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Autore: Amantide    25/11/2016    6 recensioni
AU [Percabeth] [Caleo] [Jasper] [Solangelo]
Annabeth è single, esattamente come lo sono le sue migliori amiche: Piper e Talia.
Sembra il presupposto ideale per organizzare una vacanza insieme al mare e rimuovere definitivamente il fantasma dell’ex fidanzato dalla sua vita. A sconvolgere quella che avrebbe dovuto essere una vacanza tranquilla ci penseranno Percy, Jason e Leo. Il primo è un bagnino affascinante che ha abbandonato la città e si è rifugiato al mare, dove conduce una vita sregolata lontano da tutti. Gli altri due sono amici da sempre, di quelli che viaggiano sempre in coppia e non perdono l’occasione di fare nuovi incontri, femminili soprattutto...
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jason/Piper, Leo Valdez, Percy Jackson, Percy/Annabeth, Talia Grace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Venerdì
 
 
Talia richiuse la cerniera della sua valigia con un pizzico di tristezza. Quella vacanza era stata un susseguirsi d’imprevisti e sorprese, alcune piacevoli e altre meno, ciononostante partire era dura e l’idea di tornare alla vita quotidiana della città non era esattamente la migliore delle prospettive.
“Ragazze, non trovo il caricatore del mio telefono” annunciò Piper scavalcando la valigia di Annabeth che traboccava di abiti appallottolati ed era lontana anni luce dal riuscire a chiudersi.
“È qui in bagno!” Gridò Annabeth dall’altra parte dell’appartamento mentre Talia sbuffava contrariata e qualcuno bussava alla porta.
“Ma chi cavolo è?” borbottò Talia andando ad aprire.
“Che ci fai qui a quest’ora?” chiese Talia al cugino dopo aver guardato l’orologio appeso al muro.
Percy sorrise e prima di dare qualsiasi tipo di spiegazione disse: “Buongiorno anche a te cugina”
“Dal momento che ti sei licenziato ti credevo a letto a dormire” spiegò la ragazza richiudendo la porta.
“Quando sono cinque mesi che sei abituato ad alzarti alle sei del mattino ti garantisco che rimanere a letto a poltrire oltre le nove ti viene difficile, e poi avevo delle commissioni da fare.”
“Qualcosa mi dice che non sei venuto per me” fece Talia con un ghigno notando solo in quel momento che Percy aveva un sacchetto di intimissimi in mano.
Lui non fece in tempo a ribattere perché Annabeth uscì proprio in quel momento dal bagno con in mano il caricatore di Piper e i loro sguardi s’incrociarono.
“Ciao” esalò lei sorpresa, tentando di riordinarsi i capelli ancora arruffati dal sonno.
Talia si dileguò in silenzio lasciando i ragazzi da soli proprio mentre Annabeth chiedeva a Percy come mai fosse passato a farle visita.
“Beh…” biascicò lui come se improvvisamente si fosse scordato il motivo della sua visita, “diciamo che avevo una cosa da consegnarti e volevo assicurarmi che l’avessi prima di chiudere la valigia…” spiegò buttando l’occhio nella camera da letto dove regnava ancora il caos.
“Ah” fece lei sorpresa notando solo in quel momento il sacchetto che il ragazzo portava con sé.
“Dopo tutte le nostre peripezie mi sembrava il minimo” disse lui allungandole il sacchetto lievemente imbarazzato.
Lei afferrò il pacchetto titubante e dopo aver letto da che negozio proveniva arrossì. “Siamo già al punto che mi regali intimo?” ironizzò sempre più imbarazzata.
“Non è proprio come pensi” fece lui enigmatico mentre il suo colorito tornava normale.
Annabeth aprì il sacchetto e non appena vide il contenuto chiuse un attimo gli occhi prima di mormorare un sincero grazie, visibilmente colpita dal gesto del ragazzo.
“È anche la taglia giusta” dichiarò estraendo un reggiseno a fascia bianco in pizzo.
