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Autore: Pervinca95    28/11/2016    7 recensioni
- Sei pronta adesso?- domanda facendomi dondolare.
- Pronta per cosa?-
Scrolla le spalle e fa vagare lo sguardo per il cielo.- Per cercare le nostre famiglie, per tornare alla realtà di sempre...- Si apre in un sorriso sghembo e riporta i suoi occhi nei miei.- Per costruirti una vita con me.-
- Allora sono pronta- dichiaro sorridendo.- E tu?-
Sorride sghembo e scrolla le spalle.- Sono nato pronto.-
*******************
Li abbiamo lasciati così, Sarah e David.
Dopo la fine dell'inferno che sono stati costretti a vivere, sempre sul filo del rasoio tra sopravvivenza e morte, cosa succederà nelle loro vite? Come proseguirà la loro appena sbocciata storia d'amore nella restaurata pace?
Questi sono Sarah e David in un mondo diverso da quello in cui li abbiamo conosciuti.
Questi sono, in poche parole, Sarah e David.
È necessario aver letto la storia principiale per poter capire.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Vittoria 

















Era giunto il sabato. Finalmente. 
Nei giorni precedenti avevo avuto modo di parlare con David e Clar della "questione Cam". Ero arrivata ad un'unica ovvia conclusione: forzarlo a sputare il rospo. 
Si stava rivelando inutile indagare ed osservarlo come una cavia da laboratorio. 
Anche se nell'ultimo periodo mi era apparso più tranquillo, sapevo, dalla luce inquieta che ogni tanto gli offuscava lo sguardo, che qualcosa continuava a turbarlo. 
Da un lato avrei voluto sbattergli in faccia la foto che gli avevo fatto al casolare e obbligarlo a cacciare fuori la verità, ma la parte più preponderante in me desiderava spronarlo a parlare con dolcezza. Non volevo rivedere la sua espressione da animale in gabbia. 
Per quanto riguardava il fronte Bradly, non c'erano stati più contatti. 
Spesso lo avevo beccato a guardarmi, in quei momenti s'impettiva e la sua espressione mutava in una speranzosa, come se stesse cercando di richiamare la mia attenzione per parlarmi. Ma non appena entrava David in scena, lui stringeva la mascella e deviava lo sguardo con fastidio. 
Non mi piaceva per niente quella situazione, ma soprattutto non mi andava giù il fatto che lui avesse per giunta ricevuto un pugno da mio fratello. 
Nei giorni precedenti avevo detestato Thomson, lo avrei preso a calci, ma un conto era pensarlo in una fantasia dettata dalla rabbia momentanea, un conto era vedere il suo viso ruotare per la violenza di un pugno. 
Dopo quel giorno, Bradly era rimasto solo. 
Kevin gli rivolgeva la parola di rado perché, da quel che ero riuscita ad evincere, Brad gli aveva chiesto di scegliere tra lui e David. Al che Kevin gli aveva risposto che non avrebbe mai fatto quel tipo di scelta, e così lui lo aveva cortesemente invitato a levarsi dalle scatole. 
Era una situazione stressante, soprattutto considerata la causa scatenante: io. 
Lunedì avrei parlato con Bradly ed avrei cercato di chiarire quell'immane faccenda senza senso. Dubitavo che le cose sarebbero tornate al loro posto, ma almeno si sarebbe attenuata quella costante e pesante tensione. 
<< Sarah, alzati >> sentii gridare dal corridoio. Poi dei pugni contro la porta. << E sbrigati, dobbiamo andare a correre. Hai dieci minuti per lavarti, cinque per fare colazione e due per vestirti a partire da... ora. >> Ancora assonnata, udii il bip di un cronometro che veniva avviato. 
Tirai su la testa dal cuscino, gli occhi mezzi chiusi ed i capelli in faccia. << Mi stai cronometrando? >> 
<< Sì, ed ogni minuto in più equivarrà a dieci metri in più di corsa. Fossi in te mi darei una mossa. Be', sempre che tu ci tenga a non camminare con un deambulatore domani. Ah, dimenticavo, buongiorno sorellina >> terminò Cam beffardo. 
Ero talmente intontita da quell'improvviso carico di notizie da non capirci niente. 
Rimasi immobile ad osservare la porta come se da un momento all'altro potesse spuntare un lillipuziano che mi avrebbe degnato di una spiegazione. E poi connettei il cervello. 
Stavo perdendo tempo, e non volevo certo rischiare di non muovere un passo il giorno seguente. Saltai giù dal letto facendo rovesciare il cuscino per terra. 
Lo raccattai e lo gettai di volata sul materasso, udendo subito dopo un mugolio di protesta. 
Mi resi conto con un secondo di ritardo che avevo lanciato il cuscino in faccia a David. 
Sorrisi nel vederlo passarsi una mano fra i capelli scomposti e sbadigliare sonoramente. Poi i suoi occhi offuscati dal sonno raggiunsero i miei. Mi squadrò da capo a piedi, sollevandosi addirittura sui gomiti, per poi sfoderare un sorrisetto poco rassicurante. 
<< Però, Anderson >> iniziò a dire con tono roco e divertito. << Scegli solo pigiami sexy. >> 
Spalancai gli occhi, sentendo le guance prendere colore, ed esaminai la maglia felpata che indossavo. Delle graziose paperelle che facevano il bagnetto nello stagno ricambiarono il mio sguardo. Dai pantaloni, invece, mi osservavano una fitta sequenza di ranocchie verdi con tanto di sorriso e fiocco rosa in testa. 
Mi schiarii la voce e richiamai all'appello tutto il mio coraggio per guardare David negli occhi. << Le coppie normali la mattina si danno il buongiorno >> gli feci presente, mostrandomi stizzita. << E comunque questo pigiama lo avevo anche ieri sera quando sei salito. >> 
Il suo sorrisetto non si scalfì. << Meno male che era quasi buio e non ci ho fatto caso. >> 
Ancorai le mani sui fianchi e lo fulminai con un'occhiata di sfida. << Oh, e sentiamo, che avresti fatto altrimenti? >> 
<< Te lo avrei tolto >> gettò fuori con sicurezza, mandando in ebollizione il mio sangue. 
Ressi il suo sguardo divertito e accattivante per circa cinque secondi, poi lo distolsi con le guance in fiamme. << Idiota >> borbottai raggiungendo l'armadio. 
Lo sentii rigettarsi sul letto e sghignazzare sommessamente. Al che afferrai un paio di calzettoni di lana e glieli lanciai con l'intento di colpirlo in faccia. Ovviamente, grazie alla mia infallibile mira, beccai solo la coperta. 
Se non altro si accorse che gli avevo tirato qualcosa. Afferrò i calzettoni e li esaminò in ogni particolare. << Uhm >> mugugnò inarcando le sopracciglia con un sorriso a stento trattenuto. << Qui si va sulla lingerie eccitante. >> 
La mascella per poco non mi cadde a terra. Acciuffai un altro paio di calzettoni dall'armadio e glieli scagliai contro mentre mi rimboccavo le maniche per picchiarlo. 
Una volta tanto la mia mira fasulla si rivelò utile. Lo presi sulla faccia pur volendo colpire il petto. 
Se li tolse dal viso e li sventolò divertito. << Wow, altri calzettoni sexy. Non vorrai farmi eccitare troppo? >> 
Mi lanciai su di lui come una paracadutista. Udii il suo fiato spezzarsi e riprendere subito dopo a sghignazzare. 
Gli mollai uno schiaffetto sui capelli e sorrisi mentre bloccavo le ginocchia accanto ai suoi fianchi. Poi mi sporsi per recuperare i miei pesanti calzini dalle sue mani. << Ridammeli >> mi lamentai ridendo, mentre lui li allontanava. 
<< No. >> 
Abbassai la testa per incrociare il suo sguardo. Il mio cuore vibrò d'emozione alla vista del sorriso che gli accendeva le iridi dorate. Sembrava che stesse vivendo uno dei momenti più belli e felici della sua vita. 
<< Ogni ostaggio ha bisogno di un riscatto per essere liberato >> dichiarò tirandomi a sé per la maglia. 
