Anime & Manga > Yuri on Ice
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Autore: R e d_V a m p i r e     28/11/2016    1 recensioni
[Cinque incontri + uno per la nascita di una strana amicizia che si evolve nel tempo e nella lontananza, diventando pian piano qualcosa di più. Perché alle volte non serve vedersi tutti i giorni per sapere di tenere a qualcuno || Pitchuri(o)]
Yuri non ha la più pallida idea di chi sia Phichit Chulanont. Per la verità non riuscirebbe neppure a pronunciare correttamente il suo nome, figurarsi ricordare la sua faccia.
E' vero, lo ha visto in televisione durante le qualificazioni per la Coppa Cina, ma era troppo occupato a seguire maniacalmente l'altro Yuri e i suoi programmi per far caso al thailandese. O chiunque degli altri inetti sfidanti in generale, a dirla tutta.
Così quando se lo ritrova davanti tutto occhi scuri brillanti e un grosso sorrisone, che agita il suo cellulare con un'assurda cover a tema di piccoli criceti cartoonizzati chiedendo di fare una foto insieme, si limita a scoccargli una delle sue celebri occhiatacce e smorfiare.
«Non ho tempo per le foto o gli autografi»
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Phichit Chulanont, Yuri Plisetsky
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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« Shall we skate? - Agape Rhapsody



Fifth meeting - the last?


Yuri e Phichit stanno ufficiosamente insieme da quasi un anno ormai.
Non hanno mai veramente parlato di tutta questa storia, ma che abbiano una relazione è più che chiaro ad entrambi sebbene non sia stata chiamata in questo modo da nessuno dei due. Hanno però di comune accordo deciso di mantenerla segreta, per il bene delle carriere d'entrambi e perché c'è il serio rischio che il più giovane possa subire delle ripercussioni se si sapesse in giro del suo orientamento sessuale, dato il posto da cui proviene - del resto lo stesso Nikiforov non ha più rimesso piede in Russia, stabilendosi definitivamente ad Hasetsu con il proprio compagno.
C'è sempre la distanza a tenerli separati, il fuso orario (nove ore son tante, per quanto cerchino sempre di far coincidere i tempi) ed impegni che li accomunano eppure li dividono irrimediabilmente per quanto facciano di tutto per incrociarsi anche solo per pochi istanti.
Dall'ultimo Grand Prix, in effetti, non si sono più davvero visti se non rare volte in aeroporto e sempre di sfuggita; mai una parola se non cenni bruschi di saluto, per evitare che chi con loro si accorgesse di qualcosa, fingendo di scontrarsi unicamente per sfiorarsi e stringersi di nascosto le mani per brevi secondi. Quelle volte in cui sono stati davvero fortunati, con l'inaspettata ma silenziosa complicità della Babicheva, sono riusciti persino a passare da soli qualche momento chiusi in un bagno a stringersi e baciarsi come se quelli fossero i loro ultimi cinque minuti al mondo. Ed ogni volta è stato difficile doversi poi separare e salutare, tornando ognuno al proprio team per imbarcarsi come se non fosse successo assolutamente nulla.
A voler essere sinceri Chulanont una volta ha persino provato ad andare a trovarlo a Mosca, per il suo compleanno, ma Plisetsky gliel'ha impedito con una certa frenesia ed una lieve nota di panico nella voce che ha cancellato qualsiasi altra cosa il thailandese potesse aver provato in quel momento per sostituirla con una struggente tenerezza ed il desiderio di averlo vicino solo per stringerlo fra le braccia e rassicurarlo; averlo lì avrebbe voluto dire non poter nascondere ciò che c'è fra di loro ed esporsi agli occhi della gente - dei coach, dei suoi compagni, dei fan, dei giornalisti... ma, ancor più, di suo nonno.
Yuri si è sentito fare gli auguri in una lingua musicale e sconosciuta, a mezzanotte spaccata, le cuffie ben premute contro le orecchie per sentirlo meglio ed il viso stanco ma sorridente del suo ragazzo a ricambiare il suo sguardo assonnato dallo schermo troppo vicino del portatile. Ha borbottato qualche insulto sconnesso, mescolato ad un ringraziamento, allungando una mano per sfiorare il profilo pixellato di una guancia brunita con la punta delle dita prima che le palpebre cedessero e si perdesse il modo in cui le labbra del thailandese si sono spostate come a baciare quel tocco che non avrebbe mai potuto sentire davvero su di sé. Si è addormentato sorridendo, però, perché quell'idiota non ha smesso di mormorare al suo orecchio e gli è quasi sembrato di averlo lì, sdraiato con lui nel letto. Si è sentito bene.
E, l'indomani mattina, gli è mancato più che mai.