“Qualche giorno dopo quella notte al porto sono tornato a recuperare il tuo reggiseno con l’intenzione di fartelo riavere, non ho avuto problemi a trovarlo ma era decisamente da buttare così ho pensato di comprartene uno nuovo.” Spiegò Percy decisamente sollevato dalla reazione di Annabeth.
“Grazie, lo apprezzo molto” disse lei gettandogli le braccia al collo per poi stampargli un bacio sulle labbra.
“Dovevi vedere la faccia della commessa quando sono entrato in negozio con quell’affare puzzolente in mano dicendo che ne volevo uno simile” Ridacchiò Percy stringendo Annabeth a sé.
“Sì, sì, è tutto molto commovente” gracchio Talia dalla camera da letto, “ma cosa ne dici di aiutarci a chiudere la valigia di Piper?”
Percy e Annabeth entrarono in camera da letto e trovarono le due ragazze appollaiate sul trolley di Piper che non sembrava intenzionato a collaborare minimamente.
“Sono qui apposta!” Annunciò Percy divertito un attimo prima di gettarsi sulla valigia insieme alle ragazze.
Annabeth osservò il trio all’opera mentre imprecazioni di ogni genere volavano per la stanza, solo dopo l’ennesimo tentativo andato male Annabeth decise che quanto stava avvenendo era troppo buffo per non essere immortalato. Afferrò il cellulare e scattò una sequenza di foto che finirono immediatamente su facebook corredati da una serie di hashtag improbabili.
 
Dall’altra parte del paese Jason apriva il frigorifero in cerca di qualcosa di commestibile. Visto l’orario non sapeva nemmeno lui se fosse il caso di fare colazione o se convenisse passare direttamente al pranzo. Indugiò un momento sul contenuto dell’elettrodomestico, poi il suo sguardo cadde sulla biscottiera posta in cima al frigorifero ed improvvisamente prese una decisione. Allungò una mano per appropriarsi della biscottiera e con l’altra afferrò il cartone del latte accorgendosi che era decisamente troppo leggero per essere pieno. Imprecò a bassa voce e proprio in quel momento Leo entrò fischiettando nella stanza.
“Buongiorno amico mio!” Esclamò lui raggiante.
“Buongiorno un corno” gracchiò l’altro in risposta.
“Che succede?”
“Leo, un uomo adulto non mette il cartone del latte vuoto in frigo!” lo redarguì marcando volutamente la parola vuoto.
“Adulto a chi?” domandò Leo quasi offeso per poi aggiungere: “e comunque non è vuoto!”
In risposta a quell’affermazione Jason ruotò il cartone del latte lasciando fuoriuscire tre goccioloni di latte che macchiarono il pavimento mentre lui continuava a fissare il suo interlocutore con una faccia che era tutta un programma.
“Adesso è vuoto!” precisò Leo con un ghigno, poi si avviò verso la porta e disse: “tanti saluti, io vado da Calypso, ci vediamo più tardi!”
Jason rimase fermo immobile in cucina a fissare la porta con ancora il cartone del latte e i biscotti in mano, poi il suo nuovo cellulare, quello che si era regalato per il compleanno, squillò e lo risvegliò da quello stato di torpore.
“Ciao Percy” esordì mentre cercava uno straccio per pulire il pavimento, “ sì certo che puoi venire, mi sono appena alzato, anzi, non è che prenderesti anche un litro di latte?”
“E così hai portato i tuoi esami del sangue al Signor D e poi hai dato le dimissioni?” chiese Jason venti minuti più tardi mentre addentava l’ennesimo biscotto seduto difronte a Percy che lo guardava mangiare domandandosi se presto non sarebbe andato in overdose da biscotti.
“Esatto” sospirò.
“Che succede?” chiese Jason accigliato, aveva appena notato che qualcosa preoccupava il cugino.