Osservai la sua bocca più vicina e mi morsi un labbro. << Che genere di riscatto? >> 
Sollevò il mento ed inclinò il capo di lato. Il suo tiepido respiro mi accarezzò uno zigomo, per poi essere sostituito con la punta del naso. 
Socchiusi gli occhi e mi lasciai avvolgere dalle piacevoli sensazioni scaturite da quei gesti delicati. 
Mi baciò piano un angolo della bocca, regalandomi una scia di fremiti. E poi le sue labbra si appoggiarono sulle mie, il mio cuore sussultò come se fosse stato attaccato alla corrente. 
Mentre sentivo il cervello scollegarsi e spiccare il volo, scivolai con le mani sino alle sue braccia. Ne levigai la pelle con carezze piene ed altre solo abbozzate con le unghie. Risalii ancora, fino ad una guancia, per poi abbandonare le dita tra i suoi capelli e stringerli senza tirare. Ed intanto che le nostre mani si cercavano come calamite, avvertii la sua lingua stuzzicarmi il labbro inferiore ed insinuarsi nella mia bocca. 
Allungai le gambe e lasciai che il mio corpo si plasmasse sul suo mentre introduceva una mano al di sotto del pigiama e cominciava a vezzeggiare la mia pelle sulla schiena. 
Improvvisamente sentii picchiare un pugno contro la porta. Scattai per lo spavento e mi distanziai da David, incastrando gli occhi sulla porta. 
<< Non ti sarai mica riaddormentata? >> vociò mio fratello. << Sveglia, opossum, non è il momento di cadere in letargo. >> 
In quel momento il letargo era l'ultima cosa che il mio corpo sentiva. Ero ancora accaldata per il bacio del mio ragazzo, i neuroni in coma. 
<< No. >> Mi schiarii la voce per risultare convincente. Intanto la mano di David si muoveva piano lungo la mia schiena, percepivo il suo sguardo divertito puntato addosso. << Sono sveglia, cinque minuti e arrivo. >> 
<< Te ne restano solo tre prima che scatti la penalità. >> 
Alzai gli occhi al cielo. << D'accordo, tre siano. >> 
<< Non ce la farai mai, perciò preparati a correre come una dannata >> asserì lui compiaciuto. 
Un attimo dopo captai i suoi passi allontanarsi e scendere le scale. 
I miei occhi saettarono a quelli illuminati di puro spasso di David. << È colpa tua se sono in ritardo >> lo accusai rotolando fuori dal letto. << Cam mi farà a pezzi >> mugolai preoccupata mentre rovistavo nell'armadio. 
<< Non è colpa mia >> si difese tranquillo. << Ma del tuo pigiama che ha attirato la mia attenzione. >> 
Gli scoccai un'occhiata omicida. << Che cos'hai contro i miei pigiami? Sono morbidi, caldi e comodi. Semplicemente perfetti. >> 
Incastrò le braccia dietro la testa e mi rivolse il suo familiare sorriso provocatorio. << Penso che dovresti dormire con meno roba addosso, ti terrei io al caldo. >> 
Le guance mi presero fuoco al solo pensiero di come avrebbe mantenuto fede a quelle parole. Cercai di concentrarmi sul contenuto dell'armadio e di nascondere il mio rossore. 
<< Puoi rimanere qui quanto vuoi >> dissi, lanciando sul letto un paio di pantaloni grigi da ginnastica. << I miei sono a lavoro fino al pomeriggio, quindi fai pure colazione mentre Cam sarà là fuori ad uccidermi. >>
Estrassi anche una maglietta a mezze maniche nera ed una felpa verde fango da mettere sopra. 
Cominciai a svestirmi con gli occhi di David incollati addosso. 
Lo vidi mettersi comodo ed osservarmi con un sorriso compiaciuto mentre sfilavo i pantaloni del pigiama. 
Ridacchiai e glieli lanciai contro. << Ma la smetti di fissarmi? >> 
<< Proprio ora? No, grazie. >> Schioccò la lingua al palato ed esaminò ogni centimetro delle mie gambe. 
Alzai gli occhi al cielo e sospirai divertita. << Che facciamo oggi? >> chiesi togliendo la maglia. 
Allacciai il reggiseno sopra la canottiera e poi lo feci scivolare sotto. Gettai da un lato anche la canottiera e mi apprestai ad indossare i pantaloni della tuta. 
Notando che il mio ragazzo non mi aveva ancora risposto, mi voltai a guardarlo. << David? >> 
I suoi occhi erano persi su di me, come se stessero ammirando qualcosa di estremamente bello e non riuscissero a staccarsi. Il fatto che avesse persino perduto il suo contraddistintivo sorriso era un indizio aggiunto di quanto fosse concentrato. 
Notare tutto ciò mi fece battere più forte il cuore. 
<< David? >> lo richiamai piano. 
Prima sollevò le sopracciglia, poi lo sguardo. << Mm? >> 
Sorrisi. << Che facciamo nel pomeriggio? >> 
Si passò una mano tra i capelli e li scompigliò con fare riflessivo. << Mia mamma lavora, quindi dovremo tenere Dwight. Ti va bene? >> chiese osservandomi tra i ciuffi ricaduti sulla fronte. 
Calai la maglietta sui fianchi ed annuii con vigore. << Certo che mi va bene. Mi piace passare del tempo con Dwight. >> Ed era assolutamente vero. Adoravo quel piccolo David in miniatura. Era il bambino più bello e dolce che avessi mai conosciuto. Avrei soltanto voluto sentirlo parlare, mi sarei accontentata anche di una parola. 
Quando eravamo ai gonfiabili avevo avuto la fortuna di ascoltare la sua risata gioviale e allegra, ma fino all'ultimo avevo sperato di sentirgli pronunciare qualcosa. Anche se quella giornata non era stata coronata con quella ciliegina sulla torta, ero stata ricompensata dall'enorme sorriso che aveva avuto per tutto il tempo. 
Scorsi spuntare un sorriso sulla bocca di David mentre mi guardava. << Idee? >> 
Ci pensai per qualche istante, lo sguardo incastrato sul pavimento. << Potremmo... andare in un giardino. >> Alzai il capo con gli occhi accesi di entusiasmo. << Anzi, potremmo ritornare alla pista di pattinaggio e poi fare un giro tra le bancarelle intorno. Sarà pieno di lucine e di cose carine da vedere. A Dwight piacerà da morire. >> Battei le mani eccitata. Immaginavo già un pomeriggio all'insegna del divertimento e della serenità, non mi sarei fatta scoraggiare dalla smorfia di David. 
<< Non m'interessa se non vuoi pattinare >> asserii risoluta. 
<< Quindi posso evitarlo? >> 
<< Ovvio che no. Tu pattinerai con me e Dwight, fine della storia. >> Gli rivolsi un sorriso angelico e lo raggiunsi per stampargli un bacio sulla bocca. << Ci vediamo alle tre e mezza davanti alla scuola? >> 
Annuì mesto e m'indicò l'armadio con un cenno del capo. << Prenditi un cappello, fa freddo fuori. >> 
Sorrisi ed ubbidii, poi corsi alla porta e lo salutai con la mano prima di chiuderla. 





                                                                    *  *  * 





A Cam andava riconosciuto un pregio. Era di parola, quando prometteva qualcosa non se la rimangiava mai. 
In quel momento stavo odiando con tutta me stessa quel suo pregio. 
Mi stava uccidendo, metro dopo metro, per ogni minuto che avevo ritardato. 
Nonostante avessimo già corso due chilometri, il suo sadico istinto non si era placato. Non avevo neanche più fiato per offenderlo, mi sentivo i polmoni gelati dall'aria invernale. 
Ero sempre più convinta che stesse cercando di sbarazzarsi di me. Probabilmente si era reso conto che preferiva la compagnia di un cane rispetto a quella di una sorella. E quindi eccomi lì, insieme ai miei ultimi respiri. 
<< Non è che... una pausa >> rantolai senza forze. 
Ero arrivata al punto in cui le gambe non rispondevano più agli impulsi del cervello. Muoverle era una tortura, pari a trascinarsi dietro dei macigni. 
