Questa storia è dedicata a tutti coloro che necessitano di un'iniezione di fluff di inizio settimana!
Ed è dedicata in particolare a Blu992, sperando che le strappi un sorriso nel brutto periodo che sta attraversando. Ricordati che puoi sempre contare su di noi, tesoro, e speriamo che questa storia ti faccia venire un po' di buon umore!
Note iniziali: Ok, finalmente siamo riuscite a pubblicare questa storia che, vi giuro, è stato peggio di un parto!
Prima di farvi proseguire una piccola indicazione per guidarvi e farvi capire meglio il quadro generale.
La OS segue il canon fino alla partenza di Derek nella quarta stagione, però c’è un salto nel futuro di dieci anni!
Inoltre il titolo e una parte importante del finale - capirete poi - sono ispirati alla canzone "Where you belong" di Kari Kimmel.
Detto questo,
Buona lettura!
Where you belong
Quando
Derek decide di tornare a Beacon Hills sono passati undici anni dalla
sua partenza. Ha viaggiato molto, ha avuto l'opportunità di
incontrare diverse creature sovrannaturali e ha conosciuto licantropi
anziani con più esperienza. Insomma, ha esplorato abbastanza
il mondo da rendersi conto che non aveva senso cercare un posto per
sé quando in realtà il suo posto era e rimaneva
quello in cui era nato e cresciuto: Beacon Hills.
Dopo anni passati lontano da casa sua, Derek aveva deciso di prendere
in mano le redini della sua vita e ritornare in quell'unico posto che
gli aveva procurato perdite, dolore e sofferenza, ma che gli aveva
fatto conoscere il calore della famiglia e
dell'amicizia.
Ritornare all'origine gli era sembrato giusto e
inevitabile.
Adesso che sta guidando a tutta velocità sulla tangenziale,
con solo un piccolo borsone contente i documenti e qualche vestito di
ricambio, riesce a sorridere nuovamente. Non sa che cosa è
cambiato, non è rimasto in contatto con nessuno dei suoi
amici, ma nonostante questo l'odore di casa è
inconfondibile.
Il cartellone di Beacon Hills dà il benvenuto a Derek Hale
per l'ennesima e ultima volta.
Il loft è rimasto come lo aveva lasciato: con poche e essenziali cose, spoglio e impersonale. È un luogo abbastanza cupo e buio, adesso anche impolverato, e Derek non vuole riniziare la sua vita qui. Questa volta vuole un posto per sé, una casa in cui tornare e trovarla accogliente. Decide che l'indomani chiamerà l'agenzia immobiliare.
Quella
notte si trova però costretto a dormire nel suo vecchio
letto, e nonostante il senso di desolazione che prova ogni volta che
respira l'aria stantia dell'appartamento, la stretta al petto quando
inevitabilmente si ritrova a fissare il punto in cui è morto
Boyd, Derek si addormenta finalmente senza incubi e mostri che lo
perseguitano.
Derek è a casa.
§§§
Svegliarsi
all'alba e andare a correre lo fa sentire vivo. L'aria che lo colpisce
in faccia, le gambe che volano sul terreno e gli occhi chiusi: essere
in diretto contatto con la natura gli era mancato.
Due ore dopo, stanco ed eccessivamente sudato per via dell'allenamento
mattutino, decide di fermarsi a quella pasticceria che aveva visto
lungo la strada. Deve essere nuova perché non la conosce e,
anche se quello non era certamente il tipo di locale a cui era
abituato, la stretta alla base dello stomaco lo convince a dargli una
possibilità.
L'odore che sente gli fa venire un certo languorino, languorino che
però gli passa non appena vede chi si trova dietro al
bancone. Si rendeva conto che le cose erano inevitabilmente cambiate,
ma prima di allora non si era soffermato a pensare che le persone che
si è lasciato indietro non erano rimaste le stesse, che i
ragazzini fastidiosi a cui doveva salvare il culo ogni volta ora erano
divenuti degli uomini. E la visione di un piccolo omone come Liam
intento a servire dolci lo aveva lasciato a bocca
asciutta.
Si
siede ad un tavolo appartato del locale, nel vano tentativo di
nascondersi alla vista del licantropo, ma lo vede da come si muove
più lento e cauto che ha sicuramente avvertito la sua
presenza.
Una giovane ragazza gli si avvicina e gli chiede l'ordinazione, ma
Derek è troppo distratto dalle mani di Liam intento a
servire il resto ad una signora anziana per ascoltarla. La ragazza
ripete la domanda leggermente scocciata e solo allora Derek gira la
testa nella sua direzione.
«Un caffè macchiato e un qualsiasi cornetto
integrale». La ragazza inarca il sopracciglio –
Derek si sente
quasi offeso dal suo gesto – e si limita ad annotare tutto
sul taccuino prima di passare al cliente
successivo.
Cinque minuti dopo, mentre Derek è nuovamente immerso nei
suoi pensieri e prova a ritrovare il numero della stessa agenzia
immobiliare attraverso cui aveva comprato il loft –
è un tipo tradizionalista lui – Liam si
è già seduto al suo tavolo.
«Davvero, Derek? Caffè macchiato e cornetto
integrale». Spinge le ordinazioni verso l'uomo mentre fa
scrocchiare le dita delle mani.
«Ma che sei? Una signora di mezz'età in piena
crisi esistenziale?». Derek inarca le sopracciglia e lo
guarda con indifferenza. Da quando quel ragazzino si permette di
parlagli in quel modo?
«Derek, vogliamo continuare con questa cosa delle
sopracciglia o mi vuoi salutare come si deve? Cazzo, amico, non ti vedo
e non ti sento da anni! Sei sparito!».
Derek non può evitare a se stesso di inarcare anche l'altro
sopracciglio.
Liam sbuffa a questa vista e va ad abbracciare Derek. Sono entrambi
molto impacciati – Derek ha sempre avuto questo piccolo
problema di non sapere esternare i propri sentimenti – e,
dopo questo saluto, si siedono al tavolo e senza rendersene conto si
ritrovano a parlare. Parlano di tutto e di nulla. Dopo tutti questi
anni, anche se non lo ammetterebbero mai, sono entrambi troppo
emozionati per poter articolare discorsi logici; e dopo poco anche la
pausa di Liam è terminata.
Ora il ragazzo è in piedi e sta guardando Derek imbarazzato,
come se volesse dirgli qualcosa ma si
vergognasse.
«Domani è il mio compleanno e faccio una piccola
festa qui in questa pasticceria. Ti va di venire? Così
rivedi anche gli altri». Derek si gratta la barba incolta con
l'indice, riflettendo attentamente sulle parole del biondo. Ammette che
l'idea di rivedere tutti non è tanto male, ma non sa come
gli altri prenderebbero il suo ritorno. Dopotutto se ne è
andato quando più avevano bisogno di lui, e non sa se lo
abbiano perdonato del tutto.
«Dai, non farti supplicare». Liam insiste e di
fronte al suo sguardo da cucciolo – con gli anni quella
è una caratteristica che non ha perso – Derek si
ritrova ad accettare.
«Vedi di non fare troppo tardi», gli dice dandogli
un'ultima pacca sulla spalla e ritornando a lavorare.
Derek sorride. Non è affatto male tutto questo, si sente
bene.
§§§
Derek
ha una strana sensazione. Non è in ansia, non ha senso
esserlo. Semplicemente è strano dopo dieci anni rivedere
quei ragazzini. Forse si sente... emozionato? Forse sì, ma
non lo ammetterebbe mai ad alta
voce.
Quando si decide a scendere dalla Camaro la festa è
già iniziata da tempo, riesce a sentire diverse voci che si
sovrappongono senza tuttavia capire che cosa si stanno dicendo. In mano
ha il regalo per Liam: una cosa stupida e senza valore
perché in dieci anni le persone cambiano e lui non aveva
idea di che cosa comprargli. Il giorno prima era dovuto ritornare a
casa a piedi, e nonostante avesse ancora i vestiti appiccicati addosso
a causa del sudore, si era fermato davanti a quella piccola bottega che
aveva attirato la sua attenzione. O meglio, si era fermato a fissare
quel bracciale d'argento su cui vi erano disegnati due cerchi l'uno
dentro all'altro che ricordavano molto il simbolo del branco di Scott.
Due minuti dopo era uscito con un sacchetto in mano e con lo sguardo
della cameriera ancora fisso sul suo fondoschiena fasciato dai
pantaloni della tuta.
Derek apre la porta e non fa in tempo ad entrare che si scontra contro
un piccolo uragano rosso. Un piccolo uragano che ora è
seduto per terra e lo sta guardando infastidita. Derek protende la sua
mano per aiutarla a rialzarsi, ma la bambina lo ignora e si alza da
sé.
«Ehi, piccola, stai bene?».
Ora la bambina lo sta guardando ancora più
arrabbiata.
«Beh, no. Mi hai fatto male».
«Scusa, non ti avevo vista. Mi perdoni?».
«Cosa mi dai?». Derek a questo punto non
può evitare se stesso di inarcare le sopracciglia. La
bambina è un po' peperina.
«Cosa vorresti?». La bambina lo guarda fissandolo
con i suoi occhi nocciola. A Derek sembravano così
familiari.
«Devo pensarci».
«Alice!». Entrambi sono distratti da una voce
proveniente da destra.
«Oddio. Derek…». Scott lo sta guardando
con gli occhi sgranati, evidentemente Liam non aveva avvertito nessuno.
«Amico, quando sei tornato?».
Prima che Derek possa rispondere il ragazzo lo precede abbracciandolo.
Derek se non fosse un licantropo rischierebbe di soffocare.
«Sono tornato ieri e-».
«Sei tornato ieri e non dici nulla?! Amico, potevi almeno
chiamarmi!».
Derek si gratta la nuca, leggermente imbarazzato per essere al centro
dell'attenzione.
«Liam, tu lo sapevi e non mi hai detto nulla?».
Scott riduce gli occhi a due fessure, cercando di usare il suo potere
da True Alpha per incutere timore, cosa che in quel momento non gli
riesce un granché in realtà.
Il festeggiato alza le mani come a giustificarsi, aggiungendo subito
dopo che non credeva che Derek si sarebbe presentato davvero.
La testa di Alice è piegata in uno strano modo
all'insù e la bambina fissa insistentemente Derek, esordendo
poco dopo con un "Tu non mi piaci" che fa ridere Scott e Liam di cuore.
Il licantropo più giovane si piega sulle ginocchia per
trovarsi alla stessa altezza della bambina e alza il palmo
per farsi dare il cinque.
«Ripeti queste parole quando arriva
papà». Il divertimento nella sua voce fa inarcare
un sopracciglio a Derek che non capisce di chi stiano parlando. Davvero
quella bambina è di un loro amico?
«Ma papà quando arriva?», chiede la
piccola incrociando le braccia sotto al petto. Il vestito di tulle si
alza leggermente con quel movimento, facendola sbuffare infastidita.
Voleva essere una principessa, ma il suo papà aveva
esagerato un poco.
Derek sta per dare il suo regalo a Liam quando viene nuovamente
interrotto da una voce roca e profonda ma familiare.
«Scusa scusa scusa». Un uomo lo sorpassa e si
abbassa a prendere la bambina in braccio, posandole un bacio dolce
sulla guancia.
«Ecco, questo dallo a zio Liam». Derek piega la
testa di lato, sgranando gli occhi e abbandonando nuovamente le mani
lungo i fianchi.
Osserva la bambina che si protende per dare il regalo a Liam che ne
approfitta per prenderla in braccio.
«Grazie, tesoro, l'hai scelto tu?».
Annuisce orgogliosa. «Sì, papà fa
schifo con i regali».
Derek riesce finalmente ad articolare qualche suono.
«Stiles?». L'uomo si gira con un sussulto,
coprendosi la bocca con una mano quando realizza che la persona di
fronte a lui è proprio Derek.
Il licantropo si limita ad alzare la mano in segno di saluto,
leggermente imbarazzato dagli sguardi curiosi di tutti i suoi amici.
«Sei davvero tu?». Il minore rimette la bambina per
terra e si sporge verso di lui per stringerlo in un lungo abbraccio che
fa storce il naso ad Alice. La bambina infatti batte il piede a terra
un paio di volte prima di infilarsi tra i corpi dei due e di spingere
Derek lontano dal suo papà.
«Alice, ma cosa stai facendo?», chiede aggrottando
le sopracciglia e abbracciando da dietro le spalle esili della bambina.
«È davvero tua?». Adesso che li osserva
uno accanto all'altra riesce a vedere qualche
somiglianza.
Stiles guarda sua figlia con amore e rivolge lo sguardo verso Derek.
«Sì. Ti presento mia figlia, Alice».
Derek rivolge nuovamente lo sguardo a quella bambina che era identica a
suo padre eccetto che per i capelli biondi: stessi occhi, stessa
carnagione, stesso sguardo vispo e stesso naso.
«Piacere, principessa».
Alice lo guarda con faccia disgustata e se ne va a rifugiarsi tra le
braccia di Liam.
«Alice!».
§§§
Derek
ama svegliarsi ancora prima del sorgere del sole. Ama fare le cose con
calma sapendo di avere tutto il tempo del mondo. E anche quella mattina
si risveglia con solo la luce lunare che filtra dalla finestra lasciata
aperta e il gracchiare dei grilli. La colazione è la sua
parte preferita della giornata perciò mette a riscaldare il
latte a fiamma bassa mentre lui si dirige in bagno per lavarsi
velocemente i denti. Quando ritorna in cucina il latte è
già caldo e si limita ad aggiungerlo alla ciotola ripiena
per metà di cereali integrali.
Esce a correre quando il sole sta sorgendo e gli uccellini, ancora
timidi, cominciano a canticchiare godendosi il calore del sole che li
riscalda le piume.
Si è trasferito da poco tempo tuttavia è contento
del suo nuovo appartamento. Appartamento che può chiamare
casa e che non ha niente a che fare con le pareti spoglie del vecchio
loft.
Mezzo giro dell'isolato dopo si imbatte in un odore conosciuto, odore
che poi gli viene confermato dall'effettiva presenza della persona a
cui appartiene. Stiles è piegato con tutto il busto nel
cofano della macchina e, con dello scotch in una mano e un martello
nell'altra, impreca contro la vettura.
Derek si avvicina e guarda perplesso Stiles intento a riparare la Jeep
con metodi decisamente poco ortodossi.
«Non sarebbe meglio portarla dal meccanico?»,
propone con tono serio.
«Porco di un Sourw-! Fanculo, Derek! Non hai ancora imparato
a palesarti?! Potevo morire!».
«Papà, hai appena detto due parolacce».
Alice guarda il padre riducendo gli occhi a due fessure e rivolge lo
stesso sguardo, se non addirittura più cattivo, a Derek. Non
le piaceva, aveva una cattiva influenza sul suo papà.
«Scusa, tesoro. Intendevo, Derek, avvisa quando ti stai per
palesare, okay?». Derek si limita ad alzare gli occhi al
cielo.
«Papà! Muoviti, sto facendo tardi!».
«Lo so, lo so, ma tua sorella oggi ha deciso di non
collaborare».Derek inarca un sopracciglio.
«Non dare la colpa a mia sorella, è
vecchia». Derek inarca anche l'altro sopracciglio.
«Provo a chiamare il nonno e vediamo se riesce a darci un
passaggio».
Derek si schiarisce la voce richiamando su di sé
l'attenzione degli Stilinski.
«Se volete vi posso dare un passaggio».
Stiles lo guarda sorpreso.
«Hai la macchina?».
«Beh, sì, ho una macchina».
«Ce l'hai ora qui?», precisa Stiles.
«Se mi date cinque minuti arrivo con la Camaro».
Stiles guarda le sue figlie e con sguardo sconsolato annuisce in
direzione del maggiore.
Alice storce il naso. Non le piace affatto quel Derek e poi
chissà che macchina malconcia che ha.
Mah.
Derek
accosta a lato della strada e osserva Stiles salutare la figlia.
«Ricordati di mangiare all'intervallo, guai a te se ritrovo
la brioche spiaccicata sotto ai libri come l'altra volta. E no, non va
bene offrirlo ad Amy». Stiles guarda la figlia con sguardo
severo.
«Ma, papà, queste brioches fanno schifo! Te l'ho
detto che non mi piacciono». Alice ha messo su quel broncio
adorabile a cui Stiles non sa resistere proprio.
«Cioccolatino mio, lo sai che per colpa di tua sorella oggi
non sono riuscita a comprarti la colazione». Stiles guarda
verso il musetto della figlia e sospira. «E se ti dicessi che
domani ti compro un bel cornetto alla nutella? Me lo togli questo
broncio, pasticcino mio?».
