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Autore: Elayne_1812    18/11/2016    2 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Ci tengo molto a ringraziare chi ha espresso il proprio apprezzamento per il mio lavoro sia tramite commento che mp, mi rendente molto felice! Ringrazio anche chi legge assiduamente, chi ha inserito la storia tra preferite, seguite e da ricordare!
Come al solito chiedo scusa per possibili errori rimasti nel testo, le mie riletture sono infinite ma so bene che ci saranno sempre errori di battitura…
Altra cosa (meno male che non avevo grandi premesse da fare…) ho superato le 200 pagine, stappate una bottiglia di champagne!!! XD
Buona lettura!
 

Capitolo 16
The nightmare's sound beyond the prism
 
 
 

“Who’s that knocking on my door? (…) The darkness comes and whispers.”
Shinee, Nightmare.
 
“Undo my empty heart
Fill it up with unknown emotions and
With your transparent eyes
Shine on my heart.
Show me the things I couldn’t see
Tell me the things that don’t exist in the world
Your bright red lips
Dye my heart like watercolor.”
Shinee, Prism.
 
 
 
 
Gli schiamazzi nella locanda erano quasi assordanti e i colori sgargianti degli abiti delle cameriere creavano un vero vorticare di colori tra le luci gialle e arancioni delle lanterne, solo il volto di Yeouki risultava bianco e pallido come la morte e freddo come il ghiaccio. La kisaeng guardò il cavaliere che ancora la tratteneva per il braccio e dovette usare tutto il suo buon senso ed un sorriso finto che aveva fatto suo da anni, perché il suo volto non si sgretolasse rivelando un’espressione di puro astio.
-Non ci sono ragazzi qui –, disse sorridendo e girandosi in un volteggiare di stoffe colorate.
Il cavaliere non accennò a lasciarla e la kisaeng non riuscì a trattenersi dal rivolgergli uno sguardo glaciale.
-Non in quel senso – rispose il cavaliere con altrettanta freddezza.
Se non fosse stato che Kyuhyun desiderava fare ritorno a Busan il primo possibile sarebbe scoppiato a ridere. Il principe non era proprio il tipo di persona che si sarebbe portato a letto, rientrava più nella categoria alla quale avrebbe volentieri piantato un pugnale tra le scapole.
Il viso della donna parve distendersi e riprendere colore, il suo braccio si fece meno teso sotto la presa di Kyuhyun che le fece segno di sedersi.
-Sto cercando un ragazzo che potrebbe essere passato di qua. –
-Bhe, qui passano molte persone, come pensi che possa ricordarmi il viso di tutti? – domandò in un mezzo sorriso.
Kyuhyun sbuffò ed estrasse dalla sua sacca dei won allungandoli alla donna.
-Uhm – fece Yeouki increspando le labbra.
-Te ne darò altri dopo – disse Kyuhyun in tono perentorio. Se ne varrà la pena, aggiunse mentalmente.
La donna annuì. – Sai, ho una buona memoria dopotutto. Allora, come posso aiutarti? –
-Si tratta di un nobile, è fuggito da casa e devo riportarlo dal mio padrone. –
Yeouki s’avvinghiò al braccio del cavaliere massaggiandogli l’avambraccio.
-Parlami di lui – disse in tono suadente.
Kyuhyun non se lo fece ripetere due volte. Fornì una descrizione dettagliata del principe, l’aveva ripetuta tante di quelle volte nelle ultime settimane che ormai poteva recitarla a memoria.
Alle parole del cavaliere gli occhi di Yeouki s’illuminarono di crescente interesse, finché non iniziarono a lampeggiare di una brama sottile ed infida quanto i suoi stessi pensieri. Sarebbe scoppiata a ridere se avesse potuto, invece si limitò a piegare l’angolo rosso e sensuale della bocca. Poteva essere una piacevole coincidenza o solo la sua mente che le giocava brutti scherzi, ma la figura che il cavaliere stava dipingendo nell’aria fumosa della locanda era identica a quella di Key. Era un nobile? Non lo sapeva, ma aveva visto le sue mani morbide ed erano un chiaro segno che non veniva dalla strada.
-Forse è passato di qui – , sussurrò quasi più a sé stessa.
Il volto di Kyuhyun s’illuminò e con uno scatto di nervi afferrò saldamente il polso della kisaeng. Forse? Che cosa significava forse?
-I forse non m’interessano, è da mesi che affogo nei forse, voglio delle certezze. Devo trovare quel moccioso e portarlo dal suo fidanzato a Busan o i forse faranno saltare la mia testa! –
La tempia di Kyuhyun pulsò. Da quanto desiderava sfogarsi, dare voce a tutta la sua frustrazione? Dei mesi che gli erano parsi anni. Ogni giorno sentiva il fiato caldo di Heechul sul suo capo come una mannaia pronta a calare impietosa sul suo collo. Poteva quasi sentirlo il filo sottile della lama recidergli carne e nervi, il sangue caldo e ferruginoso bruciargli la pelle e pizzicargli il naso. D’istinto si portò una mano alla gola e si passò una mano tra i capelli. Sudava freddo.
-Mi sembri un po' agitato –, disse Yeouki con un sorriso divertito stampato in volto. Forse era impietoso da parte sua, ma già si pregustava il finale di quell’incontro fortuito. Era quasi certa che Key e quel nobile fossero la stessa persona, dopotutto la descrizione calzava a pennello. Il risvolto che stava prendendo la situazione le prometteva vendetta e la certezza che, presto, si sarebbe ripresa ciò che le apparteneva di diritto. Non solo, era appena entrata in possesso d’informazioni interessanti e molto utili.
-Ho visto un ragazzo che corrisponde alla tua descrizione, è stato qui proprio questa mattina. –
Kyuhyun sbarrò gli occhi. Dunque era sulla strada giusta e lo aveva mancato solo di poche ore!
-Dov’è adesso? –
-Oh questo non lo so. –
Kyuhyun picchiò un pugno sul tavolo facendo rovesciare la tazza di soju e ticchettare le bacchette riposte nella ciotola vuota.
-Maledizione! Devo recuperare quel dannato moccioso! – disse mettendosi le mani tra i capelli.
Yeouki rise. – Rilassati, cavaliere, tornerà puoi starne certo. –
Tornerà, pensò Kyuhyun, perché mai il principe dovrebbe rimettere piede qui? No, non mi deve interessare, anzi non mi interessa proprio devo solo portarlo a Busan!
Aveva già abbastanza domande e problemi senza che ulteriori riflessioni gli complicassero la vita già appesa ad un filo.
-Quando? – domandò con i nervi a fior di pelle.
La donna fece spallucce. – Domani, tra qualche giorno, settimane forse, ma di certo non più di un mese. Ti consiglio di rimanere nei paraggi, ti terrò aggiornato. –
Yeouki si alzò facendo per andarsene.
-Aspetta, sei sicura che sia lui? –
Yeouki annuì. Quello di Key non era un volto facile da dimenticare, era lui, doveva essere lui.
-Quando arriverà lo vedrai. –
-Ti ho pagata…-
-Lo so per cosa mi hai pagata e se non è lui riavrai i tuoi won, cavaliere. Io so stare ai patti. –
Yeouki sorrise tra sé mentre tornava ad immergersi tra la folla della locanda e gli schiamazzi degli avventori.
Kim Jonghyun, pensò, presto tornerai da me strisciando.
 
