Anime & Manga > Yuri on Ice
Ricorda la storia  |      
Autore: Agapanto Blu    19/11/2016    5 recensioni
“Yakov non mi piace.” Scivolò sul ghiaccio prima che Viktor potesse richiudere la bocca, aperta dallo stupore, e chiedergli ragione delle sue parole.
Raggiunse il centro e assunse posizione per partire con la certezza assoluta che l’Eros che stava per mostrare sarebbe stato ancora diverso da quello interpretato fino ad allora.
Le prime note gli sciolsero le braccia.

***
Dal momento che parlare con Vitya è come parlare ad un muro, Yakov prova a convincere Yuuri che il posto di Viktor è sul ghiaccio, non a giocare all'allenatore.
Yuuri non è d'accordo. Proprio per niente.
***
[Post Episodio 7 - Canon Compiacente - L'avvertimento Tematiche Delicate è per menzione delle leggi anti-LGBT in Russia, e quindi Omofobia]
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yakov Feltsman, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Dal Tumblr di Agap'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Eros Capriccioso



Per un momento, all’inizio, aveva pensato di aver capito male. Non era mai stato forte con l’inglese prima di cominciare con le gare internazionali e anche ora, con l’allenamento continuo fatto nel parlare coi giornalisti e con Viktor, ogni tanto finiva inevitabilmente per perdersi qualche parola, per confondersi. La sua pronuncia, lo sapeva bene, era lontana dalla perfezione, ma anche Viktor aveva un pesante accento russo, in qualsiasi lingua parlasse, e ogni tanto era davvero difficile seguirlo.

Una vocina nella sua mente, una di quelle che parlano con falsa indifferenza e che era impossibile non immaginarsi intenta a ispezionarsi le unghie smaltate, gli fece notare che Yakov lasciava permeare il russo nell’inglese molto meno di Viktor. Che aveva scandito le parole lentamente, fissandolo negli occhi. Che aveva dato ad ogni sillaba un peso specifico e un’intonazione che ne rendevano il significato inequivocabile.

Tell Vitya to stop playing coach.Di’ a Vitya di smettere di giocare a fare il coach.

Yuuri spese un momento per maledire la sua vescica e il nervosismo che lo aveva spinto a bere due bottigliette d’acqua tra l’inizio e la fine delle sue interviste pre-gara. Adesso, finalmente libero dagli impegni mentre Viktor si occupava degli ultimi reporter, aveva tentato di raggiungere il bagno, ma solo per finire in quello che sembrava tutto un agguato.

L’evento in Russia era stata nei suoi incubi per giorni dopo il gesto avventato di Viktor alla finale della Coppa Cinese. Ovviamente i giornalisti erano stati addosso a entrambi, ma con l’aiuto di Phichit e Christophe erano riusciti ad evitarli fino alla partenza dalla Cina. Dopo, con San Pietroburgo negli occhi e l’aria russa in corpo, la scusa degli allenamenti era bastata a respingere i media.

Ora, a neanche un’ora dal suo turno, Yuuri si rendeva conto di aver altamente sottovalutato la situazione, e soprattutto la direzione da cui l’attacco sarebbe potuto arrivare.

“Ah—… Io, veram—… Io non—… Uh?” Bravo. Eloquente. Così si fa.

Yakov aggrottò la fronte, e Yuuri sapeva che stava certamente chiedendosi per che razza di imbecille il suo allievo avesse lasciato il pattinaggio. Sicuramente lo stava detestando, come tutti del resto. Ma se con il mondo Yuuri voleva essere crudele, mettere in mostra Viktor solo per il gusto di poterselo poi tenere per sé, senza condividere altro che qualche frase a un giornalista o uno sguardo alla camera in cui sarebbero comunque apparsi entrambi, con Yakov sembrava essere diverso.

Yakov non voleva Viktor. Yakov voleva che Viktor smettesse di allenare, non gli importava di Yuuri di per sé. 

