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Autore: LydiaBones    18/11/2016    0 recensioni
Jade frequenta la scuola diretta dal padre e la sua costante presenza la opprime, perché deve mostrarsi perfetta in ogni suo movimento.
Solo con la scoperta di un enorme segreto, la sua vita verrà stravolta e sarà costretta alla conoscenza di Adam, il ragazzo più odioso che lei abbia mai incontrato.
Riuscirà, Jade, a superare tutti gli ostacoli che le si presenteranno davanti e raggiungere la felicità o rimarrà bloccata nella sua vecchia vita?
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Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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I

 

Uscii dalla classe adirata non appena la campanella suonò la fine della lezione. Non potevo sopportare le mie compagne di corso per altro tempo e soprattutto gli insegnanti.

I professori erano la razza peggiore per me, sempre così falsi e uguali al resto della massa.

Mentre a passo sostenuto mi facevo largo tra la gente stringendo i libri al petto, sentivo ancora i cori di scherno che provenivano dall’aula.

Non ci restavo più male come una volta, però convertivo tutto in rabbia. Perchè dovevano essere così ignoranti e stupide?

Essere la figlia del preside non mi aveva mai messo sotto una buona luce, soprattutto quando delle voci infondate sulla sua omosessualità avevano cominciato a diffondersi nel collegio.

Ero sempre stata trattata da tutti con finto rispetto, soprattutto dai professori che non facevano che lodarmi nei momenti meno opportuni, e questo avrebbe potuto essermi d’aiuto in alcuni casi, ma la verità è che la maggior parte delle volte avrei tanto voluto essere una ragazza qualsiasi, per evitare le loro false opinioni sul lavoro del preside che avrebbero sminuito appena io mi fossi girata.

Senza poi contare che ero sempre sotto gli occhi vigili di mio padre. Per questo motivo non riuscivo a farmi delle vere amiche; le ragazze stavano con me per ingraziarsi lui oppure mi stavano lontane per paura.

Senza contare, poi, le sue ossessioni: dovevo camminare sempre dritta, dovevo avere sempre con me un libro per non sprecare del tempo ad oziare e, infine, grazie a lui non avevo quasi mai avuto un contatto diretto con il mondo maschile, infatti, andavo in un collegio dove ragazze e ragazzi erano volutamente separati da mio padre.

Nonostante tutto avevo un ragazzo, Kenton, se proprio si poteva definire così.

Era un mio amico d’infanzia di cui mio padre si fidava enormemente, ed era l’unica persona di sesso opposto che potessi frequentare.

Ero l’unica che poteva superare il confine da ragazzi a ragazze nella scuola, semplicemente perchè Kenton si trovava dall’altra parte del’edificio, e mio padre aveva concesso di vederci durante i cambi d’ora dato che di pomeriggio si supponeva studiassimo troppo per uscire.

E infatti, fu la prima persona da cui pensai di andare e dopo poco lo trovai davanti all’aula del corso di matematica avanzata a parlare con un suo compagno.

Erano nel mezzo di un’accesa discussione sul risultato di una funzione e potevo capirlo dal gesticolare particolarmente accentuato di Kenton, che usava ogni volta che riteneva di aver ragione e nessuno lo prendeva in considerazione.

Mi vide e il suo sguardo si accese, ma quando notò la mia espressione si fece scuro anche lui.

Liquidò il suo interlocutore, nonostante la discussione non fosse terminata e mi venne incontro.

Quando fummo vicini non ebbe nemmeno il bisogno di chiedere cosa fosse successo.

“Sono degli idioti, Jade” disse.

“Lo so, ma perchè non cambiano un po’?” chiesi retorica alzando gli occhi al cielo.

Mi strinse con un braccio a sé e sussurrò nel mio orecchio “se ti arrabbi, la dai vinta a loro”.