Che lo Skate America, quell'anno, si tenga proprio a Detroit deve essere un segno delle stelle.
O, almeno, questo è quello che continua a ripetere con un grosso sorriso il ventiduenne mentre il diciassettenne al suo fianco si limita a succhiare rumorosamente dalla cannuccia verde acido il mocaccino che riempie ancora per metà il grosso bicchierone di carta con il ghirigoro ''Yurio'' su un lato - a sottolineare quanto siano simpatici i dipendenti di Starbucks, soprattutto se sono anche fan.
«E il fatto che siamo capitati nello stesso girone?» borbotta, accigliato, contro il pezzo di plastica che ha ancora stretto fra i denti «Colpa delle stelle anche quello?»
Phichit mette su un piccolo broncio, arricciando appena il naso, trattenendosi dal prendergli una mano e optando per ficcare entrambe le sue nelle tasche dei jeans e fare poi spallucce «Uhm, no. Quella è solo fortuna, suppongo»
Yuri sghignazza sotto i baffi, lieto di aver avuto ovviamente ragione e di aver fatto smettere l'altro dal continuare a ciarlare di destino ed altre cazzate del genere. Non ci vede proprio alcuna cospirazione divina dietro. E' stata solo una botta di culo e, con tutto il rispetto, se la meritavano anche.
Per questo, forse, gli si fa più vicino con noncuranza appoggiandosi contro il suo fianco come se volesse usarlo come palo e facendo discretamente scivolare una mano a sfiorargli un palmo, appoggiandogli il mento su una spalla con un lieve ghigno sornione; deve un po' incurvarsi, ma negli ultimi anni è cresciuto parecchio ed ormai lo supera di una decina di centimetri buoni. Lo trova divertente ed appagante insieme, anche se questo vuol dire che il suo aspetto sta perdendo la delicatezza e l'androginia dell'adolescenza per mutare in quello d'un uomo. Ma sapeva già che non avrebbe potuto farci affidamento per troppo tempo ed, in ogni caso, la cosa non gli dispiace più di tanto.
«Cosa stai facendo...?» mormora, sorpreso, il thailandese nel ricambiare la sua occhiata. Sia chiaro, è più che felice di un contatto del genere e di averlo tanto vicino, tanto dal togliere la mano dalla tasca per stringere la sua fra le dita e nascondere il gesto dietro i cappotti. Ma trova strano da parte sua un azzardo del genere, soprattutto perché sono in mezzo alla strada e ci sono altre persone che passano - anche se, va detto, tendono tutti ad ignorarli come se non ci fosse nulla di strano perché non c'è nulla di strano. In America le cose sono decisamente diverse.
Il sorriso sul viso del russo si allarga e gli occhi brillano dietro le ciglia chiare.
«Constato soltanto quanto tu sia basso. Ti sei accorciato ultimamente?»
Il broncio che gonfia le guance dell'altro ragazzo, rendendolo simile ad uno di quei roditori che tanto gli piacciono, gli strappa una risata e lo fa allontanare anche se un po' a malincuore.
Soprattutto quando si irrigidisce, sentendo alle proprie spalle una voce sfortunatamente conosciuta, liberandosi anche dalla presa della mano del suo ragazzo ed affrettandosi ad infilare la propria nella tasca del giubbotto - Phichit questo lo nota, ed un lampo confuso e ferito attraversa gli occhi nocciola prima che si volti per cercare con lo sguardo chi è che l'ha fatto reagire così.
«Ma tu guarda, la signorina sta proprio crescendo!»
E' uno sguardo vagamente disgustato, quanto non infastidito, che il pattinatore biondo scocca da sopra la spalla al ventunenne che si è avvicinato a loro. Non si cura di apparire maleducato nello squadrarlo dalla testa ai piedi, soffermandosi sugli occhi blu e su quel fastidioso e scintillante sorriso sicuro di sé che sembra essere suo marchio di fabbrica.
«Tu invece non sei cambiato per nulla» smorfia alla fine, riprendendo a bere dalla cannuccia che penzola dimentica ed agguanta fra i denti quasi fosse un animale e non un ragazzo.
Chulanont che si sente onestamente un po' spaesato, oltre che decisamente ignorato, prova ad intromettersi schiarendosi la voce e rivolgendo all'altro un bel sorriso allegro e cordiale.
«Ehi J.J. Come va?»
Il canadese, lo scorso anno, è arrivato soltanto quarto nella classifica generale. E proprio perché è stato lui a soffiargli il terzo posto, sebbene soltanto per una manciata di sofferti punti. Non si stupisce più di tanto se quello si limita a guardarlo male per lunghi istanti, per poi tornare ad ignorarlo e riprendere a rivolgersi soltanto al russo.
In realtà a Phichit sembra un po' troppo interessato a Yuri, lo ha notato anche durante lo scorso Grand Prix. Non faceva che gironzolargli attorno, punzecchiarlo e disturbarlo. A quanto ne sa gli ha anche chiesto di uscire, una volta, ricevendo in risposta un pattino lanciato contro che è riuscito a schivare per puro miracolo.
Non gli piace.
«Oh ti ringrazio. E' una fatica mantenersi così perfetti ma, ehi, qualcuno deve pur farlo!»
Il più giovane dello strambo trio fermo su quel marciapiede alza gli occhi al cielo, decidendosi a voltarsi anche lui per fronteggiare Jean Jacques. E' ancora più basso di lui, sfortunatamente, ma questo non gli impedisce di guardarlo con la stessa aria minacciosa di chi ti fissa dall'alto.
«Sì sì, già... senti, ci dici cosa diamine vuoi e poi ti levi dalle palle? Mi stai rovinando la giornata.»
Malgrado ci tenga a marcare il fatto che lì, ad ascoltare i suoi vaneggiamenti, siano in due pare proprio che il canadese non capisca l'antifona. Nemmeno guarda verso il più grande, quasi Plisetsky fosse totalmente da solo. E, soprattutto, non si cura di avvicinarsi decisamente oltre il limite del lecito per poi curvarsi in avanti ed avvicinare il viso a quello del biondo, facendogli l'occhiolino.
«Ho un modo per risollevartela, se vuoi. Vieni a fare un giro con me, conosco dei posticini niente male in questa città. Sarà divertente.»
Phichit è un uomo paziente. Può sopportare di tutto con il sorriso ma vedere il proprio ragazzo arrossire per le parole e la vicinanza di un pallone gonfiato qualsiasi che si crede il re del mondo... questo- questo no, è troppo anche per lui.
Così non ci pensa due volte a mettersi in mezzo, letteralmente, appoggiando una mano sul petto del pattinatore più alto e spingendolo con un grosso sorriso e gli occhi socchiusi per allontanarlo da Yuri che, sorpreso, rimane dietro di lui con gli occhi sgranati dietro la frangia troppo lunga.
«Yuri ha già un cicerone e mi pare abbia detto che non voglia essere importunato oltre da te. Quindi, se non vuoi che il fantastico J.J. esibisca un fantastico naso rotto durante il suo programma libero di domani ti consiglio di andare a farti un giro in uno di quei posticini. Da solo.»
Sembra così sicuro di sé, il thailandese. Il suo ragazzo non crede di averlo mai visto così da che lo conosce. E' sempre stato un tipo gentile, un po' svampito, decisamente troppo allegro e soprattutto non lo avrebbe mai pensato a poter minacciare con un sorriso qualcuno che è il doppio di lui - ed anche più famoso, più ricco e potenzialmente più pericoloso di quanto possa essere il ventiduenne.
Eppure, incredibilmente, J.J. par finalmente capire l'antifona. Improvvisamente sembra accorgersi della presenza dell'altro ed alza le mani al petto, in un segno di resa, sorridendo nervosamente ed indietreggiando.
Yuri sbuffa. Codardo.
«Ehi amico, scusa. Volevo semplicemente fare due chiacchere, nulla di che. Mamma mia come siete permalosi voi stranieri. Beh» fa spallucce, passandosi una mano fra i capelli scuri. Li porta ancora rasati ai lati, così le dita allontanano soltanto il ciuffo dal viso «Allora ci si vede domani. Bye bye»
Rimangono a guardarlo allontanarsi, in silenzio, spalle larghe e schiena dritta. Non ha perduto la sua baldanza ed il rifiuto e la minaccia paiono non averlo scalfito minimamente dato come, solo dopo qualche metro, si ferma a fare foto e firmare autografi come la star che in fin dei conti è. Di certo venire respinto non sarà un grosso trauma per chi ha un ego così grande.