L’uomo sospirò, con la pesantezza esasperata di un adulto che parli ad un bambino, o un genitore ad un figlio troppo distratto per prestare attenzione. Quando aprì gli occhi, piccoli nel viso dagli angoli duri e taglienti, nella pelle rubizza e nelle rughe del tempo e di una rabbia continua ma forse non sempre genuina, le iridi azzurre erano impietose quanto le parole che Yuuri tradusse nella mente con sgomento.

L’ho già detto a lui a Pechino,—” snocciolava, in inglese frammentato e spezzettato, tagliato dalla voce roca e da un’offesa apparentemente insanabile, “—ma guai ad ascoltarmi mai, quel ragazzo, quindi lo dico a te ora. Viktor deve decidersi a smettere di giocare e a crescere per una volta.” L’uomo aggrottò la fronte. “Ha già dimostrato che come allenatore è a dir poco patetico.

La stessa voce di prima, le unghie ora dimenticate, ripeteva l’ultima parola schioccando la lingua con offesa. Patetico. Quell’uomo aveva appena chiamato Viktor patetico.

Yakov scosse la testa. “Se verrà a pregarmi in fretta, forse riuscirà ancora a pattinare per qualche anno, e—

“Non è così!”

Due pattinatrici della sezione femminili, intente a ridere tra loro mentre uscivano dal bagno, smisero immediatamente nel sentire la voce forte, chiaramente alterata, e Yakov non sobbalzò, certo, ma i suoi occhi si sgranarono alla veemenza con cui venivano confrontati.

Yuuri ignorò tutto. I pugni stretti lungo i fianchi e la testa alta, i capelli già tirati all’indietro e il costume da Eros che lo fasciava morbido sotto la tuta per dargli tutta la confidenza di una seduttrice maliziosa, compì quei tre passi che lo portarono direttamente nello spazio di Yakov, così vicino da lasciare forse solo una spanna di distanza tra se stesso e l’altro uomo. 

All’inizio aveva avuto la stessa espressione di quando nel parcheggio Viktor gli aveva detto si sarebbe ritirato, lo sapeva, ma la reazione che si sentiva montare dentro, oh no, quella era ben diversa. La sentiva montare dal fondo dello stomaco come lava rovente che gli accelerava il cuore e gli pompava nelle orecchie, che lo rendeva più alto e più forte e più prepotente. La stessa forza che gli davano le lame sotto i piedi e il giaccio ai suoi comandi, quella che lo aveva spinto a prendersi confidenza dopo confidenza, a dare ordini — lui, tra tutti — perfino al suo idolo, a disobbedire al grande Viktor Nikiforov solo per la soddisfazione di mettere a tacere il mondo.

Ora bruciava, Yuuri, per mettere a tacere un uomo solo.

“Non è così,” ripeté, la voce più bassa ma il suo sussurro carico di veleno, abbastanza da ammazzare un elefante almeno. “Viktor è bravo. Sa quello che sta facendo. Fa i suoi errori, certo, ma non è patetico.” I suoi occhi castani non erano naturalmente gelidi come quelli azzurri di Viktor stesso, ma erano voragini scure che promettevano un vuoto senza fine e una rabbia che risucchiava tutto. “E lui non ha bisogno di pregare nessuno. Mai.” La sola idea era ripugnante, Viktor costretto ad umiliarsi di fronte a quell’uomo… No, Yuuri non la concepiva. “Non vorrei nessun altro come coach.”

E se deve supplicare qualcuno, allora supplicherà me, sibilò una parte di lui, ma per il momento la mise a tacere.

Yakov sembrava sorpreso, ma non impressionato né tantomeno intimidito, dall’improvvisa ostilità del pattinatore di fronte a lui. Certo, il cambiamento era stato tanto improvviso da confonderlo per un attimo e l’intensità del ragazzo era inaspettata. Ma, in fondo, era l’allievo di Viktor: ovviamente aveva dovuto apprendere tutti i difetti di quello scapestrato, molto più che le sue tecniche o il suo stile.

