Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: _Corin    21/11/2016    2 recensioni
01. In cui Nico è ammalato e Will è il suo dottore (ma rischia di essere davvero poco professionale, quando si tratta di lui).
02. In cui Nico e Bianca rimangono all'Hotel Lotus fino alla fine della guerra. Will è il fortunato prescelto per recuperarli (con tutto ciò che ne consegue).
03. In cui Nico vede demoni ovunque, Percy parla con le sirene del gabinetto, i loro amici sono degli impiccioni e il dirimpettaio ha degli ottimi gusti.
04. In cui sorprendentemente non ci sono morti o feriti o iceberg, solo molto zucchero.
05. In cui Will fa una scommessa e vince tutto.
06. In cui lavorare in una casa di riposo non è poi così orribile (e il merito potrebbe essere dell’infermiere con il sorriso più luminoso del mondo).
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico/Will, Quasi tutti
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ice and sugar

 

 

Modern!AU non meglio specificata in cui sorprendentemente non ci sono morti o feriti o iceberg, solo molto zucchero.

Con la partecipazione speciale di Celine Dion.

 

 

 

È il telefono che squilla a svegliare Nico. Non sta davvero dormendo, perché quando dorme i pensieri lo pungolano con più insistenza e non riesce a scacciare il viso di Bianca. Fissa il soffitto dipinto di nero, semplicemente.

Per un secondo pensa di non rispondere, ma poi si rimprovera; l’ultima volta che qualcuno ha chiamato e lui non ha risposto, era l’ospedale che lo avvisava che sua sorella era stata ricoverata. Si allunga verso il cellulare e le ossa gli scricchiolano. Il numero sullo schermo non è quello di Hazel o di Percy, come si era aspettato. Sconosciuto.

Risponde.

-Buongiorno- saluta qualcuno dall’altra parte. È la voce di un ragazzo, sconosciuto e innaturalmente allegro. -Sono Will Solace.

Nico attende qualche secondo che il ragazzo continui. Non lo fa. -Quindi…

-Oh, spero di non disturbare. La disturbo?

Nico non sa cosa rispondere. Dire di sì sarebbe davvero troppo villano, anche per lui. Sentirebbe i rimproveri di Bianca a perforargli le orecchie per tutta la sera.

-No, non disturba. Perché ha chiamato?

Will sembra ridere. -Ho trovato il tuo numero scritto sul bancone di Chirone. Non lo conoscevo, e io conosco tutti qui al Campo, sai? E poi mi annoiavo un pochino.

Nico non sa cosa rispondere. Non si accorge nemmeno che Will ha abbandonato il lei. Sulle sue palpebre si staglia nitida l’immagine di Bianca che scrive il suo numero sul bancone con un pennarellone nero, nascondendo il gesto con una mano. Gli appaiono le dita lunghe che trafugano un sottobicchiere per coprire la scritta, e il suo sorriso. -Ecco,- aveva detto. -Così conoscerai qualcuno, musone.

Qualche tempo prima dell’incidente. Più di un anno prima.

Il silenzio si è fatto davvero troppo lungo, perché Will Solace si sente in dovere di riempirlo. -Troppo strano?

Nico fa un cenno di diniego, quando si accorge che Will non può vederlo. -No, va bene.

-Un po’ strano lo è, comunque. Tu chi sei?

-Troppo personale.

-Ma non vale, se devo conoscerti. Mi serve il tuo nome.

-Troppo personale.

-Okay, allora. Colore preferito?

Nico non ci mette neanche un secondo, per rispondere. -Nero.

Will ridacchia. -Dei, piuttosto scuro. Preferisco decisamente l’arancione.

-Sì, sei il tipo- conviene Nico.

-Probabilmente hai ragione. Vedi? Questa cosa funziona alla grande, ormai siamo praticamente amiconi. E tu che tipo sei?

-Troppo personale.

-Oh, è difficile così! Nero, okay. Emo, o forse Dark? Se usi l’eyeliner devi dirmelo subito, potrei prestarti a mia sorella così mi darebbe tregua come cavia dei suoi esperimenti… okay, no, aspetta, questo avrei dovuto aspettare almeno il secondo appuntamento per dirlo. Diciamo… topo d’appartamento? In lutto?

Nico vorrebbe dire Bingo!, ma è ancora bloccato a sorella, e d’altra parte non è il tipo. Non è neanche il tipo che chiacchiera con gli strani sconosciuti al telefono, a dirla tutta, quindi perché…

-Okay, okay. Sei un tipo silenzioso. E riservato. Molto riservato. Mi piace, conosco troppi impiccioni. Studi?

