intravedere la sensazione di impotente immobilita’ che il suo maestro di
un tempo teneva strettissimamente ferma dentro se’, per non perdere il
senso di quella vita che passava rimanendo impassibile.
Il giovane Ikari aveva appreso da lui tanti insegnamenti che probabilmente
sarebbero stati di giovamento a chiunque, tranne che a Shinji stesso,
impelagato in un’esistenza invivibile, arruolato per una guerra inutile.
Eppure, in questo conflitto blasfemo contro gli esseri dai nomi celesti ,
il ragazzo aveva persino ucciso un proprio simile: un Angelo delle fattezze
umane..no…un uomo a tutti gli effetti.
Cos’e’ in fondo l’uomo? Cio’ che rende umani sono i sentimenti e i
pensieri per cui viviamo nel mondo.. o fuori dal mondo, quando esso ci
rifiuta, o noi lo rifuggiamo. Shinji aveva imparato che essere uomini non
significava avere il coraggio di affrontare o fuggire il destino: ma
piuttosto, avere la forza, in mezzo a tanto tremore,
di sentire il profumo dell’esistenza, fino in fondo. Ad ogni costo, anche
se il prezzo da pagare fosse stato la propria felicita’. Angelica. L’esistenza
angelica.
Shinji aveva imparato quanto fosse scomoda, e quanto essa somigliasse a
quella umana. Ciò che ci somiglia, non e’ anche uguale a noi,
profondamente?
Scomoda: un vocabolo riduttivo, riassuntivo, ma Shinji non trovava aggettivi
migliori per definire la vita quale gli appariva adesso.
Adesso che aveva scoperto i destini passati che segnavano il presente di
Ayanami e di Asuka; adesso che Misato-san aveva perso tutto dopo la
scomparsa di Ryouji; adesso che Nagisa era apparso e scomparso alla velocita’
di un tramonto, che sembra scusarsi per la sua brevita’ ricompensandoci
con la bellezza.
Cosi’ sono di nuovo qui..Questo ritorno mi ricorda che oramai qui e’ il
luogo dell’angoscia: e tuttavia e’ la mia casa.Mi son sentito un pesce
fuor d’acqua nei giorni che ho passato lontano da questo posto”. Un po’
sovrappensiero il giovane Ikari percorse , a passi rallentati dal bagaglio a
mano,
il marciapiedi verso il sottopassaggio della stazione.“Come pensavo.
Misato-san non poteva certo venire a prendermi. Lo so bene, eppure mi fa’
dispiacere.”
Shinji riconsidero’ come non si possa fare a meno di nutrire illusioni
inutili.
Quanti mesi erano passati dal suo primo tentativo di fuggire da Neo-Tokyo 3:
allora lei era corsa a salutarlo, pregando di trovarlo ancora li’,
e infinde dandogli il ben-tornato-a-casa.Negli istanti di silenzio in cui i
loro sguardi si erano incrociati, da una parte all’altra del binario, l’uno
aveva letto nel volto dell’altro la parola legame. Forse un legame piu’
consapevole e razionalizzato da Misato, che nutriva meno spontanea paura di
lui, e tuttavia malcelava quella forma adulta di paura che si chiama
insicurezza, della quale Shinchan era diventato il contravveleno.Shinji si
era pero’ presto o tardi reso conto di questo risvolto egoistico dell’affezionamento
di Misato verso di lui: qualcosa di difficile da smascherare, perche’ non
si mostrava nelle forme lampanti della possessivita’, e di spiacevole da
scoprire, perche’ la donna , d’altro canto, gli aveva datto effettive
dimostrazioni di caloroso Bene.
Ma ognuno porta appresso un’ombra. E l’innocenza diventa una colpa.
Quanto tempo era passato da quella seconda rinuncia al rango di pilota da
parte di Ikari. Quella volta il maggiore Katsuragi gli si era rivolto in
tono militaresco.
E, considerato tutto, lei aveva confessato i propri limiti: l’affetto
riversato sul ragazzo, era anche uno sfogo personale; con tutto cio’,l’altra
faccia della medaglia del loro rapporto, coperta quel giorno che il
medaglione si era rovesciato, era bene vero, d’oro zecchino. E di quell’affetto,
Shinji ne sentiva la mancanza, dentro di se’. Adesso che la donna si era
allontanata verso i luoghi piu’ difficili, quelli del dolore
inconsolabile.
He was aware he was still a child
“Il ritorno del Third Children e’ previsto per oggi”,
osservo’ Kozo Fuyutsuki, in piedi davanti alle finestre dai vetri
opacizzati della camera ovale che ospitava il Comando dell’Agenzia
Speciale Nerv.“Tornera’ sotto la tutela diretta del Maggiore Katsuragi.”,
rispose Gendo Ikari, semplicemente considerando quella notizia
come un dettaglio marginale. Il ruolo del pilota dell’unita’ 01 era
ricopribile benissimo da altrui, o da un pilota digitale. Quanto all’umanita’
di suo figlio,
egli pensava in altri termini al loro destino di famiglia. Questo non era
mai cambiato dalla morte di Yui: nonstante tutti gli sforzi, le velleita’,
le imprese e le fughe di Shinji, suo padre aveva continuato a considerarlo
come inetto alla missione dell’ avvenire prossimo..il cammino verso il
perfezionamento. Su quella strada, Gendo Ikari si sarebbe incamminato da
solo, perche’ unico uomo capace di prendere in mano il proprio destino: l’audacia
della volonta’ era la giustificazione? Eppure era stato Shinji Ikari a
risalire i rami dell’albero, al quale, nonostante ciò non si sentiva in
cima.
In quel momento il giovane Ikari si incamminava verso l’appartamento
dove risiedeva assieme alla donna che lo aveva in custodia.
Quando busso’ alla porta e gli venne aperto, ne’ un abbraccio ne’ un
largo sorriso lo accolsero, ma solo un imperfetto accenno di apertura della
bocca da parte della signorina Misato, una specie di sbadiglio perso nel
viso sommesso di lei.Lo scambio di tenerezza si ridusse a questo. Ed eccolo
a casa.
Dov’era finita quell’allegria-nonostante-tutto, che Misato aveva dipinto
sull’intonaco alle pareti di quel piccolo appartamento?
“Hai gia’ pranzato?”
“Non ho molta fame. Mi preparero’ qualcosa per cena.”
“…” Se fosse stato un altro tempo, il Maggiore avrebbe fatto qualche
osservazione del tipo: si sentiva la mancanza della tua cucina, Shinchan!
Ritsuko-san versava in una rassegnata angoscia, ormai priva persino di
rabbia, rinchiusa nelle carceri del Padiglione Est della base Nerv. Il
regime di massima sorveglianza sulla detenuta era stato revocato qualche
giorno fa dal Comandante. Lei, ridotta in quell’oscurita’ opprimente,
non aveva potuto ricevere visite per circa due mesi; una volta revocato il
divieto, il primo ad andarla a trovare era stato proprio Gendo.
Il suo carnefice, il suo amante, il suo che cosa?
Quel giorno, o forse era stato di notte- ormai non faceva piu’ differenza
per la sua coscienza, immersa nella perenne oscurita’ di quell’ambiente
tombale- la bellissima donna, vestita nella consueta mise da lavoro, eccetto
che per il lab-coat, fu presa da pacato sgomento nel vedere lui fare il suo
ingresso all’interno della cella,
mentre uno della sorveglianza che accompagnava il Comandante rimase fuori.
La porta venne lasciata semi-aperta.Ritsuko ritrasse le gambe e chino’ il
capo,stringendo le ginocchia a se’; senti’ la tensione aumentare, mentre
con la destra accarezzava il nylon delle calze color marrone scuro,
passandosi l’altra mano sui capelli, come a cercare nel contatto con la
propria figura la conferma di essere viva. Gendo si inoltro’ nella finta
quiete oscura della stanza di reclusione,
gravida dei pensieri di Ritsuko, presenza impalpabile come di nebbia. “Cosa
sei venuto a fare qui?”, chiese lei, proferendo quell’espressione con
disprezzo,
ma senza intendervi alcun segno di risentimento, covato in tanti giorni di
silenzi, e represso tuttavia in quell’istante.Ritusko Akagi non era
riuscita,
per quanti pensieri l’avessero assalita tartassando il suo antico Amore, a
raggiungere quell’indifferenza di fronte a lui, al cospetto del solo suo
pensiero,
che si era prefissa di ottenere da se stessa, come mura di difesa da erigere
attorno alla propria mente.Forse adesso era rimasto in lei il rancore, o
peggio,
un pizzico d’odio: quel parente stretto dell’amore, figlio di una
famiglia di sentimenti, inestirpabili dall’animo di Akagi.
“Semplicemente per accertarmi di persona del tuo stato generale. Mi sembri
tuttora reattiva.”
