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Autore: lady lina 77    28/11/2016    0 recensioni
Cosa sarebbe successo se Demelza, dopo il tradimento di Ross, se ne fosse andata di casa?
Dopo la lite furiosa fra i due in cui ha rovesciato ogni cosa dal tavolo, urlando al marito tutta la sua rabbia, Demelza decide che non ha più senso rimanere a Nampara, con un uomo che non la desidera più e che sogna una vita con un'altra donna.
Prende Jeremy e Garrick, parte per Londra e fa perdere le sue tracce al marito, ricominciando una nuova vita lontana da lui e dalla Cornovaglia.
Come vivrà? E come la prenderà Ross quando, al suo ritorno da Truro, non la troverà più a casa?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Avrebbe dovuto tornare subito a Nampara al suo ritorno da Truro, ma quasi senza rendersene conto aveva diretto il suo cavallo verso Trenwith.

Da quella notte Ross non ci era più tornato, se non di sfuggita per vedere quella casa da lontano, indeciso sul da farsi, sui suoi prossimi passi, su tutto.

Aveva desiderato Elizabeth per tanti anni e fino a quella notte ogni scusa era stata buona per correre da lei, ma ora che l'aveva avuta, posseduta, era come se si sentisse il vuoto dentro di se. L'amore vissuto è diverso da quello ideale, ha mille sfaccettature, mille punti di forza e mille punti di debolezza che lo rendono non più utopistico ma vero, nel bene e nel male. E di questo, come una doccia fredda, si era accorto al suo risveglio al mattino, quando l'aveva vista dormire accanto a se e le era sembrata improvvisamente un'estranea, tanto da spingerlo ad una fuga precipitosa.

Sapeva di sbagliare e di comportarsi come un coniglio con Elizabeth, ma non riusciva a fare nulla. Né a entrare in quella casa per rimanerci, né a entrare per dirle che era stato un errore e che il suo posto era da un'altra parte, con un'altra donna.

Pure verso Demelza si sentiva in colpa, alla deriva. Non sapeva cosa fare, cosa dire. Era arrabbiata con lui, ne aveva mille ragioni, ma fino a quel momento l'aveva sempre perdonato per ogni suo colpo di testa.

E ora invece non cedeva, non capiva e non voleva vedere la sua confusione, non provava empatia verso i suoi sentimenti per Elizabeth, non usava la comprensione che di solito, sempre, gli riservava. In un certo senso era irritato anche verso di lei, oltre che verso se stesso. Se solo Demelza avesse avuto pazienza, se solo fosse stata più accomodante...

Invece, da quel pugno in poi, fra loro era calato il gelo che solo le parole taglienti di Demelza nei suoi riguardi, di tanto in tanto, spezzavano. Parole dure, risentite, che facevano male. Era stata solo una notte, come poteva Demelza aver perso del tutto stima e fiducia in lui? Come poteva dire di non provare più orgoglio quando lo guardava? Come poteva urlare, reagire con violenza ad ogni tentativo di comunicazione?

Era tutto complicato per lui, perché Demelza non lo capiva?

Sospirando, incitò il cavallo a riprendere il cammino verso casa, lasciandosi ancora una volta Trenwith alle spalle, incapace di concludere qualcosa.

Sarebbe andato a casa dove avrebbe trovato una moglie ostile, due servi fannulloni e un figlio per cui non aveva mai tempo. Quanto meno, qualcosa di positivo c'era, di cui parlare. A Truro aveva ricevuto buone notizie, c'erano ancora investitori pronti a puntare su di lui e forse la Wheal Grace sarebbe potuta ripartire con rinnovato ottimismo, dopo il grave incidente di pochi giorni prima.