 
***
 
-Yah! –
Kibum cadde a terra per la centesima volta, o forse era la millesima? Non se lo ricordava…a un certo punto aveva perso il conto o per meglio dire il suo orgoglio si era rifiutato di contare tutte le volte che Minho l’aveva messo al tappeto. Inutile dire che gliele stava dando di santa ragione e se non l’avesse conosciuto bene sarebbe stato propenso a credere che Minho ce l’avesse con lui. Ad ogni modo una lezione Kibum la stava imparando: tirare di spada per sopravvivere era davvero tutt’altra cosa rispetto a ciò a cui era abituato.
Minho gli picchiettò la canna di bambù con la quale si stavano allenando sulla gamba.
-Forza, rialzati – disse.
Kibum recuperò la canna e si alzò dolorante riprendendo posizione: le gambe tese, un braccio allungato in avanti e l’altro ripiegato sopra il capo.
-Sono pron…-
Non fece in tempo a terminare la frase che una serie di sferzate lo colpirono sotto le ginocchia e sul braccio alzato.
-Aish! Cosa ti ho detto? Non è questa la posizione che devi prendere – disse percuotendolo ancora nei medesimi punti.
-Ma…- azzardò.
-Niente ma! – scattò Minho dandogli la canna in testa.
Kibum si massaggiò il capo e sbuffò. Siwon non si era mai azzardato a dargli un bastone in testa.
-Non stai impugnando un fioretto quindi dimentica quelle pose da signorino, sono troppo rigide per un combattimento reale ed abbassa quel braccio o ti basterà distrarti un secondo per trovartelo amputato. –
Kibum si rimise in posizione seguendo le istruzioni di Minho.
-Piega di più quelle gambe – disse dandogli un’altra sferzata, - e abbassa di più quel braccio! -
Kibum ubbidì. L’idea che Minho potesse rivelarsi un’insegnate così duro non l’aveva mai sfiorato, una vera ingenuità da parte sua. Strinse la mano intorno all’arma improvvisata e con occhi vigili attese che l’altro attaccasse.
Si squadrarono per alcuni secondi spostando il peso da un piede all’altro e molleggiandosi sulle gambe. Minho incrociò una gamba avanti spostandosi di lato con fare guardingo ben consapevole del fatto che Key, per quanto impreparato per quel genere di scontro, poteva contare sulla velocità. Infatti non appena attaccò l’altro scartò subito di lato. Minho sorrise tra sé e riprese posizione preparandosi ad un altro attacco. Doveva ammettere che Key aveva davvero delle ottime potenzialità e il fatto di potere contare su un’agilità felina non indifferente era assolutamente positivo, doveva solo lasciarsi andare, seguire l’istinto e dimenticare le stupide regole che gli erano state insegnate. Questa volta fu Key ad attaccare cogliendo Minho di sorpresa.
Non male, pensò Minho.
Tuttavia, per Minho fu abbastanza facile sfuggire al colpo e subito tornò padrone della situazione. Per un po' il duello non fu altro che un alternarsi di mordi e fuggi, finché a Minho non venne un’idea per testare più la mente che il corpo del proprio allievo. Si piegò di lato, fletté le gambe e mulinò la canna assumendo una posa classica da combattimento, una di quella che si utilizzavano nei tornei dei nobili. Come immaginava, Key rispose subito con la mossa opposta, ma all’ultimo momento Minho ruotò su sé stesso e una volta alle spalle dell’avversario gli assestò un colpo che fece rotolare Key a terra.
Kibum si ritrovò a carponi, i capelli corvini cosparsi della sabbia che ricopriva l’arena. Si portò una mano alla schiena per assicurarsi che le vertebre fosse ancora tutte al proprio posto, ma subito la canna di bambù di Minho calò impietose sul suo capo. Il colpo che ricevette fu talmente forte che il suono parve riecheggiare per l’intera sala da allenamenti. Kibum avrebbe voluto piangere, aveva quasi le lacrime agli occhi dal dolore.
-Sei impazzito? – domandò a Minho.
-Se fosse stato un vero combattimento a quest’ora la tua testa non sarebbe altro che un cocomero sfracellato a terra. –
-Minho – disse fra i denti, – la mia testa è già un cocomero sfracellato a terra! –
Del tutto indifferente, Minho calò di nuovo la canna. Kibum rotolò di lato, recuperò la canna e con uno scatto di reni fece per rialzarsi in piedi quando fu colpito alle caviglie. Una fitta di dolore si propagò per tutto il suo corpo e cadde di nuovo a terra a faccia in giù, picchiando il naso. Con la vista annebbiata cercò di fare mente locale e rialzarsi in piedi prima che l’ennesimo colpo decretasse la fine della sua breve vita, quando delle braccia forti e rassicuranti lo rimisero in piedi.
-Key stai bene? –
Kibum sbatté le palpebre impiegando qualche secondo per riprendere coscienza di sé. La testa gli martellava e si sentiva tutte le ossa rotte o quanto meno prossime alla frattura, alla fine la figura di Jonghyun si fece più nitida davanti a lui mentre il più grande lo sorreggeva per le spalle.
-Key!? – fece Jonghyun sgranando gli occhi. – Sangue!!! –
Kibum si portò una mano al capo. Perché doveva gridargli in faccia?
La mano di Jonghyun corse al suo viso e quando la ritirò sui suoi polpastrelli vi erano delle tracce di sangue. Prima che Kibum avesse il tempo di reagire l’altro lo trascinò a sedersi sui gradini intagliati nella roccia che circondavano l’arena e gli tamponò il naso con un fazzoletto, mentre gli accarezzava delicatamente la schiena.
-Bene – fece ad un certo punto la voce tranquilla di Minho, - se avete finito la pausa possiamo riprendere. –
-Pausa?! – tuonò Jonghyun alzandosi di scatto. – Vuoi forse ucciderlo? –
Kibum terminò di tamponarsi il naso, poi lo tasto delicatamente per assicurarsi che fosse ancora tutto interno; sembrava non ci fosse nulla di rotto.
-Jong…- disse alzandosi leggermente zoppicante.
Ma l’altro non sembrava propenso ad ascoltarlo, gesticolava e inveiva contro Minho il quale sembrava del tutto indifferente, per non dire annoiato.
-Hai finito il monologo, Kim Jonghyun? – chiese incrociando le braccia.
-Monologo? Stammi bene a sentire spilungone! –
-Jong! Va tutto bene – intervenne Key mettendogli una mano sulla spalla.
-Tutto bene? – fece l’altro sgranando gli occhi. –Non va tutto bene, ti sta massacrando! –
Ok, pensò Kibum, mantieni la calma, sarà anche un’idiota, ma è un’idiota preoccupato.
Respirò piano portandosi una mano al petto, ma prima che se ne rendesse conto il suo piede stava picchiettando nervoso sul terreno.
-Massacrato dici? Oh, grazie per rimarcare la cosa – disse Key, pacato.
Jonghyun si strinse nelle spalle e osservò il suo compagno. Piede che continuava a tamburellare, braccia conserte, occhi assottigliati come quelli di un felino a caccia tra l’erba alta e voce apparentemente tranquilla. Deglutì, nessuna persona dotata di buon senso si sarebbe messa a discutere con un Key irritato perché sì, era irritato. Se oltre allo sguardo felino avesse avuto una coda Jonghyun l’avrebbe vista volteggiare stizzosa oltre le spalle dell’altro.
Jonghyun tossicò. Devo pensare a cosa dire o sarà come far scattare una bomba ad orologeria. Tuttavia, prima che avesse il tempo di aprir bocca l’altro gli diede un bacio leggero sulla guancia lasciandolo di stucco. Jonghyun aprì e richiuse la bocca.
-Grazie, ma non devi preoccuparti. Minho sta solo cercando di fare in modo che nessuno possa farmi a fette là fuori. –
-Se non ti fa a fette prima lui. –
Minho roteò gli occhi.
 