“A cosa ti servono le mie briciole di vita?”
“Potresti ancora essere utile Non c’e’ nessun altro motivo per cui sei
ancora in vita.”
“Non c’e’ mai stato un altro motivo, vero?”, chiese la dottoressa,
con una voce bassa e profonda.
Il comandante la scruto’, rimanendo in piedi davanti alla panchetta su cui
Ritsuko sedeva; le lenti opacizzate non tradivano nessuna esitazione,
mentre le palpebre si aprivano e richiudevano , quasi compulsivamente,
davanti agli occhi del Comandante.
“Non e’ cosi’. Sai che era diverso. Ma se vuoi torturarti riscrivendo
il passato, il tempo per farlo non ti manchera’, suppongo.”
“Bastardo…”
La cosa che piu’ le faceva male era continuare a provare risentimento:
quando invece le parole di un vile avrebbero dovuto scorrere sulla sua
fronte come acqua corrente. E invece erano le lacrime a scorrere sul viso
innocente, come di bambina.
*
Gendo Ikari stava in silenzio, osservando l’enorme sagoma del gigante
crocifisso, ospitato negli inferi del Terminal Dogma. Nessun rumore
disturbava la pace terrificante di quel luogo, accessibile solo a pochissimi
umani, e tuttavia ricettacolo del destino dell’Umanità intiera.
Ma all’improvviso dei passi a stento udibili sul camminatoio accanto alle
pozze di LCL, richiamarono l’attenzione di Ikari.Con sua grande sorpresa,
egli vide Rei avvicinarsi a lui, vesita della semplice uniforme scolastica.
Quando fu giunta a circa un metro dal Comandante, la ragazza si fermo’.
Nella mano destra Ayanami reggeva una siringa,
avendo evidentemente cura che l’ago fosse rivolto verso il basso, lontano
dal corpo.
Ikari notò quasi imediatamente quel particolare, e con voce forzosamente
calma le chiese:
”Rei, come mai sei venuta?”
“Per cercarla, Signor Comandante.”
“Mi hai seguito?” Sulle prime Gendo non ricevette risposta. Dopo alcuni
secondi, Ikari incalzò. “Hai seguito i miei spostamenti?”
La domanda era rivolta ad appurare come ella fosse riuscita a rintracciarlo,
in quell’aria ad accesso vietato. Vietato non a lei, a dire il vero.
“E’ così. Le chiedo scusa per averla seguita in segreto.”, rispose
Rei, abassando gli occhi.Ayanami era sempre stata un pilota obbediente, e
riluttante a trasgredire gli ordini dell’autorità. Meno che mai per lei
era facilmente concepibile compiere azioni a discapito e all’insaputa del
Comandante.
Ma l’ambivalenza dei sentimenti di lei verso di lui era ormai esplosa con
tutte le sue implicazioni
.“Non servono scuse. Piuttosto, perché volevi vedermi, Rei?”
“Devo farle una richiesta”, proferì la ragazza, scandendo le parole,
pronunciate con voce atona, per non tradire l’emozione del momento.
Immediatamente il pensiero di Gendo Ikari collegò la frase di Ayanami con l’insolito
oggetto che la ragazza teneva nella destra. Una relazione fra concetti che
lo impaurì, facendogli balenare in mente i possibili propositi di Rei.
“Perché hai scelto queste modalità e questo luogo per porgermi una
richiesta?”, la domanda indagatrice del Comandante si appuntò sul gesto
stesso più che sul contenuto della richiesta di Ayanami, perché ciò che
lo attanagliava era la repentinità e imprevedibilità dell’azione di Rei,
la quale stonava con la percezione di controllabilità trasmessa
puntualmente dai passati comportamenti della ragazza.
“Perché immagino che una via illecita come il ricatto sia l’unico modo
per ottenere ciò che desidero”, fu la fredda risposta della first.
Il braccio sinistro della giovane tremò leggermente, mentre l’altro
restava rigido, fino all’estremità dell’arto, che reggeva la siringa.
“Lodo il tuo essere esplicita. Del resto, sei abituata alla chiarezza.
Rispondi a queste due domande. Qual’e’ il tuo desiderio? Pensi di
ottenere da me qualcosa minacciandomi con un ago?”, il secondo dei due era
l’interrogativo a cui Gendo trepidava maggiormente fosse data risposta da
Ayanami.
In realtà, il Comandante sospettava già, con intuizione profonda, il
contenuto della minaccia: non era lui che Rei avrebbe punto, nel caso.
“Desidero che la dottoressa Akagi venga rilasciata senza condizioni, e
reintegrata nel suo ruolo in seno alla Nerv. Diversamente, pungerò me
stessa con l’ago della siringa che tengo in mano. All’interno di essa vi
e’ del curaro, che, iniettato in questa dose, mi darebbe la morte. Le
ricordo, qualora ce ne fosse bisogno, che, essendo stati distrutti i dummies
per la mia sostituzione, io non sono più fungibile.”
La prima reazione interiore di Gendo fu il senso di stare perdendo qualcosa
di irrinunciabile per la seconda volta.
L’immagine delle sue speranze minacciava di darsi la morte.
“Ciò che mi chiedi è impossibile. Non posso revocare un provvedimento
preso per motivi di sicurezza. La dottoressa Akagi è stata già
sufficientemente graziata.
Il suo gesto ha tradito la sua totale inaffidabilità. Inoltre, mi domando
come tu sia venuta a sapere della distruzione del Dummy System.”
Il Comandante tacque la sua raggelante paura di fronte al paventato suicidio
della ragazza, e concentrò le sue affermazioni sui motivi della sua ricusa
di fronte alla richiesta del first children. Le due figure si squadrarono,
nell’istante di silenzio che seguì. Erano in fondo simili, nel loro
ragionamento:
poco importava ad entrambi indagare i motivi delle azioni, delle parole:
cosa avesse spinto Ayanami a chiedere la libertà per la dottoressa Akagi,
era fuori del suo campo di ricerca.
Allo stesso modo, egli aveva mostrato questa sua attitudine a considerare
motivazioni e fatti come compartimenti stagni,
allorchè aveva seccamente replicato a Fuyutsuki, in occasione del repentino
utilizzo della lancia Longinus: “Ogni altro ulteriore significato è
irrilevante”.
L’indagine sul senso delle cose si arrestava all’appuramento delle
circostanze, per lui. Mosse e contro-mosse, così era il suo codice di
azione,
che si specchiava in quello di Rei Ayanami. Entrambi lasciavano intravedere
poco delle loro menti, e tanto meno dei loro cuori,
spinti da inclinazioni così forti da sfuggire alla possibilità di essere
comprese, tanto meno all’eventualità di essere comunicate.
“Non posso recedere dalla mia richiesta. Se non mi darà il suo assenso,
metterò in atto ciò che ho minacciato di fare.”
La ragazza sollevò il braccio destro al petto, e poggiò l’ago sulla
vena, all’altezza dell’avambraccio. Gendo aveva previsto che la ragazza
sarebbe stata irremovibile, tuttavia non potè trattenere la concitazione
delle sensazioni che lo assalirono.
“Rei, ti ordino di gettare la siringa in terra.”, fu il suo disperato,
rinunciatario tentativo di risolvere con le parole ciò che ormai era
diventato fatto compiuto.
Di fronte all’esitazione di Ikari, la ragazza allineò l’estremità dell’ago
colla vena mediale del suo braccio, poi fece pressione col pollice sullo
stantuffo, così che le prime gocce del liquido venefico vennero messe in
circolo; l’iniezione terminò poiché Gendo si avventò fulmineamente
sulla ragazza, trattenendo la mano ed estraendo l’ ago dal braccio di Rei,
che venne presa alla sprovvista dalla fulmineità del Comandante. Ikari
trattenne Ayanami dalle spalle, e la trascinò verso l’ascensore. La
risalita fu rapida, attraverso il Central Dogma e le Malebolge. La ragazza
era riuscita a iniettarsi un centilitro di curaro, il che provocò un
progressivo rilascio della rigidità delle membra, che divennero flaccide,
per azione del composto organico: la sensazione di flaccidità interessò
dapprima le estermità inferiori del suo corpo. In breve tempo si sarebbe
estesa agli organi coinvolti nella respirazione, provocando la morte per
paralisi respiratoria. Era una lotta contro il tempo. Gendo non disse una
parola, mentre poggiò le gambe della ragazza sul pavimento dell’ascensore,
trattenendola per la nuca, e cingendo la vita con l’altro braccio.
Rei teneva gli occhi aperti a stento, giacchè anch’essi erano stati
affetti dalla sensazione anestetica, mentre biascicava:
“Comandante Ikari…non è necessario…che lei…”Gendo non le rispose,
ma la guardò. Aveva dismesso le lenti, lanciandole per terra.