Percy incrociò lo sguardo di Jason e si domandò se fosse il caso di dar voce ai suoi pensieri. “Ho una strana sensazione” ammise dopo qualche istante di silenzio. “Ma forse ho solo bisogno di metabolizzare il fatto che non lavorerò più giù al lido.” Concluse deciso a non dar peso alla cosa. “Cambiando discorso… che ne sarà di te e di Piper?”
Jason finì il latte e dopo essersi pulito la bocca con un tovagliolo disse: “beh, io e Leo ci faremo ancora qualche giorno di mare e poi rientreremo in città, ho giusto tre esami da dare a settembre e qualcosa mi dice che è il caso che io mi metta a studiare.”
“Non hai risposto alla mia domanda…”
“Ok, ok. Penso che ci rivedremo anche in città ma sai com’è… non voglio fare previsioni a lungo termine.”
“Ammettilo”
“Cosa?”
“Ami troppo la vita da scapolo per legarti seriamente ad una ragazza.” Spiegò Percy che conosceva troppo bene il cugino per farsi intortare dai suoi giri di parole.
“Può darsi, e comunque non so quanto lei sia interessata ad una relazione stabile.”
“Se fossi una persona orribile accetterei scommesse sull’evoluzione della tua vita sentimentale.” Dichiarò Percy alzandosi e accompagnando la sedia sotto al tavolo. “Sarà meglio che vada” disse camminando verso la porta.
“Ci vediamo più tardi” gli gridò dietro Jason un attimo prima che uscisse.
 
Essendo sempre stato impegnato a lavorare giù al lido raramente Percy aveva avuto occasione di godersi il paese e il mare da un altro punto di vista, così si prese del tempo per riflettere passeggiando sul lungo mare. Senza rendersene conto raggiunse la parte più remota del porto, quella in cui solo poche notti prima era ancorato lo yatch di suo padre. Rabbrividì un istante ripensandoci ma la vista di un trio di pescatori impegnati nelle loro attività lo fece sorridere. Rientrò in casa verso le quattro di pomeriggio, attraversò il cortile interno a passo svelto e si fermò davanti al suo portone in cerca delle chiavi. Quando le trovò fece scattare la serratura e subito avvertì qualcosa che non andava. Mentre varcava la soglia un odore fastidioso gli stuzzicò le narici e, prima ancora che potesse collegare quell’odore ad una persona, vide suo padre seduto sulla sedia con i piedi sul tavolo. Fumava un sigaro e a giudicare dallo stato del posacenere e dalla puzza presente nella stanza doveva essere lì ad aspettarlo da parecchio tempo.
“Cosa ci fai tu qui!?” Ringhiò Percy fermo immobile sulla porta.
“È così che sei solito accogliere i tuoi ospiti?” domandò Poseidone prendendo un’altra boccata di fumo.
“Non sei mio ospite” ribatté Percy gelido mentre si domandava come fosse possibile che suo padre sapesse che quel giorno non lavorava.
“Hai ragione, se così fosse forse ti saresti degnato di riordinare questa bettola!”
Percy trattenne il fiato per un momento e si sforzò di non scagliarsi contro suo padre come una furia. “Dimmi cosa vuoi e vattene”
“E così ti sei licenziato.”
A Percy si gelò il sangue nelle vene, com’era possibile che lui lo sapesse?
“Le notizie volano” esalò con un filo d’ironia sperando che bastasse a mascherare la sua reale preoccupazione.
“Pensavi forse di poter fare di testa tua senza che io lo venissi a sapere?” sibilò Poseidone impegnato a spegnere il sigaro sul tavolo nonostante avesse il posacenere a portata di mano.
Percy sentì una stretta allo stomaco, non poteva credere che suo padre avesse già scoperto del suo trasferimento, se così stavano le cose buona parte dei motivi che l’avevano spinto ad andarsene sarebbero venuti meno.