 
 
Kibum arrivò a sera distrutto e fu così anche per le sere successive. Quando Jinki aveva detto che avrebbero dovuto sottoporsi a duri allenamenti non scherzava e, stando al Leader, quello non era altro che il riscaldamento.
Non oso immaginare quando faremo sul serio, aveva pensato.
Per le due settimana successive la routine fu sempre la stessa: colazione, allenamento, pranzo frugale, allenamento sino a sera tarda e infine una cena che il più delle volte passavano discutendo dei progetti per il giorno successivo e, nel suo caso, lezioni teoriche con Minho.
-Devi dimenticare le pose classiche della scherma, quelle si usano solo nei tornei –, gli diceva tra un boccone di riso e l’altro. - Dimentica le regole e tutte quelle sciocchezze, devi usare l’istinto, sii più sciolto. –
Kibum annuiva e sospirava rassegnato. Insomma, tutto quello che gli avevano insegnato sino ad allora non valeva nulla?
Intanto, Jonghyun continuava ad impicciarsi rivolgendo occhiate astiose a Minho ogni volta che ne aveva l’occasione. Le stesse proteste di Key non sembravano tranquillizzarlo.
-Ti farà male sul serio –, ripeteva continuamente il più grande ogni volta che vedeva i lividi aumentare sul corpo di Key.
Quello che più spaventava Key era il fatto che per ora non avevano ancora iniziato gli allenamenti con le abilità. Se da un lato lo preoccupavano di meno, ben consapevole della sua forza e preparazione, le intenzioni di Jinki lo mettevano in allarme, infatti il principe dubitava che il Leader volesse semplicemente vederlo spostare oggetti, creare forme di pura energia e sfere esplosive. In più avrebbe dovuto lavorare con Jonghyun e Kibum sapeva bene quanto la combinazione di fuoco ed energia potesse essere letale. Era curioso oltre ogni dire, ma aveva anche la certezza che presto sarebbe tornato in stanza strisciando.
Gli stessi Jinki e Taemin non si stavano risparmiando ed alternavano sedute di combattimento con allenamenti totalmente incentrati sulla loro abilità. Kibum li aveva osservati più volte destreggiarsi con la telecinesi ed era impressionato, a confronto quello che aveva visto fare a Taemin nei mesi precedenti non erano che giochetti. I due sollevano oggetti pesantissimi con il pensiero, le loro menti creavano immagini così vivide da sembrare reali e solo la loro inconsistenza materiale ne tradiva la vera natura. La curiosità di Kibum aumentava ogni giorno di più.  Che cosa aveva in mente Lee Jinki?
Quella sera, mentre si crogiolava in un bagno caldo, Kibum stava passando al vaglio le varie possibilità, purtroppo una meno probabile dell’altra. Stanco per la lunga seduta di allenamento aveva momentaneamente usurpato la stanza da bagno di Jonghyun appropriandosi della sua vasca, mentre l’altro, affamato come non mai, era ancora nella sala comune a dare fondo a tutto ciò che vi era di commestibile.
Kibum sospirò affondando nell’acqua calda e nella schiuma bianca che s’alzava in spumosi monticelli intorno a lui. Alzò gli occhi al soffitto per poi abbassarli ad osservare la stanza. Intorno a lui ruotava un piccolo, ma non per questo modesto, ambiente rettangolare il cui pavimento era decorato da un mosaico che riproduceva un paesaggio fluviale, mentre le pareti erano affrescate con motivi stilizzati simili a sottili e contorti candelabri dorati che si stagliavo su uno sfondo bianco e azzurro. In tempi migliori, quando la fortezza lungo il fiume Han era ancora attiva, la stanza di Jonghyun doveva essere appartenuta ad un alto grado dell’esercito imperiale. Vicino alla vasca di rame dai piedi leonini in cui languiva vi era un mobile in legno con pregiate rifiniture in madreperla ed argento, sicuramente importato dal Regno di Nihon, e sopra vi erano riposte delle salviette. I suoi indumenti per la notte pendevano da un paravento decorato con la figura elegante di un pavone appena illuminava da un candelabro a più braccia a pochi metri da Kibum. Ovviamente, tutto proveniva dalle razzie lungo la strada vicino al fiume.
Il principe fece pendere mollemente la mano dal bordo della vasca e rivolse uno sguardo di sottile disapprovazione al livido che aveva sul braccio. Piegando il capo di lato, rivelando così una porzione di collo candido, distolse lo sguardo per ammirare da sotto le ciglia corvine i riflessi caldi delle fiamme che danzavano sulla superficie dell’acqua, facendo sembrare la schiuma neve in fiamme. Annoiato e del tutto propenso a rilassarsi immerse nuovamente la mano per poi sollevarla.  Osservò i rivoli d’acqua che gli scorrevano lungo le falangi sottili ed aggraziate sino a raggiungere i polpastrelli per poi rituffarsi in acqua producendo suoni limpidi e cadenzati, simili al pizzicare leggero delle corde di un’arpa. Finalmente, Kibum avvertì i muscoli distendersi e riprendere vigore. La sua pace interiore era tale che avrebbe potuto addormentarsi, ma qualcosa di umido e morbido gli stuzzicò il collo costringendolo a riprendere contato con la realtà. Il principe sbatté le palpebre disperdendo i riflessi dorati del fuoco che si erano posati sul suo volto e incontrando gli occhi ambrati di Jonghyun. Il volto del più grande spuntava da oltre la sua spalla, le labbra ancora semi posate sul suo collo.
-Jonghyun…- mugugnò.
-Scusa, ma il tuo collo era troppo invitante per essere ignorato –, disse con voce calda che conservava una punta di divertimento. -E poi – aggiunse Jonghyun, – era finito il dolce. -
Kibum sorrise leggermente mentre l’alto gli prendeva il mento tra indice e pollice per baciarlo.
-Probabilmente – osservò Key, - Taemin deve aver nascosto quanto rimaneva sotto il suo letto. –
-Questione che non ho alcuna intenzione di appurare. Invece-, disse cingendogli le spalle da dietro, - appurare cosa si nasconde sotto tutta questa schiuma m’interessa parecchio. –
Kibum s’irrigidì.
-Ah è un vero peccato che ci siano ancora tutte le bollicine – sussurrò Jonghyun nell’orecchio dell’altro.
Kibum affondò il viso, ormai paonazzo, nella schiuma e Jonghyun rise.
-Ti aspetto a letto – disse schioccandogli un bacio sulla guancia prima di sparire.
Kibum sbuffò sollevando della schiuma, poi allungò il collo fuori dall’acqua facendo una linguaccia in direzione del più grande.
Stupido Jonghyun, pensò.
Prima di uscire dalla vasca si guardò intorno sull’attenti, poi si avvolse nell’asciugamano che fece fluttuare su fili sottili di energia verso di lui. Gli avevano insegnato a non sprecare la propria abilità per cose così futili, ma negli ultimi tempi la utilizzava per ogni occasione. Secondo Jinki anche quello poteva essere un buon esercizio. A palazzo l’avrebbero guardato con orrore per una cosa simile, per i nobili le abilità erano un segno distintivo del proprio rango, qualcosa di pregiato da preservare e saper usare al massimo ma senza indugiare in simili sprechi.
Una volta asciutto e vestito raggiunse Jonghyun che trovò disteso sul letto e già pronto per la notte, ovvero unicamente in intimo. Kibum sospirò rassegnato imponendosi di distogliere subito lo sguardo dagli addominali dell’altro. Jonghyun roteò gli occhi e sbuffò, squadrandolo. Il più piccolo si ostinava ancora ad indossare quella stupida camicia e, non soddisfatto, quella sera portava anche dei pantaloni lunghi sin sotto il ginocchio
-Quando sarà pieno inverno dormirai avvolto nella lana? – chiese Jonghyun scuotendo il capo allibito.
-Tu invece continuerai a dormire mezzo nudo? – domandò di rimando Key incrociando le braccia.
Jonghyun inarcò un sopracciglio e sorrise, pronto a cogliere la palla al balzo. – Se vuoi posso spogliarmi di più. –
-Yah! – fece Key afferrando un cuscino al bordo del letto e lanciandoglielo.
-Mancato – sogghignò Jonghyun soddisfatto.
Kibum lo raggiunse con aria stizzosa e gli stampò un cuscino direttamente in viso. -Scemo. –
 