Ragazzo,—” e le parole gli uscirono accentate pesantemente, nel momento di irritazione, ma comunque chiare, palesi, “—c’è differenza tra una buona scopata e un buon coach.

Le labbra di Viktor sulle sue, le scuse dopo in albergo, le paure sussurrate nella camera buia, il tremore di un corpo così abituato alla vittoria da non sapere come esprimere l’incertezza. “Non voglio che ti succeda nulla, Yuuri, ti prego.” La gara in Russia che era il trampolino per il Gran Prix e una camminata sulla corda a cento metri dal suolo, in bilico sotto gli occhi delle telecamere e sopra le leggi anti-LGBT russe.

La mano di Yuuri ebbe uno spasmo, come a ordinargli di sollevarla e permetterle di colpire il naso di quel mostro che osava sputare parole così denigratorie e così pericolose senza riguardo per chi esse potevano ferire e per ciò che potevano causare.

Le pattinatrici uscite dal bagno sgranarono gli occhi e si guardarono attorno, chiaramente timorose di chi potesse aver sentito. Perché Viktor era solo di Yuuri, ora, ma tutti pensavano averlo in Giappone fosse sempre meglio che perderlo per sempre.

“Non sa niente.” Yuuri non poteva colpirlo. Non poteva mandare all’aria tutto il lavoro di quei mesi, tutto l’impegno suo e di Viktor, quella chance che poteva essere l’unica per entrambi. Non poteva attirare l’attenzione e mettere in pericolo sé stesso e Viktor. “Lei non sa proprio niente.”

Si voltò sui tacchi e si affrettò a lasciare il corridoio prima che quella voce prepotente nella sua testa lo convincesse che essere escluso dalla gara per aver colpito un allenatore avversario e possibilmente andare in prigione fossero effetti collaterali irrisori di un’azione accettabile.

Yakov lo guardò andare via e grugnì un’imprecazione tra i denti prima di decidersi a tornare da Georgi.

 

***

 

“Yuuri?”

“Sì?” Troppo secco. Perfino Yuuri si era accorto dell’irritazione palese nella propria voce.

Le voci agli altoparlanti comunicarono i risultati di Yurio, segnale che entro pochi secondi sarebbe stato il suo turno di scendere sul ghiaccio, e finse di lasciarsi distrarre da essi e dalla competizione per non riconoscere la leggera inclinazione della testa di Viktor, la luce in quegli occhi azzurri che lo scrutava come a volergli strappare il suo segreto con delle tenaglie.

Se fossero stati in Giappone, o ancora in Cina, Yuuri non dubitava che Viktor sarebbe ricorso a qualsiasi metodo — solitamente un’invasione palese dei suoi spazi e qualche contatto fin troppo intimo per le telecamere che li circondavano — per farsi dire cosa non andasse. Ma non erano in Giappone, erano in Russia e Viktor stava in piedi a un metro da Yuuri, abbastanza vicino da parlare senza essere udito da nessun altro ma anche abbastanza lontano da non suggerire niente di più di un normale rapporto coach-pattinatore.

In tutto quello spazio, a Yuuri mancava l’aria. Soffocava in silenzio mentre si toglieva il giubbotto della felpa per rivelare la stoffa nera attillata e i cristalli scintillanti. Carezzò il suo costume come fosse una promessa, la soddisfazione proibita di dare sfoggio di quel lato di sé che fuori dal ghiaccio avrebbe dovuto nascondere ancora per un po’.

Un bacio solo non è una prova, anche in mondovisione,” aveva detto Viktor sull’aereo, il bracciolo tra di loro che sembrava un muro alto un chilometro e freddo come il marmo. “Basterà tenere un basso profilo e andrà tutto bene.