Cam mi rivolse un sorrisetto sfrontato. << Sei messa così male? >> 
<< Sto morendo >> buttai fuori, mentre la mia andatura acquistava le sembianze di quella di un gorilla. << Fermiamoci. >> 
La mia ultima volontà fu rispettata. Arrancai fino ad una panchina e mi gettai a sedere, sentendo dolore persino a piegare le ginocchia. 
Cam mi porse una bottiglietta d'acqua che scolai avidamente malgrado fosse ghiaccia. 
Non sapevo come sarei riuscita a tornare a casa. Probabilmente mi sarei accampata lì. 
<< Sembra che tu abbia scalato una montagna. Che esagerata che sei >> mi pungolò facendo scontrare il suo ginocchio col mio. 
Lo linciai con un'occhiata. << Non sono abituata a correre senza sosta. Non siamo tutti bestioni da combattimento. >> 
<< Perciò io sarei un bestione da combattimento? >> chiese stranito. Mi stava guardando come se fossi stata un caso perso da prendere in giro. 
Allontanai il discorso con un gesto della mano ed una smorfia. Non avevo riacquistato abbastanza fiato da poter rispondere a tutte le sue frecciatine canzonatorie. Per quelle urgevo di due bombole dell'ossigeno.
<< Che fai nel pomeriggio? >> mi domandò dopo poco. Si stravaccò sulla panchina e rivolse l'attenzione su di me. 
<< Esco con David e il suo fratellino. Faremo un giro alla pista di pattinaggio >> spiegai stringendomi nelle spalle con un piccolo sorriso. 
I suoi occhi si spostarono per terra. << Mm, carino. >> 
<< E tu? >> 
Nella mia mente si erano accese varie lucine ad intermittenza che mi esortavano a continuare su quella strada coi piedi di piombo. Ero intenzionata ad indirizzare la nostra conversazione sul terreno più impervio di tutti. Ma se volevo ottenere una qualche risposta dovevo procedere con calma e con toni leggeri. 
Mi sembrava di stare in bilico su un cavo da equilibrista, un passo falso e non ci avrei cavato le gambe. 
<< Uscita tra amici, niente di che >> dichiarò scalciando del terriccio. 
Mi presi qualche secondo per riflettere sulla successiva domanda. << Quali amici? >> 
Alzò rapidamente la testa e mi osservò guardingo. << I soliti, no? >> 
Dissimulai facendo spallucce. << Che ne so? Potresti aver fatto nuove amicizie. Non ci sarebbe nulla di male, no? >> buttai là con disinvoltura, sebbene il mio sguardo lo tenesse sotto tiro come una preda. 
Non mi volevo lasciar sfuggire neppure un particolare. 
<< No, infatti >> disse cauto, continuando a scrutarmi. << Non dovrebbe esserci nulla di male. >> 
Quella scelta verbale, forse inconscia, mi fece rizzare le orecchie come un cane da caccia. << Perché dici "non dovrebbe"? >> Strinsi gli occhi. << Sembra che tu stia dicendo che, di norma, fare nuove amicizie non è un male, ma che in alcuni casi, invece, si rivela esserlo. >> 
<< Ragioni troppo >> mi beffeggiò con un sorrisino tirato. 
<< È quello che hai implicitamente detto. >> 
<< Può darsi, ma è un dato di fatto >> asserì incrociando le braccia sul petto. << A volte si fanno amicizie sbagliate. Capita a tutti. >> 
<< E a te? È capitato? >> incalzai sondando il suo sguardo improvvisamente più attento. 
Sbuffò e fece roteare gli occhi. << Sarah >> disse con un tono stanco ed un'occhiata di monito. << Dove vuoi arrivare? Non sono un cretino, mi accorgo se qualcuno mi sta facendo il quarto grado. >> 
Era proprio quello il problema. Era troppo sveglio ed io ero troppo scarsa come investigatrice. 
Appena percepiva un cambiamento nel mio tono o nel mio modo di rivolgermi, alzava subito la guardia. Cacciargli fuori un'informazione era come trovare la giusta combinazione di numeri per vincere cinquecento milioni di dollari. 
Di sicuro, giunti a quel punto, non avrei lasciato cadere il discorso. 
M'impettii e lo guardai dritto negli occhi. << Senti, so c... >> 
<< Cameron! >> sentii urlare poco distante da noi. 
Schizzai sul posto per lo spavento. 
Mi voltai a trucidare con lo sguardo il cretino che mi aveva interrotta. Era un ragazzo parecchio alto e magro, un gigante dal mio basso punto di vista, coi capelli marroni e due piccoli occhi vivaci che si muovevano da me a mio fratello come una pallina. Al suo fianco camminava un ragazzo più basso, i capelli scuri, gli occhi schermati da un paio di occhiali da vista e la postura rigida come se stesse morendo di freddo. 
Cam si alzò di slancio e li accolse con varie strette di mano e scontri di pugno che faticavo a seguire. 
<< Ti sei trovato la ragazza, eh? >> lo canzonò il gigante, tirandogli una gomitata. 
Evitai di alzare gli occhi al cielo. Come faceva a non notare la somiglianza tra noi? Già il fatto che avessimo gli stessi occhi e lo stesso colore di capelli avrebbe dovuto fornirgli un indizio. 
Cam rise. << Che cavolo dici? È mia sorella, l'opossum. >> Tipica presentazione a cui ero costretta da anni. 
Il gigante spalancò gli occhi e mi rivolse un'occhiata, per poi tornare su mio fratello. << Quindi è lei l'opossum di cui a volte parlavi. >> 
Corrugai la fronte confusa. Probabilmente mi ero persa un passaggio. Già il fatto che il tizio mi conoscesse come opossum mi faceva venir voglia di strangolare brutalmente Cam per aver sparso tra i suoi amici quel nomignolo invece che il mio nome. 
Notando il mio spaesamento misto a furia omicida, il ragazzo più basso mi rivolse un sorriso cordiale. << Tuo fratello qualche volta ti ha nominata negli spogliatoi. >> 
<< Ah >> fu tutto ciò che dissi, annuendo. 
C'era qualcosa che ancora non mi quadrava. Cam non era solito parlare di me ad altri, a meno che non venissi tirata in ballo.  
<< La fai sembrare una cosa troppo affettuosa >> si lamentò infatti, con un ampio sorriso. << Di' come stanno veramente le cose. >> 
Il gigante rise e ruotò la testa dalla mia parte, gli occhietti vivaci che guizzavano su tutto il mio viso. << In squadra abbiamo uno sciupafemmine, lo chiamiamo martello. Be', non importa che ti spieghi perché. >> 
<< No infatti, non importa >> affermai sbattendo frettolosamente le palpebre, già turbata dall'andazzo del discorso. 
Il gigante sorrise, interessato dalla mia reazione. << Insomma, negli spogliatoi ci raccontava sempre della nuova avventura. Sosteneva di aver sedotto quasi tutte le ragazze del quartiere, e così ci chiedeva di presentargliene qualcuna nuova. A quel punto chiedevamo a tuo fratello: "ehi, Cam, ma tu non hai una sorella?" >> Si mise a ridere di gusto e rivolse un'occhiata a Cam. << Diceva sempre di non avere una sorella, ma un opossum brutto quanto la fame e fastidioso come un calcio nel didietro. >> 
Dirottai lentamente la testa verso il sopracitato con un sopracciglio sollevato e la bocca stretta. Dunque era questo quello che andava a dire in giro. Opossum brutto quanto la fame e fastidioso come un calcio nel sedere. 
Esigevo spiegazioni da quel procione che al momento si stava grattando la nuca ed evitava di guardarmi. Chissà perché. 
<< Adesso ho capito perché dicevi così >> dichiarò il gigante, rifilandogli un'altra gomitata. 
Incurvai entrambe le sopracciglia, guardando il tizio con fare intimidatorio. << Come, scusa? >> Mi aveva appena dato di opossum brutto e fastidioso? 
La mia mente stava sciorinando immagini di un'imminente rissa. 