“Mi sembrava di averti già avvertito circa quello che sarebbe successo se tu avessi messo nuovamente mano alla tua tesi…”
Percy sussultò e sbarrò gli occhi colto all’improvviso da un pensiero raccapricciante. Il giorno prima, dopo aver bloccato l’appartamento in città, aveva indugiato un momento sulla cartella denominata tesi che aveva archiviato mesi prima convinto che mai l’avrebbe riaperta. Colto da un momento di pura nostalgia, aveva cliccato sulla cartella e aveva riaperto il file word che conteneva una prima bozza del risultato delle sue analisi. Non aveva apportato nessuna modifica al testo scritto in precedenza, si era solo limitato a rileggere parte dell’introduzione ricordando quanta fatica gli fosse costato produrre quelle pagine.
“Hai hackerato il mio pc?” domandò nonostante fosse già certo della risposta.
“E mi stupisco di come tu non te ne sia accorto prima. Avevo sentito dire che eri intelligente.”
La perfidia di quell’uomo non aveva limiti e Percy si domandò quante altre cose suo padre sapesse sul suo conto; se il suo computer era sotto controllo da mesi allora era altamente probabile che suo padre sapesse tutti i dettagli del suo trasferimento.
“Davvero pensavi di potermi sfuggire?” ridacchiò l’uomo. “monitoro la tua vita da più tempo di quanto tu possa immaginare. Conosco i tuoi spostamenti, ho accesso alle tue mail e al tuo cellulare, posso ascoltare le tue chiamate e leggere i tuoi messaggi.”
“Questo non è possibile” azzardò Percy scioccato da quelle dichiarazioni.
“Tutto è possibile quando hai i miei soldi” ridacchiò Poseidone. “C’è un GPS sotto alla tua macchina, una cimice sopra il frigorifero, un programma altamente sofisticato che connette il tuo PC al mio e un’applicazione fantasma che mi dà accesso al tuo cellulare.”
Percy fece scivolare una mano nella tasca e afferrò saldamente il suo telefono. “Stai mentendo, non puoi aver messo mano al mio cellulare, non ne hai mai avuto l’occasione e poi è…”
“Un regalo di Rachel, sì lo so…” disse Poseidone mentre un ghigno soddisfatto si faceva strada sul suo volto.
Un brivido investì Percy senza preavviso e per un attimo si sentì mancare.
“Non ti sei mai chiesto come mai la vostra storia si sia conclusa all’improvviso?”
Percy sentì una morsa all’altezza dello stomaco, certo che se l’era chiesto, quel gesto aveva finito per sconvolgergli la vita.
“Davvero credevi che una ricca ereditiera potesse innamorarsi di uno come te?” continuò l’uomo visibilmente divertito.
“Sei stato tu!” Esclamò Percy sconvolto, “sei sempre stato tu!”
“Bingo” Gridò Poseidone per poi scoppiare a ridere. “Rachel faceva parte dei miei piani fin dal giorno in cui vi siete conosciuti, ha sempre lavorato per me. Sono stato io a fornirgli quel cellulare affinché te lo regalasse. Avevo bisogno di una persona che arrivasse dove io non potevo, e lei ha svolto meravigliosamente questo compito. Quando mi sono reso conto di avere tutto ciò che mi occorreva le ho detto di scaricarti e, anche in quel caso, lei ha eseguito alla perfezione i miei ordini.”
“Non avevi il diritto di violare la mia privacy” esalò Percy affranto.
“Ce l’ho eccome invece, dal momento che se non fosse per un mio errore tu nemmeno esisteresti.”
Percy scrollò le spalle esasperato, aveva perso il conto delle volte in cui suo padre gli aveva rinfacciato il fatto di averlo messo al mondo, ma era stata la notizia di Rachel a devastarlo completamente. Una mano salì istintivamente a coprire l’avambraccio tatuato, come se quella porzione di pelle avesse preso a bruciare terribilmente. L’idea che lei avesse recitato per tutto quel tempo era straziante e lui si sentì un idiota per aver sofferto come un cane a causa sua per tutti quei mesi.
“Se sai già tutto della mia vita perché sei qui?” Sputò fuori Percy tentando di rimandare la questione Rachel a più tardi.
“Per darti un ultimo avvertimento ovviamente.”