Next: Katsuki Yuuri, Japan.

“Tocca a te.” Viktor sorrise nel prendere il giacchetto e le coperture delle lame dei pattini che Yuuri gli offriva. Le loro mani si sfiorarono appena, giusto quel tanto da lasciare un marchio infiammato sulle loro carni, giusto per ricordarsi. “Come a Pechino, d’accordo? Lasciali tutti a bocca aperta.”

“Non mi importa di loro adesso.” Era la prima volta che Yuuri rifiutava la presenza degli spettatori, lo sapeva: di solito, questi erano o la sua principale fonte di stress o la sua motivazione per dare il massimo. Ironico, pensò ricordando l’ultima prova a Pechino, come Viktor ormai tendesse a ricoprire entrambi i ruoli continuamente. “Ho una persona in mente.”

Gli occhi di Viktor ebbero un lampo, ma l’uomo si trattenne dal guardarsi intorno. Non si aggiustò nemmeno la cravatta, come faceva di solito quando era nervoso, né il cappotto nero. “Yuuri,” disse solo, con un briciolo di avvertimento nella voce, ma l’altro scosse la testa.

Next: Katsuki Yuuri, Japan. Please, reach the rink.

“Yakov non mi piace.” Scivolò sul ghiaccio prima che Viktor potesse richiudere la bocca, aperta dallo stupore, e chiedergli ragione delle sue parole.

Raggiunse il centro e assunse posizione per partire con la certezza assoluta che l’Eros che stava per mostrare sarebbe stato ancora diverso da quello interpretato fino ad allora.

Le prime note gli sciolsero le braccia.

 

***

 

Viktor non si illudeva di aver imparato come comportarsi con Yuuri. Pechino gli aveva aperto gli occhi alquanto bruscamente su quanto incapace di gestire l’emotività e gli improvvisi scatti di forza del compagno — compagno, una parola che ancora non aveva mai usato ad alta voce, ma che progettava di ripetere e ripetere e ripetere e probabilmente incidersi nella carne ad un certo punto, appena avessero lasciato la Russia —. Ma lo stesso, quest’ultima frase lo coglieva completamente impreparato.

Il suo ex allenatore era una persona particolare e, con il carattere che aveva, non lo sorprendeva che Yuuri non lo apprezzasse a dire il vero; ma Yakov non aveva mai nascosto il disprezzo per la sua decisione, e conseguentemente si era alquanto impegnato nell’evitare a tutti i costi il pattinatore che aveva strappato il suo prodigio dalle competizioni. Yuuri non era persona da odiare senza alcun motivo, da far commenti così velenosi senza ragione, quindi qualcosa doveva essere successo.

Con la coda dell’occhio, portando una mano piegata a coprire la piega scontenta delle sue labbra, spiò il suo allenatore pochi metri più in là, accanto a Georgi e con gli occhi puntati sul ghiaccio. Effettivamente, anche lui sembrava alquanto irritato alla vista di Yuuri.

Le prime note strapparono Viktor ai suoi pensieri, con la promessa di lasciare che vi si scervellasse sopra più tardi, dopo essersi assicurato un bel punteggio nella prima performance della gara, e lui tornò a guardare il ghiaccio.

Yuuri era diverso, lo si capì dalle prime mosse.

La sua danza e i suoi movimenti erano perfetti, i piedi sul ghiaccio saldi e precisi al millimetro, ma c’era qualcosa nei fianchi e nelle braccia… 

Era fluente e un attimo dopo non lo era più; alla morbidezza delle allusioni e delle moine seguivano sempre raptus improvvisi, movimenti chiusi di scatto come schiaffetti su mani troppo audaci. Yuuri era ancora la donna più bella che seduceva il don Giovanni, che lo rendeva da predatore a preda con il fuoco del suo corpo e il ghiaccio del suo cuore, ma ora la ragazza era più possessiva e nello stesso gesto con cui carezzava il volto del suo amante scacciava le altre pretendenti, le respinte e le ignorate allo stesso modo. Era soave con il suo uomo, ma guai alle altre che provavano ad avvicinarsi. Faceva tutto alle spalle di lui, seducente ma anche inviperita, e quell’Eros un po’ infantile donava sul volto pallido di Yuuri, sulla sua espressione che cangiava da seducente a presuntuosa a seconda di come le luci gli cadevano addosso.