«Cornetto alla nutella e torta al cioccolato a
merenda».
«Poi però ti scordi il cioccolato per almeno due
settimane». Stiles accompagna la sua affermazione con voce
autoritaria.
«Una settimana». Ma Alice è pur sempre
sua figlia.
«Affare fatto».
Sanciscono il loro patto con la loro stretta di mano personale, seguita
da un abbraccio stile koala, un bacio sulla fronte e i loro nasi che si
sfiorano alla fine.
Derek assiste a tutta la scena dall'auto, riuscendo a sentire le parole
dei due grazie al suo super udito. Non riesce ancora a capacitarsi del
fatto che Stiles abbia una figlia. Figlia che evidentemente lo odia
dato che lo saluta a malincuore con un gesto della mano in seguito ai
rimproveri del padre; Derek si limita a ricambiare con un cenno della
testa e un sorriso abbozzato.
«Dove vuoi che ti porti?».
«A questo punto me ne approfitto. Mi accompagneresti a
lavoro?». Stiles è imbarazzato mentre glielo
chiede.
Derek scopre che Stiles lavora come correttore di bozze dell'unica casa
editrice presente a Beacon Hills.
Derek scopre anche che non è così male parlare
con Stiles, non lo è affatto.
§§§
Quando
Derek era ritornato a Beacon Hills non si aspettava di riprendere i
contatti con tutti i suoi amici. Certo lo sperava, ma non credeva fosse
possibile dal momento che se ne era andato senza spiegazione alcuna. E
invece adesso si è ritrovato costretto ad accettare il
secondo invito nel giro di dieci giorni.
La prima volta aveva dovuto necessariamente partecipare ad una cena
perché Lydia non era potuta venire alla festa di Liam. E sia
mai che si perda un avvenimento tanto importante quanto il ritorno di
Derek.
Poi la ragazza aveva deciso che non potevano non dare una festa in suo
onore. E adesso si trova incastrato da venti minuti in una
conversazione tra Chris Argent e lo Sceriffo che discutono di
proiettili, armi e di come impugnarle. Derek sta pensando a come
riuscire ad allontanarsi quando Stiles gli arriva da dietro e lo prende
per un polso.
«Qualche difficoltà a gestire i vecchi,
ragazzone?», ride trascinandolo verso la cucina.
Derek sbuffa, nascondendo un sorriso.
«Nessun problema».
«Seh, certo». Stiles ride apertamente di fronte
alla faccia fintamente scocciata dell’altro. «Ti
stai divertendo alla festa?».
Derek sta per rispondere ma viene distratto da un batuffolo rosa
confetto, sicuramente opera di Lydia la scelta del colore.
«Stiles, tua figlia puzza di tristezza».
«Ehi, il mio pasticcino non puzza, brutto lupo
sporco!».
«Stiles». Derek alza gli occhi al cielo e lo
riprende.
Stiles allora si volta verso la figlia e la vede seduta ad un angolo
della stanza lontana da tutti. In realtà la vede taciturna
da quando è tornata da scuola, ma non le ha dato troppo peso
pensando fosse la stanchezza della settimana la causa.
«Dolcetto di papà, che c'è? Non ti
diverti?».
La bambina solleva lo sguardo sul padre e lo guarda con occhi spenti,
ma nonostante ciò abbozza un sorriso. Al padre
però non sfugge che il sorriso non si è esteso ai
meravigliosi occhi della figlia.
«Sì, mi sto divertendo».
«Allora cos'è questo faccino triste? Non lo vuoi
dire al papà tuo?». Stiles si esibisce con un
broncio che è la perfetta copia di quello che sua figlia usa
per ricattarlo. Alice ride vedendolo, facendo sorridere così
il suo papà.
«Papà, mi sto divertendo sul serio!».
Stiles la guarda dubbioso.
Alice approfitta dello sguardo pensieroso del padre per sfuggirgli e
raggiungere Amy che la stava cercando.
Stiles sa che qualcosa non va, però non può
insistere quando ha una casa piena di ospiti.
Ovviamente Lydia ha pensato bene di fare la festa a casa
di Stiles.
Derek, che in tutto questo ha assistito da lontano, si avvicina.
«Mi nasconde qualcosa».
«Lo so».
«Solito udito lupesco?». Stiles cerca di scherzare,
ma vede quanto in realtà sia preoccupato per la
figlia.
«Vedrai che te lo dirà».
«Spero. Non mi piace quando è triste.
Cioè lo so che capita di essere tristi, che non
può ridere tutto il tempo. Insomma, sta crescendo, anche lei
ha i suoi pensieri come i compiti, gli amici... ma vederla triste mi fa
stare male. Il mio sole non può stare male, dovrebbe
sorridere tipo sempre e quando la vedo stare male ho paura di aver
sbagliato qualcosa. E se fosse colpa mia?». Stiles prende
fiato e si rende conto dello sproloquio appena fatto. «Oddio,
scusa! Questa è la tua festa e io ti sto ammorbando con i
miei mille pensieri, non cambio mai! Ora ti lascio stare!».
«Stiles».
«Sì?».
«Zitto».
«Giusto, hai ragione, devo stare zitto».
Derek si stropiccia gli occhi con le mani dal nervoso.
«Capisci solo quel che vuoi capire». Derek quasi
ringhia.
«Mi stai dando della donna? No, perché se lo stai
facendo non è affatto carino da parte tua».
Ora Derek emette veramente un
ringhio.
«Okay, sto zitto. Muto». E fa il gesto della zip
che si chiude sulla bocca, buttando il lucchetto.
Derek alza gli occhi al cielo.
«Stiles, sei un ottimo padre e tua figlia è una
bambina meravigliosa. C'è qualcosa che ti sta nascondendo,
ma questo non significa che non te lo voglia dire, credo si vergogni di
dirtelo, soprattutto ora in mezzo a tutte queste persone. Quando tutti
se ne andranno parlale, vedrai che ti dirà tutto».
Derek aveva appena pronunciato un discorso lungo, articolato e senza
accompagnarlo con alcun ringhio. Stiles era stupito e
imbarazzato.
«Beh, forse hai ragione». Stiles si passa una mano
sul viso, cosa che Derek ha notato fa quando è nervoso o in
imbarazzo.
Derek annuisce e non sapendo cosa dire fa per allontanarsi, non volendo
creare ulteriore imbarazzo. Stiles se ne accorge e lo afferra per un
braccio con sguardo impanicato.
«Pensavo... se a te va bene, se dopo non hai da fare,
rimarresti quando le parlo? Magari con il tuo aiuto riesco a parlarle e
a capire, poi tu hai quella cosa che puoi fiutare le emozioni.
Cioè, non è che voglio che rimani per sfruttarti
e... Dimentica tutto. Scusa, non so cosa mi è
preso». Stiles lascia la mano di Derek come scottato, ma
Derek gliela riprende.
«Mi va bene». Detto questo lascia la mano di Stiles
e si dirige in
cucina.
Stiles sorride.
«Orsacchiotto
mio, ti sei divertita oggi?».
La bambina non risponde ma si limita ad annuire, tenendo lo sguardo
rivolto verso la tv.
Stiles guarda Derek che gli fa cenno di parlarle.
«Mh... qualcosa mi dice che la mia bambina è un
po' triste. Non lo vuoi dire al tuo papà cos'è
che non va?».
La bambina abbassa lo sguardo sul plaid che ha sulle
gambe.
«Hai litigato con qualcuno».
Ancora nessuna risposta.
«La maestra ti ha sgridata».
Silenzio.
«Sei... arrabbiata con me? Ho fatto qualcosa?».
Alice alza la testa di scatto e rivolge i suoi occhi colmi di lacrime
al papà.
«Papà, lo sai che non potrei mai essere arrabbiata
con te». Lo abbraccia di slancio, strusciando il viso sul suo
maglione. Stiles la stringe forte, come se avesse paura che possa
sfuggirle di
mano.
Derek che come sempre è stato in piedi in disparte si
avvicina e si abbassa per essere alla stessa altezza della bambina
seduta sul divano. Le prende una mano tra le sue e, vedendo che la
bambina non la sta ritraendo, la
stringe.
«Piccola, il tuo papà ha paura che sia colpa sua
se sei triste. Perché non vuoi dirgli qual è la
vera ragione?». Alice guarda Derek con occhi timidi, per la
prima volta non intimidatori. «Se qualcuno ti ha fatto
qualcosa devi dircelo. Se ce lo dici possiamo cercare una
soluzione». La bambina esita. «Vuoi che me ne
vada?». Derek fa per alzarsi, pensando che la bambina si
vergogni a parlare di fronte a
lui.
«Resta».
I due uomini stanno in silenzio, aspettando che parli quando si sente
pronta.
«Oggi a scuola la maestra ci ha chiesto cosa vogliamo fare
per la festa della mamma». Stiles e Derek trattengono il
fiato. «Tutti i miei compagni parlavano di fiori, cartoline e
dolci. Quando è arrivato il mio turno ho detto che voglio
fare una torta insieme al nonno per papà. Sono scoppiati a
ridere e mi hanno presa in giro. Dicono che sono strana
perché non ho la mamma, io ho detto che non ho bisogno della
mamma, che il mio papà è il papà
migliore del mondo. Loro si sono messi a ridere di più e a
prendere in giro pure papà. Io... io non voglio che parlino
male di papà. Il mio papà è il
migliore che possa esistere, lo-ro... loro non hanno voluto
capirlo». La bambina sta singhiozzando, stringendo
compulsivamente la mano di Derek e la maglia di Stiles.
«Shh, piccola, va tutto bene. Loro non capiscono, loro non
sanno quanto ci amiamo e non sanno che io ho la figlia migliore del
mondo. La migliore». Stiles sussurra queste parole stringendo
il braccio della figlia e carezzandole i capelli con l'altra mano.
«Il papà migliore del mondo». Alice
continua a ripeterlo tra i singhiozzi che la stanno percuotendo, non
riuscendo più a frenare le lacrime che ha trattenuto per
tutta la serata.
Derek semplicemente resta ad osservarli mentre piangono, sentendo una
crepa dentro di sé di fronte al loro dolore e al loro
amore.
Derek si rende conto che nella sua vita sono entrate due persone a cui
non potrà più rinunciare, che si sono fatti
spazio dentro il suo cuore senza che se ne rendesse conto.
Ed è bello, è bello avere qualcuno a cui
tenere.
§§§
Sono
passati quasi due mesi dal suo ritorno a Beacon Hills e Derek comincia
ad avere la sua monotonia. Ha trovato un lavoro che – ok, non
è la cosa più bella del mondo allenare marmocchi
che nemmeno sanno impugnare la mazza di lacrosse, ma intanto gli fa
guadagnare qualcosa – ha ripreso i rapporti con il branco e,
soprattutto, è ritornato ad allenarsi
quotidianamente.
Derek ama correre sin da quando ne ha memoria; lo rilassa e gli fa
vedere il mondo con una prospettiva
diversa.
Ormai sfinito e con il fiatone si ferma in prossimità di una
fontanella per bere un po' d'acqua – la gola gli brucia per
lo sforzo – e per lavarsi il volto leggermente appiccicoso a
causa del sudore. Mentre passa la testa sotto il getto d'acqua la sua
attenzione viene catturata dalla voce di una bambina che, imbronciata,
supplica il padre di farla arrampicare. Scrolla la testa come fanno i
cani – ringrazia il cielo che non lo abbia visto nessuno
– e poi si incammina verso l'area dedicata ai
giochi.
«Ma falla andare, no? Non è pericoloso».
Spunta all'improvviso alle spalle di Stiles che sussulta per lo
spavento.
«Derek! Te l'ho già detto che non devi apparire
all'improvviso! Ho una certa età io, e sono predisposto agli
infarti precoci». Il licantropo alza un sopracciglio mentre
un ghigno divertito nasce spontaneo sul suo volto.
Alice alza invece gli occhi al cielo e raggiunge il bambino che ha
incontrato quel giorno stesso agli scivoli.
«Giornata padre figlia?», chiede incamminandosi su
una panchina poco lontana, mettendo in questo modo in risalto il suo
fondoschiena fasciato dai pantaloni da corsa.
Quando si gira per controllare se Stiles lo abbia seguito e nota
l'inclinazione della sua testa Derek arrossisce, sedendosi
immediatamente e cercando di cambiare discorso.
«Su, ragazzone, non dirmi che nessuno ha mai fatto
apprezzamenti sul tuo fondoschiena. Dovresti essere fiero di quello che
hai». Se possibile Derek diventa ancora più rosso
mentre Stiles scoppia a ridere di gusto, attirando l'attenzione di
Alice che prende a fissare i due.
«Di' la verità, corri solo per fare colpo,
eh?». Derek lo spintona
leggermente.
«Ma ti sembra il caso di dire certe cose davanti a una
bambina?». Sentendosi tirata in causa Alice stringe gli occhi
nocciola. «Che oltretutto è tua figlia».
Con un gesto della mano Stiles lascia passare l'argomento in secondo
piano.
«Ho gli occhi e apprezzo un bell'uomo quando lo vedo. Ho la
bocca e lo esprimo anche». Stiles aveva sempre avuto la
battuta pronta e la parlantina facile, ma in dieci anni era diventato
molto più schietto e intraprendente.
«Oppure non sapevi che fossi bisex?».
Il silenzio dei due lascia cadere il discorso nel
dimenticatoio.
Alcuni minuti dopo passati a guardare Alice che gioca, Derek gira la
testa verso Stiles e gli chiede come stia la
bambina.
«È sempre giù ma sta meglio. Non
è semplice per lei parlare di sua madre e quei bambini sono
stati crudeli». Sospira ripensando all'umore del suo piccolo
pasticcino negli ultimi giorni.
«Se ne è andata quando Alice era ancora in
fasce». Stiles sente il bisogno di raccontare a Derek cosa
sia successo con la madre di sua figlia. Sa che Derek non ha osato
chiedergli nulla per buona educazione e non per
disinteresse.
«È una fotografa e girare il mondo è
più importante che crescere sua figlia». Il suo
sguardo si posa sull'esile figura della bambina che adesso, seduta per
terra, sta cercando di costruire una cosa con dei bastoncini di
legno.
«È brutto quando la prendono in giro, dicendole
che è strana... lo so che è importante avere una
madre, ma noi ci bastiamo l'uno per l'altro». Derek
è rapito dallo sguardo pieno di affetto che Stiles rivolge
alla
figlia.
«Alice sta male perché se la prendono con te. Ti
adora».
«Grazie». Stiles arrossisce adorabilmente e non sa
nemmeno lui
perché.
C'è un attimo di silenzio in cui entrambi hanno gli occhi
puntati verso Alice che sta giocando a rincorrersi con il
bambino.
«È passato un po' da quando sei arrivato e ancora
non so nulla di te. Cosa hai fatto in questi dieci anni, dove sei
stato... abitiamo nella stessa strada ma non ti vedo mai. Lo sai vero
che non ti mordiamo se qualche volta vieni da noi a cena?».
Stiles lo propone con finta nonchalance quando in realtà il
suo cuore ha aumentato i battiti e le sue orecchie sono diventate rosse
dall'imbarazzo. Anche Derek non è da meno dal momento che ha
distolto lo sguardo per
l'imbarazzo.
Sta per rispondere ma viene interrotto da un tornado celeste che
avvolge Stiles.
«Papà! Papà! Giochiamo a nascondino?
Ben se n'è andato, giocate con me a nascondino».
Tale padre, tale figlia: entrambi bravi a sorprendere Derek.
«Piccolo koala mio, lo sai che non sarebbe un gioco equo?
Derek ci troverebbe subito!».
«E perché?». Alice si volta verso Derek.
«Sei così bravo a nascon- Aspetta, ma sei un lupo
anche tu?».
Derek la guarda sorpreso, non si aspettava che la bambina fosse
così sveglia. Stiles si limita a sollevare le spalle come a
dire "che ci vuoi fare se ho una figlia così
intelligente?".
«Sì, sono un
lupo».
«Come zio Scott?». Stiles ha capito che per "come
zio Scott" intende chiedere se anche Derek ha gli occhi rossi da
Alpha.
«Derek è molto meglio. Lo sai che è
nato lupo?». Stiles lo dice con orgoglio e la cosa stupisce
ancora di più
Derek.
Alice ora sta guardando Derek
ammirata.
«Wow. Quindi nella tua famiglia sono tutti lupi lupi? Me li
presenti?». Alice sta guardando Derek piena di aspettativa e
l’unica cosa che Derek sta pensando è che gli
sarebbe piaciuto presentarle la sua famiglia e che gli dispiace non
poterlo fare. Gli dispiace toglierle questa luce particolare dagli
occhi.