Percy s’irrigidì, ciononostante si sforzò di sostenere lo sguardo del padre per quanto quell’uomo lo disgustasse.
“Abbandona per sempre quella tesi e gli studi connessi alla mia compagnia.”
“È un semplice file su un computer, avresti potuto distruggerlo o rubare direttamente il pc” rifletté Percy che non si spiegava le azioni del padre, “per quale ragione non l’hai fatto?”
“Perché sono un uomo d’affari, non un ladro.” Fu la gelida risposta di Poseidone. “Ancora una volta dimostri di aver ereditato da me solo ed esclusivamente l’aspetto fisico.” Gracchiò l’uomo alzandosi di scatto dalla sedia. “Nessuna traccia di onore, lealtà, rispetto…”
“Rispetto?” sbraitò Percy che aveva ormai esaurito tutto il suo autocontrollo, “la tua compagnia di crociere sta alterando in modo irreversibile i nostri ecosistemi marini, il tasso d’inquinamento nelle aree portuali in cui attraccano le tue navi è aumentato del 5% negli ultimi vent’anni e ha già compromesso irrimediabilmente le popolazioni di alcune specie endemiche del mediterraneo, quindi non venirmi a parlare di rispetto! E non parlarmi nemmeno di onore perché, nel caso in cui tu non te ne fossi reso conto, offrire dei soldi a mia madre per convincerla ad abortire non è esattamente un gesto che ti fa onore!”
“Non farti nemici che non sei in grado di affrontare” gli suggerì Poseidone sperando di persuaderlo definitivamente.
“Esci di qui” gli intimò Percy, “adesso!”
“Sei uno stupido Perseus Jackson, non hai nemmeno i mezzi per metterti contro di me, come puoi pensare di spuntarla?”
“Ho detto fuori!” Sbraitò Percy che ormai aveva perso del tutto le staffe.
“Ok, ti stai rivelando più testardo di quanto mi aspettassi” confessò Poseidone mettendosi nuovamente seduto. “Quanto vuoi?” domandò annoiato mentre estraeva il libretto degli assegni dalla tasca della giacca.
A Percy sfuggì una risata. “Cosa?”
“Hai sentito bene, ti ho chiesto quanto vuoi.”
“Non voglio i tuoi soldi” sibilò Percy disgustato all’idea che suo padre pensasse di comprarlo.
“Tutti vogliono i miei soldi, quindi non farmi perdere altro tempo e dimmi che cifra devo scrivere su questo assegno.”
“Puoi scrivere quello che ti pare perché non incasserò mai quell’assegno, non voglio avere nulla a che fare con qualsiasi cosa porti il tuo nome.” Dichiarò Percy fiero.
Poseidone rimase fermo immobile un istante, la punta della stilografica ad un millimetro dalla carta. Percy lo vide sollevare il capo e fare un sorriso di circostanza, poi richiuse la penna e rimise il libretto degli assegni in tasca. “Molto bene” disse alzandosi, “un giorno ti pentirai di aver dichiarato guerra ad un uomo del mio calibro.”
“Hai altre frasi da film hollywoodiano da recitare?” fece Percy stappando una birra, estremamente orgoglioso di aver dato una lezione al padre circa quello che i soldi possono e non possono comprare.
“Bello l’appartamento in via dei caduti 7” dichiarò Poseidone un attimo prima di uscire, “dal quarto piano hai un bel panorama e poi le travi a vista sono molto di moda” aggiunse abbozzando un ghigno.
Percy sorrise deciso a non dargli nessun tipo di soddisfazione, ormai aveva capito che suo padre sapeva ogni cosa in merito al suo trasferimento e mostrarsi sorpreso o preoccupato non sarebbe servito a niente.
 
Talia, Annabeth e Piper stavano caricando le valige nel bagagliaio con qualche difficoltà quando Jason e Leo fecero la loro comparsa dal fondo della via.
“Serve forse una mano?” domandò Jason galante notando Piper che litigava con la maniglia del suo trolley che faticava ad abbassarsi.