Viktor non aveva idea di cosa Yakov avesse fatto, ma la dichiarazione lì di fronte a tutti non avrebbe potuto essere più chiara che se quel ragazzo l’avesse incisa con i pattini: Yuuri aveva Viktor e poteva farne ciò che voleva, e non aveva alcuna intenzione di restituirlo, non importa quanto le povere sciagurate venute prima di lui avessero tentato di riprenderselo.

Neppure il quadruplo Salchow, eseguito magistralmente.

Quando l’ultima nota si spezzò negli applausi del pubblico, Yuuri non sembrava stare abbracciando sé stesso. Le sua braccia sembravano avvolte attorno all’uomo misterioso, la sua conquista tanto quanto la sua preda.

Viktor lo attese rigido all’uscita dell’arena. Yuuri fu altrettanto distaccato nell’accettare le protezioni per i pattini e il proprio giacchetto. Seduti vicini, attesero il verdetto.

Oltre i cento punti, al pari di alcune tra le migliori performance di Viktor stesso. 

Si spostarono nelle stanze interne, con gli altri pattinatori già passati, senza degnare di uno sguardo Georgi sul ghiaccio o Yakov in tribuna.

 

***

 

Phichit guardò Yuuri con ansia, e non sarebbe stata poi una gran sorpresa se il pattinatore thailandese, con tutti i sui contatti virtuali e non, fosse davvero venuto a sapere del confronto tra questi e Yakov.

Viktor aggrottò la fronte, ma rimase in silenzio.

 

***

 

La performance di Georgie non era la migliore, decisamente, e gli permise a malapena il quarto posto, ma a Yuuri non interessava. Fissò la porta anziché lo schermo, per tutto il tempo, solo per vedere l’espressione di Yakov quando l’avesse oltrepassata e si fosse sentito addosso lo sguardo rovente del primo classificato.

Non lo delusero, in effetti, la linea spezzata della bocca e le rughe tra le sopracciglia, la tinta ancor più scura della pelle e il lampo negli occhi. Come i loro sguardi si incontrarono, la tensione nella stanza salì alle stelle.

Chris forse tentò di chiedere qualcosa, o di smorzare i toni con una battuta, ma nessuno gli prestò ascolto. Viktor era troppo occupato a spostare gli occhi dall’uno all’altro e Phichit sembrava incerto se fosse effettivamente il caso di trattenere fisicamente il suo amico. Yurio sbatteva le palpebre come un pazzo, chiaramente confuso.

Yakov schioccò la lingua, ritirandosi dal confronto di sguardi ma muovendosi in avanti, camminando fino a stare al fianco stesso di Yuuri.

Non cambia niente,” sibilò, senza guardarlo negli occhi, ma fulminando invece Viktor.

“No, non lo fa,” rispose Yuuri, fermissimo, spostando il peso sui propri piedi in modo che avrebbe potuto sembrare accidentale, se non fosse stato giusto sufficiente a interrompere la linea visiva tra i due russi. “Prova solo che avevo ragione.” 

Tu…!” Yakov voltò la testa di scatto, e Georgie sembrò lasciarsi andare un verso di paura che si rifletté anche sul viso di Yurio e in parte di Viktor stesso. Come se nessuno dei tre avesse mai pensato qualcuno potesse rispondere a quel modo al loro allenatore. Yuuri li ignorò tutti. 

Io sono il pattinatore di Viktor,” sibilò, la voce a malapena nei limiti del normale volume.