 
***
 
Il vento ululava carico di pioggia e le nubi rombavano sopra il cielo di Busan presagendo una violenta tempesta. Il mare non era che un’oscura massa informe che si contorceva nella notte, mentre creste di bianca spuma s’arrotolavano su sé stesse appena illuminate dai lampi metallici che scuotevano il cielo.
Jonghyun svoltò in un vicolo tra alte stamberghe traballanti dai muri incrostati d’intonaco sbriciolato ed i tetti scossi dalla tempesta. Lanciò un’occhiata oltre la spalla all’udire le grida dei suoi inseguitori e s’appiattì contro il muro, ansimante. Sopra di lui l’insegna di una locanda sbatté e cigolò ed un lampo illuminò il cielo a giorno rendendo futile qualunque suo tentativo di nascondersi. Subito dopo arrivò il tuono, un rombo tetro che fece tremare la terra sotto i suoi piedi.
-Eccolo! – urlò un soldato.
Jonghyun riprese la corsa. Sopra di lui il cielo ruggiva ed il vento gravido di pioggia lo sferzava come mille fruste. I suoi inseguitori non sembravano dare segno di d’arrendersi così aumentò l’andatura. Zigzagò tra i vicoli che circondavo il porto di Busan, strade putride che sapeva di marcio, di alghe e di salmastro, abilmente nascoste dietro le facciate dei grandi palazzi incrostati d’oro e marmo. Ecco che cos’era quella città: una ridente maschera sgargiante. Le ombre strisciano intorno a lui e le lanterne che illuminavano timidamente quella notte infausta oscillarono bieche sparpagliando luci giallognole.
Jonghyun voltò un angolo e trovò riparo sotto una tettoia dalle tegole d’ardesia, il rumore della pioggia era assordante e l’acqua scendeva in piccole cascate davanti a lui. Jonghyun si strinse nelle spalle, la camicia semi aperta era fradicia e gli aderiva al petto insieme ai pantaloni zuppi; si passò una mano tra i capelli bagnati. Un colpo di tosse lo fece piegare in due e s’accasciò in ginocchio sotto la pergola.
 Che cosa volevano quei soldati da lui? Erano settimane che non gli davano tregua, ogni volta che trovava un nuovo nascondiglio riuscivano a scovarlo. In più di un’occasione era riuscito a sfuggire alle loro lame, ma aveva l’impressione che quella volta fosse giunto a capolinea. Non aveva più un posto in cui andare. Un sorriso amaro s’affacciò sul volto del ragazzo. Che pensieri strani erano i suoi…un posto dove andare, ma ne aveva mai avuto uno?
No, fece una vocina nella sua testa.
All’udire il suono di stivali sulla strada bagnata costellata di buche e pozzanghere si rialzò e riprese la corsa. Ormai, le sue gambe si muovevano per pura inerzia, perché dentro di lui Jonghyun non aveva più voglia di combattere contro quel mondo marcio in cui si era sentito rifiutato dal momento stesso in cui aveva iniziato a respirare.
Lanciò un’altra occhiata dietro di sé constatando che dei suoi inseguitori sembrava non esserci più traccia. Stava per fermarsi quando inciampò nei suoi stessi stivali consunti rovinando tra le pozzanghere. Si rialzò zoppicante e cingendosi lo stomaco con un braccio, mentre l’altro procedeva a tentoni lungo il muro scrostato cercando appoggio su una pila di casse di legno. Ma era una posizione precaria, bastò una leggera pressione per farlo crollare tra le casse che rivelarono il loro nauseabondo contenuto. Jonghyun si ritrovò di nuovo a terra sommerso da ogni genere di scarto di pesce. Strisciò tra la sporcizia ed il fango sino ad appoggiare la schiena al muro, continuando a stringersi lo stomaco e sempre scosso da violenti colpi di tosse. Seduto scomposto, ormai più simile ad un burattino di stracci, Jonghyun osservò con occhi annebbiati dalla pioggia e dalla febbre l’alto muro che s’alzava davanti a lui sino a scontrarsi con il cielo cupo.
E così è qui che morirò, pensò.
Ironia del fato, era nato su una strada e su una strada sarebbe morto.
No, in un vicolo, morirò in vicolo coperto di pesce e fango.
Avrebbe riso se solo ne avesse avuto la forza. Ma non l’aveva. Forse non aveva più senso correre, tanto valeva rimanere lì ed aspettare che una lama lucida quanto i lampi in cielo gli recidesse la gola.
Il rosso del sangue darà un tocco di colore, pensò con sorriso amaro.
Già poteva immaginare la scena, vederla chiaramente come uno spettatore lontano. Un corpo scompostamente riverso contro un muro scrostato che denunciava un antico colore azzurro, ma che ora era solo grigio e sporco, abiti consunti a drappeggiare un cadavere senza nome, uno dei tanti destinati ad essere dimenticati quanto le vite che non avevano vissuto. E poi il rosso scarlatto del sangue; davvero una sgargiante macchia di colore in quel tetro quadretto.
Un capolavoro, sogghignò Jonghyun tra sé.
Il suo corpo fu percorso da un fremito che si trasformò in un singhiozzo. Stava piangendo, forse?
Oh, pensò, davvero potrei ridere se ne avessi la forza.
Quando era stata l’ultima volta che aveva pianto? Jonghyun era certo di non aver mai pianto in vita sua, nemmeno da bambino quando sopravviveva a stento per i crampi della fame. Alzò gli occhi al cielo grato della pioggia che cadeva sul suo volto confondendosi con le lacrime, così poteva avere almeno l’illusione di conservare un minimo di dignità davanti alla morte. Perché Jonghyun sarebbe morto, lo sapeva, se non per una lama simile ad una sfavillante mezza luna che quella notte non brillava, sarebbe stata la febbre a stroncarlo.
Il ragazzo strinse una mano a vuoto rivelando vene sottili sul polso. Se solo avesse potuto usare la sua abilità…ma quei farabutti gli aveva riempito il calice di birra già schifosamente annacquata di stramonio[1]. Ma, dopotutto, cos’avrebbe potuto fare il fuoco contro tutta quella pioggia?
Si spegnerebbe, pensò, come me…
Dunque sarebbe morto quella notte, in quel vicolo, tra quel fango e tra quello sporco. Non avrebbe mai conosciuto il piacere di un tetto solido sulla testa, un pasto caldo nello stomaco, non avrebbe mai potuto imparare a leggere. I mille libri che vedeva esposti nelle librerie di Busan sarebbero rimasti sogni irraggiungibili, tratti incompresi su pagine bianche ed egoisti detentori di segreti che non sarebbero mai stati suoi. Non avrebbe mai conosciuto l’amicizia, l’amore.
L’amore, pensò con amarezza.
Quanto poteva essere stupendo l’amore? Non avrebbe mai saputo cosa fosse davvero, sarebbe rimasto solo una parola stupenda e terribile allo stesso tempo. Un rimpianto ed una speranza. Quanto gli sarebbe piaciuto conoscere l’amore. Ma stava per morire, doveva solo attendere…
Le voci dei soldati lo riportarono alla realtà e Jonghyun scosse il capo.
No, pensò, non posso, non così!
Si alzò a fatica puntellandosi sul muro che lasciò sui suoi polpastrelli resti d’intonaco. Prese un bel respiro e con uno scatto improvviso riprese la corsa. Forse era solo il mero tentativo di una gazzella morente di fuggire al leone, ma almeno non sarebbe morto come semplice carne da macello. I corvi avrebbero avuto tutto il tempo per banchettare con le sue carni una volta spirato.
Raggiunse il porto. Il mare era come un nido d’immense e viscide serpi nere che si contorcevano l’una sull’altra. Tentacoli freddi che ghermivano navi simili a tronchi sballottati dai flutti. Le onde s’alzavano immense come non le aveva mai viste. Poi accadde qualcosa, fu come uno strano vorticare e sollevarsi, l’unica cosa certa fu che ad un tratto si ritrovò ad osservare tutto dall’alto. I palazzi, le case, le strade, le navi, divennero piccoli sotto si lui e le onde non sembrarono più così alte. Stava fluttuando nel vuoto sferzato da un vento ed una pioggia che non lo toccavano, come se galleggiasse in una bolla di sapone. Guardò in basso. Qualcuno correva lungo la banchina del porto inseguito dai soldati.
Dovrei essere io, pensò, eppure sono qui.
Per quanto Busan risultasse piccola e lontana sotto di lui, gli sembrava di osservare il ragazzo in corsa come se fosse a soli pochi metri da lui. Scosse il capo. Non aveva alcuno senso. Chi era? Era sicuro di non essere lui, anche se avrebbe dovuto esserlo…
Alla fine il ragazzo si voltò rivelando un volto delicato e dagli occhi sottili. Chi era? Perché aveva l’impressione di averlo già visto? Jonghyun boccheggiò. Quel volto proveniva dal passato, dal futuro o forse apparteneva al presente?
Il ragazzo dai tratti delicati guardò allarmato nella sua direzione ma senza vederlo, come se i suoi occhi magnetici lo attraversassero catturati da qualcosa che stava oltre. Jonghyun avvertì come uno strappo tirarlo tra le scapole ed anche il ragazzo divenne una macchia piccola e lontana prossima ad essere sommersa da onde minacciose. La bocca di Jonghyun s’apri a vuoto nel disperato tentativo di gridare, di mettere in guardia il ragazzo sotto di lui, ma per quanto si sforzasse nessun suono accennava ad uscire dalle sue labbra. La pioggia lo soffocava, lo annegava nelle sue stesse grida silenti che urlavano solo nella sua testa un nome che, per tutto il tempo, era rimasto posato leggero sul suo cuore. L’anelito di un amore promesso dal fato che doveva essere, sarebbe stato ed era.
 