«Alice! Cosa ti ho detto sempre sulle
domande?».
«Scusa, papà. Non devo tutte queste
domande». Alice è dispiaciuta e prima ancora che
Stiles la riprenda nuovamente si rivolge a Derek. «Scusa,
Derek».
«Ehi, piccola, non ti preoccupare. Mi sarebbe piaciuto
presentarti la mia famiglia, però non ci sono più
loro». Le sta parlando con il sorriso sulle labbra,
nonostante stia rievocando ricordi dolorosi della famiglia persa.
Stiles capisce in questo momento quanto Derek sia cambiato in quegli
anni, prima non sarebbe stato in grado di parlarne così. Gli
piace questo Derek, più di quanto già gli
piacesse quello di dieci anni prima.
«Ma puoi farmi tutte le domande che
vuoi».
«Veramente?». Quanto è bello sentirla
felice.
«Veramente». Le lascia una carezza sui
capelli.
«Grazie!». Alice abbraccia Derek di slancio senza
che lui se lo aspettasse, prendendolo di sorpresa. Essendosi
accorta del gesto appena compiuto, la bambina si stacca e lo guardo con
il suo solito sguardo da “attento a come parli a mio padre,
io ti tengo d’occhio”. Derek ridacchia di fronte a
questo sguardo da figlia protettiva, ormai aveva capito che Alice era
molto gelosa del papà e dei suoi nuovi amici. Qualcosa
però gli dice che sta passando la
selezione.
Stiles li guarda emozionato. Sa che sua figlia a volte è
troppo curiosa e questo la porta a fare domande scomode per
l’interlocutore, ma vedere come Derek ha reagito e come parla
con sua figlia gli ha fatto saltare un battito del cuore. Cuore che
rischia di fermarsi definitivamente quando sente il cellulare vibrare
nella tasca. Il suo capo. Bene, addio al pomeriggio di relax da passare
insieme alla sua piccolina.
«Pronto?».
Derek osserva Stiles ascoltare il suo capo, dato che parlare non sembra
essergli concesso. Quando stacca guarda Derek stancamente e sua figlia
con sguardo di scuse.
Prima ancora che Stiles apra bocca Derek lo precede.
«Se ti va bene e se va bene a Alice, noi potremmo rimanere
ancora un po’ al parco e tu puoi andare a lavoro. Dopo la
riporto a casa io».
Stiles lo guarda stupito, non aspettandosi una proposta del genere
proprio da Derek.
«Stiles, ti ho solo proposto di tenere tua figlia se
vuoi». Derek lo dice con tono fintamente
scocciato.
Stiles invece arrossisce di botto rendendosi conto di aver pensato ad
alta voce. Poi rivolge lo sguardo alla figlia che li sta osservando
perplessa. “Cosa sta dicendo questo qui al mio
papà?”
«Muffin mio, che ne dici? Ti va bene restare con Derek a
giocare un po’ mentre papà va a farsi schiavizzare
dal suo capo?». Alice guarda Derek che le sorride gentilmente
e poi guarda di nuovo il papà. È indecisa: da una
parte non è ancora sicura se vuole che Derek sia amico di
suo padre, ma dall’altra parte Derek è sempre
stato carino con lei anche se parla poco. Si gira di nuovo a guardare
Derek che ora la sta guardando cercando di trasmetterle fiducia, ma si
vede che ha paura che la bambina ancora non lo accetti. Dopo averci
pensato un altro po’, Alice ha
deciso.
«Va bene, voglio rimanere a giocare con Derek».
Accompagna la sua affermazione annuendo con la testa come a dare
più enfasi.
«E brava la mia bambina». Stiles le accarezza i
capelli e puoi padre e figlia fanno come sempre il loro saluto
speciale, concluso con i loro nasi che si sfiorano.
Stiles si volta verso Derek e lo guarda
fisso.
«Tu». Derek inarca un sopracciglio. «Fai
attenzione a mia figlia, non farti abbindolare da lei assecondandola in
tutte le sue richieste assurde». Alice fa un broncio
adorabile come a dire “Ma papà!”.
«Poi alle sette vi voglio a casa. Tu ovviamente rimani a cena
da noi». Derek inarca anche l’altro sopracciglio.
Senza dare il tempo a nessuno dei due di dire qualcosa Stiles si volta
e fa per andarsene, ma poi fa di nuovo retromarcia, fruga nelle tasche
e getta qualcosa nelle mani di Derek che con i suoi riflessi ha
afferrato: le chiavi di casa.
«A dopo!».
«Allora cosa vuoi fare?».
La bambina si porta una mano sotto al mento e ci riflette.
Passano il pomeriggio sull’altalena perché
“papà non mi vuole spingere troppo, ha paura che
cada”, con tanto di faccia esasperata. Poi è il
turno di quei aggeggi – come
li chiama Derek – in cui i bambini si arrampicano
perché “papà ha paura come
sempre” e qui uno sbuffo alla non
capisce che sono grande.
Derek ha sorriso tutto il tempo. Non si aspettava di sentirsi
così bene in compagnia di una bambina di sei anni. Ha
risposto a tutte le domande di Alice sui lupi, sulla sua famiglia
cercando di soddisfare la sua curiosità. È tale e
quale al padre e Derek quasi ride a questo pensiero: hanno la stessa
parlantina a macchinetta, lo stesso modo di gesticolare e gli stessi
occhi avidi di curiosità.
Pensa che non gli dispiace trascorrere del tempo con lei. Anzi.
Derek e Alice sono sul divano a guardare dei cartoni a dir di Derek
alquanto stupidi, e attendono il ritorno di Stiles.
Mentre Alice continua a fare zapping tra i vari canali di cartoni
animati – ma quanti sono? – Derek sente Stiles
sulle scale e va ad aprirgli.
«Profiterole mia, sono a casa!». Neanche il tempo
perché il padre si tolga il cappotto, Alice gli si butta
addosso e gli riempie il volto di tanti bacini. Stiles ridacchia.
«Devo dedurre che ti sono mancato. Ti sei divertita con
Derek?». La bambina annuisce contro il suo collo. Stiles
sorride. Sa che questo è il modo di Alice di dire che le
è piaciuto stare con Derek, ma senza ammetterlo ad alta voce
perché si vergogna. La sua piccola che vuole sempre fare la
grande, ma che è tanto timida.
«Ho portato cinese. Mi vado a fare una doccia veloce intanto
mettetevi a tavola». Dice rivolgendosi a Stiles. Derek
annuisce.
Derek si sta divertendo a preparare la tavola con Alice, quando invece
non è altro che una normale attività. Sospetta di
avere qualcosa che non va.
«Piccola, vado a vedere se il tuo papà
è rimasto prosciugato nella doccia». La bambina
ride e fa cenno di sì con la testa.
Arrivato in mezzo al corridoio si blocca. Stiles ha appena aperto la
porta del bagno ed è coperto solo da un piccolo accappatoio
rosso, allacciato male e che fa vedere una buona porzione del petto,
lasciando scoperto un capezzolo; per non dire delle gambe lattee
lasciate per gran parte scoperte, cosparse di numerosi nei come nel
resto del suo corpo – o almeno come immagina Derek. Derek non
può impedire a se stesso di deglutire vistosamente a questa
vista.
Stiles si sente perforato dallo sguardo dell’altro. Dio, se
lo sta mangiando con gli occhi! Se non la smette Stiles potrebbe avere
bisogno di un’altra doccia.
Stiles si schiarisce la gola.
«Hai bisogno di qualcosa?».
«Uhm, ero venuto a chiamarti. Si sta raffreddando
tutto». Derek
distoglie lo sguardo mentre risponde.
«Oh, ehm, grazie. Mi vesto e arrivo». Detto questo
non lascia all’altro il tempo di rispondere, sgattaiolando in
camera sua. Derek ha provato a non girarsi e a non guardarlo,
veramente, ci ha provato. Eccetto che non ci è riuscito. E,
dannazione, Stiles avrebbe dovuto smetterla di mettersi accapatoi
striminziti che gli fasciavano il sedere così bene da
lasciare poco all’immaginazione.
La cena, dopo un iniziale imbarazzo tra i due smorzato da Alice che si
è messa a parlare di come Derek la facesse giocare come
voleva, trascorre bene tra Stiles che si lamenta dicendo che avrebbe
potuto farsi male, Derek che sbuffa ripetendogli che è un
licantropo e ha i riflessi pronti e Alice che indignata ricorda che lei
non è più una bambina ma è grande.
Prima di andarsene Derek, sorprendendo prima di tutto se stesso e poi
Stiles e Alice, lascia un bacio sui capelli della piccola. Quando
è alla porta pronto per uscire Alice lo chiama e gli corre
incontro. Derek di riflesso la prende in braccio e la stringe a
sé.
Stiles li osserva e sente qualcosa di caldo al petto. Tutto questo
è così giusto, e lo sarebbe ancora di
più se anche lui si aggiungesse all’abbraccio ma
si trattiene. Per ora almeno.
§§§
Derek
ha provato a non farsi coinvolgere dal suo nuovo branco. Ci ha provato
davvero. Però Lydia lo ha chiamato dicendogli che doveva
assolutamente aiutarla a trasferirsi perché non
c’è stato alla festa del suo fidanzamento e glielo
doveva. E Derek aveva sbuffato, aggrottato le sopracciglia e persino
mostrato gli occhi da licantropo, però alla fine aveva
accettato perché dire di no a Lydia significa tirarsi da
solo la zeppa sui piedi. Poi era arrivato il turno di Scott che esigeva
allenarsi con un lui almeno una volta a
settimana.
“Per mantenerci in forma”, aveva detto
Scott.
“Per scassarmi i coglioni”, aveva invece pensato
lui.
Quello che non avrebbe mai pensato era suonare il clacson alle otto di
mattina per intimare a Stiles e sua figlia di uscire il prima possibile
di casa perché stavano tardando e avrebbero rischiato di non
arrivare in orario.
Sta per suonare nuovamente quando vede Stiles che esce per primo dal
portone – lo zaino della figlia su una spalla e una
ventiquattro ore logora nella stessa mano – seguito dalla
bambina che scende le scale saltellando.
«Io vado avanti», la sente urlare mentre comincia a
correre verso la macchina. Stiles si limita a sospirare sconsolato
aprendo la porta dei sedili posteriori ed entrando
nell’abitacolo.
Prima di partire Derek controlla che la cintura di sicurezza della
bambina sia correttamente allacciata, deglutendo rumorosamente allo
sguardo di Alice che sembra dire “Ma per chi mi hai
presa?”.
«Porta prima me altrimenti il capo mi ammazza».
«Ma la bambina deve andare a scuola».
«Poi la maestra mi dà la nota»,
ribattono i due contemporaneamente. Stiles si porta una mano sul volto
stanco, e Derek capisce che non è
giornata.
«Tranquilla, ci parlo io con la maestra». Alice non
è convinta e perciò mette il broncio mentre
dà le spalle a Derek e appoggia il gomito contro il
finestrino della macchina.
Stiles scuote leggermente la testa sorridendo, e con una mano gli fa
segno di lasciar perdere.
Sono le otto e dici minuti quando Stiles scende dalla macchina e corre
verso l’entrata dell’edificio in cui lavoro,
ringraziando mentalmente Derek per aver fatto da tassista a lui e alla
figlia.
«Ora andiamo a scuola». Alice gira la testa per
guardarlo ma non dice
niente.
Percorrono la strada per arrivare alle elementari in silenzio
nonostante i vari tentativi di Derek di avviare una conversazione. Man
mano che si avvicinano la bambina diventa sempre più mogia e
l’aria intorno a sé cambia, facendo percepire a
Derek sentimenti contrastanti ma tutti negativi: ansia, tristezza,
disagio.
Arresta la vettura davanti al cancello della struttura ma vedendo che
la bambina non è intenzionata a scendere dall’auto
allunga una mano verso di lei, accarezzandole la guancia
paffuta.
«Che succede?». Abbassa lo sguardo ma non risponde.
«Alice, lo so che qualcosa non va. Sono un lupo,
ricordi?». Con un dito si indica il naso.
La bambina alza le spalle e poi, silenziosamente, apre lo sportello
della macchina. Essendo in ritardo la bambina è
l’unica presente nel cortile, perciò Derek aspetta
di vederla sparire all’interno dell’edificio prima
di rimettere in moto la macchina. Sta facendo retromarcia quando, dando
un’occhiata allo specchietto retrovisore, si accorge che lo
zaino della piccola si trova sui sedili posteriori dove lo aveva
lasciato Stiles.
Si schiaffeggia la fronte e allunga una mano dietro di sé
per afferrare lo
zaino.
Non sono passati che pochi minuti ma quando entra
nell’edificio non c’è più
alcun bambino o genitore nei corridoi. A passo spedito e con uno
zainetto rosa in spalla si dirige verso quella che crede sia la
segreteria. La donna – una bella ragazza sui
trent’anni e con una scollatura vistosa – gli
chiede se può esserle utile in qualche
modo.
«Alice Stilinski. Devo sapere in che classe si
trova». Indica lo zaino quando vede la donna incerta sulle
sue intenzioni.
Derek si appoggia al bancone che gli separa e gli sorride mostrando i
denti bianchi.
«Allora?». Presa alla sprovvista dal suo cambio di
atteggiamento la segretaria arrossisce
vistosamente.
«La bambina ha lezione di inglese. Secondo piano, prima porta
subito dopo le scale». Un ultimo sorriso di ringraziamento da
parte di Derek e lei si trova a
balbettare.
Ha sempre saputo di avere un certo fascino sulle persone, ma averne la
conferma lo riempie sempre di una nuova dose di
autostima.
Da
dietro la porta sente la voce timida di Alice che cerca di
giustificarsi sia per l’assenza dello zaino che per il
ritardo.
Derek sente qualcosa spezzarsi dentro di lui quando percepisce prima
l’odore salato delle lacrime e poi la voce spezzata della
bambina. Non ci vede più dalla rabbia quando senza bussare o
annunciare in qualche modo la sua presenza apre la porta che va a
sbattere contro la
parete.
L’insegnate sussulta e gli occhi di Alice si sgranano.
«Le ho portato lo zaino». Dice distogliendo lo
sguardo dalla bambina e incatenandolo a quello
dell’insegnante.
«Le sembra il modo di entrare?», replica
infastidita dal suo atteggiamento.
Le sue narici si dilatano a causa del ringhio involontario che proprio
non riesce a trattenere.
«Le ho portato lo zaino». Ripete con tono
neutro.
Alice gli si butta addosso e senza nemmeno pensarci Derek si abbassa
per prenderla in braccio.
«Grazie». Gli dà un veloce bacio sulla
guancia prima di dimenarsi per farsi rimettere a terra.
«È colpa mia sia del ritardo che dello zaino
dimenticato». Decide di rimandare la rabbia alla corsa
notturna di quella sera e di usare sulla donna lo charme di pochi
minuti
prima.
I vari gruppetti all’interno della classe parlano e ridono
senza fare attenzione agli sguardi e ai sorrisi tra l’uomo
appena entrato e la loro professoressa. Nessuno tranne Alice che lascia
Amy parlare da sola e si avvicina ai due.
«Lui è un amico di mio papà».
Il tono serio con cui lo dice e la fermezza nel suo sguardo fanno
ridere Derek di gusto. L’uomo si abbassa alla sua altezza e,
dopo un buffetto sul nasino, gli dice:
«Non sono amico di tuo papà. Sono amico
tuo».
Si rialza e saluta Alice con un sorriso pieno di dolcezza, la donna con
uno
malizioso.
Derek sta gridando contro uno studente sfaticato che invece di fare i
tre giri di campo che lui ha ordinato si è nascosto sotto
gli spalti.
«Sparisci dalla mia vista. Ora». Derek si diverte a
spaventare i liceali che scattano subito non appena alza la voce.
Diventare allenatore di lacrosse non è mai stato il suo
sogno e nemmeno credeva che gli sarebbe piaciuto prima di cominciare ad
allenare la sua squadra. Dal momento che passava le sue giornata a
correre – fa bene alla salute tutto il resto ma ormai era
diventa quasi un’ossessione – Scott gli aveva
proposto di candidarsi per il posto di coach per la squadra di
lacrosse. Inizialmente era scettico e ci era voluta tutta la buona
volontà di Scott e Liam, nonché diverse minacce
da parte di Lydia, per convincerlo ad andare al colloquio.