«Allora...» mormora Yuri, voltandosi di nuovo per riprendere a camminare, attendendo che Phichit lo segua «...cos'era quello?»
Chulanont sembra un pochino sconvolto, in realtà, quasi non credesse di aver reagito davvero in quel modo. Si sistema il giubbotto e torna ad affiancarlo, giocherellando nervosamente con il cellulare che tiene in una tasca.
«Quello cosa?»
Il biondo soffoca un sorriso dietro il bicchiere che ha deciso di privare del coperchio di plastica, per poter bere direttamente i residui che non riesce più a tirar su con la cannuccia. Quando torna a voltarsi verso il compagno, dopo aver gettato tutto in un cestino, ha uno sbaffo di panna sopra il labbro inferiore e l'aria di un bambino pasticcione.
Phichit lo trova assolutamente adorabile e non riesce a trattenersi dall'allungare una mano sul suo viso per ripulirlo col pollice, guardandolo arrossire di nuovo mentre poi se lo porta alla bocca e lecca via la panna che lo sporca. Ecco, sono questi i motivi per cui vuole vederlo in imbarazzo.
«Non mi piace J.J.»
Alzare gli occhi al cielo sembra essere lo sport preferito del biondo, dopo il pattinaggio. Ma non riesce a prendersela troppo, soprattutto quando viene attirato fra le braccia dell'altro - nessuno fa caso a loro e comunque si sono fermati in un angolino appartato.
«A nessuno piace davvero J.J.» fa notare, facendo spallucce «Cioè, è bravo. E' un cantante, ha una sua linea di moda, fa anche beneficenza e tutte quelle cazzate lì. Però, siamo seri, chi lo sopporterebbe per più di dieci minuti?»
Inarca un sopracciglio, quasi ad invitarlo a rispondere. Il thailandese, però, si limita a circondargli una guancia con un palmo caldo e premere le labbra sulle sue. Lo bacia piano, lentamente, assapora il mix di cioccolato, caffé e panna di cui sa ora la sua bocca mentre cerca la sua lingua con la propria. E' incredibilmente buono, sebbene preferisca il suo sapore senza che ci sia altro a nasconderlo.
Yuri si rilassa, dopo un po', come sempre. Passa le mani fra i suoi capelli ed intreccia le dita dietro la sua nuca, chinando il volto e mettendo così in ombra i loro visi con le lunghe ciocche chiare; un'ennesima protezione, incosciamente, agli occhi del mondo. A voler tenere segreto qualcosa che è solo loro.
E, in fin dei conti, quella gelosia neppure gli dispiace così tanto. Gli scalda il cuore, gli fa dimenticare per un attimo che quella non è la normalità per loro - che, durante il resto dell'anno, non si affrettano a raggiungere l'appartamento del più grande per poter stare da soli e tornare a confermare, in tutti i modi possibili, come si appartengano. Attendendo l'indomani e stemperando l'ansia per una gara l'uno fra le braccia dell'altro.
Non è la normalità. Però possono fingere che lo sia, almeno per un po'.