Nico contrae le labbra. -Mi sono preso un anno sabbatico.

-Tu?- continua prima che Will possa approfondire.

-Medicina. Devo iniziare l’università a settembre, ma penso già che potrei prendere un paio di specializzazioni diverse, sai, per variare.

Inizia a chiacchierare velocemente dei corsi in comune e esami che ha intenzione di dare. -Non chirurgia, sicuramente, non è il mio genere.

Nico annuisce. No, non è il suo genere, sicuramente. -Hai fratelli?- domanda, interrompendo la sua argomentazione sulla ricerca. Se ne pente un secondo dopo, ma è troppo tardi. Sorella, lo ha già detto, non c’è bisogno di approfondire.

-Oh, sì, decisamente troppi. Siamo in dodici, in famiglia. Mio padre non si ferma mai, e non è un grande fan delle precauzioni.

Improvvisamente, Nico ha una vaga idea di chi possa essere Will Solace. Il ragazzo con i rasta che suona il sassofono fuori dai locali, o forse il ragazzo basso con un pessimo carattere? Sono una famiglia troppo numerosa perché Nico non li abbia mai visti, e decisamente troppo rumorosa. Fanno luce, ovunque vadano.

-In realtà, siamo in dieci. Mi dimentico sempre. Lee… e anche Michel. Sono morti. Entrambi.

Nico comprende con qualche secondo di ritardo – e forse il motivo è anche la leggerezza con cui Will parla della morte sei suoi fratelli, lui non ne sarebbe capace. -Non lo sapevo. Non avrei dovuto chiedere.

-Non fa niente, Nico. Non lo sapevi. E poi, erano andati in guerra. Sono cose che capitano, immagino.

Nico si sente improvvisamente molto vicino alle lacrime. -Non mi hai chiesto se io ho fratelli.

-Non ne ho bisogno, Nico.

-Non mi hai chiesto neanche come mi chiamo. Come conosci il mio nome?

Improvvisamente nella sua testa si forma l’immagine di Percy, o Piper, che chiedono ad un povero sventurato di chiamarlo e spingerlo ad aprirsi. Magari ad uno studente di psicologia. Will ha detto qualcosa sulla psicologia, nella sfilza di specializzazioni? Forse Will non è nemmeno il suo vero nome. O forse…

-Era scritto qui. Vicino al numero. Nico. Sei di Angelo, non è vero?

Sì, è Di Angelo. Nico Di Angelo. Il fratello pazzo della ragazza morta, e al Campo lo conoscono proprio tutti. Forse la sua storia sarà leggenda, quando diventerà niente più che un vecchio che spaventerà i bambini che proveranno ad avventurarsi per il suo giardino.

Digrigna i denti, ma non ha davvero voglia di litigare o arrabbiarsi. Le forze gli sono andate via, non è niente più che un palloncino sgonfio. Vuole solo tornare a fissare il soffitto.

-Ecco, ora puoi dire di conoscere proprio tutti, al Campo. Spero di non averti annoiato.

-No, aspetta, Nic- ma la conversazione è chiusa prima che possa finire la frase.

Il silenzio, dopo, è insostenibile – neanche uno scricchiolio di ossa a ricordargli che è ancora vivo.

 

Il telefono squilla altre volte, nei giorni seguenti. Nico aspetta sempre il settimo squillo, l’ultimo, prima di rispondere, e ogni volta spera di riuscire a ignorarlo. Non ce la fa mai. Ogni volta preme il pulsante con il pensiero di Will fisso in testa – il che potrebbe essere un lato positivo, perché prima pensava a Bianca.

Bianca sa di dolore. Will, invece, sa di tante cose che Nico non riesce a riconoscere. Una è la speranza, ma a Nico non va di pensarci, perché è davvero penoso; quella con Will è stata la prima conversazione normale da più di un anno. In realtà, forse, di tutta la sua vita.

Non è mai Will, comunque. L’assistente dello psicologo di cui ha saltato l’appuntamento, Jason, Hazel, Reyna.

La speranza si attenua a poco a poco, annacquata da tutto quello che è la vita di Nico al momento: il nulla.

 

Quando succede, Nico non lo fa di proposito. È vittima degli eventi – come al solito – ma per una volta non gli dispiace, non davvero. Anche se non lo ammetterà mai.