 
Jonghyun si svegliò di soprassalto nel cuore della notte e subito si mise a sedere appoggiando la schiena ai cuscini. Era sudato, il suo petto ansimante era percorso da rivoli di sudore freddo come se fosse appena stato investito da una secchiata gelata. Si portò una mano all’altezza del cuore e respirò piano alla ricerca della calma perduta, poi si passò una mano tra i capelli ravvivando le ciocche castane che si erano incollate alla fronte.
Che cosa gli stava succedendo? Perché improvvisamente era tormentato da quegli incubi, da quei ricordi che credeva di aver seppellito per sempre? Perché ora quando tutto era meravigliosamente perfetto? Che strani giochi gli stava facendo la sua mente? Voleva forse insinuargli dubbi, insicurezze, piantare un tarlo sino a corroderlo? Come poteva vedere nero quando intorno a lui era un caleidoscopio di colori?
Sospirò cercando di rilassarsi tra i cuscini. La sua vita era così diversa, ora. Guardò la stanza intorno a lui, i mobili, le stoffe, gli scaffali pieni di libri che ora poteva leggere senza il timore di sentirsi deriso da quelle pagine un tempo incomprensibili.
Aveva un posto in cui stare, cibo, un’istruzione, un ideale, la fedeltà ad una causa, amici per i quali avrebbe dato la vita. Combatteva per ciò in cui credeva e riteneva giusto, non per sopravvivere al freddo e alla fame. Viveva.
La coperta frusciò vicino a lui e Jonghyun fece scivolare gli occhi al suo fianco. Subito il suo voltò s’illuminò di un sorriso dolce.
Adesso aveva l’amore ed era lì, accanto a lui, seppellito sotto la coperta calda che ne rivelava solo la punta del naso ed il capo corvino scivolato tra i cuscini colorati.
Jonghyun tornò a sdraiarsi puntellandosi sui gomiti ed osservando rapito Key che riposava quieto vicino a lui. Tuttavia, l’incubo era ancora troppo nitido perché il suo sorriso non si tramutasse in un’espressione preoccupata, apprensiva e perché il suo corpo non fosse percorso da un brivido che sapeva di paura ed ansia. Allungò una mano al volto semi nascosto di Key scostandogli delle ciocche dalla fronte e gli si fece più vicino, abbracciandolo. Key profumava di pulito, di fresco e conservava sempre quella nota dolce e pura.
Key mugugnò nel sonno prima di aprire lentamente gli occhi assonnati. Jonghyun lo guardò teneramente arricciare il naso, umettarsi le labbra a cuore e sgusciare dalla coperta per appoggiare il capo sui cuscini. Key sbadigliò.
-Perché sei sveglio nel cuore della notte? – chiese in tono lamentoso e assonnato.
-Non volevo svegliarti – disse Jonghyun dispiaciuto.
E non voleva davvero. Guardarlo riposare candidamente, al caldo, era quanto di più bello avesse mai potuto immaginare nella sua vita. Spesso si chiedeva come quella sorta di angelo capriccioso fosse atterrato tra le sue braccia, depositandosi accanto a lui come un petalo sospinto dal vento. Sarebbe rimasto ore ad ammirare quei tratti delicati, quel sorriso furbo e dolce, quegli occhi magnetici che avevano il potere di uccidere e donare amore al contempo. Com’era possibile che un tale capolavoro, che poteva essere stato scaturito solo da mani immortali, avesse scelto di donare il suo amore a lui? Lui che non era mia stato niente e che, infondo, non sarebbe mai stato nessuno.
Key si strinse al suo petto cingendolo in un abbraccio quasi possessivo. –Ho freddo – disse.
Jonghyun non riuscì a trattenere una risata. –Come puoi avere freddo sotto tutte quelle coperte? –
Key lo guardò di sbieco e sbadigliò. – La mia preferita è scappata. –
Poi Kibum alzò gli occhi. – Hai avuto un altro incubo? –
Jonghyun lo guardò stupito, se ne era accorto?
Kibum si mise a sedere stropicciandosi gli occhi. –Li hai spesso, vero? L’ho notato, sei sempre agitato e mi lasci al freddo –, disse con una punta di rimprovero.
Jonghyun sorrise perdendosi negli occhi calamitici dell’altro. Key aveva riempito il suo cuore di emozioni a lui sconosciute, illuminando e tinto il suo mondo con le punte delle dita dando vita ad una tavolozza arcobaleno. Forse i suoi incubi scaturivano dal terrore di perderlo, di tornare al buio e di abituarsi di nuovo all’oscurità. Non poteva esserci perdita o sconfitta più grande.
Key gli baciò una guancia e Jonghyun tornò alla realtà.
-Perché sei così turbato?- chiese il più piccolo accarezzandogli una guancia.
Jonghyun prese la mano dell’altro e ne baciò le punte delle dita.
-Ho il terrore di svegliarmi da questo sogno. –
Jonghyun sospirò. - A volte ti guardo e mi domando se tu non sia altro che un irrequieto spiritello di mezza estate destinato a scomparire con i primi aliti di vento invernale. –
Kibum sorrise leggermente inarcando le labbra rosate e lucide. – E’ questo che hai pensato di me la prima volta? –