Plisetsky si morde nervosamente il labbro inferiore, lo sguardo fisso sulla scintillante pista di ghiaccio. Ha fatto un ottimo punteggio e, per il momento, è al primo posto - non ha sbagliato neppure un salto, i passi sono stati perfetti e la giuria ed il pubblico sono entrati in visibilio per la musica e la sua esibizione. In pratica è andata esattamente come voleva che andasse.
Quindi non è in ansia per se stesso, ci mancherebbe. E' sicuro di avere la vittoria in tasca. Ma il secondo posto è occupato da J.J., com'era prevedibile, ed il terzo da quel De la Inglesia che è amico di Phichit.
Phichit. Che sta dando il massimo e si sta sforzando per scalzare il canadese, per dimostrare di essere migliore di lui.
«Geloso» mormora, con un sorriso nascosto, appoggiato al muretto mentre lo sguarda esibirsi in un triplo Salchow seguito da un pulitissimo toe loop. Si sta muovendo sulla stessa canzone della sera in cui si sono baciati per la prima volta, quella dove hanno pattinato insieme a New York.
Deve dire che un po', giusto un filo e non lo ammetterebbe mai, la cosa lo emoziona.
«Ce la sta mettendo proprio tutta, eh» Mila sorride, affiancandoglisi nella stessa posizione e prendendosi il viso fra le mani.
E' l'unica che sa, perché non c'è stato bisogno di dirle niente. Lo ha capito forse prima di loro ed, in ogni caso, fa di tutto per sostenerli anche se il marmocchio del suo team non vuole sentire parlare di quella storia.
Yuri risponde con un grugnito, seppellendo il viso fra le braccia, per poi sobbalzare visibilmente quando il pattinatore in pista cade seguito da un coro di ''ohhhh'' dispiaciuti dal pubblico.
Strizza gli occhi e appiattisce le labbra, celando la preoccupazione, per poi liberare un sospiro di sollievo quando lo vede rialzarsi e riprendere il suo programma libero come se nulla fosse. Non importa che abbia perso punteggio, così. La sua rimane comunque un'esibizione meravigliosa.
«Yuri!» tra i fischi di apprezzamento e gli applausi del pubblico, la voce di Phichit infrange i rumori e fa sgranare gli occhi all'interpellato.
Il thailandese ce l'ha senza dubbio con lui e, ora che ha finito, sta pattinando per raggiungere il bordopista senza togliergli lo sguardo di dosso, ripetendo ancora una volta il suo nome «Yuri!»
«Vai...» mormora la rossa, dandogli un colpetto sulla spalla, per invogliarlo a raggiungere la kiss and cry. Plisetsky si sente un po' stordito e non capisce cosa sta succedendo, soprattutto perché qualcun altro pare essersi accorto della stranezza.
Non sa come, ma alla fine raggiunge quell'angolo della pista dopo aver superato con una spallata il canadese che prova a rivolgergli la parola e fermarlo, bloccandosi dove dovrebbe esserci il coach di Chulanont.
Ma Celestino si è fatto di lato, interessato anche lui agli sviluppi, cedendogli volentieri il suo posto solo per vedere il proprio allievo letteralmente crollare in ginocchio, sul ghiaccio, e prendere fra le proprie le mani del russo.
Adesso è ben più di qualche persona ad avere lo sguardo puntato su di loro.