Il più basso si risollevò gli occhiali per nascondere un sorriso dietro la mano, il gigante invece mi squadrò con un'espressione di esplicita analisi. Quando ritornò con gli occhietti scuri sul mio viso, gli angoli della sua bocca si incresparono in un sorriso sfrontato. << Non ti preoccupare, direi che sei tutto l'opposto di un opossum brutto quanto la fame. >> Mi scoccò un occhiolino che per poco non mi fece schiantare la mascella a terra. 
Ma da dove era uscito quel tizio? 
<< Ci stai provando con mia sorella? >> Il tono di Cam, seppur scherzoso, conteneva una forte inflessione d'avvertimento. La sua espressione canzonatoria e scettica era ancor più esplicita della voce. 
Il gigante fece spallucce. << Perché no? >> 
Provavo pietà per il suo unico neurone che si sforzava di dire cose intelligenti con risultati sconfortanti. 
Cam tirò fuori un sorrisino quasi minaccioso, poi gli appoggiò una mano sulla spalla e strinse con fare amichevole. << Molla l'osso, è già occupata. >> 
<< Ahia >> enfatizzò il più basso, ridacchiando. 
Il gigante si picchiò una mano sul petto e mi rivolse uno sguardo teatralmente triste con tanto di labbro piegato. << Hai spezzato il mio cuoricino. >> 
Non potei fare a meno di scoppiare a ridere. Era un tipo divertente, malgrado alcune uscite sconcertanti. 
<< In caso vi molliate sai da chi venire per farti consolare >> aggiunse strizzando l'occhio. << Fratello geloso permettendo, ovvio. >> Rise all'indirizzo di Cam e gli diede qualche pacca bonaria. 
Mio fratello fece una smorfia divertita e scosse la testa insieme all'altro ragazzo. 
Ci intrattenemmo con loro per un altro po', in seguito io e Cam ci rimettemmo a correre verso casa. 
<< Sono simpatici >> dissi guardandolo. 
Annuì. << Sono bravi ragazzi. Eddy, quello più alto, lo conosco dalle medie. Non eravamo nella stessa classe, ma frequentavamo lo stesso giro di amici. Abbiamo iniziato basket praticamente insieme, lui un mese dopo di me. Nicholas invece l'ho conosciuto agli allenamenti. Faceva basket già da un anno. >> 
<< E... Martello? >> domandai aggrottando la fronte. << Siete amici? >> 
Sorrise divertito. << Tylor è il nostro menestrello. Ci divertiamo a prenderlo in giro e ad ascoltare le sue brevi avventure. Ad ogni partita si porta una ragazza diversa, a volte anche più d'una per presentarcele e andare a fare un giro tutti insieme. Diciamo che gli piace cambiare, è un nomade in territorio femminile. >> 
<< Ti ha fatto conoscere qualche ragazza interessante? >> lo stuzzicai, mollandogli un colpetto sul braccio.   
<< Che ficcanaso che sei >> mi rimbeccò con un sorriso, alzando gli occhi al cielo. 
<< Non vuoi dirmelo? >> 
<< Nessuna che mi interessasse davvero. >> 
Umettai le labbra e mi presi qualche istante di silenzio. << Non starai ancora pensando a Melanie, vero? >> buttai fuori alla fine, osservandolo di sottecchi. << Insomma, quella è una cretina con la c maiuscola. >> 
Melanie Harrison era stata la ragazza di Cam ai tempi del liceo. Erano stati insieme per ben due anni, dal secondo al quarto anno. Poco prima del diploma, Cam l'aveva lasciata. Aveva scoperto che lo tradiva con un professore, in seguito esonerato dal suo incarico per essere stato beccato con la suddetta cretina in qualche pertugio scolastico. 
Era piombato uno scandalo sul nostro istituto, finito persino sul giornale. 
Durante il primo anno della loro relazione, Melanie sembrava l'ombra di Cam. Lo seguiva ovunque con sguardo adorante, come se fosse riuscita a coronare un sogno. Si vociferava, infatti, che fosse stata persa di mio fratello fin dal primo anno. 
Vere o false che fossero quelle voci, lei mi era sempre apparsa innamoratissima, oltre che fastidiosamente appiccicosa. Quelle poche volte in cui Cam le aveva fatto mettere piede in casa nostra, quella cozza non gli si era quasi staccata di dosso. Se lui faceva un passo, lei ne faceva due per arrivargli addosso. E poi cercava sempre di avvolgersi intorno al suo braccio come una piovra. Ogni volta, per la mia gioia, Cam sfilava il braccio e metteva un minimo di distanza tra loro. 
Negli ultimi quattro mesi, prima che si lasciassero, Melanie aveva cominciato ad essere più distante e falsa. Ogni suo sorriso sembrava spargere menzogne ed i suoi gesti nei riguardi di mio fratello apparivano studiati da un copione teatrale. 
Cam si era subito reso conto di quel cambiamento, e così le liti in quei mesi erano state all'ordine del giorno. E poi si era scoperto il perché. Lo aveva confessato lei stessa durante l'ultimo dei loro litigi: stava portando avanti una relazione segreta con il professore di trigonometria da almeno cinque mesi. 
Dovevo ammettere che Cam non mi era mai sembrato veramente coinvolto in quella relazione. Melanie gli piaceva, sì, ma ero sicura che non lo avesse mai preso a livello mentale. Infatti, dopo aver scoperto del tradimento, era rimasto sì scosso, ma non aveva reagito come un ragazzo innamorato. 
Lo avevo visto arrabbiato e deluso, per quanto avesse cercato di camuffare ogni sentimento, ma già dopo due settimane aveva mandato Melanie a quel paese ed aveva riacquistato la serenità che quella cretina gli aveva fatto perdere nei mesi prima. 
Cam aggrottò la fronte e mi lanciò un'occhiata di sbieco. << Non penso a lei da quando è finita. È un capitolo chiuso. >> 
Sentirglielo dire mi tranquillizzò. 
Rallentai un po' l'andatura della corsa e guardai il marciapiede sconnesso. << Sei mai stato innamorato di lei? >> 
<< No. >> La rapidità con cui rispose non fece che conferire verità a quel secco monosillabo. 
Alzai il capo per guardarlo. << E allora perché starci per ben due anni? >> 
Si strinse nelle spalle con una smorfia d'indifferenza. << Non è che mi facessi molte domande a quindici anni, e nemmeno a diciassette. C'erano momenti in cui stavamo bene insieme, altri in cui non mi andava di vederla per pigrizia, altri in cui litigavamo. A me andava bene così, non m'interessava trovare l'amore della mia vita. >> 
<< E adesso? >> 
<< Ho una consapevolezza diversa. So cosa voglio da chi mi sta intorno e da me stesso. >> 
Sorrisi per la sua risposta. Ammiravo il suo modo di pensare, più maturo e deciso. 
Avrebbe sicuramente commesso degli errori, ma almeno sapeva cosa e chi evitare fin da subito per stare bene con se stesso. 
<< Be'... >> Gli scoccai un sorriso scherzoso. << Cerca di non trovarti un'altra piovra. >> 
Rise e mi circondò il retro del collo con due dita, stringendo piano a mo' di pizzicotto. << Tranquilla, ho chiuso con quelle. Quando stavo con Melanie ho imparato ad apprezzare le distanze. >> 
Lo guardai sbattendo rapidamente le ciglia, l'espressione teatrale. << Solo io posso starti appiccicata, vero? >> 
Un angolo della sua bocca si piegò in un sorriso divertito. << Non mi pronuncio. >> 
<< In che senso, scusa? >> domandai, il tono di colpo truce. << Sono tua sorella, posso starti appiccicata quanto voglio. >> 
Per un attimo sollevò le sopracciglia. << Non esageriamo. Ci sono pur sempre dei confini da rispettare. >> 
Strizzai la bocca risentita. << Ah sì? >> 
Rallentai la corsa e mi appostai dietro di lui. Non esisteva che io dovessi rispettare gli stessi spazi delle ragazze con cui usciva. Ecchecavolo, lui era mio fratello. 
<< Che stai f... >> La sua domanda fu interrotta bruscamente dal mio salto sulla sua schiena. Gli allacciai le gambe intorno ai fianchi e le braccia attorno al collo per sorreggermi. 
Sentii subito le sue mani avvolgermi sotto le ginocchia per tenermi salda. 