-Nhe. –
Il sorriso di Key s’allargò ancora di più prima di tramutarsi in un’espressione furba ed intrigante che mise Jonghyun sull’attenti, sapendo che la testolina dell’altro stava macchinando qualcosa a sue spese.
-Ti rivelerò un segreto – gli sussurrò Key sul collo, prima di prendergli il volto tra le mani ed assaggiargli le labbra. –Sono davvero uno spiritello, ma ho intenzione di rimane qui tutto l’inverno a farmi scaldare da te. –
Poi Key lo guardò con tenera preoccupazione. –Senti? – domandò intrecciando le loro mani e giocando con i polpastrelli caldi del più grande. –Io sono reale, Jonghyun. -
Jonghyun sorrise con triste amarezza. - Alcuni sogni sono ingannevolmente reali. –
Gli occhi di Kibum si fecero lucidi. Perché non riusciva a rassicurarlo, a fargli sentire che era vicino? Com’era possibile che gli occhi luminosi di Jonghyun fossero immersi nell’ombra quando gli avevano mostrato mondi e fatto provare emozioni che non avrebbe mai potuto immaginare, quando avevano scaldato la sua anima e tinto il suo cuore di mille colori?
Kibum strusciò la sua guancia contro quella dell’altro e s’avvinghiò al suo collo.
-Allora baciami, accarezzami, stringimi, posso provarti di essere vero. –  
Le parole di Kibum fluttuarono tra loro simili ad una preghiera e Jonghyun rimase incantato ad osservare le labbra a cuore che le avevano pronunciate. Boccheggiò. La prospettiva di baciare Key in quel momento lo spaventava e ogni fibra del suo corpo era attraversata da scariche elettriche che lo stordivano. Con l’indice, Jonghyun alzò il mento del più piccolo incontrando i suoi occhi. Gli occhi felini di Key scintillavano nella penombra della stanza, capaci con un solo sguardo di distruggere convinzioni, buon senso, spezzare e lacerare cuori. Erano come lo spettro di colori ed emozioni cangianti. E Jonghyun non resistette, non era stata forse una preghiera, un ordine quello di Key? Baciami, accarezzami, stringimi…le parole del più piccolo risuonavano all’intorno come una dolce melodia appena pizzicata da dita sottili sulle corde di una cetra. Jonghyun lo strinse a sé e gli accarezzo le labbra con i polpastrelli e si umetto le proprie.
Kibum fissò il più grande e si lasciò avvolgere dalle sue braccia dischiudendo leggermente la bocca sotto il tocco leggero dell’altro. Jonghyun gli prese il mento ed iniziò a passare la lingua sulle labbra cuore di Key, mentre il più piccolo cercava di riconcorrerlo invano. Kibum soffiò indispettito, il più grande giocava con lui e con la sua bocca leccandola, mordendola e massaggiandola con labbra umide. Continuò a stuzzicarlo finché non l’avvolse in un bacio intenso.
Key miagolò tra le braccia e i baci di Jonghyun, mentre l’aria diventava ogni secondo più magnetica e calda. Stavano di nuovo fluttuando nel vuoto circondati da un caleidoscopio di luci incandescenti, tanto luminose quanto impalpabili. Nuotavano in quel mondo perfetto che, ora, era il loro tempo ed il loro spazio.
Kibum raddrizzò la schiena rispondendo al bacio ed aggrappandosi alle spalle del più grande. Jonghyun s’impose di mantenere il controllo e di non valicare quella linea sottile che il più piccolo aveva tracciato tra loro nell’intimità. Anche un semplice bacio con Key era come una danza in punta di piedi su una fune sospesa nel vuoto, un gioco tanto eccitante quanto pericoloso. Prima che avesse il tempo di riflettere, Jonghyun si sedette in ginocchio trascinando il più piccolo con sé facendolo sedere sulle sue cosce. Le sue mani corsero sulla schiena dell’altro accarezzandogli la pelle liscia sotto la camicia e Kibum inarcò leggermente la schiena mugugnando. Allora Jonghyun si fece più audace, la sua mano scivolò delicatamente sul fianco del più piccolo sino a raggiungere la coscia e sollevarla per far aderire di più i loro corpi. Kibum emise un ansito prima d’irrigidirsi quando le loro intimità si sfiorarono, allora sussultò e fu percorso da un brivido.
-J-Jong – mugugnò Kibum con un moto d’ansia nella voce.
Jonghyun si staccò. -Scusa, mi sono lasciato trasportare. –
Kibum si stropicciò le mani nervose sulle spalle di Jonghyun ed abbassò il viso arrossato e imbarazzato. Si mordicchiò il labbro inferiore incapace di sollevare lo sguardo.
-Lo so – fece Jonghyun abbracciandolo teneramente. – Non è ancora il momento. –
Kibum parve rilassarsi e appoggiò il capo sulla spalla dell’altro.
-Promettimi che domani starai attento ad Hanamsi. –
-E’ solo Hanamsi, Jong, cosa vuoi che succeda? – domandò Kibum sollevando gli occhi e sorridendo.
-Si alza il vento…- sussurrò Jonghyun, - potrebbe strapparti via da me. –
Jonghyun prese il viso di Key tra le mani. - Promettimelo, promettimi che tornerai da me. –
-Io tornerò sempre da te. –
 