“Ciao” fece lei visibilmente sorpresa. Lui notò il suo stupore e si affrettò a dire: “davvero pensavi che non sarei venuto a salutarti?”
Piper fece spallucce. “Con quelli come te non si sa mai” scherzò lei decisa a provocarlo fino all’ultimo istante di quella vacanza.
Poco più in là Annabeth fece vagare lo sguardo in cerca di Percy, anche se si sarebbero rivisti entro pochi giorni non poteva pensare di partire senza averlo salutato. Aveva provato a chiamarlo già due volte ma il suo telefono risultava staccato.
“Dannazione, è già tardi!” Esclamò Talia guardando l’orologio allibita, “dobbiamo sbrigarci o troveremo coda!”
Jason caricò il trolley di Piper sotto lo sguardo vigile della ragazza che gli intimava di fare attenzione a non rovinarlo mentre Annabeth temporeggiava a salire in macchina.
“Mio cugino è un ritardatario cronico” fece sapere Talia notando il suo atteggiamento, “farai meglio ad abituartici.”
Annabeth sorrise nervosamente, non era il ritardo in sé a preoccuparla, la verità è che aveva una gran voglia di vederlo e di abbracciarlo.
“Voi due pensate di poter sopravvivere l’uno lontano dall’altra per qualche giorno?” Ironizzò Talia più che decisa ad interrompere il bacio tra Piper e Jason.
“Buon viaggio” le disse lui ignorando bellamente la sorella che sbuffava.
“Grazie” sorrise Piper raggiante.
Jason arretrò di qualche passo, leggermente imbarazzato, come se non sapesse cos’altro aggiungere, poi si fece forza e aggiunse: “allora ci sentiamo, ok?”
Piper annuì sorridendo, non aveva la minima idea di cosa l’aspettasse; tutto ciò che c’era stato con Jason era un enorme punto di domanda e non aveva aspettative precise per il futuro. Salì in macchina dalla parte del passeggero e collegò l’mp3 allo stereo pregando che Talia non avesse intenzione di ascoltare uno dei suoi cd con cui le aveva già deliziate all’andata.
Dopo aver salutato Jason e Leo, Talia rivolse un ultimo sguardo ad Annabeth.
“Va bene, andiamo.” Si arrese lei dopo aver guardato un’ultima volta il fondo della via. Aprì la portiera e s’infilò sul sedile posteriore mentre Talia metteva in moto. Fu proprio in quel momento che ad Annabeth sembrò di sentire un rumore famigliare; erano le ruote dello skate di Percy che sfrecciavano sull’asfalto irregolare della strada.
“Eccolo” Esclamò un attimo prima che Talia potesse mettere il piede sull’acceleratore. Spalancò la portiera dell’auto e corse incontro a Percy che era appena saltato giù dallo skate. Si gettò tra le sue braccia e lui l’avvolse in un tenero abbraccio.
“Perdona il ritardo” le disse dopo averle dato un bacio.
“Cosa è successo? Ho provato a chiamarti ma avevi il telefono spento.” domandò Annabeth cercando di leggere il suo sguardo.
“Lo so, e lo sarà ancora per un po’ ma…”
“Percy, cosa è successo?”
A Percy passarono una serie di risposte che non l’avrebbero obbligato a dire la verità su suo padre per la mente, ma poi si ricordò della richiesta di Annabeth di essere sempre sincero con lei e scelse la verità.
“Ho ricevuto una visita inaspettata” ammise in tono neutro.
Annabeth si accigliò un istante. “Di nuovo tuo padre?” chiese preoccupata.
“Sì, ma è tutto ok, non mi ha fatto del male e se n’è andato.”
“Cosa voleva da te?”
“Credo che le tue amiche ti stiano aspettando” fece Percy spostando lo sguardo in direzione dell’auto, “tra due giorni sarò in città anch’io e ti spiegherò tutto con calma, ma nel frattempo promettimi che non ti preoccuperai.”