Nei suoi occhi non si poteva leggere nulla: neanche in quel momento, la sua
anima tradiva il senso di colpa nascosto nel suo cuore.
Stranamente, egli ebbe la sensazione di stare sorreggendo suo figlio Shinji.
La respirazione di Rei era lenta e regolare; mentre la
ragazza inalava ossigeno puro dalla macchina, la machserina asettica le
aderiva alle guance,
venendo appannata dal calore del respiro. Il tubo con le sacche per il
nutrimento endo-vena, e il catetere per il drenaggio dei liquidi
trasmettevano
un senso di impacciata necessità. Ayanami dipendeva da quell’ “armamentario”
clinico per la propria sopravvivenza. Il primario del reparto di terapia
intensiva dell’ospedale interno della Nerv, osservando la paziente, si
domandava scuotendo il capo se la giovane donna avrebbe assecondato gli
sforzi fatti per tenerla in vita.
In fondo, da quanto gli era stato dato conoscere, si trattava di un tentato
suicidio. Qualora il medico avesse saputo quale fosse il motivo per cui il
first children aveva cercato di darsi la morte, sarebbe stato meno scettico
sui buoni propositi dell’incosciente Ayanami riguardo alla propria
sopravvivenza. A quel punto, Rei avrebbe probabilmente desiderato vivere, se
avesse potuto scegliere.Alla ragazza erano sicuramente indifferenti vita e
morte,
nel momento in cui aveva minacciato Gendo, nel senso che ella non desiderava
morire piu’ di quanto desiderasse vivere.
Il suicidio era semplicemente uno strumento, non il fine della sua azione.
Perciò, adesso, sdraiata nel letto, sulla linea di confine tra permanenza e
abbandono,
c’era da credere che stesse lottando per rimanere, visto che le erano
estranei i desideri di morte di coloro che odiano la vita.
A lei l’esistenza era semplicemente indifferente, ma non le mancava l’istinto
di sopravvivenza, a cui era contravvenuta per un motivo piu’ alto.
Il dottor Kobayashi attendeva speranzoso da una settimana che Rei uscisse
dal coma vigile e riprendesse la piena funzionalità vitale.
Momentaneamente, egli appoggiò la cartella col quadro clinico di Ayanami
sulla propria spalla sinistra, assumendo una posa buffa,
quasi fosse stato un ragazzo delle superiori e quella una cartella per
libri. Gendo Ikari non aveva autorizzato nessuno ad accedere alla stanza
dove era ricoverato
il first children , all’ infuori del personale medico, ovviamente. Il
Comandante aveva concitamente seguito i primi momenti del trattamento d’urgenza
che Rei aveva subito in sala rianimazione, quel terribile giorno di una
settimana prima. I barellieri l’avevano ricevuta dalle sue mani, e deposta
delicatamente sulla lettiga. Il colore bianco delle lenzuola trovava
riscontro nel pallore cadaverico della ragazza. Gli occhi e i passi di Gendo
seguirono il corpo disteso muoversi
verso le porte della sala operatoria di emergenza, che si spalancarono
automaticamente al passaggio del lettino a ruote, per poi richiudersi.
Nelle ore successive Gendo era rimasto ad attendere la sua uscita con ansia
paterna, intrecciando tra loro le dita delle mani immancabilmente guantate,
e forse pregando Yui perche’ la ragazza non morisse.
Per il momento sembrò che le sue preghiere venissero esaudite, come
testimoniò la sua muta soddisfazione di fronte alle parole del dottor
Kobayashi,
appena terminato il delicato intervento di rianimazione della giovane donna
agonizzante sotto gli effetti devastanti del siero.
“Il pericolo di morte immediata per l’iniezione della sostanza tossica
è stato fugato grazie alla tempestiva somministrazione dell’antidoto”.
Questa comunicazione venne fatta dal primario al comandante, a quattr’occhi,
in uno studiolo di rappresentanza del reparto. Nessun comunicato stampa
sulla vicenda del ricovero e sulla situazione clinica del first children
venne fatto trapelare, per ordine tassativo di Ikari.
“La prognosi?”, chiese Gendo, stando all’inpiedi dinanzi al giovane
medico, messosi a sedere sull’unica sedia girevole, anzi unico posto a
sedere,
della piccola stanza, dopo avere appurato che il comandante non desiderava
evidentemente mettersi comodo.
“Riservata. La paralisi degli organi respiratori è stata impedita, ma
permangono seri dubbi a che la paziente recuperi la piena funzionalita’
dell’apparato. …Non possiamo escludere l’eventualita’ di danni
permanenti al sistema nervoso, qualora la regolarita’delle funzioni
polmonari non dovesse ristabilirsi in tempi relativamente brevi”, terminò
il resoconto Kobayashi.
Il che soddisfece comunque l’inquieto comandante. L’esito dell’intervento
salva-vita non era stato infausto.
”E’ stato anche grazie alla tempestività della nostra azione. Qualora
il siero fosse entrato in circolo da più di venti minuti, non ci sarebbe
stato molto da fare ..
”Era stato anche merito di Gendo. Ma questo proprio non poteva inorgoglire
Ikari, che provava, diversamente, un gravame di colpa, solo parzialmente
sollevato
da quella buona notizia. Il coinvolgimento emotivo che Ikari sentiva, veniva
dissumulato a stento. E ciò urtava non superficialmente la persona del
Comandante.
A nessun uomo un medico si sarebbe sentito di imputare come eccessiva la
trepidazione per una persona cara. Era nella natura umana. Ma Gendo non
voleva dare minimamente mostra agli altri di questi suoi aspetti emotivi.
Forse per eccessiva ritrosia, che arrivava allo sfrontato cinismo ostentato
dal suo carattere.
A distanza di una settimana da quel giorno, Ikari si
ritrovava col viso affiso al vetro divisorio tra il corridoio del reparto di
terapia intensiva e la stanza di Rei
. Con gli occhi chini su di lei, il Comandante pensava a cose dimenticate
per lungo tempo. La paura di mostrare il proprio dolore, o, cosa ancora piu’
semplicemente difficile, la propria gioia, era un timore innaturale; per il
semplice fatto che le verita’ piu’ profonde non possono tradursi in
nessuna espressione verbale,
né in lacrime o sorrisi. Esse tutt’al più si nascondono in un puntino di
sale affogato nella corrente che a volte inonda, invincibilmente, il viso:
come le emozioni di Ayanami che stringeva forte le lenti del Comandante
Ikari, fino a farle crepitare sotto le proprie mani, il giorno che la terza
ritrovò con dolore nel suo corpo parte dei ricordi nascosti nell’anima .
O dissimulano la fragilità in un accenno di riso, dagli angoli della bocca:
come lo splendore di Ayanami che sorrideva a Gendo, e solamente a lui, mesi
addietro. Nonostante egli potesse accedere liberamente alla camera, non lo
faceva. Stava come in religioso contegno, di fronte alla parete di vetro, ad
osservarla,
mentre il ventre di lei saliva e scendeva ritmicamente sollevando le
lenzuola.
“Ikari…”, da dietro le spalle il vice-Comandante Fuyutsuki lo
richiamò.
Malinconicamente, era rimasto per qualche istante a guardare il suo viso di
profilo.Gendo si voltò senza rispondere.
“Mi permetti di dirti..ti leggo negli occhi lo stesso senso di colpa
disperato che provasti quando Yui ci lasciò.”
“Fuyutsuki. Come vedi…”, Gendo prese una pausa prima di continuare.
“ pare sia mio destino vedermi sottratte le persone più importanti, che
si sacrificano per motivi legati in qualche modo al mio operato. Gli Eva e
il Dummy System sono progetti eseguiti da altri, ma sotto la mia direzione.
Rei e Yui sono state protagoniste di queste realizzazioni, ma mi hanno fatto
vedere ognuna di queste cose sotto occhi diversi. Non avevo intenzione di
farne strumenti, eppure ciò che era fine è diventato mezzo.”
“Yui è infatti diventato il mezzo stesso attraverso cui
tu vorresti ritornare a lei.”, commentò l’anziano professore. “Ma con
Rei, come vorresti giustificarti? Non era l’immagine della tua speranza? E’
come un preludio a un’ulteriore fallimento, nella tua previsione?”
“Non e’ questo l’oggetto del mio rammarico. E inoltre, reputo adesso
inessenziali molte cose. Le priorità cambiano in base alle circostanze. Ma
non le cose che, originariamente, erano la nostra destinazione.”, rispose
sibillinamente l’altro.
“Cio’ vuol dire che perdonerai alla dottoressa Akagi di avere distrutto
il Dummy System? In fondo, se esso fosse ancora in piedi ,
non ci sarebbe un’altra Rei a sostituire la moritura?”, incalzò il
Vice-Comandante, con piglio curioso, specchiando il proprio viso allo spesso
vetro.