Scoppiai a ridere piuttosto malvagiamente, per poi allungare la testa e guardare il profilo del suo volto. << Non mi scollerò da te fino a casa, rassegnati. >> 
Mi rivolse un'occhiata obliqua, mentre un sorriso si propagava sul suo viso. << Hai appena superato il confine del mio spazio vitale. >> 
<< Ma io posso. >> 
<< Solo perché sei un opossum, altrimenti a quest'ora ti avrei scaricata per terra >> dichiarò cominciando a camminare. 
Sorrisi felice ed appoggiai la testa contro la sua, per poi chiudere gli occhi e lasciarmi dondolare dalla sua andatura rassicurante. 





                                                                     *  *  * 





Le lucine delle bancarelle erano stupende. 
Sembrava di essere ancora a Natale, il che m'infondeva una sensazione di serenità. 
Malgrado gli insistenti tentativi di David di sabotare l'idea del pattinaggio, eravamo giunti alla pista. 
Dwight si era insinuato tra me e suo fratello per tenerci entrambi per mano. Per un attimo il mio povero cervello ci aveva immaginato come una vera e propria famiglia. Nel momento in cui ero arrossita ed il mio cuore aveva iniziato a galoppare come un cavallo impazzito, avevo allontanato quel pensiero. 
Era un sogno che speravo avrei coronato in futuro. Ma cosa dicevo? Io dovevo coronarlo, senza se e senza forse. 
<< Ripeto: è necessario pattinare? >> ci riprovò David per la millesima volta, guardandomi storto. 
<< Ripeto: sì. >> Gli rivolsi un sorriso angelico e lo spronai ad avanzare nella fila per i biglietti. 
Sbuffò seccato e mosse un passo avanti. 
Io e Dwight lo stavamo aspettando fuori dal trenino umano, avevamo mandato lui in coda come sorta di sacrificio umano. A noi faceva fatica. 
Mi abbassai all'altezza di Dwight e gli aggiustai il berretto sulla testa, poi sorrisi intenerita dai suoi innocenti occhi verdi che ammiravano le tante luci tutt'attorno. << A te va di pattinare, vero? >> gli chiesi dolcemente, mentre gli chiudevo per bene il giubbetto. << È divertente, soprattutto quando David rischia di cadere. >> 
Quando aprì la bocca per ridacchiare, notai che gli era cascato un dente inferiore. 
<< Oh >> esclamai enfatizzando la mia sorpresa. << Hai perso un dente! Il topolino ti ha portato un soldino? >> 
Dwight abbassò gli occhi e scosse piano la testa, poi li rialzò osservandomi con timidezza. Il suo sguardo mi fece sciogliere di tenerezza. 
<< Sai perché non te l'ha portato? >> gli domandai a bassa voce, come se stessi rivelando un segreto. << Perché mi ha incaricata di consegnartelo di persona. Io sono la sua aiutante. >> Estrassi dalla tasca del giubbotto una moneta da un dollaro che avevo lasciato lì da giorni e gliela porsi, vedendo i suoi occhioni dilatarsi per lo stupore. 
La afferrò con le piccole dita e se la rigirò in mano con un sorriso estasiato. Poi mi guardò per alcuni secondi, alla fine annullò le distanze per abbracciarmi. 
Il mio cuore si scaldò come una stufa. Sentire quelle delicate braccia stringersi intorno al mio collo non aveva prezzo, era come immergersi in un mare di dolcezza. 
<< Possibile che David si sia rimpicciolito e la Anderson lo stia abbracciando? Vedi anche tu quello che vedo io? >> La voce scherzosamente stranita di Kevin e la risata di Clar mi fecero spalancare gli occhi di sorpresa. 
Mi distanziai da Dwight e ruotai il capo per guardare alla mie spalle. 
<< Clar! >> esclamai contenta, alzandomi in piedi. Presi Dwight per mano e lo accompagnai fino a loro. << Che ci fate qui? >> domandai guardando prima uno e poi l'altra. 
<< Stavamo facendo un giro >> spiegò Clar. << Poi Kev ti ha vista e siamo accorsi qua. >> Abbassò lo sguardo su Dwight e sorrise. << Santo cielo, è uguale a David proprio come mi avevi detto, a parte per gli occhi. >> 
<< Ehi, bello, non mi riconosci? >> lo punzecchiò Kevin, colpendolo piano nella pancia. 
Dwight rise e si ritrasse dalla sua mano che cercava di fargli il solletico. 
E poi, guardandoli, ebbi l'illuminazione. << Perché non rimanete con noi? >> proposi, galvanizzata al solo pensiero. << Sarebbe divertente. >> 
Clar si animò subito ed annuì con enfasi. << Per me va bene, tanto non avevamo niente da fare. >> 
Spostai rapidamente l'attenzione sull'altro imminente sacrificio umano. << Kevin, forza, raggiungi subito David >> lo esortai spingendolo con una mano. 
<< E dov'è? >> 
Indicai la coda alla nostra sinistra. << Là. Vai, veloce, così fate i biglietti insieme. A Clar prendi un trentotto. Muoviti! >> 
<< Ok ok, vado. >> 
<< Eccellente >> commentai fiera, mentre lui si dirigeva dal mio ragazzo. 
A quel punto mi voltai verso Clar, sorridendole timidamente. Dovevo ammettere di sentirmi quasi in colpa nei suoi confronti. Eravamo sempre state molto vicine, sapevamo di poter contare l'una sull'altra a prescindere da tutto. Avevamo quel genere di rapporto in cui anche se non trascorrevamo molto tempo insieme, la nostra amicizia rimaneva invariata. Non si scheggiava o indeboliva. 
Avevamo litigato varie volte in passato, per stupidaggini o incomprensioni. Ma ogni lite ci aveva unite e fatte conoscere meglio. Lei conosceva i miei infiniti difetti, li accettava, sebbene a volte non le andassero a genio, ed io facevo altrettanto nei suoi riguardi. 
Quando sbagliavo me lo faceva notare, non cercava di darmi sempre ragione. Ed era questo, più di tutto il resto, che apprezzo di lei: la sincerità. 
Per quanto il mio orgoglio venisse leso in quei casi, invece che reagire con rabbia la ascoltavo e mi correggevo. Lei sapeva usare i toni giusti per rispettarmi, sapeva prendermi come una sorella. 
Perciò ero consapevole del fatto che il nostro legame fosse ancora forte, ma sentivo di averla lasciata in un angolo, di non essermi comportata da sorella. 
Mi schiarii la voce. << Clar... volevo dirti che... Insomma, mi dispiace molto >> esordii mesta. << So di averti trascurata, di averti sciorinato i miei problemi senza mai chiederti come stessi tu. >> Abbassai la testa. << Sono stata egoista, concentrata solo su me stessa e su ciò che mi succedeva. Non ho... minimamente pensato a te. Anzi, ti ho chiesto e basta, ma in cambio non ti ho dato nulla. >> Sospirai. << Mi dispiace veramente tanto. >> 
Per un po' tra noi governò il silenzio. Così decisi di sollevare gli occhi per leggere il suo volto. 
Stava sorridendo, di un sorriso piccolo e sincero.
<< Hai ragione >> iniziò a dire. Il mio stomaco si contrasse per il senso di colpa. << Non mi hai mai chiesto come stessi, cosa succedesse nella mia vita, come mi sentissi dentro. Abbiamo abbandonato la nostra abitudine di trascorrere insieme tutta la domenica. Mi sono sentita trascurata, sola, anche se con me c'era Kevin. Ma non mi bastava. Avevo bisogno della mia migliore amica, della persona con cui riesco a parlare meglio che con chiunque altro, con cui posso condividere i miei dubbi e le mie paure senza sentirmi in imbarazzo o giudicata. >> Mentre distoglievo lo sguardo permeo di lacrime, le vidi muovere un passo verso di me. << Ma se non ti ho detto nulla, è stato perché in quel momento eri tu ad avere più bisogno di me. >> 
In uno scatto dirottai gli occhi sul suo viso. 