«Scusi, coach». E Derek sorride soddisfatto quando
il ragazzo si alza troppo velocemente e va a sbattere la testa contro
il metallo degli spalti.
«Fai due giri in più altrimenti sei
fuori». Il sorriso di scherno si allarga difronte agli occhi
sbarrati del ragazzo.
Grazie all’udito da lupo riesce a sentire il telefono che
squilla nonostante si trovi sulla panchina a diversi metri di
distanza.
«Su, che aspetti?», gli domanda incitandolo a
ricominciare l’allenamento.
«Pronto?». È
Stiles.
«Lo so che sto superando ogni limite e so anche che non sei
obbligato a farlo ma ti prego, ti prego, vai a prendere tu Alice da
scuola?». Stiles comincia il suo solito sproloquio e Derek
allontana il telefono dall’orecchio.
«Scattare», urla verso due che si sono fermati per
riprendere fiato.
«.. e poi Scott ha la moto e non mi fido a farci salire Alice
perch-».
«D’accordo».
«Davvero? Wow! Grazie, Derek! Ti giuro che ti
ripagherò tutti questi favori uno a
uno».
«E come intendi farlo?». Si siede sulla panchina e
sorride come un beota con il telefono premuto contro
l’orecchio.
«Coach, sta parlando con la sua ragazza?». Il
sopracciglio scatta all’insù e gli occhi si
restringono
minacciosamente.
«Un giro in più per tutti», urla
alzandosi in piedi per farsi ascoltare dai ragazzi già
sfiniti.
Al telefono Stiles non riesce a trattenere una risata spontanea e
genuina che coinvolge anche
Derek.
«Li stai massacrando quei poveri
ragazzi».
«Se lo meritano», risponde tra una risata e
l’altro.
I suoi studenti lo offendevano affibbiandogli nomignoli uno
più stupido dell’altro, lo infamavano per la sua
cattiveria mentre si massaggiavano i muscoli indolenziti, ma Derek era
felice. Parlare al telefono con Stiles, ridere e scherzare…
Non credeva che sarebbe arrivato il giorno in cui si sarebbe sentito
nuovamente felice. Felice
davvero.
Era
arrivato con largo anticipo in modo da poter parcheggiare proprio
davanti al cancello per far sì che, appena uscita da scuola,
Alice riuscisse ad individuare immediatamente la sua macchina. Il
cortile si era lentamente riempito di genitori e Derek si chiedeva
ormai da diversi minuti se fosse il caso che scendesse anche
lui.
Ma proprio quando sta per prender il coraggio a due mani e immischiarsi
in quel gregge di persone, intravede Alice che con lo zaino sulle
spalle si guarda intorno alla ricerca del padre. Suona il clacson della
macchina per attirare la sua attenzione e, non appena lo vede, comincia
a correre verso di lui. A pochi metri di distanza rallenta e cerca di
calmare il proprio battito del cuore per non mostrarsi troppo
entusiasta.
Viene fermata da un gruppetto di bambini del suo corso di inglese che
le chiedono se quella macchina fosse davvero del suo
papà.
«No», risponde con aria saccente.
«È di un mio amico».
«Che bella!»
«Come luccica».
«Voglio salirci anche io».
«Magari posso chiedere a Der se vi fa avvicinare»,
dice prima di dare loro le spalle e percorre i pochi metri che la
separano da Derek.
Avendo sentito tutta la discussione grazie al suo udito, e annusando
chiaramente il buon umore della bambina, Derek scende dalla macchina e
fa il giro fino ad arrivare alla portiera del
passeggero.
«Prego signorina, la stavo aspettando». Afferra lo
zainetto e lo posa sui sedili posteriori. Il sorriso di Alice se
possibile si allarga ancora di più mentre si sporge dal
finestrino aperto per guardare le facce di meraviglia dei suoi
compagni.
«Come è andata oggi a scuola?», chiede
mettendo in moto.
«Bene! La maestra ci ha imparato a scrivere tutte le lettere
dell’alfabeto».
«Insegnato».
«Cosa?».
«La maestra vi ha insegnato a
scrivere».
«E io cosa ho detto?». Lo guarda sfidandolo e Derek
alza le mani dal volante per qualche secondo come a dire che si
arrende.
«Non si fa», urla riferendosi alle sue
mani.
«Ma è stato solo per qualche secondo. E poi sono
un lupo. Ho i riflessi pronti».
«Non importa. È pericoloso».
È appena stato sgridato da una bambina di quasi sei anni e
non è affatto infastidito dalla
cosa.
«Scusa». Mette le mani a ore 10:10 e
finché non arrivano davanti al condominio in cui abitano lei
e il padre non distoglie lo sguardo dalla strada nemmeno per un
secondo.
«Finché non arriva tuo padre sarò il
tuo babysitter, che dici?».
Finge di pensarci per qualche secondo e poi apre la portiera uscendo
dal veicolo e correndo verso il
portone.
Derek prende lo zaino di Alice e fruga al suo interno alla ricerca
delle chiavi. Oltre alle chiavi trova anche le brioche che teoricamente
avrebbe dovuto mangiare ma che non ha fatto.
«Che significa questo?», chiede infilando la chiave
nella toppa e mostrando la merendina alla bambina. Gira la chiave e
Alice corre su per le scale per sfuggire all’interrogatorio
del licantropo.
Lancia lo zainetto della piccola sul divano e si dirige immediatamente
verso il frigo sperando che ci sia qualcosa di pronto da far mangiare
alla piccola. Purtroppo le sue speranze sono vane e, quando Alice gli
chiede cosa c’è per pranzo, Derek si limita ad
alzare le spalle.
Perciò fa l’unica cosa che ha senso: chiamare
Stiles.
Questi risponde dopo pochi squilli dicendogli di non preoccuparsi
perché sta arrivando con due cartoni di pizza.
«Ora arriva». Si guarda intorno improvvisamente a
disagio. «Che cosa vuoi fare?».
Quando Stiles ritorna ritrova Derek a gattoni sul tappeto del soggiorno
e sua figlia che gli sta aggrappata al collo cercando di non
cadere.
«Cosa state facendo?», domanda prendendo
immediatamente il telefonino dalla tasca e scattando una foto ai due.
La invia immediatamente nel gruppo di What’s app del gruppo e
Derek si rende conto di quello che ha appena fatto solo quando sente il
proprio cellulare vibrare, avvisandolo della ricezione di un nuovo
messaggio.
Fa in tempo solo a posare i cartoni di pizza sul comò
all’entrata ché la bambina gli si butta addosso
investendolo in pieno e rischiando di farlo cadere a terra. Anche Derek
si alza e osserva la scena
divertito.
«Papà papà! Ci copriamo la macchina
figa come quella di Derek?». Il minore inarca il sopracciglio
e con lo sguardo chiede spiegazioni al licantropo. Derek si limita ad
alzare le braccia mostrando i palmi delle mani come a dire di non
saperne
niente.
«Da quando in qua tu dici
“figa”?». Alice arrossisce lievemente per
essere stata ripresa ma cambia immediatamente discorso.
«Non importa ora. Ci copriamo la macchina come quella di
Derek, papi?». Si aggrappa a lui e piega la testa
all’indietro.
«Alice, ti farai male». La bambina scioglie la
presa della manica del padre e ripete la domanda.
«Ma Ferrari mia, vuoi veramente che tuo padre rimanga senza
un rene?», scherza.
Alice abbassa lo sguardo leggermente imbronciata.
Notando immediatamente il suo cambiamento d’umore Derek si
impromette e dice alla piccola che, se le va bene, può
accompagnarla lui più spesso a scuola.
«Sì… si può fare»,
risponde dopo aver fatto finta di pensarci a lungo. I due uomini
scoppiano a ridere e Alice sorride felice di vedere la spensieratezza
sul volto del padre. Derek non l’aveva convinta molto
inizialmente, ma se faceva ridere suo padre in quel modo sperava che
non se ne andasse mai.
«Io ora andrei». Si controlla le tasche per essere
sicuro di non aver dimenticato nulla e si avvia verso la
porta.
«Dove credi di andare tu?». Stiles lo afferra per
il polso e lo tira indietro. A quel contatto il cuore di entrambi
accelera leggermente il
ritmo.
«Mangiamo tutti insieme». Alice batte la mani quado
nota i cartoni di pizza.
«E poi mi devi accompagnare a fare la spesa»,
aggiunge Stiles lasciando scorrere la mano lungo il polso e le dita del
ragazzo. Lo afferra saldamente per mano e lo trascina verso la cucina.
Sciolgono la presa solo quando si siedono per mangiare con i due
cartoni di pizza aperti sul tavolo. E Derek deve imparare a mangiare
con la mano sinistra perché quella destra è
prigioniera di Stiles che rafforza leggermente la presa quando i loro
sguardi si incrociano.
Dopotutto non gli dispiace troppo che la vecchia Jeep di Stiles si
trovi ancora dal meccanico.
§§§
Quando
sua figlia gli ha proposto di guardare Anastasia per la dodicesima
volta in quel mese Stiles non era stato in grado di resistere ai suoi
occhioni grandi che lo guardavano imploranti e si era ritrovato suo
malgrado ad accettare.
«Ma se cambiassimo cartone, muffin?», chiede dal
soggiorno. Sta inserendo la chiavetta USB nel portale del televisore
che tuttavia non la riconosce.
«Papà». Stiles ringrazia mentalmente il
fatto che nel condominio vivano soprattutto persone oltre una certa
età e che sono un po’ sorde, altrimenti a causa
dei strilli di Alice – ne è sicuro –
sarebbero stati cacciati via a calci nel culo già da diverso
tempo.
«Non gridare, pasticcino. Non ho più
vent’anni ma ancora ci sento benissimo».
Dà un’ultima occhiata malevola alla televisione e
poi raggiunge la figlia che, in piedi su una sedia, sta cercando di
aprire il microonde.
«Sono pronti! Sono pronti!». Batte le mani e
saltella sul posto, rischiando di far venire un infarto a Stiles che
già la vede stesa per terra e in una pozza di sangue. La
prende per un braccio e la obbliga a scendere dalla sedia.
«Ti romperai l’osso del collo una di queste
volte». Le dice tirando fuori dal microonde i popcorn.
«Dammi una ciotola grossa». Se ne infila un in
bocca senza farsi vedere da Alice che se ne è andata in
cucina saltellando.
«Vedi di non farti trovare seduta sullo schienale del
divano». Le urla dietro mentre cerca di trovare un frigo una
bottiglia di succo di frutta.
«Eccoti», esclama quando la vede.
Alice per una volta sembra avergli dato retta ed è seduta in
posizione normale e con le mani in grembo mentre aspetta che il padre
prema play.
All’uomo basta un veloce sguardo verso lo schermo per capire
che la chiavina appare ancora come “non
riconosciuta”.
«Che ne dici se guardiamo il cartone al PC»,
propone appoggiando i popcorn e la bottiglia sul tavolino da
caffè posto davanti al divano.
Alice alza un sopracciglio.
«Ehi! Chi te lo ha insegnato?», con
l’indice punta il sopracciglio ancora arcuato della bambina.
«Anastasia non si può vedere al computer,
papi». Si lagna inginocchiandosi sul divano.
«Alice, cosa ti ho detto a proposito del togliersi le scarpe
all’ingresso?». La bambina sbuffa però
si toglie i sandali pieni di fango e li poggia per terra accanto al
divano, cercando di non far cadere terriccio sul tappeto.
«E quindi ora che si fa?», domanda Stiles. Alice
alza le spalla prima di rispondere.
«Io voglio Anastasia. E lo voglio alla tv».
«Chiamo zio Scott».
«No». Questa volta tocca a Stiles inarcare il
sopracciglio.
“Questa cosa deve smettere”, pensa,
“Derek ci ha influenzati troppo”.
«Andiamo da Derek. Mi ha detto che ha una TV grande
grande». Come accompagnamento alle sue parole allarga le mani
per fare sottolineare la grandezza del televisione del licantropo.
«Sì, cioccolatino. Ha soldi e non fa niente per
nasconderlo». Pone enfasi sulla parola
“niente”, facendo ridere Alice che gattonando
raggiunge il padre. Alza le mani al cielo per farsi prendere in braccio
e quando si trova stretta al suo papà gli bacia una guancia
ruvida.
«Fatti la barba, papino». Stiles scoppia a ridere e
comincia a fare il solletico alla figlia che si dimena in preda alle
risate. Adesso sua figlia gli dà anche consigli di moda.
«Tutto quello che vuoi, pasticcino».
«Allora andiamo da Derek».
«Alice», la rirende. «È tardi
e sicuramente Derek avrà da fare». Cerca di
convincere la bambina che tuttavia non si arrende e riesce a far
promettere al padre di chiamare Derek.
«E metti il vivavoce». A Stiles non rimane che
sospirare ad occhi chiusi e prendere il cellulare dalla tasca dei jeans.
Derek risponde dopo pochi squilli.
«Ehi! So che è tardi e mi dispiace disturbarti a
quest’ora, soprattutto di venerdì sera».
«Non preoccuparti, tanto non facevo nulla di
importante». Alice guarda il padre come a dire
“Visto, te l’avevo detto”.
«Derek, ma tu ce l’hai ancora la tv grande
grande?». Alice ruba il telefono al padre e va subito al sodo.
“Sei degna figlia di tuo padre”, pensa Stiles
cercando di mascherare una risata con un colpo di tosse.
«Sì…». Derek si trova
impreparato alla domanda della bambina e non sa bene cosa rispondere.
«Allora noi veniamo da te a guardare Anastasia».
«Alice». La sgrida il padre prendendole il telefono
dalle mani. Prima di rispondere a Derek toglie il vivavoce.
«Scusa per il comportamento di mia figlia, non so che cosa le
sia preso», cerca di giustificarsi l’uomo,
rispondendo al finto sbadiglio di Alice stringendo gli occhi in
un’espressione che dovrebbe sembrare minacciosa ma che
è più divertita che altro.
Una seconda occhiata fa abbassare lo sguardo alla bambina che abbraccia
il padre per la vita, sfregando la faccia contro il suo maglione mentre
gli chiede scusa.
«Non importa, ma devi imparare a controllare certi
atteggiamenti».
«Non ha fatto niente», si intromette Derek che fino
ad allora è rimasto in silenzio.
«È mia figlia e la amo più di qualsiasi
altra cosa, però questo non significa che passi sopra certi
atteggiamenti».
La bambina tira su con il naso asciugandosi le lacrime contro la maglia
del padre.
A Derek quel rumore non passa inosservato e chiede che cosa sia
successo.
«Niente», minimizza Stiles.
«L’ho sgridata e ora si sente in colpa».
«Passamela».
«Derek!».
«Ho detto passamela».
Derek sente dei rumori fastidiosi e poi la voce distorta di Stiles:
«Derek ti vuole parlare».
«Sì». Alice tira su con il naso per la
seconda volta e Derek comincia ad infuriarsi.
«Vuoi ancora vedere Anastasia?». Non risponde e il
licantropo decide di usare la regola del “Chi tace
acconsente”.
«Passami di nuovo tuo padre».
Stiles si porta nuovamente il cellulare all’orecchio mentre
cerca di far funzionare quella stupida chiavina.
«Se nei prossimi cinque minuti non sento suonare il
campanello che annuncia il vostro arrivo giuro che vengo a casa vostra
e vi ci porto di peso». Stiles non ha mai sentito Derek Hale
più serio di così in vita sua.
«Grazie per la disponibilità, Derek, ma
è inutile. La chiavina è andata».
Anche se non lo vede Stiles potrebbe giurare che ha inarcato entrambe
le sopracciglia. Alice, che ha capito di avere Derek dalla sua parte,
cerca di afferrare il discorso completo interpretando le parole di suo
padre.
«Esiste Netflix ora, aggiornati». Stacca la
chiamata e Stiles rimane incredulo a fissare lo schermo del cellulare.
Derek, il Derek del “questa è proprietà
privata” non solo ha invitato lui e sua figlia a casa sua di
venerdì sera ma a quanto pare non vive più
nell’età della pietra. E per di più ha
Netflix!
«Il mondo sta andando a rotoli».
«Eh?».
«Mettiti addosso qualcosa di pulito e muoviti. Andiamo a
vedere Anastasia da Derek». Alice non avverte Stiles e gli
salta addosso, buttandolo sul divano e ricoprendogli la faccia di
bacini umidi.
«Va’ a cambiarti, Ferrarina. Su». Riesce
a sciogliersi dalla presa della figlia e la conduce nella sua
cameretta.
«Scegli qualcosa di carino». Si chiude la porta
alle spalle e poi è il turno di Stile di andare in camera da
letto per trovare qualcosa di adatto da indossare.