“Non considererei più l’ipotesi di avere un’altra Rei come possibile.
Il concetto di “numerosità” non si addice a una singola persona. E’
stata solo l’ultima Rei ad essere la prima, dopo che le riserve sono state
eliminate.” Ikari prese posto su una panchina appoggiata all’altra
parete, curvandosi e sentendo una fitta ai fianchi.
Primi sintomi di un affaticamento da insonnia che colpiva al fine anche il
più instancabile degli stakanovisti.
“Non ci eravamo forsi accorti che, ogni volta, Rei moriva
effettivamente?Sono state entrambi delle morti vere. Un supplizio oltre ogni
umana comprensione, perire più di una volta. Anima e corpo, uguali, ma
divisi, possono soffrire per più vite. Abbiamo moltiplicato il dolore.”,
asserì mestamente Kozo Fuyutsuki.
“La morte è apparsa ineluttabile solo adesso..”
“Eppure non è la prima volta che quella ragazza tenta di darsi la fine
volontariamente. L’ha già fatto la seconda. E sempre a causa di un Ikari.”
“Bisogna sperare che non accada questa volta la medesima cosa.”
“Che il first children perisca? …Finora credevi di potere giocare con la
morte?”.L’anziano vice-comandante prese posto accanto al suo superiore.
Percepì, guardando verso di lui, che la profondità di Ikari era
insondabile: fosse quella di uno stagno o di un oceano.
“No…” La quiete regnò sul corridoio, ammutolito dalla negazione
proferita da Gendo. In lontananza, il silenzio fu rotto dalla risata di
qualcuno, probabilmente del personale para-medico, che allontanava così l’angoscia
del turno di notte. Erano le 11:45 PM “io continuo a credere di potere
sconfiggere la morte di chi mi sta accanto attraverso il mio operato.”,
terminò Gendo, guardando davanti a sé la parete in color ghiaccio.
“Forse solo tuo figlio può. Solo tuo figlio può suscitare l’anima che
resiste alla morte e ri-anima i corpi. …” Fuyutsuki portò la mano
destra sotto il mento,
accarezzandolo. “Non siamo altro che barriere spirituali, campi di terrore
assoluto, che un’anima può scegliere di elevare, per meglio spalancare le
porte del paradiso all’immagine della speranza..”
“..io ho visto coi miei occhi l’immagine della speranza.”, commentò
con tono pacato il comandante. Fuyutsuki ebbe quasi l’istinto di poggiare
una mano sulla spalla di Ikari, come se fossero stati due vecchi amici che
si consolano a vicenda del tempo che passa, seduti al tavolo di un bar.
“ E’ perché più alto è il muro del tuo cuore, di chiunque abbia
conosciuto. Ma non tanto quanto quello di Ayanami.. o di Shinji..”
Il giovane Ikari non aveva più una scuola da frequentare
dopo la distruzione di Neo-Tokyo 3. Il governo nazionale era stato dissuaso
dal mettere mano alla
ricostruzione della città-fortezza, per la volontà contraria della Seele.
Neo-Tokyo 3 era, dal punto di vista della Commissione, uno spreco di
risorse, e un concentrato di umanità da allontanare. Presto, in quei
paraggi, Qualcuno avrebbe infatti innescato la miccia che avrebbe fatto
saltare in aria il coperchio del vaso di Pandora:
e ciò non senza spargimento di sangue, cosa che rendeva inopportuna la
presenza di tanti testimoni quanti gli abitanti di una città.
Il cielo sopra di essa avrebbe ospitato il Compimento degli auspici della
Seele, quando il tempo sarebbe arrivato.
“Il tempo sara’ quel momento.”, aveva annunciato Kheele Lorentz.
Il tempo sembrava passare inutile, giorni e notti, per Shinji. Il ragazzo si
era ormai rassegnato a viverli sotto il soffitto sconosciuto di Misato.
La sua presenza alla Base era richiesta sempre più raramente, ed egli
poteva spendere tranquillamente le giornate come faceva prima di trasferirsi
alla corte di suo padre: tale era ai suoi occhi tutto l’apparato della
Nerv, le strutture di appoggio, persino gli edifici e le attività dei
civili, ogni cosa e ogni persona, sudditi di suo padre.
Ma non era stato Gendo a chiedergli di uccidere Nagisa. Allora Shinji si era
trovato di fronte a un altro Angelo, un essere a metà fra l’uomo e Dio.
Di fronte alla propria decisione. L’ Umanità urlava dentro il cuore di
Shinchan, per farlo desistere dall’eseguire la condanna di Kaworu. La
Divinità dei viventi, quella che suo padre voleva emulare, gli diede invece
la vigliacca forza di stritolare quelle membra e mozzare il capo del ragazzo
dai capelli d’argento. L’unico che gli avesse detto: “ Ti voglio bene.”Mai
Shinji aveva udito quella benedetta parola, né dalla signorina Misato, né
da Asuka, né tanto meno da suo padre.E lui aveva ucciso quell’unica
persona.
“Lasciamo che lo 01 sia l’esecutore..”
Era questo il prezzo da pagare? Ma per cosa? Lì, di fronte al lago
formatosi in seguito all’esplosione dello 00, Shinji andava a pensare,
ricordando il primo incontro con Kaoru
.*Mio padre è disposto a pagare qualsiasi prezzo, pur di ottenere ciò che
cerca. Mi sono estranei i suoi fini..tuttavia è come se presentissi che in
essi si cela una tale mostruosità da non potere essere mostrata* Chissà
cosa avrebbe pensato Shinji, se avesse saputo che il frutto più
impresentabile dell’opera di suo padre era celato
adesso sotto i suoi bianchi guanti.
“ Adam. La cui anima si trova unicamente in te. Il cui corpo, ricostituito
dall’embrione recuperato di esso, si trova impiantato nel corpo di Ikari.
“
Era stato questo fatto a far pensare a Kaworu, di essere uguale al padre di
Shinji.
Le ore passavano monotone e stanche, sotto il soffitto
dell’appartamento di Katsuragi. Il ventilatore a muro girava lentamente in
camera del Maggiore.
*Shinchan..sono giorni che passa le giornate tappato in camera sua…quel
ragazzo sta sperimentando di nuovo la solitudine..d’altronde è ovvio..i
suoi amici sono tutti dovuti andare via, e le persone a cui era legato
affettivamente sono andate forse per sempre..* Il pensiero di Misato andava
certamente a Soryu, ad Ayanami, a Touji, a Kensuke, allo stesso Kaworu, l’unico
children che ella non aveva potuto conoscere: queste erano le persone che
avevano reso viva l’esistenza di Shinji, con il calore
dello scambio reciproco. Adesso era rimasta solo lei con lui. E, nel momento
in cui la giovane donna aveva tentato di oltrepassare le barriere,
offrendogli il contatto fisico col proprio corpo, Shinji ne era rifuggito
con astio. Non era un abbraccio, o un amplesso, quello che il cuore di Ikari
cercava.
Egli voleva indietro la delicatezza di Kaworu. La dolce spontaneità di
Touji. Le urla di Soryu. I silenzi di Ayanami. Tutta la fragilità delle
donne e degli uomini, le loro maschere ritrose, dietro le quali era
possibile guardarsi, e, timidamente, incrociarsi, senza la violenza di chi
vuole andare a fondo di tutto.
Senza la violenza indifferente di suo padre.
*Trovare ogni cosa inutile..forse è un anestetico contro il dolore che
sento adesso. Io ho assassinato un ragazzo; mi sento schiacciato contro il
pavimento, come se un sasso mastodontico fosse deposto sul mio ventre da
ogni risveglio, dopo gli incubi della notte* “Era bello anche in quel
modo. Anche se non succedeva niente di particolare.” *A chi potrei parlare
del mio dolore? Asuka..solo pensarla mi provoca una pena immensa. Non voglio
andare a trovarla.
Per lei, essere in queste condizioni, ed apparire agli altri indifesa e
sconfitta, dev’essere la peggiore delle umiliazioni.La mia compassione gli
sembrerebbe solo un’offesa crudele. E certo non potrei parlarle di me.*Shinji
ignorava che Asuka non poteva neppure più avere coscienza dell’orgoglio.
*Ayanami..Nei giorni passati avevo paura di cercarla.Ho timore di lei,
tuttora. Ma, anche se incontrarla dovesse condurmi a scoprire nuove orrende
verità ,
su mio padre, su mia madre..non posso continuare a fare domande alla mia
anima, stampata su questo soffitto*
Mentre egli era immerso in quei pensieri, la sigorina Misato bussò alla
porta.“E’ permesso, Shinchan?”, chiese da fuori.
“Si..”
Ella, aperta lateralmente la porta scorrevole, fece capolino nell’aria
della stanza. “…Ehi..che ne diresti di fare una passeggiata con me..fare
quattro passi
la mattina presto non è male, sai?”Il ragazzo si piegò sul fianco, su
cui era disteso, in posizione fetale, in direzione della voce della donna.