Appoggiò una mano sul mio braccio ed inclinò la testa con un sorriso. << Non era necessario che ti gettassi addosso le mie sensazioni ed i miei arrovellamenti mentali, in quel momento eri tu quella che aveva più bisogno di essere ascoltata, consigliata e supportata. Mi sono fatta da parte sapendo di fare la cosa più giusta. E anche se ti avrei voluto mettere al corrente di tutto ciò che mi succedeva, ti assicuro che mi comporterei come ho fatto per altre mille volte. Non me ne pento. >> Dalle sue scure iridi traboccava sincerità. Talmente tanta da stringermi lo stomaco in una morsa di sollievo e al contempo pentimento. 
A volte non mi sentivo degna della sua amicizia. Mi chiedevo se anch'io avrei fatto lo stesso per lei se la situazione fosse stata ribaltata. Avrei sicuramente cercato di alleviarla dal peso dei suoi problemi, ma probabilmente avrei commesso degli errori a causa della mia impulsività. 
Un tempo ero sicura di essere una persona riflessiva, ma soprattutto razionale. Be', mi sbagliavo. Commettevo più errori a causa della mia avventatezza che per altro. 
Non ragionavo, partivo in quarta con l'andatura di un bulldozer. Solo in seguito, a errore compiuto, mi rendevo conto di aver esagerato. 
Le presi una mano ed abbassai lo sguardo sulle nostre dita. << Non voglio che tu pensi che i tuoi problemi siano meno importanti dei miei. Se qualcosa ti fa star male o ti mette a disagio significa che non è una stupidaggine. Non devi trattenenti dal dirmela, in qualsiasi circostanza, anche quando credi di poter aspettare. >> Osservai i suoi occhi pieni di gratitudine e dolcezza e sorrisi. << Che ne dici domani di venire a casa mia? Dovremmo riappropriarci della nostra domenica di chiacchiere, studio, maschere per la faccia e tè fumante. >> 
A quel punto il suo sorriso divenne luminoso tanto quanto il mio. << Direi che una maschera di bellezza è proprio quello che mi ci vuole >> asserì dandosi qualche colpetto sulla guancia. 
Scoppiammo a ridere, per poi stringerci in un abbraccio saldatore. E mi sembrò che avvenisse proprio quello, un rinsaldo della nostra amicizia. Ci eravamo aperte e capite come non avveniva da tempo. 
Durante quell'abbraccio mi resi conto di quanto effettivamente mi fosse mancata. 
<< Domani mi dirai tutto? >> le chiesi una volta separateci. 
Annuì convinta. << Tutto. >> Sorrise. << Non vedo l'ora. >> 
Non potevo essere più d'accordo.





                                                                   *  *  * 





David aveva l'espressione di un condannato a morte. Kevin non sapeva neanche come si infilassero i pattini. Clar ed io, invece, li stavamo allacciando a Dwight, seduto sulle mie ginocchia. 
Una volta finito, ci sollevammo in piedi e guardammo i nostri ragazzi. 
<< Pronti? >> chiese Clar, battendo le mani contenta. Condividevamo lo stesso entusiasmo all'idea di trascorrere quel tempo tutti insieme. 
<< Mm >> mugugnò David, la voglia di vivere sotto i piedi. 
Alzai gli occhi al cielo e lo raggiunsi insieme a Dwight. Lui mi guardò attraverso i ciuffi di capelli fuori dal berretto, poi li scostò e si raddrizzò sui pattini. 
Gli scoccai un'occhiata ammonitrice a cui rispose con una smorfia. 
Sospirai e mi concentrai su Kevin che si era appena messo in piedi. << Ottimo, possiamo entrare in pista >> decretai con un sorriso. 
<< Chi è tra noi che sa pattinare? >> chiese Torn mentre procedevamo verso l'ingresso. 
<< Nessuno >> risposi scuotendo il capo. << Anzi, David la prima volta se l'è cavata bene. Direi che è quello messo meglio. >> Tirai una pacca scherzosa sulla schiena del mio ragazzo per cercare di risollevargli il morale. 
Lui mi guardò da sopra la spalla con un piccolo sorriso, subito dopo fece qualcosa che mandò in fibrillazione ogni mio singolo neurone e in sovraccarico il mio cuore. Tese un braccio all'indietro, verso di me, perché gli prendessi la mano. 
Quello non era un semplice gesto compiuto da un ragazzo qualunque. Quello era un gesto denso di significato partito da David, colui che odiava le effusioni in pubblico e che mi aveva espressamente avvertita di non essere il tipo che prende per mano la propria ragazza. Ed infatti, fino a quel momento, non mi aveva mai fatto intendere di voler cambiare il suo modo di essere. 
Per un attimo mi chiesi se stessi sognando. Ma no. Quella mano era lì per me. Solo per me.
Con un sorriso che lasciava ben poco spazio ad immaginare a cosa stessi pensando, stesi la mano e chiusi le dita intorno alle sue calde. 
Il mio battito cardiaco subì una rapida impennata che fece fluire calore sino alle mie guance. Ero sicura che nella mia testa avrei sempre rivissuto quel momento al rallentatore, e che ogni volta mi avrebbe scatenato le stesse intense emozioni. 
Percepii la mano di David saldarsi bene con la mia. 
Mi sentii bene. Talmente bene da avvertire dolere alle gote per quanto stavo sorridendo. 
Anche quando mettemmo piede in pista, David mantenne le nostre dita allacciate, malgrado l'instabilità iniziale. 
Mi avvicinò a sé, ancorato al corrimano, ed insieme aiutammo Dwight ad entrare. Appena il piccolo si rese conto di quanto il ghiaccio fosse scivoloso, scoppiò a ridere. 
<< Ti piace? >> gli chiesi divertita. 
Annuì con enfasi e protese un braccio verso suo fratello per farsi trascinare alla ringhiera. 
<< Vai, Kev, facci vedere di cosa sei capace >> sghignazzò David, dietro di me. << Abbiamo occhi solo per te. >> 
Mi trattenni dallo scoppiare a ridere alla vista di Torn che osservava il ghiaccio come un nemico. Si sgranchì le mani e buttò fuori un fiotto d'aria dalla bocca. 
Clar, alle sue spalle, alzò gli occhi al cielo. << Ma ti vuoi muovere? >> disse rifilandogli una spinta. 
La scena successiva fu epica. 
Kevin accusò il colpo schizzando in avanti come un missile. Cadde di faccia sul ghiaccio mentre Clar si portava le mani davanti alla bocca ed urlava un "oddio" strozzato. 
Udii la fronte di David appoggiarsi alla mia spalla mentre veniva scosso dai singulti delle risate. 
Kevin rialzò il viso, la fronte paonazza per l'impatto, e scagliò un'occhiata di fuoco alla mia amica. << Stai cercando di uccidermi? >> Poi si tirò a sedere e guardò la staccionata d'appoggio a lui lontana. << E ora come faccio ad alzarmi? >> 
<< Aspetta ti aiuto io >> si premurò Clar, entrando in pista con cautela. 
Con una mano si arpionò alla ringhiera, l'altro braccio lo stese verso il suo ragazzo. << Attaccati a me. >> 
La risata di David s'intensificò. Si stava praticamente scompisciando. 
Io non potevo che sorridere divertita dalla scena. 
Poi non sentii più la pressione della sua fronte. << Oh, Kevin, prendi la mia mano >> recitò con voce teatralmente drammatica. << Non so per quanto resisterò ancora. Sbrigati, ti pr... >> Non riuscì a terminare la frase che riscoppiò a ridere. 
A quel punto non potei più trattenermi e mi unii alla sua risata. Intanto Kevin ci stava lanciando contro improperi di varia sorta con l'aggiunta di frasi come "mi vendicherò" o "ve la farò pagare". 
Mi voltai verso David per appoggiare la testa sul suo petto nel tentativo di mascherare le risate. Clar, nel frattempo, stava emettendo delle specie di grugniti per lo sforzo di risollevare Kevin che non faceva che riscivolare sullo stesso punto. 
Anche Dwight se la stava ridendo allegramente, tanto che si era seduto per terra ed ogni tanto si lanciava su un fianco reggendosi la pancia. 
Alla fine ce la fecero. Kevin si incollò al corrimano come se da quello dipendesse la sua vita.