«Calmati, Stiles. Guarderete un cartone animato con tua
figlia tra di voi. Cosa ti aspetti che possa succedere?». Si
dà due schiaffetti sulle guance e poi si toglie i pantaloni.
Si specchia per diversi minuti con solo i boxer addosso per cercare di
capire se possa risultare quantomeno decente. Nei dieci anni in cui non
aveva visto Derek era diventato più uomo e aveva cominciato
a mettere addosso un po’ di muscoli.
«Ma a chi voglio darla a bere?». Si chiede prima di
chiudere con forza l’anta dell’armadio e di
buttarsi di schiena sul letto.
«Un sedicenne arrapato. Ecco cosa sembro». Si alza
dal letto e si rimette i vestiti che prima si era tolto.
Stiles
non è mai stato da Derek. E non sa davvero che cosa
aspettarsi di trovare dietro alla porta, considerando in che condizioni
aveva lasciato il loft.
Stringe
la mano di Alice per trovare il coraggio di bussare alla porta, pur
essendo consapevole che Derek ha avvertito la loro presenza e che gli
sta sicuramente aspettando con le braccia incrociate e le sopracciglia
alzate.
«Papà,
ho fame e comincio anche a sentire freddo». Effettivamente
sono nel pianerottolo davanti all’appartamento di Derek da
una decina di minuti e il giubbotto di Alice è un
po’ troppo primaverile. Alice, con l’intraprendenza
che la caratterizza, scioglie la presa che la tiene ancorata al padre e
batte la mano contro il legno della porta.
Come
previsto il licantropo apre la porta immediatamente, mostrando dietro
di sé l’interno dell’appartamento.
Stiles riesce a scorgervi una televisione talmente grande da ricoprire
quasi l’intera parete, un divano di pelle che sembra molto
costoso e, in quella che dovrebbe essere la cucina, un tavolo di legno
bianco. Alice non perde tempo e si lancia addosso a Derek,
abbracciandogli le gambe. L’uomo si abbassa per prenderla in
braccio e la bambina gli circonda il collo con le braccia.
«Posso
chiederti una cosa?». Derek guarda Stiles spaventato a quella
domanda.
«Spara».
«Posso
darti un bacio?». Derek sgrana gli occhi e Stiles si commuove
a quella scena. Il licantropo annuisce ripetutamente perché
incapace di produrre alcun suono, e la bambina gli schiocca un bacio
rumoroso sulla guancia ricoperta di barba.
«Mi
piace la tua barba», dice allontanandosi di poco ma
continuando ad abbracciarlo.
«Ehi!
A me hai detto che stava male».
«Perché
la tua è brutta».
«Biscottino
mio, vuoi far arrabbiare il tuo papà?». Alice gli
fa la linguaccia e scende dalle braccia di Derek, rifugiandosi sul
divano.
«Alice,
le scarpe». Le urla Stiles dietro.
«Hai
intenzione di cenare sul pianerottolo di casa mia o vuoi
entrare?». Stiles finge una risata fintamente scocciata prima
di pulirsi le scarpe sul tappetino all’entrata ed
oltrepassare l’uscio.
La
bambina ha già acceso la televisione e sta cercando il
cartone nel catalogo di Netflix.
«Non
rischio che mia figlia trovi dei porno, vero?». Si sta
togliendo il cappotto e perciò Derek non vede il suo volto
rosso per l’imbarazzo a causa della battuta audace. Che abbia
esagerato? Forse è l’unico a sentire la tensione
tra i due. Forse Derek ha accettato di farli venire per
pietà. Forse avrebbero dovuto rimanere a casa.
Pur
non sapendo i pensieri che si susseguono veloci nella mente iperattiva
di Stiles, Derek ha sentito il battito del suo cuore cambiare il ritmo
e una nube di tristezza circondarlo.
«Vi
ho voluti qui perché mi piace la vostra presenza».
Lascia che Stiles si spogli e raggiunge Alice che, con le gambe
incrociate sul divano di pelle – Derek le toglie velocemente
le scarpe per non far vedere a Stiles che si era dimenticata di
toglierle – aspetta con il telecomando in mano di premere
play.
Alice
si accoccola al suo petto e aspettano di essere raggiunti da Stiles.
«Ma
non avevi fame, tesoro di papà?».
«Non preoccupatevi, ho ordinato le pizze tra poco
arriveranno».
Stiles vorrebbe fare battutine su
come è diventato premuroso e carino, ma si trattiene.
Il cartone parte ma Alice è ancora in cerca della posizione
più comoda. Dopo essersi messa in braccio al padre, poi in
mezzo ai due uomini e su un lato del divano da sola, alla fine decide
di poggiare la testa sulle cosce di Derek e di poggiare i piedi sulle
gambe del padre.
«È comoda, mia principessa?». Alice
arrossisce e Stiles ridacchia.
«Chi è il principe, quindi? Io,
pasticcino?».
La bambina ci riflette.
«Papà, tu fai il cavaliere e Derek il
principe».
Stiles è indignato e sta per protestare, ma Alice riprende a
parlare.
«No, ripensandoci Derek è il cavaliere e tu sei il
principe».
Stiles ora è ancora più indignato.
«Ti
concedo di essere il re se proprio vuoi».
Stiles non prova neppure a dire qualcosa, si limita a incrociare le
braccia e mettere su un broncio degno di Alice.
Derek ridacchia per tutto il tempo.
Alice vedendo il broncio si alza e lo abbraccia riempiendogli le guance
di bacini come tutte le volte in cui vuole arruffianarselo.
«Eh, no, stavolta non ti perdono così
facilmente».
La bambina sporge il labbro inferiore. Stiles si ostina a fare il finto
arrabbiato.
Derek allora fa cenno alla bambina di raggiungerlo e le sussurra
qualcosa all’orecchio.
«Cosa fate? Ora confabulate pure contro di me?». Derek e Alice si
scambiano un piccolo sguardo.
«Ehi, cosa fate? Perché mi guardate
così e perché vi state avvicinando? No, il
soll-etico nn-o».
Dal solletico si passa a una piccola battaglia di cuscini fatta di
sorrisi, minacce e borbottii. Intanto alla tv le scene scorrono, ma
nessuno le presta attenzione.
Stanno ancora ridendo quando vengono distratti dal suono del
campanello, segno che le pizze erano arrivate. Derek era
così preso a giocare che non si era accorto
dell’arrivo del fattorino.
Mangiano sul divano nonostante le proteste di Stiles perché
fissato sul mangiare a tavola, ma Derek è più
flessibile di lui e si limita a dire “casa mia, regole
mie”. Il fatto che lo avesse fatto solo perché lo
voleva Alice è solo un dettaglio.
Finita la pizza era iniziato un nuovo cartone.
Alice era rimasta affascinata da quello schermo gigantesco e si era
impuntata per vedere la Bella e la Bestia. A nulla erano valsi i
tentativi di Stiles di rimproverarla e di portarla a casa, non quando
Derek e la sua bambina erano alleati contro di lui.
«Derek, io ti avevo avvertito ma tu no, ti sei lasciato
abbindolare da mia figlia. La sua è magia nera».
«Papà!». Poi ripensando alle parole del
padre esita. «Derek… tu vuoi che ce ne andiamo?
Ti… disturbo?».
«Piccola, ma cosa vai a pensare, tu non disturbi
mai». Le lascia una carezza sui capelli e fulmina Stiles con
lo sguardo.
«Scusa, muffin, papà questa volta ha
esagerato». Stiles le lascia un bacio sui capelli.
Alice si rimette nella posizione di prima: testa sulle cosce di Derek e
piedi su quelle di Stiles.
«Hm… la Bestia sembra Derek e Bella sembri tu,
papà». E lo dice con tono alquanto serio.
«Grazie, figlia, per paragonarmi a una serva».
Questa volta il padre fa il solletico ai piedi della figlia per ripicca.
«Dai, neanche a me è andata benissimo, sono la
Bestia». Derek ridacchia e intanto accarezza i capelli di
Alice. La sente rilassarsi sotto il suo tocco.
«Beh, una bella Bestia». Stiles lo sussurra ma sa
che Derek lo ha sentito e arrossisce.
«Papà, non puoi essere sia la Bella che la Bestia.
Tu sei la Bella e Derek la Bestia». Stiles sente le guance
infiammate. Ha una figlia imbarazzante, ha il filtro cervello-bocca
efficace quanto il suo.
«Va bene, principessa, sarò la Bestia, dopotutto
ogni desiderio è un ordine». Alice ride e si
rilassa ancora di più sotto le carezze del maggiore.
«Mi stai rubando la figlia».
«È sempre qui».
«Ha ha. Che ridere. Derek Hale che fa battute, per di
più scadenti?». Stiles si finge scandalizzato.
«Sarà lo stare troppo a contatto con te».
«A contatto dici? A me non sembra che siamo mai stati così in contatto».
Stiles ammicca, ma in realtà sta morendo dentro. Non sa
quanto può osare.
«Ti piacerebbe quel tipo di contatto?». Derek gli
si avvicina e inconsapevolmente Stiles esegue lo stesso movimento.
Ora sono l’uno di fronte all’altro, pochi
millimetri a separarli e stanno sussurrando. Alice si è
addormentata sulle loro gambe.
«Perché non lo scopri, ragazzone?».
Stiles lo sussurra sulle sue labbra.
Derek si lecca le labbra e a quella visione Stiles non resiste
più. Appoggia le sue labbra su quelle di Derek, titubante ma
determinato. Derek lo afferra per la nuca e approfondisce il bacio,
mordicchiandogli il labbro inferiore e introducendo la sua lingua a
intrecciarsi con quella del minore. Stiles porta le sue mani tra i suoi
capelli e glieli tira e accarezza con la sua lingua il labbro superiore
dell’altro.
Si staccano quando la richiesta di ossigeno non li permette di tenere
le bocche incollate. Stiles ha ancora l’affanno e alla vista
di Derek nelle sue stesse condizioni si fa prendere dal panico.
«Ehm… io devo andare. Sai è tardi,
domani Alice ha scuola e io devo andare a lavoro. Lo sai,
no?». Ride a causa del nervosismo e si sente ancora
più patetico.
Prende la figlia in braccio e si dirige alla porta.
«Quindi… vado. E… grazie per la
serata». Non riesce a evitare se stesso di leccarsi le
labbra.
Derek in tutto questo non ha aperto bocca ma si è limitato
ad annuire, come uno stupido. Solo quando sente Stiles essere uscito
dal suo condominio, si rende conto che l’altro era venuto a
piedi, ma ancora intontito come è non si muove, continua
ancora a tastarsi le labbra.
«Alice, tesoro, pasticcino del papà, apri gli
occhi? Ti supplico, papà non ce la fa più,
papà ha mal di schiena. Non ti faccio pena? Muffin,
cioccolatino?».
Stiles si rassegna.
«Perché hai preso tutto dal tuo papà?
Almeno il sonno pesante potevi risparmiarmelo».
Tra borbottii, pause e tentativi di risveglio falliti Stiles giunge a
casa. Fortuna che lui e Derek abitano nello stesso isolato.
Ripensa al bacio di prima e il cuore parte di nuovo a galoppare.
«Stupido organo, rallenta! Se svegli mia figlia ora che sono
arrivato a casa ti ammazzo». E no, non importa che stesse
parlando con il suo cuore.
«Alice, muoviti!». Sono in ritardo, la Jeep
è ancora dal meccanico e Stiles sta pregando che almeno suo
padre possa darli un passaggio.
«Papà, perché chiami il
nonno?». Alice ha ridotto gli occhi a due fessure e ancora
non lo ha perdonato per averla portata via da casa di Derek quando era
addormentata perché “Dovevi
svegliarmi!”. Ora, chi lo spiega al suo pasticcino che
neppure un ululato l’avrebbe svegliata?
«Per chiedergli se ci dà un passaggio».
«E Derek?». Ora sua figlia lo sta guardando
accusatoria. No, non può reggere tutto questo.
«Vedi, prezzemolino, Derek…». Sente il
suono di un clacson.
«È arrivato!». Alice vola verso la
porta. E menomale che fino a due secondi prima faceva tutto con calma.
Stava perdendo sua figlia, quel bellissimo Sourwolf gliela stava
rubando.
«Papà, muoviti!». Sua figlia sta urlando
mentre lui è ancora in piedi come un allocco
all’ingresso.
La porta si apre.
«Beh, non vuoi andare a lavoro oggi?». Derek inarca
un sopracciglio di fronte all’assenza di risposta da parte
dell’altro.
«Qualcuno qui è ancora addormentato».
Mormora mentre si avvicina a Stiles che invece sta indietreggiando e si
ritrova con le spalle contro il muro. Derek ora gli è
addosso.
«Buongiorno». Derek gli soffia queste parole sulle
labbra per poi lasciargli un leggero bacio a stampo.
«Ti aspetto in macchina, vedi di muoverti». Derek
se ne va, così, con nonchalance. Come se non avesse appena
attentato alla vita di Stiles. Non poteva fare così, non
poteva venire e baciarlo come se fosse la cosa più naturale
del mondo. Semplicemente non poteva. Perché ora è
colpa sua se Stiles non riesce a frenare il suo cuore e la cosa che gli
dà ancora più fastidio è che quelle
orecchie pelose lo stavano sentendo e sapeva che
Derek ora stava ghignando.
«Ricordati di mangiare la colazione». Stiles non
riesce a impedirsi di ripeterglielo ogni mattina.
«Sì, papi».
«Principessa, ascolta il papà, va
bene?». La bambina annuisce vigorosamente con la testa mentre
il padre le sta mettendo lo zaino sulle spalle.
«Non fate tardi all’uscita!». Urlando
questa frase saluta i due uomini.
Stiles va a sedersi sui sedili anteriori accanto a Derek.
Non hanno ancora parlato e Stiles sembra intenzionato a perpetuare con
il suo mutismo forzato impregnato di imbarazzo.
Anche Derek sta zitto, non sapendo cosa dire e sentendosi insicuro.
Forse aveva sbagliato qualcosa, forse era meglio non baciare Stiles
stamattina senza parlare prima. Forse era meglio se ieri non fosse
successo quel che era successo. Sospira a quei pensieri e tamburella
nervosamente le dita sul volante.
Sono giunti di fronte all’ufficio di Stiles e Derek ha
accostato la macchina aspettando che l’altro scenda.
Sono seduti senza dire nulla, Derek con lo sguardo fisso dinanzi a
sé e Stiles con una mano sulla portiera. Fa per dire
qualcosa, ma poi tace e apre la portiera mettendo una gamba fuori.
Derek ormai si è rassegnato che è stato tutto uno
sbaglio ed è già pronto a autocommiserarsi questo
pomeriggio.
Aspetta che la portiera si richiuda per mettere in moto e andarsene. Ma
proprio quando sta per girare la chiave, sente la portiera riaprirsi
anziché chiudersi.
Non fa in tempo a realizzare cosa sia successo che sente due labbra
cozzare prepotenti contro le sue e una lingua intrufolarsi nella sua
bocca che aveva aperto dalla sorpresa. Ripresosi dallo shock ricambia
con lo stesso fervore dell’altro. Intralciato dalla cintura
di sicurezza che avvolge Derek, Stiles la slaccia e prende
l’altro per la maglietta trascinandoselo addosso.
È diventato tutto un gioco di lingue che si intrecciano,
denti che cozzano, respiri che si infrangono. Staccando le bocche,
Derek scende a leccare il collo di Stiles lasciato scoperto dalla
camicia e gli mordicchia di tanto in tanto la pelle. Stiles non riesce
a trattenere un gemito quando sente le mani di Derek che si intrufolano
sotto alla maglietta e gli toccano gli addominali.
«Okay, ragazzone, fermiamoci oppure mi licenziano».
Stiles lo dice ansimando e ciò non aiuta affatto il precario autocontrollo
del licantropo. Derek si stacca dal suo collo e appoggia la fronte
contro quella dell’altro.
«Ci vediamo dopo?». Derek
glielo chiede guardandolo con i suoi occhi liquidi dal desiderio e
tutto ciò che Stiles vorrebbe fare è riprendere
possesso delle sue labbra.
«Ci vediamo dopo». Fronte contro fronte, si
scambiano un sorriso carico di significati.
§§§
Derek
deve ammettere che quando ha accompagnato Stiles a riprendere la Jeep
dal meccanico un po’ gli è dispiaciuto. Passare a
prendere lui ed Alice la mattina era diventata una routine che aveva
sostituito le sue corse mattutine. Adesso correva al parco dietro ad
Alice perché – Stiles tanto torto non aveva
– poteva farsi male e invece del cornetto integrale vuoto
comprava ogni giorno un vassoio pieno di dolci per far avere ad Alice
una merenda variegata.