Quanto meno, avrebbe avuto un buon argomento per tentare di intavolare una discussione civile con sua moglie... Demelza, dopo tutto, si era sempre dimostrata molto interessata a tutto quello che concerneva il lavoro nella miniera, con lei aveva discusso ogni tanto, la sera, di piani di scavo e di possibilità, di costi e benefici. Spesso, quando lavorava nella libreria davanti a mappe e piantine, lei era andata da lui a fargli compagnia con una tazza di the caldo, cincendogli le spalle con un abbraccio e standogli vicino in silenzio. A quel ricordo, gli si contorse lo stomaco. Da quella notte, Demelza aveva smesso di interessarsi a lui e a tutto quello che faceva, lo aveva lasciato solo davanti a mappe e problemi, lontana e distante. Non si era mai accorto, come in quegli ultimi giorni, di quanto averla vicina fosse piacevole, anche e soprattutto nelle piccole cose quotidiane.

Giunse a Nampara che era ormai quasi buio, affamato, chiedendosi che situazione avrebbe trovato in casa. L'ultima volta che aveva visto sua moglie era stato durante la colazione di tre giorni prima, quando avevano litigato e lei aveva rovesciato tazze e stoviglie a terra, urlandogli contro tutta la sua rabbia. Poi era partito, senza dirle più nulla. Una fuga, in fondo, come quella da Elizabeth.

Pregò che si fosse calmata in quei tre giorni. Si rese conto che, litigare con Demelza, era un qualcosa di difficile da gestire e che lo feriva profondamente. Non si era mai accorto di quanto sapesse leggergli dentro, di come sapesse prevederlo e capire i suoi pensieri più intimi e di come fosse capace di ferirlo a parole, colpendolo proprio nei punti più dolenti.

Quando entrò in casa, tutto era stranamente silenzioso ed avvolto da una inquietante penombra. Jud era seduto davanti al camino, impegnato a pulire un vecchio pentolone, mentre Prudie era seduta al tavolo, a tagliuzzare delle patate. Non c'erano traccia né di Demelza né di Jeremy, stranamente. "Buona sera" – disse, entrando ed appoggiando la sacca da viaggio sul tavolo. "Mia moglie e mio figlio dove sono?".

Prudie e Jud si guardarono negli occhi, intimoriti. Poi Prudie si alzò dal tavolo, affannandosi per preparargli la tavola. "Buona sera signore! Se avete un po' di pazienza, vi servo la cena. Non vi aspettavamo che per domani".

"Prudie, ti ho chiesto dov'è mia moglie?". Il tono di Ross cominciava ad essere seccato.

"La signora non c'è!" - rispose infine Jud, squadrandolo in viso con un malcelato rancore.

"Che significa che non c'è? Dov'è? E mio figlio?".

"Non c'è nemmeno il signorino Jeremy".

Quel tono accusatorio e rabbioso di Jud, lo misero ancora più di cattivo umore. Che cosa significava? Dov'era a quell'ora della sera Demelza, con Jeremy? Non era da lei uscire, non la sera, non senza dire dove sarebbe andata. "Che cos'è questa storia?".

Prudie sospirò, abbassando lo sguardo. "Se n'è andata tre giorni fa subito dopo la vostra partenza, signore. Ha fatto le valigie, preso il bambino ed è sparita da questa casa e dalla nostra vita".

Gli occhi di Ross si spalancarono dalla sorpresa, dalla rabbia, dal terrore. Demelza se n'era andata? Andata per non tornare? Andata dove? Per quanto? "Spiegati meglio" – mugugnò, mentre un groppo fastidioso gli attanagliava la gola.

Prudie scosse la testa. "Andata via per non tornare, signore. Vi ha lasciato".

A Ross parve che il mondo gli crollasse addosso, doveva aver capito male, non poteva essere... Come poteva averlo fatto? Come poteva essersene andata senza dire nulla, senza aspettare che le cose si sistemassero, che lui capisse cosa voleva? Era tornato comunque da lei, dopo la notte a Trenwith, non le bastava? "Dove diavolo è andata?" - urlò, picchiando un pugno sul tavolo.

"Non lo so, signore" – ammise Prudie, con gli occhi lucidi. "Non ce lo ha voluto dire".

Jud prese a passeggiare per la stanza, borbottando. "Non è stata una cosa giusta, non è stata gentile, non è stata umana...".

Ross annuì a quelle parole, rosso d'ira, puntando l'indice verso di lui. "Hai ragione, Jud, stavolta non posso che essere d'accordo con te!".