Si risveglia fra le coperte sudate, aggrovigliato e mezzo per terra. Finisce completamente sul pavimento nel tempo che ci impiega ad aprire le palpebre. Le mattonelle sono piacevolmente fresche sotto di lui, perciò non si muove. Rimane lì per un tempo imprecisato.

Quando si rialza ha preso una decisione, ma non è davvero una sua decisione. Il suo cervello non c’entra nulla. È ogni cellula del suo corpo. Chiede pietà, un secondo di pausa fra un sogno e un altro, una boccata di aria fresca.

Non pensa, per tutto il tempo che gli ci vuole. Non pensa mentre si allaccia le scarpe, mentre cerca le chiavi che non usa da un bel pezzo e chissà dove sono finite, mentre il cielo del colore della carta da zucchero si affaccia oltre la soglia di casa sua e poi sulle strade che percorre e passo svelto ma con lo sguardo troppo lontano dal selciato, che è tutto ciò che in genere guarda mentre cammina. Respira più velocemente del solito, ma l’aria fresca non è abbastanza, non è quello che davvero cercava. Il cuore gli batte ovunque, contro le costole e nelle orecchie, ma non è ancora abbastanza perché si consideri vivo, non è abbastanza, vuole di più.

Will.

Se pensasse, le cose andrebbero in modo diverso. Si arrenderebbe ai nodi dei lacci e alla ricerca di un paio di pantaloni, alle chiavi e agli sguardi insistenti. Non supererebbe le coperte, i gradini, la porta. Si chiederebbe, forse, che ore sono, e considererebbe l’idea che Chirone possa essere chiuso, o che Will possa non passare lì tutta la sua vita, o che forse non abbia voglia di vederlo, e che quella volta possa davvero essere stata uno scherzo di cattivo gusto, come ha creduto la prima volta. Anche se in realtà non l’ha mai davvero del tutto creduto. Se pensasse, le cose non andrebbero.

Non pensa. Si ritrova davanti alla parete coperta di rampicanti senza la concezione della strada percorsa. Si avvicina alla porta e si rende conto che è aperto solo dopo aver spinto ed essere entrato. Nessun trillo ad annunciarlo; Nico è un’ombra, nel locale solitamente pieno e rumoroso. Ora, l’unico suono ad animarlo è un fischiettio rilassato. Nico vorrebbe pensare di potersene andare in qualsiasi momento, ma la realtà è che non può. Ha riconosciuto quella voce, anche senza il tono graffiante del telefono, anche se non l’ha mai sentito dal vivo, anche se non sta dicendo nulla, fischietta soltanto una canzone di Celine Dion. Nico pensa che le canzoni di Celine siano proprio adatte a se stesso, abbastanza depresse (forse troppo zuccherate, però).

Canticchiata da Will, poi, ha quasi un tono allegro. Nico lo prende come un presagio del fatto che questa storia non finirà con un grosso naufragio, ghiaccio e molta morte. Forse solo con troppo zucchero.

Il fischiettio si interrompe a mezza nota e Nico si rende conto che la porta è ancora aperta, alle sue spalle. Finora non ha visualizzato il locale, non davvero, si è limitato a concentrarsi sui suoi pensieri di zucchero e transatlantici, ma ora riconosce Will, piegato sul bancone con le cuffiette e le mani immerse in quello che potrebbe essere un lavabo o chissà cosa, non gli importa davvero. Visualizza rapidamente lo sguardo azzurro vagamente sgranato del ragazzo, i suoi capelli tirati indietro con un’orrida bandana femminile, la maglia arancione sdrucita del campeggio a cui partecipano tutti i ragazzi che studiano alla Strawberry tranne Nico. Nello stesso istante, lo riconosce come il bambino con cui una volta ha scambiato una figurina di Mitomagia, il ragazzino con il naso costantemente bruciato o spellato e la pelle graziosamente costellata di lentiggini, il ragazzo dal sorriso di un modello da pubblicità di dentifricio.

Si irrigidisce un po’, ma spera che Will non lo noti. Si sta già pentendo di essere andato lì, si rende nuovamente conto di quanto il Campo non sia il suo posto, del modo in cui lo vedono tutti, di come deve vederlo anche Will.

Prima che possa scappare, Will si lascia sfuggire un boccale. Fa un gran fracasso, ma non sembra che si sia rotto. Nico sobbalza, ma non lascia sfuggire la porta, che tiene ancora saldamente ferma, aperta, e uno spiffero gli punge la schiena. La porta rimane aperta comunque, come se dovesse fuggire da un momento all’altro.