«Tu
la vizi troppo», gli dice Stiles accovacciandosi accanto a
lui mentre gli mordicchia dispettoso il mento. Lydia è
passata a prendere Alice per una giornata da donne e i due ne hanno
approfittato per passare un po’
di tempo da soli. Stanno insieme già da due mesi e ancora si
danno baci di sfuggita, si tengono per mano sotto al tavolo per non
farsi vedere da Alice, e al cinema non si siedono mai vicini per non
rischiare di lasciarsi andare a qualche coccola involontaria.
Perché sì, anche se Stiles ne è
rimasto molto sorpreso – piacevolmente sorpreso –
Derek è un tipo da coccole.
«Cosa
ho fatto questa volta, sentiamo?». Abbassa la testa per
zittire Stiles con un bacio.
«…».
Derek chiude gli occhi e sospira pesantemente chiedendosi se il suo
ragazzo sia sano di mente.
«Mi
hai leccato».
«E
allora?».
«Sulle
labbra», ribatte Derek quasi indignato.
«Sei
un licantropo. Non è tipo una regola per quelli come
te?».
«Quelli
come me?». Derek è incredulo.
«Deficiente».
Afferra i polsi di Stiles e glieli porta sopra la testa, distendendosi
sopra di lui sul divano.
Gli
bacia le guance ricoperte di nei, succhia gli zigomi pronunciati e con
la punta della lingua scende lungo il collo, succhiando ripetutamente e
con avidità per lasciargli un succhiotto.
«Derek».
«Stiles?».
Preme la propria bocca contro la sua, assaporandolo e inebriandosi
dell’odore dell’eccitazione che li circonda.
«Le
scarpe». Derek si puntella sui gomiti e guarda Stiles dritto
negli occhi.
Davvero,
Stiles, davvero?».
Passano
i giorni e tra i due la situazione non è cambiata di una
virgola.
Derek
si alza un’ora prima per portare i due rispettivamente a
scuola e al lavoro, Stiles arriva più in ritardo del solito
perché rimangono in macchina come due adolescenti con gli
ormoni a mille a salutarsi per minuti interi, e poi lui fa inversione e
va al Beacon Hills High School a cercare di tirar fuori qualcosa di
buono da quei fannulloni che sono i suoi studenti. Dal momento che
Beacon Hills è rinomata per non riuscire a tenersi a lungo i
propri insegnanti il preside, essendo a conoscenza del dottorato di
Derek in storia e letteratura, lo ha praticamente supplicato di far
parte del corpo docenti. Quando era tornato – ormai quasi un
anno prima – non
si sarebbe mai e poi mai immaginato di trovare stabilità
nella città che lo aveva fatto soffrire così
tanto. Ma apparteneva a Beacon Hills, era figlio suo ed era
l’unico posto che avesse mai considerato casa.
Si
sta dirigendo verso il campo da gioco quando un susseguirsi continuo di
beep fastidiosi gli urtano le orecchie delicate. È Stiles.
Ovviamente è Stiles.
Non
si cura di leggere nemmeno uno degli SMS che gli ha mandato e lo chiama
direttamente.
«Oggi
Alice ha i colloqui e il mio capo mi ha incastrato per tutta la sera.
Ti supplico, lupacchiotto mio, ci andresti al posto mio?». Se
Stiles fosse lì gli direbbe che gli si sono alzati i peli
sulle braccia a quel nomignolo, ma la verità è
che il suo cuore ha cominciato a battere più forte e sul suo
volto si è stampato un sorriso che avrà
difficoltà a cancellare con facilità. Stiles lo
fa stare bene, lo rende felice.
«E
chi dovrei dire di essere?».
«Troverai
un modo, ora devo andare. Ciao». Derek rimane a fissare il
cellulare finché un suo studente non gli passa la mano
davanti agli occhi per attirare la sua attenzione. Stiles gli ha
riattaccato in faccia.
«Coach,
questa sera non riesco a rimanere agli allenamenti». Si era
completamente dimenticato di dover allenare la squadra!
«Rimandiamo
a domani era. Avvisa anche i tuoi compagni».
«Grazie,
coach». Il ragazzo corre verso il centro del campo e Derek fa
retromarcia. Tanto vale tornare a casa, farsi una doccia e trovare
qualcosa di adatto per andare ai colloqui di Alice.
Alle
quattro in punto del pomeriggio Derek oltrepassa la porta a vetro
dell’edificio e si dirige a passo spedito verso il primo
piano, prima porta a destra. Nemmeno si accorge della donna che lo sta
rincorrendo con i tacchi a spillo né del rumore orrendo di
quelle scarpe contro le mattonelle.
«Signore,
dove sta andando? Non le è permesso andare al primo
piano». Solo quando si sente toccato per una spalla si gira
verso la donna, spostando ripetutamente lo sguardo da lei alla mano che
lo sta ancora toccando.
«Oh!
Scusi». Si porta le mani al petto quasi intimorita da Derek.
«Ma
devo andare ai colloqui», dice risoluto. Ha abbandonato le
solite canottiere e i jeans logori optando per dei pantaloni neri a
sigaretta e una camicia bianca aderente e con i primi due bottoni
lasciati aperti per far intravedere la leggera peluria sul petto.
«Ho
capito», comincia intimorita dal suo atteggiamento,
«però i colloqui sono al piano terra e
cominceranno tra quindici minuti circa. Ecco qui il foglio con su
scritto le indicazioni classe per classe». Derek la ringrazia
e si va a sedere su una delle sedie accanto all’entrata,
studiando con un certo disgusto il volantino rosa. Alice si dovrebbe
trovare nella terza porta dopo l’uscita di emergenza.
Mentre
si avvicina riesce a sentire la voce della bambina che, concitata, sta
parlando con Amy.
«E
poi è arrivato l’uomo della pizza e abbiamo
mangiato tantissimo e poi abbiamo preso il gelato anche se
papà non voleva. Ma lo sai che Derek mi spinge
fortissimissimo? Mi sembra di volare». La porta è
lasciata aperta e Derek fa il suo ingresso, sentendosi gli sguardi di
tutti puntati addosso. Alice gli corre incontro e gli salta in braccio,
circondandogli la vita con le gambe. Le scarpe della bambina gli hanno
lasciato sulla camicia un’impronta che difficilmente
andrà via, ma va bene così. Cammina verso
l’insegnante di inglese – ormai ha avuto modo di
conoscerle tutte – con la bambina aggrappata a sé
tipo koala.
«Buonasera»,
saluta educatamente porgendo la mano alla donna.
«Il
signor Stilinksi non è potuto venire?».
«È
stato trattenuto al lavoro, ma mi impegno a trasmettergli ogni singola
parola». Derek non è mai stato tanto formale in
vita sua.
«Ormai
la conosciamo tutti, andrà più che bene. Se vuole
può sedersi là insieme agli altri
genitori», indica una decina di persone che – Derek
sente ogni singola parola – si vantano di quanto i loro figli
sono intelligenti e bravi a scuola.
«Cominceremo
tra dieci minuti circa, e quando chiameremo il nome di Alice la prego
di raggiungerci nella stanza accanto. Non si preoccupi, abbiamo un
supervisore che si occuperà di tenere d’occhio i
bambini».
«Alice
Stilinski». Sussulta quando sente il nome della piccola che
tuttavia sembra non essersi accorta di nulla e che continua a riempire
a Amy la testa di quanto sia bella la sua macchina.
«E
non fa mai freddo perché quando fa freddo la poltrona
diventa calda, lo sapevi? Come in quella di Batman». Signori
e signori, ecco a voi l’idea che Alice ha dei sedili
riscaldabili.
Nonostante
la risata divertita che non è riuscito a trattenere Derek
è più teso di una corda di violino. La sedia su
cui dovrebbe sedersi è posizionata in mezzo alla stanza,
circondata da quattro banchi disposti a semicerchio dietro ai quali si
trovano le insegnanti di Alice.
«È
una delle nostre migliori allieve».
«È
molto intelligente e perspicace».
«Non
è un asso nello sport ma sono sicuro che abbia diverse
potenzialità nascoste».
«Non
è mai venuta a scuola impreparata o con i compiti non
fatti».
Derek
esce dai colloqui trasudando orgoglio da tutti i pori, e quando vede
Alice seduta per terra che sta continuando a parlare con Amy non riesce
a trattenersi e la alza da terra, facendole fare l’aeroplano.
La bambina ride divertita anche se non sa che cosa gli è
preso.
«Signor
Derek, posso venire una volta nella sua macchina?».
«Amy!»,
la sgrida la madre che ha assistito all’intera conversazione
avvenuta tra la figlia e la sua migliore amica.
A
rispondere è Alice.
«Va
bene, però stai dietro».
«Alice!»,
esclama divertito.
Mano nella mano con la bambina i due abbandonano l’edificio.
«Mi porti al parco?». E anche se dovrebbe tornare a casa perché ha una quarantina di compiti da correggere, Derek acconsente con un sorriso a trentadue denti.
«Però niente aggeggi in cui arrampicarsi. Sono pericolosi». La bambina si ferma di botto e le sopracciglia le schizzano all’insù, gesto che Stiles adora e che evidentemente ha copiato da Derek.
«Ma sei un licantropo».
«E tu un’umana. Puoi farti male». Anche Derek si è fermato e stanno discutendo in mezzo alla strada.
«Ma hai i riflessi pronti».
«E tu sanguini». Alice fa una smorfia ma non sa come ribattere perciò ricopre la distanza che la separa da Derek con una piccola corsettina.
«Prendiamo il gelato, va’».
Da
venti minuti a questa parte Derek non si è zittito per
più di dieci secondi consecutivi, continuando a dare degli
incapaci ai giocatori della squadra avversaria e incoraggiando i suoi
studenti. La partita di quella sera è importantissima e, se
vinceranno, riusciranno a qualificarsi nel torneo tra scuole della
contea.
«Ragazzi,
state andando bene ma voglio più grinta».
«Sì,
coach». L’urlo della squadra ferisce le orecchie
sensibili di Derek ma è troppo fiero dei suoi ragazzi per
lamentarsene.
«Fateli
neri!». Il time-out finisce e le squadre tornano sul terreno.
Sono indietro di due punti, ma la partita è ancora lunga e
possono recuperare.
«Vai
al centro del campo. Al centro, idiota, non a destra! Al
centro!».
«Coach».
Uno dei ragazzi in panchina lo tira per la manica della felpa.
«Che
c’è?».
«Il
suo telefono sta squillando».
«Ah».
Quando
finalmente riesce a trovare il cellulare questo smette di squillare.
«Mi
spiace, patatina, ma non risponde». Stiles si porta una mano
sul viso stanco per la lunga giornata passata al lavoro.
«Però
dobbiamo guardare “La Sirenetta”». Con il
telecomando in mano e gli occhi lucidi per l’imminente pianto
Alice si preme in un angolo del divano.
Stiles
sospira senza sapere che cosa fare se non richiamare Derek.
Dopo
diversi squilli finalmente l’uomo gli risponde.
«Passamela».
Nemmeno lo saluta, consapevole della promessa fatta ad Alice e che
purtroppo rischia di infrangere. Alice fissa il padre con gli occhi
sbarrati e con un luccichio di speranza che spezza il cuore di Stiles.
Lo sa che Derek non ce la farà a venire.
«Mi
dispiace, pasticcino, ma dovremo rimandare la serata film a un altro
giorno». All’udire quelle parole il labbro
inferiore di Alice comincia a tremare e dagli occhi sgorgano due grandi
lacrimoni. Derek si dà dell’idiota e sente il
proprio cuore fare crack.
«Non
piangere, principessa, ti giuro che vengo a darti la
buonanotte».
Alice
non risponde e lancia il telefono sul divano, rifugiandosi sotto le
coperte in camera da letto. Stiles sospira sconsolato prima di
raccogliere il telefono.
«Derek?».
Nessuna
risposta.
«Stai
tranquillo, lupetto, capirà».
Solo
un sospiro.
«Ti
lascio le chiavi nel vaso accanto alla porta».
«Grazie».
Stiles
va a dare la buonanotte ad Alice, ma la bambina si rifiuta di parlargli
e si tira le coperte fin sopra la testa, raggomitolandosi il
più possibile.
«Tortina
di papà, non è colpa di Derek se non è
potuto venire. Lo sai che ti vuole tanto bene». La piccola
tira su con il naso e a Stiles non rimane che uscire dalla camera da
letto.
Alice
aspetta di sentire la porta della camera del padre chiudersi prima di
scostare le coperte e andare verso la finestra, aprendola del tutto.
Viene investita da una folata d’aria fredda ma non se ne
preoccupa. Derek ha detto che sarebbe venuto a darle la buonanotte e
lei sapeva che lui non diceva bugie. Più di una volta aveva
sentito zio Scott raccontare di come si era introdotto in camera di
Kira di soppiatto grazie alla finestra lasciata aperta. E se riusciva a
farlo zio Scott… Derek l’avrebbe fatto ad occhi
chiusi.
Quando Derek è finalmente lasciato libero di tornare a casa sono già le tre di mattina e dire che è distrutto è un eufemismo. La sua squadra ha vinto e anche se ha insistito per andarsene subito lo hanno costretto a partecipare a quella pseudo festa tra studenti e insegnanti per festeggiare la qualificazione della squadra di lacrosse. Nonostante volesse solo un letto e un cuscino si sente ancora in colpa per aver dato buca alla bambina, perciò imbocca la strada per casa di Stiles. Salire quelle poche rampe di scale non gli era mai sembrato più complicato di così, però lo sta facendo. Per Alice l’avrebbe fatto ogni giorno.
Apre
la porta della cameretta centimetro dopo centimetro per non rischiare
di svegliarla, e si trattiene anche quando va a sbattere con il fianco
contro l’anta dell’armadio lasciata aperta. Alice,
degna figlia di suo padre, dorme a stella e con un piede a penzoloni
fuori dal letto. Le accarezza la fronte coperta dai capelli e si
abbassa per baciarle una tempia. Uno spiffero di freddo gli fa
accapponare la pelle delle braccia e solo allora si accorge della
finestra lasciata aperta.
«Tesoro»,
sussurra mentre chiude la finestra. Controlla che la bambina sia
coperta per bene e le bacia il dorso della mano che stringe un lembo di
lenzuolo.
Distrutto
a causa della giornata pesante e dell’ora tarda invece che
dirigersi verso la porta d’ingresso Derek apre quella della
camera di Stiles, avvicinandosi verso il letto e spingendo di lato
l’uomo per stendersi accanto a lui.
«Derek?».
Stiles apre un occhio ma si fa da parte.
Shh,
ora dormi». Derek gli bacia la bocca socchiusa e finalmente
posa la testa sul cuscino, addormentandosi immediatamente tra le
braccia di Stiles che lo stringono attirandolo a sé.
Stiles si sveglia con la sensazione di qualcosa di caldo che preme
contro il suo fianco e un braccio ad avvolgerlo. Sorride con gli ancora
chiusi e cerca di voltarsi piano. Derek ha un braccio a coprirgli gli
occhi. Ha ancora i vestiti addosso, era troppo stanco e si è
addormentato così.
«Buongiorno». Derek stropiccia gli occhi e si
toglie il braccio, guardando il minore negli occhi.
«Scusa, ti ho svegliato». Stiles è
mortificato. Sa quanto Derek è stanco, avrà
dormito sì e no tre ore.
«Mi sarei svegliato lo stesso. Abitudine». Dice
rivolgendo lo sguardo alla radiosveglia che segna le sei di mattina.
Stiles si avvicina e lascia un bacio a fior di labbra.
«Buongiorno
Sourwolf». Stiles è appoggiato sopra il corpo di
Derek, con la testa incastonata tra il suo collo e le labbra che
sfregano contro la barba del suo ragazzo.
«Ho già detto quanto mi piace la tua
barba?». Stiles sta facendo le fusa contro la guancia di
Derek.
Derek sorride con gli occhi chiusi, godendosi il torpore delle carezze
mattutine.
«Allora posso dire di essere contento, ho
l’approvazione dei miei Stilinski». Derek lo dice
scherzosamente, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, e
Stiles non può evitare al suo cuore di perdere un battito.
«A proposito di Alice… Derek, mi dispiace per
ieri. So che eri-». Derek gli schiocca un bacio.
«Che eri stanco e-». Ora la lingua di Derek traccia
il contorno delle labbra di Stiles.