Il servo si fermò, guardandolo in viso. Sembrava arrabbiato pure lui. "Certo signore! Non è stato giusto andare a Trenwith quella notte ed abbandonare la signora. E poi, quando siete tornato, non le avete nemmeno chiesto scusa".

Quelle parole accesero in lui ancora più ira. Come osava Jud? Cosa ne sapeva, come poteva giudicare? Da quando i suoi servi erano diventati tanto insolenti? E Demelza, come aveva potuto osare? Con che coraggio se n'era andata? Dannazione, erano sposati, era sua moglie! "Ne riparleremo domani di questa storia, dovevate impedirglielo, dannazione!".

"La signora è libera, come tutti, di uscire da quella porta e andare dove vuole, non abbiamo certo il diritto di fermarla" – rispose a tono, Jud.

"Come vi ho detto, ne riparleremo domani! Ora vado a letto, non ho fame!" - disse, trattenendo a stento la rabbia.

Lasciò i servi, salì velocemente le scale ed entrò nella stanza da letto sbattendo la porta dietro di se.

Osservò quell'ambiente e gli parve cambiato, freddo. Il letto a baldacchino e i mobili erano ancora al loro posto, ma le candele erano spente, una pesante oscurità aveva preso possesso della stanza e non c'era più nulla che riportasse alla presenza di sua moglie e di suo figlio.

Il letto e la culla di Jeremy erano vuote, tutto era desolatamente in ordine e un silenzio opprimente pareva soffocare la camera e la sua gola.

Si avvicinò alla parete e sferrò un violento pugno contro il muro.

Se n'era andata...

Si chiese se, quella notte che aveva passato con Elizabeth, Demelza avesse provato le stesse cose che stava provando lui in quel momento. Stupore, rabbia, desolazione, solitudine, disperazione...

Osservò la spinetta accanto al letto, ricordando quanto Demelza amasse suonare, di tanto in tanto, e di come lui spesso si fosse fermato a guardarla mentre lo faceva, impalato davanti alla porta, rapito da quei lunghi capelli rossi ribelli che le ricadevano sulla schiena.

Alzò il coperchio che copriva la testiera, per poi richiuderlo con violenza.

Se n'era andata, al diavolo! Non avrebbe dovuto farlo, non doveva permettersi! Si rese conto che non aveva mai contemplato una cosa simile, che non si era minimamente soffermato a pensare a questa eventualità. Demelza c'era sempre stata per lui, ad ogni suo ritorno a casa, ad ogni suo errore era stata capace di perdonare e di stargli accanto. Perché ora no? Perché lo aveva abbandonato? Sapeva cosa lo aveva legato ad Elizabeth, lo aveva sempre accettato e in fondo entrambi erano consapevoli che prima o poi sarebbe successo, no?

Si sentiva tradito, rabbioso, pensava a lei ed era come pensare a un nemico.

L'avrebbe ritrovata, a costo di mettere a ferro e fuoco tutta la Cornovaglia. E l'avrebbe riportata a casa, al suo posto, che le piacesse o no! Era sua moglie, aveva dei doveri, aveva delle responsabilità.

"E io ho bisogno di te...".

Deglutì, sedendosi su quel letto freddo e vuoto, stringendo la coperta fra le mani. Aveva un mal di testa atroce, si sentiva stanco e confuso, alla deriva.

Demelza se n'era andata, non era più la signora di Nampara, la sua signora...

"La mia stella guida...".

Si rese conto che quello che le aveva detto quel giorno corrispondeva alla verità. Era la sua stella guida, colei che le indicava il cammino, ed ora si sentiva, oltre che arrabbiato, perso.

E Nampara, la sua casa, il suo rifugio, per un attimo gli parve uguale a quello che era stato dieci anni prima, al ritorno dalla guerra. Un posto freddo, vuoto, atto solo a coprirti la testa durante i temporali. Ma non una casa...

Lei l'aveva resa la sua casa...

E ora che se n'era andata, era come se Nampara avesse perso la sua anima.


  
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