C’era di più in quella sola frase di quanto chiunque non li avesse mai visti insieme, ma visti davvero, potesse capire. C’era tanto un’affermazione quanto una dichiarazione di possesso, una confessione d’amore quanto un rifiuto nella superiorità assoluta di un diamante verso un semplice straccio vecchio.

“Yakov.” Yuuri vide solo nella periferia del suo sguardo la donna alta e austera, i capelli neri tirati e una mano saldamente poggiata sulla spalla di Yurio, che chiamava l’allenatore come avrebbe potuto fare con un cane, ma non distolse lo sguardo. “Andiamo.”
 

***

 

In sua difesa, Viktor si trattenne fino a quando non furono nella sua vecchia casa, un appartamento fin troppo grande per una persona sola e fin troppo ordinato perché ci avesse davvero vissuto con la libertà con cui aveva fatto in Giappone ma se non altro più sicura di una camera di albergo o un appartamento della federazione.

Una volta dentro, chiuse la porta e poi afferrò Yuuri da dietro per la vita e seppellì il volto nel solco tra le sue scapole. “Cosa ti ha detto Yakov?”

“Niente.”

Yuuuuuuuuuri!

Yuuri voleva restare arrabbiato, l’irritazione ancora non era scemata certo, ma era difficile riuscirci con un alto bellissimo atleta russo che gli baciava il collo. “Viktor!”

“Cosa ti ha detto Yakov?”

“Niente di importante!”

Viktor permise a Yuuri di girarsi nel suo abbraccio solo per poterlo guardare in faccia mentre gli rivolgeva un sorriso vagamente malefico. “È già qualcosa in più di prima. Quanti baci mi servono per avere tutta la storia?”

Non attese nemmeno risposta prima di afferrare l’altro per i fianchi e sollevarlo, quasi senza sforzo per portarselo al divano. Lasciò cadere entrambi sdraiati sui cuscini mentre Yuuri rideva di lui e rotolò sulla schiena in modo da avere l’altro sul ventre. Gli baciò le labbra, ma cautamente, perché in fondo non erano andati così tanto oltre dopo il bacio a Pechino.

Yuuri gli sorrise dolcemente quando si ritrasse, anche il volto arrossato indicava l’intimità gli fosse ancora parecchio estranea e gli occhiali che gli scivolavano sul naso lo rendevano tanto adorabile quando buffo. “Tanto non te lo dico lo stesso.”

Yuuri!

 

***

 

Per qualche bacio sulle labbra in più, Viktor decise che forse non era poi così importante, qualsiasi cosa Yakov avesse detto.



 


Note d'Autrice:
Sono certa che Yakov non sia una persona orribile, ma mi sta sulle scatole lo stesso per aver detto a Viktor di non parlargli più se non per supplicarlo di tornare a pattinare. Può fare il cattivo, qui, non mi interessa.
Dunque, a parte tutto, *sventola bandiere arcobaleno e striscioni Gay Pride come un'ossessa* voi non avete idea di quanto questo anime mi stia rendendo felice e di quanto significhi per me. Ho voluto aggiungere qui il riferimento alle leggi anti-LGBT, che sono il motivo per l'avvertimento Tematiche Delicate, anche perché un po' sono preoccupata di cosa succederà nei prossimi episodi visto che Yuuri dovrà parteciare alla gara in Russia. Vedremo, però. Comunque il bacio c'era, questo è Canon e "Yuri On Ice" ha davvero "fatto la storia" come dichiara nella sigla.
Yuuri è il mio spirito guida e la sua prepotenza/infantilità in certi momenti è meravigliosa. Lo adoro.
Quindi niente, mi sono appropriata anche di questo fandom.
A presto,
Agapanto Blu

P.S.: Tumblr, anybody? Io sono QUI.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yuri on Ice / Vai alla pagina dell'autore: Agapanto Blu