«Mi dispiace che-». I denti di Derek afferrano il
labbro inferiore di Stiles e lo tirano.
Stiles ridacchia nervoso.
«Dai, Derek, fammi parlare».
«No, ti è vietato parlare quando dici un mucchio
stronzate». Derek ora lo sta guardando serio negli occhi.
«Mi piace Alice e mi piace trascorrere il mio tempo con lei.
E mi dispiace quando non posso farlo e mi dispiace ancora di
più aver ferito la mia principessa ieri».
Stiles sa quanto Derek tenga a sua figlia, ma sentirgli dire quelle
parole gli fa venire una stretta al cuore. Non sa cosa ha fatto di
buono per meritarsi Derek Hale nella sua vita e in quella di sua
figlia, qualsiasi cosa sia la ringrazierà in eterno.
«E Alice adora te. Ti adora così tanto che ora ti
aspetta con trepidazione, vuole giocare con te, andare al parco con te
e guardare i cartoni con te. Però so anche che mia figlia a
volte ha comportamenti eccessivi, quando vuole qualcosa non va sempre
assecondata e io mi rendo conto che forse la vizio un po’
troppo». Prende una piccola pausa. Stavolta Derek non lo
interrompe perché vede che vuole dirle queste cose.
«Alice non ha mai avuto una figura materna accanto a lei.
Quando aveva cinque mesi la madre l’ha lasciata solo a me,
non sentendosi pronta per essere madre. Voleva vivere la sua vita
appieno e una figlia sarebbe stata soltanto di intralcio». La
voce è carica di amarezza. «Io, allora un
inesperto ragazzino di venti anni e senza uno straccio di lavoro, mi
sono ritrovato a crescere questa piccolina che ora è la mia
vita. Sono stato aiutato da mio padre e da miei amici, ma ho sempre
cercato di crescere mia figlia con solo le mie forze cercando di darle
tutto. Io ho cercato di darle quell’amore che le è
mancato e tutt’ora cerco di farlo. So che a volte esagero,
però proprio non ci riesco a vederla triste. Io…
voglio darle tutta la felicità del mondo. Cerco di colmare
con il mio amore la mancanza di una madre. La mia piccolina capisce,
sai?». Stiles ora sorride. «Lei mi dice che sta
bene con il suo papà e spero che sarà
così per sempre». Sorride con gli occhi lucidi.
Derek lo ha ascoltato in silenzio, prendendo le mani di Stiles tra le
sue e baciandogliele.
«Sei un ottimo padre, Stiles».
Stanno così, l’uno nelle braccia
dell’altro avvolti dalle prime luci dell’alba.
«Tesorino di papà, è ora di svegliarsi.
Non vuoi vedere chi è venuto a trovarti?». Stiles
sussurra queste parole all’orecchio della figlia.
«Pasticcino?».
«Muffin?».
In risposta solo dei mugugni indistinti.
In quel momento arriva anche Derek.
«Principessa».
Quando la bambina si agita nel sonno e non dà segno di
svegliarsi entrambi si preoccupano.
Stiles le tocca la fronte.
«Scotta». Derek capisce.
«È colpa mia». Stiles lo guarda stranito.
«Quando sono arrivato ho trovato la finestra
aperta». Anche Stiles capisce e sospira. Sua figlia
è proprio testarda.
«Non è colpa tua, Derek». Lo rimprovera.
Odia quando si incolpa sempre per tutto, come se non ne potesse fare a
meno. Derek non dice nulla, è seduto sul letto ad
accarezzare i capelli della bambina.
«Porto il termometro». Da parte di Derek ancora
silenzio.
Quando Stiles arriva con il termometro, Alice ha aperto gli occhi e si
guarda intorno confusa.
«Papà…».
«Eccomi, tesoro. Ora ti misuro la febbre, va
bene?». La piccola annuisce, ma Stiles vede che sta esitando.
«… Derek?».
«Sono qui, principessa». Alice era sdraiata e non
si era accorta della presenza di Derek seduto accanto a lei sul letto.
«Derek…». Gli stringe la mano
sussurrando il suo nome come se fosse la cosa più bella del
mondo.
Derek tiene con una mano quella della sua principessa, mentre con
l’altra continua ad accarezzarle i capelli.
La febbre è molto alta. Stiles va a preparare la colazione
mentre Derek veglia su Alice.
Presi i medicinali la piccola si riaddormenta, spossata dalla febbre
alta e cullata dalle carezze di Derek.
Derek
ha raggiunto Stiles in salotto.
«Provo a chiamare e papà e Melissa. Vediamo se
possono venire a guardare Alice». Sta per comporre il numero
quando Derek gli afferra la mano.
«Non ce ne è bisogno. Rimango io a
guardarla».
«Derek tu hai il l-».
«Oggi non ho gli allenamenti».
«Ma sei stanco, non hai dormito per nulla
e…».
«Stiles, io voglio restare. Mi piace prendermi cura di lei,
te l’ho già detto. E siamo una coppia, io ci sono
per te, per voi, e tu per me». Il cuore di Stiles uno di
questi giorni non avrebbe più retto tutto questo…
tutto. Aveva paura a pensare a
quella parola anche se era sicuro dei propri sentimenti e
dell’altro. Avevano deciso di andare con cautela senza
affrettare le cose. Volevano costruire le basi per una relazione per
loro e per Alice. Per questo avevano deciso di non dire ancora nulla
alla bambina, non prima di essere sicuri che tutto questa non avrebbe
alterato l’equilibrio della piccola.
«Noi. Anche noi ci siamo per te. Non sottovalutare Alice
Stilinski». Stiles lo minaccia scherzosamente.
«Mai». Anche se lo dicono per scherzo, entrambi
sanno quanta verità c’è dietro a quelle
parole.
Derek
sta mettendo un panno bagnato sulla fronte di Alice. La bambina sta
ancora dormendo. Ha borbottato un po’ nel sonno a proposito
del padre e di muffin, della Camaro e della Bella
e la Bestia. Derek aveva sorriso divertito per tutto il
tempo.
Mette via il panno.
Stiles lo ha chiamato una volta, appena era riuscito ad approfittarsene
durante una breve pausa. Derek non sopporta il suo capo che lo sfrutta
ad ogni ora e non capisce la difficoltà dell’avere
una bambina piccola da crescere.
È sul letto, appoggiato alla testiera e con gli occhi
chiusi.
«Derek… dormi?».
«Ehi, bella addormentata nel bosco». Alice ride al
nomignolo di Derek.
«Vediamo di misurarti la febbre anche se mi sembra che
è scesa». Il termometro conferma
l’affermazione.
«Ora mangiamo qualcosa e poi facciamo quello che
vuoi».
Mangiano dei biscotti al cioccolato che Stiles aveva comprato dalla
pasticceria sotto casa prima di uscire. Fortunatamente Alice ha
appetito e mangia tutto. Decide di cambiarle i vestiti sudati e di
mettergliene altri puliti; nel farlo nota dei piccoli adorabili nei
sulle spalle, proprio come il suo papà.
«Si recupera la serata di ieri, dai. Che ne dici se scegliamo
un cartone?». Alice non risponde.
«Pasticcino, sei ancora arrabbiata?». Alice fa
cenno di no con la testa.
«Allora perché non mi parli?». Derek
mette su un broncio alla cui vista la bambina si trattiene con molta
difficoltà dal ridere.
«Non mi sembra che tu me l’abbia
chiesto». Oh, la sua principessa drama queen, proprio come il
padre.
«Ma te l’ho chiesto prima». Derek lo dice
con tono triste.
«Allora non ho sentito».
Derek quindi glielo richiede e la bambina fa finta di non aver capito.
Derek allora glielo sussurra prima in un orecchio poi
nell’altro, facendo ridere la piccola a causa del fiato sul
collo che le fa solletico.
«Va bene, va bene. Guarderò i cartoni con
te». Dice con tono solenne.
«Grazie, mia principessa». Derek le fa il baciamano
facendola ridere ancora di più.
Trascorrono la mattinata guardando Balto.
Derek però sente che Alice si sta affaticando e che la
febbre è di nuovo salita. Le fa prendere il paracetamolo e
la rimette sotto le coperte, conscio che le palpebre le si sono
appesantite e che non riuscirà a resistere al sonno per
molto.
Questa volta la febbre è più alta di prima e la
bambina sta tremando dal freddo. Derek trova un’altra coperta
nell’armadio e gliela stende sopra.
«Derek…».
«Piccola, sono qui».
«Ho freddo…».
Derek si sente impotente. La sua piccolina sta male e lui non
è neppure in grado di prendersene cura. Gli fa male vederla
così.
Rendendosi conto che la bambina continua ad avere freddo e che le
coperte non sembrano essere sufficienti, Derek decide di agire in un
altro modo.
«Alice, piccola…». La bambina lo guarda
con gli occhi annebbiati dalla febbre. «Ora farò
una cosa. Prometti che non ti spaventerai?».
La bambina annuisce.
«Non potrei mai avere paura di te».
Derek esce dalla camera.
Alice è sul letto, ha troppo freddo per riuscire ad
addormentarsi e non vuole stare da sola senza Derek.
Volge lo sguardo verso la porta e allora lo vede: un bellissimo lupo
nero dagli occhi blu sta avanzando cauto verso di lei, come se avesse
paura di fare qualcosa di sbagliato.
«Derek…». Alice lo riconosce. Sapeva che
Derek poteva trasformarsi in lupo completo – glielo aveva
chiesto quando gli aveva fatto tutte quelle domande sui lupi
– ma non lo aveva mai visto prima in quella forma. Si alza a
sedere e protende le braccia nella sua direzione.
Il lupo si avvicina lentamente dando alla bambina il tempo di
ripensarci se avesse voluto.
«Oddio, come sei grande. Sei bellissimo!». Derek
ora è salito sul letto e Alice sta accarezzando il suo
bellissimo manto nero. «E sei morbidissimo!».
Derek le accarezza il viso con il muso. La bambina si ridistende e il
lupo la segue a sua volta, avvolgendola con il suo folto pelo. Alice lo
abbraccia, immergendo le mani in quella distesa calda e morbida.
«Ti voglio tanto bene, Derek». La piccola lo dice
con gli occhi chiusi e il sorriso sulle labbra. Derek struscia il muso
contro la sua guancia. Alice lo ha capito che quello significa
“Anch’io”.
I due si addormentano così, abbracciati e sereni. Ed
è così che Stiles li trova quando torna a casa.
Sorride con gli occhi lucidi, appoggiato allo stipite della porta.
Li raggiunge e si distende anche lui.
E dormono così, tutti e tre abbracciati e felici di essere
insieme.
§§§
Alice ama il suo papà e per lui sarebbe capace di fare di tutto – anche smettere di vedere Anastasia se fosse proprio necessario – ma non sa se riuscirebbe a rinunciare a Derek. Nonostante l’iniziale comportamento ostile nei suoi confronti Alice si è affezionata talmente tanto a Derek da sentirlo come parte integrante della sua vita, persino più di zia Lydia o zio Scott. E persino più di Liam per cui – anche se non lo ammetterebbe mai – ha una piccola cotta. Ama il modo in cui le braccia di Derek la avvolgono come una coperta umana e la fanno sentire protetta, accarezzandole i capelli mentre guardano un film o passandole cioccolatini di nascosto perché Stiles è tutto un “Derek, tu la vizi troppo”.
Ed
è per questo che quando la maestra le chiede di parlare di
qualcuno che stima il suo pensiero va subito al suo amico Derek che,
Alice lo sa bene per tutte le volte che il padre lo ha ripetuto, non si
è mai arreso.
A passo spedito e senza il minimo timore Alice si alza dal suo posto e
cammina verso la cattedra dove l’insegnante la sta aspettando
in piedi. Prende un lungo, lunghissimo respiro e comincia a parlare.
Racconta di Derek che è una persona vera – sempre
come dice suo papà – che ha sofferto, è
fuggito ma ha sempre trovato la strada di casa. Racconta di come Derek
sia rimasto orfano a quindici anni e di come si sia sentito perduto, di
come si sia odiato e di come abbia imparato ad amare senza essere
amato. Racconta di come sia stato usato, sfruttato e poi gettato via
come se fosse spazzatura. E racconta ancora di come si sia rialzato
sempre, ogni volta più ammaccato ma sempre più
forte. Di come abbia lasciato tutte le persone che lo amavano
perché lui non era in grado di amarle a loro volta... Doveva
imparare ad amare prima se stesso. E con gli occhi lucidi dice a tutta
la classe che lei vuole essere proprio come Derek e che è
tanto ma tanto felice di averlo conosciuto. E lo dice con le parole di
una bambina di sei anni che ha un mondo pieno di speranza nel cuore
nonostante la sua vita sia stata un po’ più
difficile di quella dei suoi compagni, un po’ più
dolorosa. E finisce parlando del suo primo eroe, del suo
papà. Di come rida più spesso da quando Derek
è arrivato nelle loro vite, di come il suo volto diventa
rosso quando gli sorride e di come – anche se credono che lei
non lo veda – quando sono a tavola mangiano mano nella mano.
«Papà,
andiamo fuori al parco?». Stiles guarda fuori dalla finestra
e, nonostante sia tutto il giorno che è nuvoloso, non crede
che pioverà prima che si faccia buio. Però si
è portato del lavoro a casa, è stanco e non ha
neppure pranzato, e non sa davvero dove trovare il tempo per portare la
figlia fuori.
«Facciamo domani, biscottino mio, papà
è stanco».
«Ok…». Alice se ne va a testa bassa,
lasciando Stiles con l’amarezza di aver rattristato il suo
pasticcino. Ma Alice è furba e senza farsi vedere dal padre
gli ruba il telefono e si rifugia nella cameretta, chiudendo la porta a
chiave.
Cerca il numero di Derek e fa partire la chiamata.
«Dimmi, volpino mio». Il licantropo si sente un
idiota per quel nomignolo e Alice comincia a ridere rumorosamente,
facendo spaventare il padre che irrompe nella camera della figlia, e
vergognare Derek che sta già pensando a dove scavarsi la
fossa.
«Alice, con chi stai parlando?». Sblocca lo schermo
e legge il nome di Derek.
«Derek, scusami. Non mi sono accorto che ha rubato il
telefono, spero non ti abbia disturbato troppo…».
Nessuna risposta.
«Derek?».
«Derek! Mi stai facendo preoccupare». Stiles sta
andando in iperventilazione e Alice si gode la scena seduta a gambe
incrociate sul letto.
«Ho risposto chiamandoti volpino mio. Volevo fare una battuta
e prendere in giro i tuoi nomignoli ma ha risposto lei. E io ti ho
chiamato volpino. Volpino! Lo so che abbiamo deciso di aspettare e mi
dispiace davvero, io non so che cosa mi sia preso».
«Ragazzone, calmati. Non è successo
niente».
Stiles scuote la testa sorridendo ed Alice capisce di averla scampata
anche quella volta.
«Perché non passi da noi questa sera,
così capisci di non aver traumatizzato mia figlia a
vita». Ride.
«Ma io voglio andare al parco!».
«Alice, non è il momento». Derek che ha
sentito la conversazione tra padre e figlia interviene.
«Se per te va bene la posso portare io al parco, tanto non
stavo facendo niente di importante». Stiles si chiede per
l’ennesima volta che cosa abbia fatto per meritarsi un uomo
come lui.
«Sicuro?».
«Sicurissimo. Vengo a prenderla tra dieci minuti».
Derek guarda le due file di compiti che deve ancora correggere e sa che
nel week-end dovrà fare nottata per finire per
lunedì.
«Andiamo, peste, scegli qualcosa da indossare». Con
un balzo Alice scende dal letto e va ad abbracciare suo
papà.
«Ti voglio bene».
«Anche io, principessa, anche io».
Alice ci riflette per qualche istante, accarezzandosi il mento con il
pollice.
«E vuoi bene anche a Derek?».
«Cosa?». Stiles sussulta e comincia a camminare
all’indietro, uscendo dalla stanzetta e ritornando in
soggiorno. Alice tuttavia non si dà per vinta e lo segue.
«Allora, papino?».
«Ma che domande sono, vita mia?». Va a sbattere
contro il divano e realizza di essere stato messo alla strette da sua
figlia di sei anni.
Quando Alice e Derek arrivano nell’area giochi, Amy e la
madre li stanno già aspettando sedute su una panchina a
parlare.
«Ciao Amy. Ciao Sarah».
Derek saluta con un cenno della mano e si siede accanto alla donna,
guardando le bambine fare a gara per chi arriva prima alle altalene.
«È bello guardarle giocare», dice la
donna.