Sfregò le dita sugli occhi , appesantiti dall’oscurità e feriti dall’ingresso
della luce, entrata attraverso lo spiraglio della porta.“Si….mi cambio e
sono pronto..”, rispose infine.
“Bene..”, replicò lei, mentre un mezzo sorriso rallegrava la penombra
della soglia.Dalla finestra , col telaio di assi incrociate,
un barbaglio prodotto dal riflesso del sole, nel mattino livido di Neo-Tokyo
3.
*
Rimanevano poche strade di quella che era stata la città. Misato portò
Shinji in automobile sulla panoramica, che dava sul pianoro dove un tempo
sorgevano gli edifici: adesso esso ospitava una stagnante pozza d’acqua.
Scesero dalla vettura e cominciarono a camminare lungo la linea del
guard-rail.
“Signorina Misato”, esordì Shinchan. “E’ da molti giorni che non
vedo Ayanami, alla base.”
“Neanche io ho notizie di lei..Non so davvero perché Rei non si sia
presentata alla riunione della sezione operativa di venerdì. E’ da tre
giorni che domando di lei ai superiori, ma la loro risposta è stata: “non
sono informazioni di sua competenza, Maggiore.”, spiego’ Katsuragi,
guardando la punta dei suoi stivaletti che lentamente passavano sull’asfalto.
“Questi superiori a cui si riferisce..si tratta di mio padre?”, domandò
Shinji, cacciando un respiro profondo.
“No..il comandante non è reperibile in questi giorni”, rispose ancora
Misato, continuando a camminare assieme al ragazzo.
“Mi scusi..ma mio padre e’ fuori città?”
“Non lo so davvero. Anzi, ci sono altre assenze su cui mi preme indagare.
Ritsuko non viene al lavoro da due settimane, ormai.
Anche su questo non ho potuto sindacare, e la veemenza con cui ho inveito
contro il comandante non è servita a smuovere la sua reticenza.”,
aggiunse sconsolotamante la donna, dando un calcio a un sasso che le capitò
fra i piedi, poi passandosi la mano sui capelli blu porpora.
“Signorina Misato, non aveva detto che mio padre si trova fuori città?”,
domandò Shinji, avvicinandosi al Maggiore, da cui si era tenuto leggermente
discosto fino a quel punto del cammino.
“Il colloquio col Comandante di cui ti ho detto risale a circa dieci
giorni fa.”, spiegò la donna.
“Lei..lei non ha intenzione di scoprire dove siano finiti, signorina
Misato?..intendo entrambi..Ayanami e la signorina Ritsuko..” chiese
nervosamente il ragazzo, fermandosi sui propri passi.
Misato-san si fermò a sua volta, e voltandosi verso di lui rispose: “Certo,
Shinji.”
La notte di quel giorno.Misato si alzò dal letto per
andare a prendersi una lattina di birra. Sedette sul tavolo, e stette al
buio in silenzio a sorseggiarla.
*Cercare gli scomparsi... Solo di una persona ho la certezza che non la
potrò ma rinvenire.* La donna si alzò da tavola, per andare a lavarsi le
mani nel lavello, cosa che fce velocemente, asciguandosi poi con una
tovaglietta appesa a un supportino appiccicato alle piastrelle accanto allo
scolapiatti.
Poi tornò a letto, non riuscendo però a prendere più sonno.
Due giorni dopo, l’ Alpine Renault di Katsuragi stava lentamente
discendendo verso le installazioni militari del Geo-Front,
alloggiata su uno dei “gradini” del conveyor. Sul parabrezza della
vettura si riflettevano a intervalli periodici le luci azzurrognole che
accompagnavano la discesa agli inferi, facendo capolino dalle pareti lungo
cui scorreva il gigangesco trasportatore. Sullo specchietto retrovisore, il
viso di Katsuragi, distesa sul sedile leggermente reclinato, le mani dietro
la nuca, in apparente relax, mentre apprendeva con un mezzo sorriso dall’operatore
Hyouga una notizia molto importante.
“Ho scoperto dove si trova la dottoressa Akagi.”
Makoto aveva bisbigliata l’informazione alla donna, perché si sa che
anche i muri hanno orecchi. Addirittura gli stessi muri della Base recavano
l’avviso:
“SICUREZZA INNANZITUTTO”.Con molta fantasia, che non mancava agli
abitatori del Geo-Front, lo si poteva intendere come un’allusione a
pensare alla propria di sicurezza…Il che non comprendeva certo come buona
norma il diffondere informazioni riservate sul lupo, nella tana stessa del
lupo,
dove questi avrebbe potuto origliare con facilità.Si aggiunga il fatto che
sussurrare qualcosa nell’orecchio alla donna che amava, era per Hyouga un’occasione
imperdibile, velata com’era di un pizzico di sensualità. Tornando al
lupo, a dire il vero esso aveva mille sensi.Le possibilità di controllo
della Nerv erano seconde solo alle capacità di occultamento. Persino quelli
della Seele ignoravano il sancta sanctorum delle macchinazioni di Ikari, pur
avendo Lorentz sparpaglito segugi umani e tecnici un po’ dappertutto, che
arrivavano persino a sbirciare tra le composizioni dei compagni di classe
dei children, e a intercettare le conversazioni telefoniche,
su linea fissa e satellitare, tra gli abitanti di Neo-Tokyo 3. Ma la NERV
aveva l’enorme vantaggio di essere in prima linea sul campo: ciò che
avveniva ai piloti,
ciò che ne era dell’animo e del corpo di essi, prima di tutto della
first, tutto questo rimaneva segreto persino per Kheele. Invece gli uomini
cresciuti in seno
all’ Agenzia Speciale, sapevano come intrufolarsi persino nel più
inaccessibile mistero. Il Maggiore Katsuragi sembrava esercitare un’attrazione
magnetica verso le persone con capacità spionistiche. Ryouji, senza dubbio,
ma anche Makoto, che “aveva fatto il ladro per lei”, secondo le parole
dello stesso Maggiore. *
Non c’e’ che dire*, pensò la donna, sorridendo leggermente. *Incito gli
uomini a dare il meglio di sé...se fossi riuscita a infondere un po’ di
motivazione anche in Shinchan..* Pensieri un po’ leziosi, mentre il
convogliatore li condusse finalmente a destinazione, e idue si avviarono al
loro doppio lavoro di dipendenti della Nerv, e indagatori dei misteri celati
in essa.Questa volta la loro ricerca aveva come fine la salvezza di due
persone, che quella Base sembrava avere inghiottito.
Nonostante la sfiducia della signorina Misato, e la morte
che regnava nel suo cuore, Shinji Ikari non era un semplice sopravvissuto.
Tutt’altro: una sfrontata volontà di sapere si era impossessata di lui,
proprio perché ormai nessuna ulteriore terribile verità avrebbe potuto
rendere più amaro da bere di quanto non fosse il calice di ogni giorno.
Così la sua determinazione lo condusse dritto nella sala del Comando.
“Tuo padre è impegnato altrove, tuttavia si trova attualmente all’interno
del Geo-Front. Non credo sia possibile per te parlargli, perché ha dato
espresso ordine di non lasciare che gli venga introdotto alcuno in presenza.”
Il vice-comandante Fuyutsuki rispose così alle richieste del figlio di
Ikari,stando in piedi con le mani raccolte dietro la schiena, mentre
osservava la serie di ramificazioni dell’albero delle Sephirà, con lo
sguardo di chi stesse seguendo un qualche intreccio, per un’illuminazione
del momento, che fendesse l’ intrico dei collegamenti tra le conquiste
dello Spirito. Quando si voltò a guardare il ragazzo, il suo cipiglio e le
rughe che solcavano il viso, espressero appieno la tristezza del vecchio. In
fondo, egli compativa profondamente il third children.
“Non è possibile per me parlargli telefonicamente?La prego, è importante…”,
chiese Shinji, ricordandosi di avere di fronte a sé un superiore diverso da
suo padre, nonostante la sala del Comando gli parlasse insistentemente di
lui, cioè di un interlocutore sulla cui empatia umana non si poteva in
nessun caso contare.
“Per quale necessità vorresti avere un colloquio col Comandante, Shinji?”
“Perché vorrei chiedergli di Ayanami”, rispose francamente il ragazzo.
“E mio padre è l’unico capace di rispondermi, per quanto io ne sappia..”,
continuò, chiudendo e riaprendo i pugni, in agitazione, mentre si
avvicinava al nocciolo della questione, nei termini del suo discorso col
professor Fuyutsuki.