 
***
 
I gradini di legno scricchiolarono sotto gli stivali di Kibum e una folata di vento gelido fece dondolare le lanterne spente che pendevano dalla pergola della locanda. La porta scorrevole, chiusa, oscillò. Il principe si strinse nelle spalle e sfregò le mani per riscaldarle, il suo respiro caldo volteggio davanti lui in nuvolette di condensa.
-Minho, vai pure a fare quella commissione per Jinki, posso sbrigarmela con Haneul da solo –, disse rivolto al ragazzo che stava sistemato i cavalli.
Minho lo guardò perplesso. –Uhm, sei sicuro? – chiese non del tutto convinto guardandosi intorno. Dopotutto, Jinki gli aveva affidato l’incolumità di Key e non poteva di certo andarsene in giro mentre l’altro svolgeva la missione, per quanto anche la sua commissione fosse di vitale importanza per il Leader.
Kibum fece scorrere gli occhi all’intorno e poi li alzò verso il cielo grigio e metallico di quella giornata gelida d’inizio novembre. Un brivido gli percorse il corpo e si morse il labbro. C’era qualcosa di strano nell’aria, tutto sembrava fermo, immobile e congelato in un tetro silenzio.
-Certo, ci rivediamo qui tra poco. –
Kibum entrò nella locanda e richiuse la porta scorrevole dietro di sé sperando di lasciare fuori gli aliti di vento freddo, ma anche all’interno il clima era il medesimo. Il principe arricciò il naso con disappunto. La sala era avvolta dall’oscurità, rischiarata solo da poche lanterne accese qua e là che pendevano immote dal soffitto. Il silenzio era totale, solo i suoi passi sulle assi di legno rivendicavano la presenza di un essere vivente.
-Hanuel? – chiamò.
Dov’era sparita? Che si fosse data alla macchia dopo l’esperienza della volta precedente? Kibum incrociò le braccia e tamburellò un piede per terra; si gelava e lui non aveva tempo da perdere, aveva un mucchio d’incombenze ad allenamenti al Rifugio.
-Haneul? – chiamò di nuovo.
Nessuna risposta. Kibum passeggiò nervoso tra i tavoli quando lo strisciare di una porta scorrevole lo costrinse a voltarsi.
-Buongiorno Key – lo accolse Yeouki con un sorriso sgargiante in volto.
Kibum s’irrigidì. Nonostante il tono cordiale della ragazza ancora non riusciva a piacergli, tuttavia ricambiò il saluto.
-Stai cercando Haneul, vero? Ha detto che saresti passato. –
-Dov’è? –domandò repentino. Non aveva alcuna voglia d’intrattenersi a fare conversazione con quella kisaeng.
-Fuori, ma tornerà presto. –
Un sorriso, che Kibum era certo fosse di finta simpatia, si dipinse sul volto della ragazza.
-L’aspetterò – disse glaciale.
-Mi ha detto che ti avrebbe raggiunto in magazzino, ci sono delle merci che desiderava mostrarti – disse subito Yeouki.
Kibum inarcò le sopracciglia.
-Vieni. –
Il principe sbuffò e seguì la ragazza malvolentieri. Non era proprio giornata, prima quel clima odioso, poi Haneul che lo faceva attendere e ora doveva sorbirsi la compagnia di Yeouki. La ragazza gli fece strada conducendolo lungo uno stretto corridoio sino ad una porticina e prese una lanterna appesa alla parete. Una volta acceso il lume glielo porse ed aprì la porta.
-Ecco – disse soddisfatta, - puoi scendere nel magazzino. –
Yeouki indicò delle scale di legno che scendevano sotto di loro perdendosi nel buio. I nervi di Kibum si tesero, una sensazione spiacevole appena assopita gli scorreva nelle vene. Probabilmente stava fantasticando troppo.
-Tu non vieni? – chiese mettendo il piede sul primo gradino e guardando Yeouki.
La kisaeng scosse il capo facendo tintinnare i lunghi orecchini di cristalli colorati che le adornavano i lobi.
-Oh no – disse quasi scandalizzata, - a noi non è concesso scendere in magazzino. Tu fai pure con calma, Haneul ti ha lasciato della merce da valutare nell’attesa. –
-Bene. –
Qualunque cosa pur di liberarmi di lei, pensò.
Kibum tenne alta la lanterna e scese cautamente le scale che scricchiolarono producendo suoni sinistri. Rabbrividì, lì sotto faceva ancora più freddo. La luce giallognola e opaca della lanterna si allargò intorno a lui permettendogli di vedere quanto meno dove metteva i piedi, finché non raggiunse la fine della scala. Si portò una mano al fianco con fare stizzoso e mosse dei passi nervosi all’intorno. Dov’era la merce? C’erano solo grosse casse di legno sulle quali fece passare la luce della lanterna.
Aish, non penserà che mi metta ad aprire queste casse, vero?
Fece un giro su sé stesso per essere certo di non essersi lasciato sfuggire nulla.
 