<< La prossima volta che uno di voi due mi proporrà di passare il pomeriggio insieme, sapete che farò? >> chiese furioso, indicandoci. << Scapperò a gambe levate, ecco che farò. >> Poi osservò il ghiaccio con disgusto. << Sempre che riesca ad uscire da qui sulle mie gambe. >> 
<< Dai, non è poi così male. Sono sicura che ti divertirai >> lo incoraggiai ridendo ad intervalli. 
Mi fulminò. << Anderson, con te facciamo i conti dopo. >> 
Alzai gli occhi al cielo divertita. 
<< Forza, David, vieni qui >> ordinò poi al mio ragazzo. 
<< Perché dovrei? >> 
Il suo sguardo divenne marmoreo. << Perché tu sei l'unico che sa andare su questi cosi. Mi devi insegnare, e soprattutto non devi farmi cadere. >> 
<< Resta attaccato lì allora >> gli rispose ghignando. 
<< No, ho pagato. >> 
Sollevai un sopracciglio. << Tirchio, eh? >> lo presi in giro. 
<< Ho cambiato idea >> annunciò con un improvviso sorriso mellifluo. << Il primo giro lo voglio fare con te, Anderson. >> 
<< Sarà anche il tuo ultimo >> commentò David tra dei finti colpi di tosse. Gli rifilai un pugno nello stomaco e mi staccai da lui per raggiungere Torn, scavalcando Clar appiccicata alla ringhiera. 
<< Cercate di non uccidervi >> si rassicurò sorridendomi. 
<< Non ti assicuro nulla sulla sua morte >> scherzai, e subito dopo la sentii tirarmi una scherzosa pacca di rimprovero sulla schiena.
Una volta giunta accanto a Kevin gli porsi la mano. Lui la guardò stranito. 
<< Mi stai chiedendo la mano? >> domandò sollevando gli occhi nei miei. << Non sono pronto al matrimonio, men che meno con te. >> 
<< Scemo, serve per bilanciarsi meglio >> spiegai ridendo. << Dai, non farmi fare il doppio della fatica. >> 
<< Oh, poverina >> mi canzonò stringendomi la mano. << Forza, mostrami le tue doti da pattinatrice. >> 
Udii David ridere per quelle parole, così gli lanciai un'occhiataccia. Notai che si era spostato insieme a Dwight accanto a Clar. 
Appena si accorse che lo stavo fulminando, mi rivolse un sorrisetto beffardo. 
<< Concentrati, Anderson >> mi richiamò Kevin, strattonandomi. << C'è la mia vita in gioco. >> 
<< Eh, esagerato >> lo riprese Clar. 
Malgrado mi venisse da ridere, cercai di restare seria. 
<< Ok, staccati dalla ringhiera e scivola sul ghiaccio prima con un piede e poi con l'altro. Imita gli altri >> consigliai indicando con un cenno le altre persone. 
Quando entrambi restammo in equilibrio solo sui pattini, sentii Kevin stritolarmi la mano nel tentativo di non cadere. 
<< Forza, muovi i piedi. Anzi, trascinali come fai di solito >> mi corressi sogghignando. 
<< Fosse facile >> si lamentò con uno sbuffo già esasperato. 
Lo tirai verso di me che avevo mosso un passo avanti. Lui piegò la schiena, seguendomi con la testa, ma non con il sedere. 
<< Bella posa, Kev >> lo prese in giro David. 
<< Ma che cavolo mi stai facendo fare? >> sibilò Torn contro di me. << Che è questa posizione da tacchino col sedere spennato? Mi stai rendendo ridicolo agli occhi della mia ragazza. >> 
<< Muovi quei piedi! >> lo sgridai mentre cercavo di contenere le risa. 
<< Ma perché ho scelto te per il primo giro? >> borbottò scocciato, intanto che seguiva le mie indicazioni. << Sono forse masochista? >> 
<< Ce l'hai fatta, visto? >> gli feci notare sorridendo. << Ora scivola sul ghiaccio, non rimanerci attaccato. >> 
Con uno sbuffò s'impegnò a fare come gli avevo detto. Il problema era che io sapevo pattinare quanto lui. Probabilmente ero pure peggio considerato il mio scarso equilibrio. Insieme eravamo un pericolo sia per gli altri che per noi stessi. 
Dopo aver arrancato per un metro, tirai la mano di Kevin verso di me a causa di un momento di squilibrio. 
<< Oh, ma che fai? >> bofonchiò mentre tentava di raddrizzarsi. 
<< Kevin tienimi, cavolo! >> strillai agitando l'altro braccio per provare a fermarmi. I miei pattini stavano slittando come dotati di vita propria, ed io non riuscivo a controllarli se non tramite dei rapidi passetti che mi scoordinavano. 
Esteriormente sentivo di assomigliare ad un'anguilla pazza.
<< Mi stai facendo cadere! >> gridò in risposta quel cinghiale egoista. << Fermati! >> 
Cercai di trucidarlo con un'occhiata. << Ti sembra che riesca a fermarmi? >> 
In un battibaleno mi piombò addosso e mi avvolse le braccia intorno al corpo. 
<< Ma che stai combinando?! >> urlai, ancora più in difficoltà a mantenere l'equilibrio. Per un soffio non capitombolai in avanti. Mi salvai in corner con non poco dispendio di sudore. 
Gli sentii fare un verso tipo il piagnucolio di una ragazzina frustrata. Una parte di me lo avrebbe voluto additare e prendere in giro per il resto dei suoi giorni, l'altra avrebbe voluto strozzarlo.
Alzai gli occhi al cielo con uno sbuffo poderoso. << Sii uomo! Non è il momento di lasciarsi andare a certi isterismi. >> 
<< Senti chi parla >> mi rimbeccò seccato. << Se tu non mi avessi tirato, non mi sarei dovuto aggrappare a te in questo modo grottesco. >> 
<< Lasciami o cadremo! >> 
<< No, ho paura, Jack. >> Nonostante la situazione disperata trovava pure il coraggio di scherzare sul Titanic. 
<< Ti ho detto di lasciarmi! >> 
<< Apri le braccia, Rose. >> 
Lo stavo per uccidere. << Se non mi molli sub... >> Un secondo dopo eravamo spiaccicati a terra. Nella caduta mi era pure arrivata una testata di Kevin sulla nuca. 
Mi sentivo distrutta, annientata, ridotta a poltiglia. 
Mi rimisi a sedere con non pochi dolori, soprattutto al mento e alle ginocchia. Quel cretino mi aveva fatta cadere di petto, l'impatto era stato da mozzare il fiato. Fortuna che non mi era caduto sopra, altrimenti a quell'ora sarei stata inglobata al ghiaccio. 
Saettai con lo sguardo sul cinghiale che si era tirato a sedere con una smorfia di dolore. 
<< Fai schifo a pattinare >> osò dire mentre si grattava la testa. 
<< Io non so pattinare! >> gli feci presente infervorata. 
<< E si vede. >> 
Basta, lo avrei fatto fuori una volta per tutte. 
Prima che mi lanciassi sulla sua giugulare, scorsi tre paia di pattini soffermarsi accanto a noi. Alzai gli occhi ed incontrai il sorrisino divertito di David, accanto a lui, che si reggeva al suo braccio, Clar stava ridacchiando, mentre dall'altro lato Dwight fissava Kevin imbronciato. 
<< Non vorrei infierire >> esordì David. << Ma noi abbiamo già fatto un giro, voi a malapena tre metri. >> 
<< La colpa è di questo scemo! >> sbottai puntando l'attenzione su Torn. << Mi è venuto addosso rischiando di uccidermi. >> 
<< Sei tu che mi hai strattonato >> puntualizzò fissandomi in cagnesco. << Impara ad avere equilibrio, Anderson. >> 
Mi prudevano le mani, e tanto. Se mi stavo trattenendo dallo sbatacchiarlo sul ghiaccio era solo per rispetto a Clar. 
Poi vidi Dwight avanzare a piccoli passi verso Kevin e cominciare a tirargli dei leggeri pugni contro. 
Sorrisi fiera. Qualcuno stava vendicando il mio nome. 
<< Ehi, bello, che vuoi? >> si difese lui, alzando le braccia a mo' di protezione. 