Il silenzio si allarga per qualche secondo di stupore, poi Will si tira via la bandana e le cuffiette, e nella sala risuonano ovattate le parole di una canzone totalmente diversa da quella che Will stava fischiettando, qualcosa di jazz e sconosciuto. Non si preoccupa di fermare la canzone, e Nico nemmeno, occupato a osservare i riccioli che gli ricadono disordinati sulla fronte e a coprirgli gli occhi, troppo lunghi.

-Oh, ciao Nico.

Fa per passarsi una mano fra i capelli, poi si ricorda che è bagnata e coperta di schiuma e lascia perdere. Non fa caso alla mancata risposta di Nico. Fa caso al suo silenzio, però, alla rigidità e allo sguardo da animale selvaggio e spaventato.

-Vuoi sederti?- gli domanda, mentre supera il bancone e si avvicina a lui. È una domanda retorica, o meglio, non aspetta nemmeno di sentire una risposta. È un bene, comunque, perché Nico non gliel’avrebbe data.

-Certo che vuoi sederti, ti preparo qualcosa, che fuori si muore di freddo. Io odio il freddo, sai? Non l’inverno, in inverno ci sono delle giornate bellissime in cui fa freddo ma il sole è fortissimo ed è stupendo, ma oggi è tutto grigio… non che oggi non sia una bella giornata. Figurati. È una giornata meravigliosa, davvero. Proprio…

Meravigliosa termina Nico per lui. A mente, chiaramente, ma con qualcosa di piuttosto simile a un sorriso stampato in faccia, un lieve inclinarsi di labbra, il pensiero che anche per lui quella è una giornata meravigliosa. Anche se non c’è il sole. Anche se non userebbe mai l’aggettivo meravigliosa.

Will risponde con un’accecante dimostrazione della sua dentatura perfetta e delle rughette che gli si formano agli angoli degli occhi quando sorride. Perché sta sorridendo. Anche se Nico non è pronto a pensare che possa essere per lui, a lui, con lui. Si asciuga le mani sui jeans e lì rimangono le impronte di cinque dita e qualche rivolo di schiuma al limone.

Quando le mani di Will di posano sulla sua – sono fresche e ancora un po’ bagnate – quella di Nico si apre senza che lui l’abbai deciso. La porta si chiude con un tonfo alle sue spalle.

-Cioccolata. Hai decisamente bisogno di cioccolata calda.

Nico perde qualche passaggio intermedio, quello di cui avrebbe bisogno per dire che detesta la cioccolata calda, che ha proprio sbagliato, non dovrebbe trovarsi lì, per rendersi conto che ha seguito Will al bancone e si è seduto su uno sgabello.

Si ritrova con una tazza fumante e piena fino all’orlo, e di fianco a lui si siede Will. Non ha ancora smesso di sorridere, ma al contrario di quanto gli succede di solito, Nico non lo trova insopportabile.

-Era chiuso, vero? Voglio dire, qui non c’è nessuno…- riprende fiato. Cerca di ignorare il tono gracchiante e stonato con cui gli sono uscite quelle poche parole. Raccoglie le idee. – Era chiuso, non è così?

-Sì, apriamo fra due ore, anche se non ci sarà ancora nessuno per almeno due ore e mezza. È un po’ presto.

Nico non si azzarda a guardare l’orologio che ha individuato sul muro alla sua sinistra. Abbassa lo sguardo.

-Mi dispiace, non avrei dovuto.

-No, dai Nico, scherzi? Sono secoli che cerco di chiamarti, devi proprio assaggiare la mia cioccolata, e poi almeno mi fai compagnia.

Nico prende un respiro profondo e una lunga sorsata dalla sua tazza. È buona. Meglio di quanto si aspettasse. Lo calma subito, come se tutti i pensieri che affollavano la sua testa fino a un secondo prima non fossero mai esistiti. O forse è il sorriso luminoso di Will.

Alla fine, pensa, aveva ragione. Niente morti, nessun ferito e il suo iceberg si è sciolto almeno un po’, Celine Dion ha smesso di cantare e la canzone jazz ovattata dal telefono di Will è stata sostituita da un pezzo country (ok, a quanto pare ha anche dei difetti). Forse, alla fine, questa storia sarà solo un po’ troppo zuccherata, e magari gli piacerà anche.

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: _Corin