 

Kyuhyun, acquattato tra le casse del magazzino, osservò l’alone luminose di una lanterna rischiarare l’oscurità in cui era stato relegato. Intanto, dei passi risuonavano lungo la scala accompagnati da una luce giallognola che dapprima rivelò le punte di stivali, gambe snelle ed aggraziate fasciate da stretti pantaloni e, infine, un volto. Il volto che sperava d’incontrare.
Kyuhyun sorrise. Il principe non era cambiato di una virgola, solo i capelli erano leggermente più lunghi e pettinati lasciando libero il centro della fronte, il suo viso fine fluttuava nell’alone di luce risultando ancora più pallido. L’osservò scendere le scale e guardarsi intorno con aria impettita.
Sì, pensò Kyuhyun, è proprio lui.
Se avesse potuto si sarebbe messo ad esultare, ma non era finita. Benché la sua preda fosse solo a pochi passi da lui non era ancora nelle sue mani. Ci sarebbe stato tempo per esultare a lavoro concluso. Doveva essere veloce, coglierlo di sorpresa ed imbottirlo di stramonio prima che avesse il tempo di reagire, o il principe sarebbe stato in grado di far saltare in aria l’intera locanda se solo avesse voluto. Estrasse il fazzoletto imbevuto della sostanza tossica dalla tasca e lo tastò speranzoso.
Il principe picchiò il piede sulle assi di legno e fece per risalire le scale. Kyuhyun sgranò gli occhi, no, non poteva lasciarselo scappare. Con uno scatto repentino uscì dal suo nascondiglio e afferrò il ragazzo per il polso, poi lo bloccò e premette il fazzoletto sulla bocca del principe.
 
 

Kibum ne aveva abbastanza di stare in quello scantinato ammuffito e freddo. Arricciò il naso e si guardò nuovamente attorno tenendo alta la lanterna. Udì dei rumori da dietro le casse e tese le orecchie.
Non ci saranno pure i topi? Pensò, io odio i topi!
Rabbrividì. Da quando quella mattina aveva messo piede ad Hanamsi avvertiva una strana sensazione, una sorta di cattivo presentimento che la sua mente logica riteneva del tutto ingiustificato. Eppure non lo aveva abbandonato, al contrario una volta varcata la soglia della locanda era solo peggiorato. Sbuffò. La vista di Yeouki non aveva di certo migliorato il suo umore. Quella ragazza aveva suscitato il suo disappunto sin dal loro primo incontro, ed un campanello dall’arme gli suggeriva di non farsi ingannare da quei sorrisi mielati. Kibum era certo che il vero volto della kisaeng fosse quello omicida che aveva visto la prima volta, ora abilmente nascosto sotto una maschera di falsa cordialità.
Kibum si strinse nelle spalle mentre veniva percorso da un brivido. Considerato il suo stato d’animo un magazzino buoi ed infestato da topi e ragnatele non era esattamente il luogo adatto in cui stare. Udì un altro rumore e s’irrigidì investito da un moto di terrore. Si portò la mano al petto, il cuore palpitava di una paura strisciante e appena sussurrata, come se un incubo bussasse alla sua porta. Scosse il capo maledicendo mentalmente Jonghyun e le sue ansie.
Basta, pensò picchiando un piede per terra.
Non aveva alcuna intenzione di rimanere lì ad aspettare Haneul. Stava per poggiare il piede sul primo gradino della scala quando una presa ferrea gli avvinghiò il polso. Il resto accadde tutto troppo velocemente perché se ne rendesse conto. Seppe solo che scalciò e si divincolò invano, mentre un panno dall’odore e dal sapore amaro gli veniva premuto sulle labbra. A quel punto, tutto rallentò ed il mondo divenne opaco intorno a lui, la stessa oscurità che sino a pochi secondi prima aveva avvolto il magazzino sembrava quasi luccicante a confronto. L’odore amaro era tale che a stento represse un conato di vomito. Cercò di accumulare energia, ma il consueto formicolio che gli pervadeva le membra in quelle occasioni rimase silente quanto le sue grida. Non aveva fiato, gli sembrava di soffocare e le sue gambe divennero molli come cera. La vista s’offusco e l’oscurità fu sostituita dal nulla totale. Il suo ultimo pensiero coerente prima di piombare nell’oblio fu rivolto a Jonghyun. Poi, il buio ed il gelo lo avvolsero.
 
 
 
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, tempistiche permettendo ci vediamo la prossima settimana!
 
<3 If you love this story...tell me what you think <3
 
[1] Ricordo che è il veleno utilizzato per bloccare temporaneamente le abilità. Lo stramonio comune (Datura stramonium), conosciuto anche come erba del diavolo, è una pianta appartenente alla famiglia delle Solanaceae. Si tratta di una pianta molto velenosa a causa dell'elevata concentrazione di alcaloidi presente soprattutto nei semi. Ha proprietà allucinogene. Se ingerita può provocare grave nausea, crampi, dolori addominali e portare alla morte.
   
 
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