“…” Il vecchio uomo non fu sorpreso dall’uscita del ragazzo. Avrebbe
voluto anche accontentarlo senz’altro, tuttavia non si voleva assumere il
peso di fargli una comunicazione che Gendo aveva classificata come privata,
e che lui stesso riteneva tale, profondamente tale.L’ ”affare” occorso
tra Rei e Gendo, nonostante fosse stato occasionato da qualcosa di legato
alle attività della Nerv, era una questione che riguardava il privato del
Comandante, agli occhi del suo vice.Giacchè la disobbedienza del first
children, il diniego di Ikari e la successiva azione suicida della ragazza,
che l’aveva portata in stato d’agonia, arrecando un tormento enorme a
Gendo stesso, facevano parte della storia di loro due. Non si trattava di
insubordinazione, di reato militare, e fose neppure del destino dell’umanità.
Ma della vita di quel singolo uomo e di quella singola ragazza.
*E’ stata in fondo una doppia beffa del destino ambiguo.Vita e morte si
sono incrociate ripetutamente sotto gli occhi di Gendo.
Rei ha inteso col suo gesto liberare Ritchan da ogni senso di colpa nei suoi
confronti: è stata pronta a sacrificarsi per la persona che l’ha liberata
dall’immortalità, facendole dono, con questo, della possibilità di una
singola vita. In virtù di questo dono, lei era pronto a morire. Così è
quando si dice: chi ama la propria vita la perderà, ma chi la abbandona ,
la guadagnerà per sempre. In fondo, un’esistenza mortale, proprio per la
possibilità della morte, diventa eterna, quando si è pronti a
sacrificarla.Che smacco per Ikari…. Un crollo alle fondamenta della sua
anima: scoprire che l’immortalità da lui agognata, e ricercata tramite la
duplicazione e il Perfezionamento dell’ Uomo, è raggiungibile per la via
opposta, in un solo istante, nell’attimo di maggiore debolezza, di fronte
all morte,
a un passo dall’ago capace di iniettare il liquido del passaggio verso una
nuova forma di esistenza.
Fuyutsuki rimase assorto per lungo tempo. Aveva iniziato a
pensare a quegli avvenimenti come a un affare di famiglia fra Gendo, Shinji
ed Ayanami.
E aveva rimesso il giovane Ikari al giudizio di suo padre, sull’oppurtinità
di farlo partecipe del dramma di Rei. Quella ragazza, in fondo, aveva solo
quei due uomini, come unico legame affettivo col mondo. Era giusto che
Shinji ne fosse messo a parte. Ma Gendo Ikari aveva autorità su ogni cosa
che concernesse la Nerv.
Così il figlio si trovò a dovere chiedere udienza, parlando alla linea
rossa col Comandante, dall’apparecchio che Fuyutsuki aveva appena estratto
dal tiretto
della grande scrivania, consegnandolo a Shinji dopo avere aperto la
conversazione, pigiando un singolo tasto. Gendo rispose, trovandosi in quel
momento in isolato acquartieramento, nell’ala Est della Piramide del
Geo-Front, in una piccola stanza, al buio. Non si aspettava certo di sentire
la voce del figlio al telefono.
“Come hai avuto accesso a questa linea?”, tuonò il Comandante.
“Non importa. Voglio parlare con te. Di Ayanami”, chiese Shinji, con
voce spezzata e convulsa, eppure decisa nelle affermazioni.
“Non rientra nelle tue prerogative chiedermi alcunchè. Stato e locazione
attuale della first children non sono cose di tuo interesse.”, rispose
freddamente il padre.
“ E INVECE LO SONO!”, Shinji raccolse tutto il coraggio della sua
disperazione. Fu come se sentisse il peso delle battaglie, delle morti, dei
distacchi, comprimere il suo stomaco e forzare un urlo a uscire: “VOGLIO
VEDERLA!! DOVE LA TIENI, PADRE?? E’ ANCORA PER QUALCHE MALEDETTO
ESPERIMENTO CHE LA TIENI RECLUSA CHISSA’ DOVE??”
Gendo si compiacque dell’ira del figlio, piuttosto che esserne sorpreso.
Era la naturale reazione del leone che ammira l’istinto di caccia del
proprio cucciolo
“E sia. ..la potrai vedere. Fa in modo di trovarti all’ingresso dell’
Ospedale della Base tra venti minuti”.
Quasi sorpreso dalla remissività improvvisa del padre, Shinji si appuntò
sulle parole rivoltegli. “Ospedale..? E’ ricoverata?”, chiese
spaventato il ragazzo.
“Non avrai ulteriori spiegazioni.Ti ho già dato disposizioni , per venire
incontro alla tua richiesta. Ma non credere che lo faccia per assecondarti.
Semplicemente, negartelo sarebbe futile.”
“Non mi importa perché tu acconsenta! E’ quanto basta”. Gendo
riattaccò e Shinji consegnò il ricevitore a Fuyutsuki, guardandolo con un
velo di adulta soddisfazione. Kozo era quasi stupefatto, e un sorriso
altrettanto lieve, appena accennato agli angoli della bocca, tradì la sua
sincera contentezza. Adesso Rei avrebbe avuto accanto anche l’altro Ikari
della sua vita; forse non avrebbe potuto percepirne la presenza, ma l’avrebbe
visto con gli occhi della mente.
Ayanami lo stava già vedendo, avvicinarsi ansiosamente dove lei si trovava.
Shinji infatti era uscito dalla sala , senza avere né coraggio né voglia
di chiedere
a Fuyutsuki se il first children stesse male, e se fosse ricoverata davvero
in ospedale.Tra poco l’avrebbe appurato da sé.
No love for myselfAnd no love for another.
Searching to find a love up on a higher level
Finding nothing but questions and devils (1)
Shinji Ikari stava immobile di fronte all’ingresso dell’Ospedale
interno della Base, mentre il suo sguardo saliva inquietamente la gradinata
di accesso ai reparti.
Dopo che ebbe atteso per circa due minuti, finalmente due agenti della
sezione Sicurezza si fecero incontro a lui, giungendo dall’interno della
struttura. Trafelati, gli uomini gli si fecero a lato. “Ci segua.”,
ordinarono semplicemente. Il ragazzo non rispose. Mentre lentamente Shinji
intraprese il percorso , che lo portò su per le scale,
e i vari piani dell’ Ospedale, il suo capo tentennava, la sua andatura e
il suo piglio apparivano quelli di un sonnambulo, o di qualcuno che e’
condotto in qualche
dove al gioco della “mosca cieca”.Le figure che i tre incrociarono nel
loro cammino lungo gli androni del nosocomio, erano come ombre di anime
trapassate, per la coscienza di Shinji, e i suoi due conduttori gli
sembravano più che mai inquietanti aguzzini, brutti come due orchi che
avessero rapito un bambino. Ed effettivamente, brutti, quei due, lo erano^^;
Dietro le loro lenti scure, non traspariva niente di umano. La vividezza
degli occhi del ragazzo era invece schermata da un velo di angoscia. Senza
che Shinji avesse il tempo di pensare a niente, arrivarono al reparto di
Terapia Intensiva. I due agenti di sicurezza fecero cenno
al ragazzo di imboccare il corridoio centrale, e si congedarono da lui senza
proferire parola.Il giovane Ikari si inoltrò, dopo un pizzico di
esitazione,
verso l’interno del reparto. Non si attentò a chiedere niente a due
medici che lo incrociarono. Ormai aveva intuito, e una specie di istinto lo
stava guidando
verso qualcosa che gli faceva già tremare le ginocchia, senza che ancora l’avesse
potuta vedere coi suoi occhi.
Ma, non appena giunse a fianco della parete di vetro che dava sulla stanza
di Ayanami, il suo sguardo, lanciando un’occhiata attraverso la parete
trasparente, si pietrificò. Gli si mostrò l’immagine della ragazza, a
tutte le apparenze, in gravi condizioni. Shinji poggiò le dita contro il
vetro, mentre le gambe premevano
contro il muro: il battito cardiaco del ragazzo aumentò, ed egli si sentì
pulsare le tempie. Rimase a fissarla per circa cinque minuti. Poi si arrese
all’angoscia, e si lasciò sedere sulla panchina dove, la notte prima,
avevano seduto Fuyutsuki e suo padre.
Mentre la testa cominciò a girargli, Shinji cominciò a desiderare che
passasse presto di lì qualcuno del personale medico, per domandare di
Ayanami, per sapere di più sul suo stato di salute.E non dovette aspettare
molto. Perché , proprio il dottor Kobayashi passò davanti a Shinji, e, con
sorpresa del ragazzo, si sedette accanto a lui. Pochi istanti prima, il
primario aveva ricevuto comunicazioni dal Comandante Ikari. “Sei Shinji
Ikari?”, chiese Kobayashi.