<< Bravo, Dwight >> lo incoraggiò Clar ridendo. << Tiragliene tanti. >> 
<< Ma tu da che parte stai? >> borbottò il suo ragazzo, rivolgendole un'occhiata prima di ritornare sul mio piccolo difensore. << Vuoi farti sotto? Su, parla. Che vuoi, mostriciattolo? >> A quel punto prese a punzecchiarlo con le dita nella pancia. Dwight rispose buttandoglisi addosso e rincarando la velocità dei pugni. 
<< Vuoi fare sul serio? >> lo beffeggiò Kevin, ridendo. << Sputa il rospo, nanetto. >> 
<< Dai, Dwight, massacr... >> 
<< Cattivo. >> Quella semplice parola fece irrigidire ogni muscolo del mio corpo. Mi colpì come un fulmine a ciel sereno. Il mio cuore perse qualche battito. 
Ruotai lentamente il capo e gettai lo sguardo su David. Aveva gli occhi sgranati d'incredulità, la bocca ancora aperta per la frase lasciata incompiuta. Tra le sue iridi ambrate serpeggiavano pensieri ed emozioni come schegge impazzite. 
Si umettò le labbra e deglutì pesantemente, poi si passò una mano sul viso e rimase fermo, il palmo premuto sugli occhi chiusi. 
Dwight aveva parlato. Dopo mesi aveva detto una parola che continuava a ripetere contro Kevin. 
Mi alzai in piedi, gli occhi lucidi di gioia, e mi aggrappai a David con tutta la forza. 
Mi cinse con un braccio e calò la testa vicino alla mia, la fronte premuta contro la mia tempia. Potevo solo lontanamente immaginare cosa stesse provando in quel preciso istante. 
Aveva visto suo fratello di sei anni con la paura negli occhi, una paura che non avrebbe potuto scacciare dai suoi ricordi neanche con tutto l'impegno del mondo. E poi si era dovuto rassegnare a non sentire più la sua soffice voce da bambino spensierato. A non sentirlo mentre chiamava il suo nome, a non sentirlo mentre gli confessava di volergli bene, a non sentirlo più per nessuna banale ragione. 
Ed io avevo assistito alla preoccupazione mascherata di David ogni giorno, lo avevo visto impegnarsi per renderlo felice e scacciare i suoi incubi. 
Amava quel bambino, ed ero certa che se avesse potuto avrebbe ceduto tutto se stesso pur di strappargli dalla memoria quegli orridi ricordi. Perché una parte di lui era affondata insieme alla perdita di quella delicata voce vibrante di vita. Una parte che avevo visto ritornare a galla nel momento in cui Dwight aveva parlato. 
Lo strinsi più forte come se riuscissi a fondermi con lui.
Il suo respiro tremulo mi accarezzò la guancia. << Non ci credo >> bisbigliò, il tono spezzato dall'emozione. << Ha parlato. Lui ha parlato >> ripeté incredulo. << Ha parlato >> mormorò piano, come se avesse realizzato. Subito dopo lo sentii tirare su col naso. 
Gli accarezzai i capelli sulla nuca mentre mi allontanavo per guardarlo negli occhi con un sorriso. << Ha parlato >> constatai annuendo. Le sue iridi ambrate erano lucide e spaesate dall'emozione. Sembrava non riuscire ancora a capacitarsi di quell'evento. 
Si ripassò una mano sulla faccia e sospirò. Un sospiro che ben presto si trasformò in una risata capace di accendergli lo sguardo e scuotergli le spalle. 
Risi anch'io, gonfia di felicità, e saltellai per abbracciarlo di nuovo. Mi sembrava che il cuore fosse sul punto di esplodermi. 
Mi strinse a sé talmente forte che per qualche istante i miei pattini si staccarono dal ghiaccio e dondolarono per aria. Dopodiché mi baciò sulla tempia e si distanziò per piegarsi sui talloni ed attirare l'attenzione del fratello. 
Dwight stava ancora picchiando Kevin, Clar lo incitava alla lotta feroce ed insieme ridevano. 
<< Dwight >> lo chiamò David con un tono vellutato. Il piccolo si fermò e volse i grandi occhi verdi su di lui. 
<< Ti va di pattinare con me? >> gli chiese tendendo una mano. 
Sorrisi intenerita da quella scena. Clar intercettò il mio sguardo e mi si accostò per prendermi sotto braccio. Le strinsi una mano ed appoggiai la testa sulla sua spalla. 
Dwight annuì.
David scosse il capo. << No, dimmelo a voce. Vuoi pattinare con me? >> 
Suo fratello mise la lingua tra i denti ed abbozzò un timido sorriso. << Sì >> disse infine, prendendogli la mano. 
Ci mancò poco che non mi mettessi a piangere. In compenso mi si era formato un doloroso magone in gola. 
Osservai David e Dwight che si allontanavano piano, mano nella mano. 
In fretta e furia estrassi il telefono dalla tasca del giubbotto e cominciai a far loro una miriade di foto. Volevo immortalare quello stupendo momento tra fratelli. 
Dwight quando pattinava cambiava espressione con una rapidità incredibile: da spaventato passava a felice, per poi diventare incredulo e deliziato. David non faceva che tenergli gli occhi incollati al viso. Ogni tanto gli rivolgeva qualche domanda a cui lui, grazie al cielo, rispondeva. Ed ero certa che in ognuno di quei momenti il cuore del mio ragazzo fosse sul punto di scoppiare dalla felicità.
Kevin rovinò il mio set fotografico piazzandosi davanti all'obbiettivo con la sua faccia. Gli scattai una foto mentre incrociava gli occhi e faceva la linguaccia. L'avrei usata a tempo debito per ricattarlo. 
<< Fai qualche foto anche a me, Anderson >> disse mentre avvolgeva un braccio intorno al collo di Clar. 
<< Se fossi bello te le farei >> risposi con un sorrisino irriverente. 
Sollevò un sopracciglio e scostò un ciuffo di capelli con un colpo di testa teatrale. Subito dopo mi rivolse un'espressione ammiccante. << Sicura? >> 
Notai che la mia amica era rimasta ammaliata da quel gesto, i suoi occhi erano adoranti. 
Guardandola mi chiesi se anche io assumevo quello sguardo quando guardavo David. 
Mi scappò un sorriso. << Dai, vi faccio una foto. Fermi così. >> 
<< Sapevo che ci avresti ripensato >> si vantò Kevin, poi abbassò gli occhi sulla sua ragazza e le sorrise tenero. 
Appena Clar ricambiò il suo sorriso e gli adagiò una mano sul petto, scattai la foto. In realtà più d'una. Per quanto Torn a volte fosse insopportabile, insieme erano belli. 
Feci finta di abbassare il telefono per vedere che cos'avrebbero fatto senza obbiettivo addosso. 
Per un po' continuarono a fissarsi con dolcezza, poi Kevin accorciò le distanze e la baciò. Mi riarmai del cellulare e scattai altre foto senza farmi notare. 
Dentro di me gongolavo come un paparazzo. 
Senza che se ne accorgessero mi piazzai davanti a loro e conclusi con un autoscatto mentre esibivo un enorme sorriso ed il segno di vittoria con le dita. 
Perché quel pomeriggio era stato quello. Una vittoria sotto ogni punto di vista. 
















Angolo dell'autrice:

Rieccomiiiiii! 
Prima di tutto comincio con lo scusarmi con voi per questo colossale ritardo. >\\< 
Ho avuto un po' da fare e vari problemini, ora risolti. 
Non posso che sperare che il capitolo vi sia piaciuto *_* e che vi abbia, in minima parte, ricompensato dell'attesa. 
Il prossimo, vi anticipo fin da subito, arriverà lunedì prossimo \(^.^)/ 
Ah! Ed inoltre volevo dire che da domani comincerò a rispondere a tuuuuutte le vostre recensioni *^* 
Ora la smetto di rubarvi altro tempo e vi auguro una buona serata! 
A prestoooooooooooo!! 
GRAZIE DAVVERO DI CUORE DELL'INFINITA PAZIENZA! <3 
Un bacione!!! <3




Federica~ 







  
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