Yuri si sente a disagio. Non riesce a tirar via le mani da quelle dell'altro, ipnotizzato dai grandi occhi nocciola che lo fissano con aria adorante e decisa. E' bello Phichit, con i capelli tirati indietro e il suo costume nero e oro, alcune goccioline di sudore a scendere lungo le tempie ed il fiatone.
«Cosa cavolo stai combinando, mudak?» riesce a sussurrare, alla fine, cercando di ignorare il fatto che tutti li stiano guardando.
«Sto facendo una cosa che avrei dovuto fare già da qualche tempo. Non mi interessa cosa pensa la gente, capisci? Io mi sono innamorato di te. Sarebbe un tremendo cliché dire che lo abbia fatto da quel primo messaggio, vero? Infatti non è successo subito. E' accaduto piano piano. E si è rafforzato nel tempo, nella distanza, nel non poterti avere vicino e desiderare quei pochi momenti in cui potevo vederti e sentirti davvero. Questi ultimi due anni e mezzo... sono stati i più belli e al contempo i più brutti della mia vita.»
Il russo lo guarda nervosamente, il cuore in tumulto. Cerca di sfilare le mani dalle sue, non sa cosa pensare, non riesce più a pensare. Sente solo la sua voce, il battito frenetico nelle orecchie, i suoi occhi che lo guardano e lo pregano di dire qualcosa. Qualsiasi cosa.
«Se... se sono stati così brutti, perché diavolo questa sceneggiata?» sbotta soltanto, alla fine, con più rancore di quanto non meriti una dichiarazione in diretta internazionale. Non che adesso faccia caso alle telecamere.
Il thailandese scuote il capo e gli stringe un po' di più le mani, portandole al viso e baciandone le punte delle dita «Perché voglio che quelli successivi siano belli e basta. Ti voglio con me, Yuri. Ogni giorno, finché mi vorrai anche tu. E se in Russia questo non è possibile... beh. Rimani qui. Rimani qui con me.»
Sull'intero palazzo di ghiaccio cade il silenzio.
Yuri sente la testa girare, il respiro che manca. Fissa Phichit e Phichit fissa lui, con il suo solito sorriso fiducioso e quello sguardo dolce che gli dice che accetterà qualsiasi risposta. Qualsiasi.