“Si..”, rispose lui, ancora un po’ stupito e a disagio. “Tuo padre
mi ha preannunciato la tua visita. Immagino tu sia qui per sapere del first
children.”,
disse l’uomo, con tono alquanto pacato, cosa che non rassicurò per niente
Shinji. Il dottore, un uomo sulla quarantina, dai capelli rossicci, con un
pizzetto molto curato,
e dei radi baffi, indossava il classico camice bianco, e sotto di esso una
blusa del medesimo colore.
“Mio padre…..sì..è così…Come mai Rei si trova in questo stato? E
come sta?”, domandò Shinji , raccogliendo quanto più coraggio possibile
prima di emettere la voce.
“Rei si trova in stato di coma vigile. Ha avuto una crisi respiratoria, in
seguito a un’iniezione di sostanza velenosa, più precisamente curaro.”
“Curaro? Chi e’ stato a farlo?”, chiese il ragazzo, piegandosi in
avanti, mentre portava la mano destra sul ginocchio, tradendo tutto il suo
nervosismo nel tremolio del labbro inferiore.
“Il first children ha tentato il suicidio.”, rispose il medico,
mordendosi involontariamente la lingua, nel pronunciare le ultime parole,
cosa che rannuvolò la sua buona disposizione a raccontare i fatti al
ragazzo.
“Come?… il suicidio…perche’? Perche’ avrebbe tentato di
suicidarsi?”, domandò inquietamente, mentre lanciava di quando in quando
occhiate verso il lettino dove giaceva Rei, al di là della parete di vetro.
“Questo non lo so. Tuttavia ti posso dire che le condizioni attuali della
ragazza sono stazionarie, e non ci sono motivi di disperare sulle
possibilità di guarigione.”, continuò rapidamente il dottor Kobayashi,
sentendo fastidio per l’urto del palato contro la lingua, ferita dal morso
di poco prima.
“….” *mio padre saprà sicuramente i motivi..*, pensò Shinji.*..anzi,
ho il presentimento che sia qualcosa che riguarda lui, che l’avrà spinta
a quel gesto…
dopo aver visto ciò che lui le ha fatto, penso di immaginare che i loro
rapporti siano sempre stati al centro delle attenzioni e preoccupazioni di
Ayanami....
e tuttavia lei ha continuato a rispettarlo, tutto questo tempo, ne sono
sicuro..*
Il primario lasciò Shinji rammentandogli che non gli era permesso entrare
in camera di Rei, almeno fino a quando le sue condizioni non fossero
migliorate.
Il ragazzo non obiettò nulla
.* Ayanami …..da tanto tempo, ho imparato a vederla come una ragazza che
non potrebbe morire..perché riesce sempre a rinascere..anche quando pensavo
di averla persa, il giorno che fece saltare in aria l’unità 00 per
salvarmi. ..Chissà perché, io e lei abbiamo sempre dovuto condividere
battaglie in cui lei doveva essere la vittima. Come quando mi fece da
copertura, mentre io dovevo colpire l’ Angelo che fluttuava sulla città
col fucile a positroni. Mi disse che io non sarei morto,
perché c’era lei. E’ così..invece lei era pronta a morire. Ogni volta
la rincontravo in questo stesso Ospedale: era come se, dietro i bendaggi che
ricoprivano parti del suo corpo, non ci fossero ferite. Ebbi, ogni volta,
questa stranissima sensazione. Era come se….lei potesse riprendersi da
qualsiasi cosa. E così, quando vidi quei “recipienti” vuoti, che ci
mostrò la signorina Ritsuko..mi feci una specie di ragione, di quella
stranezza. Anche se tuttora, non capisco fino in fondo. In fondo non so chi
è la ragazza che stà dietro il vetro. Mi fa paura. Ma, più di ogni cosa,
mi faccio paura io. Sono io, il ragazzo per cui, due volte, lei ha messo la
sua vita a rischio mortale. E’ stato per difendere me..o meglio, l’ Eva
che io pilotavo. Ayanami è la persona che sento più vittima della tragedia
degli Eva, di cui parlava la signorina Misato…
La vedo…la vedo proprio come Kaworu… Qualcuno che si è sacrificato, per
me..che io, ho sacrificato..Non sono migliore di mio padre… Anche io sono
un assassino. Anche io.. Non so per cosa mi senta precisamente in colpa..ma
è come se mi sentissi complice dello stato in cui si trova Ayanami adesso.
E’ come se quello che ha fatto per me, fosse la strada che l’ha portata
ad essere qui. ..Mi domando se ce la farà come sempre.. Forse, quello che
diceva la signorina Ritsuko..”distruggere i pezzi di ricambio per Rei”..significa
che adesso Rei è diventata vulnerabile?Ma…adesso..credo che se lei mi
potesse sentire,
vorrei dire qualcosa ad Ayanami. Io…avrei voluto dirle tante cose..e non
voglio…non vorrei mai che morisse…io non posso più vivere da quando ho
ucciso Kaworu..
ma l’unica che può spiegarmi perché..l’unica che forse può dirmi le
parole che mi spieghino perché sta succedendo tutto questo..perche’ mi
sta succedendo tutto questo… e’ solo Ayanami.E poi..vorrei..è da
tantissimo tempo che non dico a nessuno una parola d’affetto. Ho bisogno
di dare affetto. Di dare affetto.
Ne ho una necessità disperata. Forse, dopo che ho dato la morte, ne sono
indegno? Non so….ci voglio provare comunque.. vorrei dirle che le voglio
bene.. Forse anche Ayanami non se l’è mai sentito dire, come era per me,
prima che me lo dicesse Nagisa* I pensieri di Shinji furono interrotti dalla
percezione che il ragazzo ebbe di qualcuno paratosi improvvisamente dinanzi
a lui. Il ragazzo alzò il capo, prima chino e tenuto tra le mani, mentre i
gomiti poggiavano sulle ginocchia stanche.
Era Gendo Ikari, che osservava silenziosamente il figlio. Shinji fu
spaventato da quella visione improvvisa. Eppure, i sentimenti di rabbia e
paura che lo avvincevano sempre di fronte a suo padre, furono preceduti e
dissimulati dalla curiosità del ragazzo, che forse, per questa volta,
sarebbe stata soddisfatta.
“Adesso sei a conoscenza delle condizioni del first children.”, asserì
Gendo, voltandosi di spalle, e guardando verso la stanza di Rei,
aggiustandosi gli occhiali sul naso.
Shinji osservò dall’alto in basso l’alta figura del Comandante, e
domandò:
“Mi è stato detto che Rei ha tentato di suicidarsi…Tu sai perché lo ha
fatto, vero?”. Il ragazzo guardò in tralice, verso qualche angolo del
pavimento.
“Si. Rei ha minacciato al mio cospetto di iniettarsi una dose mortale di
curaro, qualora non avessi acconsentito alla sua richiesta di concedere la
libertà
e reintegrare in ruolo la dottoressa Akagi, responsabile di tradimento verso
l’Organizzazione di cui sono a capo.”
“ E tu..non hai acconsentito..”, rispose gravemente Shinji, fremendo di
impazienza e livore.
“No. Era una richiesta assurda.”
“MALEDETTO!!NON HAI NEPPURE TENTATO DI CONVINCERLA A NON FARLO!!”, urlò
il ragazzo, alzandosi da sedere. Gendo si voltò verso il fianco sinistro.
“Non è esatto. Ho tentato di dissuadere il first children, e sono
intervenuto quando lei ha inopinatamente messo in atto il suo proposito. Non
era mio desiderio che Rei giungesse a questo.”
“Tu…tu…”, Shinji avrebbe voluto più che mai colpirlo con tutta la
sua forza. Ma sentì le gambe tremargli sotto un peso impalpabile. Mille
pensieri affollavano la sua mente. Strane associazioni mentali: il fatto che
la dottoressa Akagi avesse distrutto i cloni, aveva a che fare col gesto di
Rei? Se sì, perché? E suo padre..cosa provava davvero per Ayanami? Shinji
credeva, in mente sua, che Gendo non avrebbe mai contraddetto Rei. In questo
la invidiava molto. Alla fine, Gendo aveva messo a repentaglio l’esistenza
di Ayanami..adesso che lei, forse, era davvero diventata vulnerabile. Era
come se suo padre l’avesse condannata a morte. E Shinji, per qualche
strana ragione, si sentiva complice delle decisioni di suo padre. E si
odiava. Era come , se nel viso di suo padre, il ragazzo leggesse ciò che
odiava di se stesso.
Era quello , che lui avrebbe voluto prendere a pugni. Ma egli serrò le sue
mani fortissimo, e poi rilasciò la stretta.
Gli occhi di entrambi gli uomini tornarono ad affiggersi sul vetro che li
separava da Rei.
Forse, era un po’ come se il muro delle loro anime avesse preso forma. Il
campo di terrore assoluto, che li divideva da quella donna, unendoli ad
essa.