“Ma come faccio a…”
“Ehi” la bloccò prendendole entrambe le mani e avvicinandosi a lei per guardarla intensamente negli occhi, “mi hai fatto promettere di non mentirti su nulla e ti ho detto la verità, ora sono io che ti sto chiedendo di farmi una promessa, non voglio che ti preoccupi.”
Annabeth sospirò. “Te lo prometto” disse a fatica, a quegli occhi non avrebbe mai saputo dire di no.
“Ora è meglio che tu vada perché se trovate coda Talia avrà un motivo in più per odiarmi!” Scherzò Percy deciso a lasciarsi le preoccupazioni alle spalle.
Annabeth unì le loro labbra un ultima volta e poi tornò verso la macchina mentre Percy la osservava a distanza, un sorriso impresso sul viso.
“Sarà strano vederti in città” disse lei aprendo la portiera e sparendo dalla sua vista.
Aveva ragione, adattarsi nuovamente alla vita di città sarebbe stato strano e sicuramente difficile, ma grazie all’ultima visita di suo padre aveva capito di essere finalmente pronto a fare tabula rasa.
Osservò la macchina di Talia svoltare a sinistra in direzione dell’autostrada mentre Jason gli porgeva il suo cellulare dicendo: “tua mamma dice che hai il telefono spento.”
Percy trasalì e afferrò il telefono del cugino.
“Ciao mamma, ho una bella notizia da darti” disse con entusiasmo.



Angolo dell'autrice: Ciao a tutti e grazie per essere arrivati a leggere queste righe nonostante il mio ritardo nell'aggiornare sia inclassificabile. Come vi avevo già anticipato la storia è alle battute finali e, per quanto la cosa mi rattristi, non potevo fare altrimenti... penso che siamo tutti d'accordo sul fatto che non posso far proseguire una vacanza al mare fino ad ottobre! Scherzi a parte, manca solo l'epilogo ma gran parte dei pezzi del puzzle sono già andati al loro posto. Mi riferisco in particolar modo alla rivelazione di Poseidone circa Rachel, non so se qualcuno di voi l'aveva già capito ma spero che adesso sia tutto chiaro. In pratica volevo che Percy capisse che l'universo non è contro di lui; tutto quello che gli è accaduto di male e in generale tutti i suoi problemi (il litigio con sua madre per aver abbandonato l'università, la storia d'amore finita male con Rachel, l'ordinanza restrittiva e tutto il resto) sono in realtà generati da un unico grande problema: la relazione con suo padre. Mi spiego meglio: se non fosse stato per Poseidone lui non avrebbe mai conosciuto Rachel, che quindi non l'avrebbe lasciato e di conseguenza lui non avrebbe abbandonato l'università litigando con sua madre e di certo non sarebbe finito al mare a rimediare un'ordinanza restrittiva. In generale penso che la morale di tutta questa storia sia legata al fatto che tante volte non si fa altro che elencare tutti i problemi che ci affliggono senza però rendersi conto che sono connessi tra loro o che addirittura sono un problema solo, è un po' come quando basta aggiungere una virgola per cambiare il senso di una frase. A volte per rendercene conto basta cambiare punto di vista mentre altre volte abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a capirlo. Forse questo è stato in parte il ruolo di Annabeth che, nonostante inizialmente fosse tutta concentrata su sé stessa a causa di ciò che le aveva fatto passare Luke, trova una persona che ha un problema più grosso del suo e finisce per diventarne la "cura". Ok, non so se quello che ho scritto per voi ha un senso ma sono abbastanza certa che lo ha nella mia testa e più ci penso più mi rendo conto di aver scritto questa storia per dire qualcosa d'importante a me stessa, se poi è stata spunto di riflessione anche per voi non posso che esserne felice. Vi ringrazio infinitamente per aver letto anche questo capitolo e spero di leggere commenti positivi anche in questo caso nonostante il capitolo sia un po' più corto della media. Vi aspetto per l'epilogo.
  
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