E, allora, il russo libera le mani dalle sue e scappa




N.d.a -  Non linciatemi. Davvero, lo so che volete farlo. Lo sento. Ma abbiate un po' di fiducia o forse no ed aspettate il sesto ed ultimo capitolo per decidere se il pollice sia in su o giù. 
Un po' di precisazioni:
- J.J. non è affatto il mio personaggio preferito, nonostante si sia visto solo in una puntata ancora, e mi sa che si è notato. Mi scuso per i suoi fan, ma io lo vedo così eccheccipossiamofare.
- in Russia com'è noto ci sono leggi omofobe e quindi non è proprio consigliabile far coming out, soprattutto se si è un personaggio pubblico. E' per questo che Yuri non voleva si sapesse della loro relazione e Victor ha preferito non tornarci più, stando stabilmente con Yuuri (per la ggggioia dei fan della Victuri).
- nonostante possa sembrare diversamente, e molto più plateale di ciò che non è, la dichiarazione di Phichit viene ascoltata soltanto da Celestino e chi si trovava lì vicino visto che il thailandese non urla di certo ma tiene un tono di voce basso. Quello che gli interessava era che a vedersi, com'è stato, fosse il gesto per andare contro il taboo di cui tanta paura ha Yuri e dimostrargli che lui, di quella paura, non ne ha. Per chi se lo chiedesse volevo riprendere un po' quello che è stato il bacio Victuri, sì, o perlomeno il suo significato.

Detto ciò, ringrazio Brain Damage, LorasWeasley e Generale Capo di Urano per le belle parole lasciate al capitolo precedente (al solito, sempre felicissima che vi piaccia! E spero in fondo di non avervi deluso, nonostante ciò che è successo, perché vi ricordo che c'è sempre il sesto capitolo. Il famoso +1 ù.u. E tutto può ancora succedere -?-) e chi ha semplicemente letto e leggerà.
Ci vediamo alla fine, sweeties!
 
   
 
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