“Come posso non arrabbiarmi? Reagiresti così anche tu se continuassero a dire che tuo padre è gay in modo così cattivo, quando non è vero”

Ridacchiò vedendomi irritata e io gli tirai uno schiaffo sul braccio con il quale mi stringeva.

“La cosa che odio è che a volte ci si mettono pure i professori, poi mi vengono a chiedere scusa”

“Non è cosa nuova” disse.

“Devo distrarmi, raccontami di cosa parlavi con il tuo amico” cercai di mostrarmi serena.

Mi guardò e rise ironico.

“Amico? Quello è tutt’altro che un amico!” si stava innervosendo al ricordo del ragazzo “ogni volta che parlo quello mi interrompe per dire la stessa cosa che stavo cercando di spiegare io, e il professore premia sempre e solo lui”

“Se ti arrabbi, la dai vinta a lui” lo imitai cercando di usare la sua stessa voce.

Mi spinse via con leggerezza cercando di trattenere un sorriso.

“Lo sai cosa intendo dire” continuò attirandomi da lui di nuovo.

“Hai provato a parlarne con il professore?”

“Sì, ma dice che se non sono abbastanza sveglio allora è meglio che cambio corso” sospirò ancora visibilmente offeso.

“Allora svegliati e fai a quel ragazzo ciò che lui fa a te” incitai.

Mi guardò come se non ci avesse mai pensato e subito un’espressione di vendetta oscurò il suo viso.

Quella visione mi fece ridere e lui si unì a me.

“Che lezione hai ora?” domandai.

“Chimica e tu?”

Suonò la campanella.

“Anch’io” sorrisi.

Kenton era due anni più avanti di me con gli studi, perciò non frequentavamo mai gli stessi corsi.

“Che ne dici se oggi studiassimo insieme?” domandò speranzoso.

“Lo sai che devo prima chiedere”

Annuì e mi disse che avrebbe aspettato una mia risposta a fine mattina.

Scivolai dalla sua presa, gli lasciai un bacio sul collo e corsi a lezione ormai in ritardo.

 

Avevo imparato ad amare chimica perchè non potevo odiare tutto le materie, e anche perchè era quella che Kenton mi sapeva spiegare meglio.

Nonostante fossi la figlia del preside, non ero un genio a scuola e avevo delle difficoltà in certi argomenti, anche per questo motivo potevo stare del tempo con il mio ragazzo a studiare.

La lezione passò comunque lentamente, mentre nella mia testa cercavo di formulare la richiesta da fare a mio padre per stare quel pomeriggio insieme a Kenton.

Speravo non dicesse di no, perchè in quel periodo non ci eravamo potuti vedere molto e mi sentivo sola.

Però mio padre voleva essere a casa con noi mentre eravamo insieme, perchè nonostante tutto eravamo un ragazzo e una ragazza.

Alzai gli occhi al cielo a quel pensiero.

“Gardiner, l’argomento non è di tuo gradimento?” la professoressa interruppe il mio flusso di pensieri.

Tutti si girarono per vedere cosa avesse scatenato l’interesse di questa.

“No, mi scusi”

Lei mi lasciò con un sorriso forzato e continuò la sua spiegazione.

Dopo poco mi sforzai di prendere appunti, e questo aiutò a far passare il tempo più velocemente.

Quando la campanella suonò non persi tempo e uscii diretta in presidenza.

Solitamente non andavo mai durante l’orario scolastico da mio padre, però quel giorno avrei fatto un’eccezione.

Camminavo a passo svelto, per non arrivare in ritardo anche ad un’altra lezione, ma avrei preferito correre, anche se una delle regole lì era proprio non farlo.

Quando arrivai davanti alla porta feci un respiro profondo.

Non avevo paura, solo mi avrebbe riempito di domande e la cosa spesso mi turbava. Inoltre, il suo sguardo era molto autoritario e durante il lavoro poteva essere nervoso, ma  ce la potevo fare, alla fine era solo una richiesta, al massimo avrebbe potuto dire di no, quindi entrai.

Sperai di non averlo fatto.
  
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