Shinji chiuse dietro di sè la porta dell’appartamento
di Misato, mestamente. La accolse l’aria immobile dell’ingresso, dove
regnava il silenzio dell’assenza:
il maggiore Katsuragi era fuori per il turno notturno alla Nerv, e non
sarebbe rientrata prima di tre ore. Il giovane Ikari si diresse con
meccanica svogliatezza verso la cucina, e prese dal frigo una bottiglia d’acqua.
Frastornato e quasi sospinto dal malumore, il ragazzo si mise a sedere,
tenendo la bottiglia dal collo,
poi sollevandola per riporla sul tavolo, continuando tuttavia a impugnarla
fermamente. La freschezza della plastica raffreddata appagava la
sensibilità tattile
della sua mano, e quasi dava un minimo di sollievo alla calda oppressione di
pena sconsolata.
*Ayanami è ancora una volta a rischio di perdere la vita e ho come l’impressione
che questa volta non si verificherebbe un nuovo miracolo, se lei non ce la
dovesse fare. ..Non dopo quello che ho visto fare alla signorina Ritsuko..anche
se non ho capito bene come stanno le cose. Ma la mia paura non deriva dal
non capire, o almeno, non solo da quello. Ci sono tante cose che mi
spaventano. Ayanami è una ragazza che temo..forse la temo persino più di
mio padre. Eppure è questo stesso timore la cosa di cui ho più paura. E’
come se sentissi dentro di me una collina di neve insozzata…come dei
tizzoni di carbone ardenti sotterrati per soffocare la fiamma. I sentimenti
che lei ha suscitato in me, sono i più forti che abbia mai provato. Non
vorrei provare tanto timore di rincontrarla, di rivederla.E’ come se
avessi ancora paura di ferirla e di venirne ferito. Se mi facessi del male
lei, non saprei come guarire da quelle ferite. Sarei impotente. Perciò,
vederla così disarmata, mi mette ancora più a disagio, che affrontare i
suoi silenzi. Anche la sua chiusura di fronte a ognuno, mi parlava di vita,
di ciò che lei serbava dentro di sé. In fondo, chi di noi parla davvero di
sé stesso? Lofa forse Soryu?O Misato-san? O io..? o mio padre?Ci sono tante
cose che avrei voluto dirti, Ayanami..ma mi andrebbe bene anche continuare
ad ascoltare i tuoi silenzi. Quanto sono stato stupido, a cercare di più…adesso
che rischio di perderti per sempre, io…*
L’immagine mentale di Rei, al di là del vetro, in quel ferroso letto d’ospedale,
bussò insistemente alla finestra del cuore di Shinji, che aprì con un
pensiero sonnambolico. L’ossessionante pungolo si affacciò alla memoria
del ragazzo, ripresentandosi senza soluzione di continuità.
Ma il rientro anticipato della signorina Misato colse Shinji di sorpresa.
Quasi di soppiatto, la giovane donna era sgattaiolata sulla soglia della
cucina,
trovando il ragazzo chino sul tavolo, il capo appoggiato sulle braccia
conserte.
“Shinchan..”, sussurrò Misato-san, controllando se si fosse assopito.
Shinji riaprì gli occhi, e alzando leggermente il capo guardò verso la
porta. “E’ già arrivata.. signorina Misato..”, disse con un filo di
voce, roca, oltretombale.
“Che ore sono?”
“Quasi le cinque..è l’alba…..”, rispose Misato prontamente, senza
dover controllare l’orologio da polso.
“ Rei…l’ho vista…è in ospedale..è in pericolo di vita..ha tentato
di suicidarsi..davanti a mio padre..”, mormorò il ragazzo, chinandosi
ancora di più sul bancato del tavolo, col capo piegato a guardare verso il
lavello, nella direzione opposta a quella in cui i suoi occhi avrebbero
incrociato la figura del Maggiore, che rimase in piedi, pochi passi oltre la
soglia della stanza da pranzo.
“Cosa?…Rei..ha tentato di suicidarsi? E perché l’avrebbe fatto?”,
chiese Misato, portandosi una mano sui capelli, e lasciando ricadere l’altro
braccio lungo il fianco.
“Signorina Misato..”, il ragazzo si destò improvvisamente, appoggiando
sulla superficie del tavolo le palme delle mani e sollevandosi.
“Non ho voglia di parlarne adesso…mi scusi…”.
“Shinji…” Dopo una piccola pausa di silenzio, durante la quale il
Maggiore venne sfiorata dal braccio di Shinji, che passò accanto a lei, per
uscire dalla porta della stanza, ella aggiunse: “Va bene…vai a riposarti…”,
e così tirò un profondo sospiro. Quindi si fermò sul posto, finchè non
sentì la porta scorrevole della camera di Shinji richiusa. Allora, la donna
girò il capo verso il lato della stanza privo di mobilio, e fissò un punto
impreciso del vuoto.
“E’ il momento adatto credo”, disse l’operatore
Hyouga Makoto, ritirando dietro la colonna il capo che aveva sporto per
controllare la situazione del corridoio laterale
alle celle dell’area di reclusione, nel padiglione Ovest della Base.Udito
questo, il Maggiore Katsuragi infilò il caricatore dentro il calcio della
sua hand-gun,
e si preparò all’azione, senza fiatare, ma facendo un cenno d’intesa al
suo complice.Rapidamente, la donna imboccò il passaggio, camminando spalle
al muro,
con passo di granchio. Makoto la seguiva da presso. Stavano andando a
liberare Ritsuko-san.La dottoressa, ancora ignara, avvertì il clamore
provenire da fuori la cella.
”Niente di personale”, sentì dire, da una voce familiare. Poi, il tonfo
sordo di un corpo che cadeva a terra. Era quello di una guardia carceraria.
Ritchan non si appressò alle sbarre, per controllare di cosa si trattasse.
Non sapeva, che sarebbe arrivata la vendetta, il compimento del sacrificio
di Rei Ayanami…Quante cose si ignorano al mondo, e non tutte, alla fine,
si riescono a sapere. Resta solo il silenzio, senza neppure che soffi
qualcosa che ci dia aria
per pensare.
THE END
(1) From “Shinji’s last resort” by Kaworu X.
Nota dell’autore.
Un’ultima parola, per quella che è, molto probabilmente, la mia ultima
ffic. Chiedo davvero scusa a tutti i miei lettori, per non riuscire a
corrispondere alla assiduità del loro feed-back di complimenti. Li
ringrazio tutti, agurando davvero loro che risplenda il sole su ogni loro
giorno.
E così lo auguro alla mia prima lettrice, più di ogni altro al mondo.Le
ragioni della mia rinuncia alla scrittura sono difficili da spiegare.
Io non ho certo mai scritto sperando nel “successo” per le mie storie, e
in ogni caso non sono il tipo da desiderare di ottenerlo, o capace di
procacciarselo.
Adesso sento che la voglia di raccontare, soprattutto quando è legata a una
passione così grande come i personaggi dell’animazione, deve essere
sempre sospinta
da una forte emozione, dalla capacità di sognare, proprio come mi fanno
fare le storie animate, i personaggi del nostro piccolo mondo interiore.
E’ questo che rende bella la nostra passione per Evangelion, CCSakura, od
ogni altro anime.Così, non mi sento all’altezza di sogni tanto grandi. Ho
sempre creduto nel significato profondo della scrittura. Ma, nonostante ci
creda ancora, sono un po’ sfiduciato in essa, e nella sua forza. E’
vero, forse, parafrasando un autore famoso, e il nostro Nagisa Kaworu, che
gli uomini trovarono la musica e il canto, per fuggire dalla tristezza delle
parole, che, una volta scritte, diventano traccia di qualcuno che è
assente, lontano con la sua emozione.
Adesso, non credo davvero nell’importanza di cio’ che le mie storie
potrebbero dare. Perdonatemi tutti, anche perché forse sembro peccare di
presunzione.
Eppure…per quello che credo…ho sempre pensato di scrivere le mie storie
col cuore.. E spero che questo lo abbiate sentito anche voi.
Se a qualcuno interessa, e se mi verrà concesso dalla gentilezza di chi me
ne ha sempre mostrata, mi occuperò di tradurre ffiction, continuando a
leggerne, per potere sognare assieme agli autori, che, bravissimi e con
stoffa da vendere, stanno finalmente nascendo nel panorama italiano.Grazie a
tutti. Vi voglio bene.
E grazie al mio Angioletto. Ti voglio più bene che a me stesso.
Per finire, una dedica, stranamente, in inglese…..Preferisco così.
This ffic is dedicated to my star ruby,
blent in the night bright, whose emotions fill
my heart with trembling joy.
Whenever I can feel them,
my life is thick with a sweet confusion.
Thank you for everything, My Treasure.
I beg your pardon for being so dumb, but you know
that I’m fond of you,
anytime, anyway,
my lovely marshmallow…