«Sì, lo è». Lo è
davvero.
Quando Alice è sicura di essere abbastanza lontana dalle
orecchie indiscrete di Derek prende Amy per una mano e insieme si
rifugiano in cima allo scivolo.
«A papà piace Derek». Amy si porta una
mano davanti alla bocca e sgrana gli occhi azzurri.
«E a Derek piace tuo papà?». Alice
annuisce vigorosamente.
«Sì, però zia Lydia ha detto che hanno
bisogno di una spinta. Secondo te che vuol dire?».
«Che vanno aiutati».
«E come facciamo?», sospirano sconsolate a causa
della mancanza di idee.
Si
sta facendo buio quando Derek e Sarah si alzano dalla panchina e
raggiungono le due bambine che parlano sedute su una panchina poco
lontana dalla loro.
«Andiamo, principessa, è ora di tornare a
casa».
Mano nella mano camminano verso la Camaro. Come al solito Derek
controlla che la bambina si sia allacciata per bene la cintura di
sicurezza e mette in moto la macchina.
Aspettano che Stiles apra loro il portone quando la bambina tira Derek
per la mano, obbligandolo ad abbassarsi alla sua altezza.
«Ma tu credi che mio papà sia bello?
Perché lo è, sai? E non lo dico perché
è mio papà! Lui è tanto bello ed
è molto buono». Derek si morde il labbro inferiore
per trattenersi dal ridare. Alice è talmente seria che se si
sentisse presa in giro in qualche modo se la prenderebbe.
«E non esce mai. Ma proprio mai mai! È sempre con
me o te». Accarezza la guancia della bambina che si allontana
subito come a dire “Non ho finito quindi vedi di non
interrompermi”.
«Tu vuoi bene al mio papà, Derek?». Il
licantropo non si fa trovare impreparato e risponde più
sincero che mai.
«Sì, pasticcino. E voglio tanto bene anche a
te». Perché, nonostante tutti i problemi, Derek ha
le idee chiare.
«Vi muovete a salire?». La voce di Stiles che si
diffonde dal citofono spaventa i due che sussultano per scoppiare a
ridere il secondo dopo.
Stanno
mangiando tutti insieme – Stiles ha cucinato il pollo al
forno – e non potrebbero essere più felici di
così. Stiles è seduto a capotavola tra Derek alla
sua destra ed Alice alla sua sinistra.
«Tesoruccio, che ne dici se te la taglia papà la
carne? Stai facendo un pastrocchio».
«Faccio io. Sono grande». Stiles alza le mani in
segno di resa.
«È inutile che ti lamenti, ha preso tutto da
te». È la risposta di Derek alla muta esclamazione
di Stiles.
«Non mi piace questa cosa che vi siete alleati contro di
me». Alice ride coinvolgendo anche i due uomini.
«Papà!». Stiles si chiede se anche la
sua voce sia tanto squillante.
«Ti ricordi quella ragazza bionda con cui uscivi?».
A Stiles quasi non va di traverso l’acqua.
«Non mi piaceva», continua Alice masticando
lentamente un pezzo di carne.
«Derek invece mi piace. Derek è bello».
Questa volta a rischiare di soffocare è proprio il
licantropo.
Dopo
aver finito di mangiare Stiles e Alice si sono rifugiati in soggiorno
davanti alla tv, mentre a Derek è toccato sparecchiare la
tavola e pulire i piatti sporchi. Sta passando
l’aspirapolvere quando sente il telefono di Stiles squillare.
«Il cellulare», urla cercando di scavalcare il
rumore dell’apparecchio.
«Non ho il tuo udito ma non sono ancora diventato
sordo».
Alice si stende sul divano posando la testa sulla coscia del padre con
un sorriso di vittoria sul volto paffuto.
«Sì… Non è troppo
tardi?».
Derek mette l’aspirapolvere al suo posto e raggiunge i due.
«Capisco. Sì, se per lei va bene direi che va bene
anche per me».
Il licantropo aggrotta le sopracciglia senza capire che cosa stia
succedendo e perché il cuore di Alice batte un po’
più velocemente del normale.
«Passa lei? Perfetto!».
Chiude la telefonata e rimane per circa trenta secondi a fissare lo
schermo ormai nero senza capire che cosa sia successo.
«Cioccolatino mio, ma tu vuoi andare a casa di
Amy?».
«Se proprio ci tieni…». Si alza
velocemente e corre verso la propria camera da letto. Esce qualche
secondo dopo con una borsa nella mano che si era premurata di preparare
già da prima.
«Ci sono i cambi qua dentro». Stiles si batte una
mano contro la fronte. È proprio sua figlia.
«Mia
figlia mi farà impazzire». Stiles sospira
sconsolato e Derek ridacchia.
Sono sul divano, abbracciati l’uno all’altro mentre
la televisione è messa sul muto. Derek ha la testa posata
sulla spalla di Stiles e gli strofina il naso sul collo.
«Smettila di sniffarmi, Sourwolf».
«E se faccio così?». Derek lo dice con
tono malizioso, lasciando scorrere la lingua da dietro
l’orecchio fino alla clavicola, per poi fare il percorso
inverso e mordergli il lobo dell’orecchio. Stiles non riesce
a trattenere un gemito.
«Dico che puoi continuare». Sospira.
«Uhm…». Derek gli lascia una scia di
baci bagnati arrivando ad abbassargli la maglietta e percorrendo con la
punta della lingua i nei che costellano il petto di Stiles.
«Derek…».
Stiles gli tira i capelli e solleva il suo volto alla sua altezza e lo
bacia. È un bacio che sa di finalmente,
di casa e di passione. Afferra il bordo della maglietta di Derek e
gliela toglie, lasciando scoperto il petto scolpito
dell’altro e divorandolo con gli occhi carichi di desiderio.
«Andiamo in camera». Derek glielo sussurra
all’orecchio.
In risposta Stiles si alza in piedi portando l’altro a far lo
stesso. Avvolge il collo dell’altro con le mani e allaccia le
gambe intorno alla sua vita.
Da qui diventa tutto impetuoso: i vestiti volano, le labbra si
incontrano e dei gemiti riempiono la stanza.
Ora sono entrambi nudi sul letto, Stiles sopra Derek con la fronte
premuta contro quella dell’altro.
«Fai l’amore con me». Stiles lo sussurra
piano, come se avesse paura di rompere la magia.
«E tu… fai l’amore con me?».
Derek glielo chiede con voce tremante, carica di emozione. La sua
è una richiesta di amore, e Stiles lo sa. Il minore annuisce
e congiunge le loro labbra in nuovo bacio.
§§§
Sarah
guarda la bambina un’ultima volta prima di suonare il
campanello, aspettando che il padre di Alice le venga ad aprire. Ha
promesso a Stiles che sarebbe andata lei a prenderla da scuola
– quel giorno Amy ha il dentista che si trova nelle vicinanze
della casa di Stiles – però adesso, vedendo il
faccino triste della piccola, un po’ se ne pente
perché non sa proprio come aiutarla.
Derek sente l’odore di Alice quando è sulle scale
e apre la porta prima ancora che la madre di Amy suoni il campanello.
La donna lo guarda perplessa così come Stiles che si
è affacciato dietro di lui.
«Sarah, grazie per averla portata tu».
«Figurati. Tanto dovevo passare di qui». La donna
sorride gentile. «Ora vado oppure rischiamo di arrivare tardi
all’appuntamento».
«Certo, grazie ancora».
«Arrivederci». Derek lo dice con gli occhi puntati
su Alice.
La donna sorride un’altra volta e esce dal condominio.
«Muffin, come è andata oggi?». Stiles va
ad abbracciare la figlia e a darle un bacio, ma la bambina non
risponde. «Tesoro, che succede?». Stiles si volta
preoccupato verso Derek.
Derek non ha ancora detto nulla, troppo concentrato sul forte odore di
tristezza e dolore proveniente dalla bambina. Le vacanze estive sono
finite da poco e Alice ha riniziato la scuola da tre settimane: in
tutto questo tempo non ha mai sentito questo insopportabile tanfo di
tristezza proveniente da lei, non prima di oggi.
Si abbassa all’altezza di Alice, ora seduta sul divano.
«Io…». Non riesce a continuare la frase
a causa dei lacrimoni che sgorgano e dei singhiozzi che le stanno
percuotendo la gabbia toracica.
«Tesoro! Che succede?». Stiles è preso
dal panico così come Derek. Non ha mai visto la sua bambina
piangere così, come se le facesse male dentro e dovesse
buttare il suo dolore fuori, ma anche questo faceva male.
Derek sente una sofferenza devastante e il suo lupo sta uggiolando, sta
graffiando dentro di lui provando a uscire.
«Principessa, cosa c’è? A noi puoi
dirlo, lo sai». Derek sta cercando di mantenere un tono di
voce fermo, ma è dannatamente difficile farlo quando la sua
piccolina non riesce a frenare le lacrime e lui non riesce nemmeno ad
aiutarla.
Stiles la abbraccia forte, lasciandola sfogare i singhiozzi
aggrappandosi a lui, mentre Derek le stringe le mani.
«I-Io… Oggi…». Ci sta
provando a parlare ma fa così male.
«Piccola, calmati. Ci siamo noi con te».
«Siamo qui con te e non ti lasciamo».
La bambina si lascia calmare lentamente dai due uomini.
«Oggi a scuola… la maestra ci ha detto di
disegnare la nostra famiglia». Alice inizia e i due uomini
sussultano. «Tu-utti hanno disegnato i loro genitori, i
fratelli, le sorelle… Io-io ho disegnato me e
papà e loro non capiscono perché non ho la mamma
e mi hanno presa in giro. Dicono che sono strana e parlano male di
papà. Io non voglio che parlino male del mio
papà, nessuno può parlare male del mio
papà». La bambina tira sul con il naso.
«Loro dicono cose brutte e quando ho detto che non ho bisogno
della mamma c-che papà è il migliore
loro… loro si sono messi a ridere». I singhiozzi
la stanno percuotendo di nuovo. «Dicono che la mia m-mamma se
ne è andata perché non mi vuole bene e
perché sono cattiva». Soffoca un singulto sulla
maglia di Stiles. «Io ho d-detto che non importa, che
papà mi vuole tanto bene ma loro non hanno voluto capire e
si sonno messi a r-ridere. E sono cattivi». Sta stringendo la
mano di Derek convulsamente. «Io-io… ho detto che
non importa avere per forza una mamma, che io ho tante persone che mi
vogliono bene ma… ma loro hanno continuato a ridere. Sono
cattivi… sono cattivi…».
La bambina è stremata dal pianto, è scossa dai
singhiozzi e tutto il suo intero corpicino trema. E Derek,
semplicemente, sente di non farcela. Avrebbe voglia di urlare,
ringhiare alla luna e trasformarsi. Vorrebbe correre nel basco fino a
non avere più fiato e poi accovacciarsi ai piedi del
Nemeton. Non si è mai sentito così impotente in
vita sua e non riesce a spiegarsi come faccia Stiles a mostrarsi
così calmo nonostante dentro stia ardendo di rabbia.
Lasciando padre e figlia abbracciati Derek si alza ed esce
dall’appartamento senza guardarsi indietro, con
l’immagine degli occhi rossi di Alice nella mente e con la
consapevolezza che non li dimenticherà mai.
«Tornerò», mima a Stiles prima di
chiudersi la porta alle spalle.
Quando sciolgono l’abbraccio Derek se ne è andato.
«Tesoro, perché non ci facciamo un bagnetto
così ti calmi un pochino?». Alice tira su con il
naso e risponde che non vuole farsi il bagno.
«Voglio
andare a letto. E voglio che tu mi abbracci forte forte». Le
lacrime si riuniscono al mento e si infrangono sulla sua maglietta
rosa.
«Papà!».
Il mento le trema e si butta nuovamente tra le braccia del padre,
aggrappandosi al suo collo come se fosse la sua unica salvezza.
Quando
ha avuto per la prima volta Alice tra le braccia Stiles ha fatto una
promessa. Ha giurato che sarebbe stato di roccia, che avrebbe lottato
con le unghie e con i denti per la sua piccolina… Ma adesso,
adesso che l’amore della sua vita si è spezzato e
lui è incapace di farla sentire meglio, Stiles sente di aver
fallito.
Passano
l’intero pomeriggio nel letto del padre a parlare e a farsi
le coccole, a mangiare e a guardare cartoni animati. Adesso che Alice
si è calmata ha notato l’assenza di Derek ma non
chiede niente al padre per paura che le risponda che se ne è
andato per colpa sua.
È ora di cena e Derek non solo non è tornato ma
non risponde neppure alle chiamate di Stiles.
«Tornerà», dice al padre
mentre lo osserva rigirarsi il telefono tra le mani.
«Sì, tornerà». E Stiles lo
spera davvero perché questa volta non riuscirebbe a
sopravvivere senza Derek.
Il mattino dopo Stiles acconsente a non mandare Alice a scuola
perché ancora non se la sente di ritornare. E come potrebbe
biasimarla? Lui stesso ha paura che non riuscirebbe a mantenere la
calma se si ritrovasse davanti quei marmocchi che hanno ferito la sua
bambina.
Verso metà pomeriggio Alice sente di non farcela
più e scoppia nuovamente, rifugiandosi ancora una volta tra
le braccia calorose di Stiles.
«Mi dispiace, papà».
«Pasticcino mio, che cosa stai dicendo». Stiles
è preoccupato e perciò ha la mente un
po’ annebbiata – lo ammette – ma non
riesce a capire che cosa stia passando nella mente della sua bambina.
«Derek non torna per colpa mia, perché ho pianto e
a lui non piacciono le bambine che piangono». Stiles sorride
dolcemente baciando la fronte della sua piccolina. Vorrebbe dirle di
stare tranquilla, che Derek non le lascerebbe mai, ma a questo punto
non sa che cosa pensare.
«E io non voglio stare senza Derek, gli voglio
bene». Scoppia a piangere come il giorno prima, singhiozzando
contro la maglietta ormai bagnata di Stiles.
«Non piangere, biscottino…».
Il loro momento viene interrotto dal suono del campanello. Con ancora
Alice tra le braccia Stiles apre la porta, trovandosi di fronte Derek
che li guarda imbarazzato.
I due sgranano gli occhi alla visione di un Derek perfettamente
pettinato e vestito più elegante che mai. Sta indossando dei
pantaloni neri, la camicia bianca leggermente aperta sul petto e
persino una giacca lasciata tuttavia sbottonata.
“È bellissimo” è il pensiero
di Alice e Stiles che non riescono a distogliere lo sguardo dalla
figura dell’uomo.
«Falla scendere». Stiles obbedisce e si allontana
di qualche passo dalla piccola.
Derek si inginocchia ai piedi della bambina che lo guarda a bocca
aperta senza capire che cosa stia succedendo. Fino a pochi attimi prima
piangeva tra le braccia del padre chiedendosi perché mai
Derek non fosse tornato da loro e adesso l’uomo le aveva
preso la mano e se la era portata alle labbra, baciandola.
«Non sono mai stato bravo con le parole e ho sempre avuto
difficoltà a dire quello che sento ma tu, amore mio,
appartieni a me sin da quando ti ho visto la prima volta». La
voce gli trema e gli occhi di Alice si riempiono nuovamente di lacrime.
«Se ti sentirai mai debole, se ti sentirai mai triste ricorda
che puoi sempre – sempre – contare su di me
perché ci sarò a sorreggerti e ad aiutarti ad
andare avanti ogni volta che ne avrai bisogno. E ti posso giurare che
questo non cambierà mai e che nessuno si metterà
tra me e te... Non ascoltare quello che ti dicono i bambini a scuola ma
guarda nel tuo cuore e dimmi cosa provi. Non guardar al passato e non
pensare a quello che non hai avuto perché, amore mio, non
importa da dove provieni ma dove appartieni. E tu, angelo mio, sei
circondata da così tanto amore che non devi mai –
mai – credere di essere sola. Ti sentirai persa e ti
sembrerà di non trovare il tuo posto nel mondo ma non devi
temere perché anche quando sbaglierai avrai sempre il mio
amore, sarò sempre qui per te perché tu mi
appartieni e io ti appartengo. Tu sei la mia casa e io vorrei essere la
tua». Porta la mano libera nella tasca della giacca e tira
fuori un cofanetto di velluto che apre con le dita di una mano.
«Perciò, Alice Stilinksi, vuoi essere mia figlia
per sempre?».
Alice lo sta guardando a bocca aperta, gli occhi spalancati e lucidi.
Derek la sta guardando in attesa; sul volto traspare la sua ansia.
Alice si riscuote e guarda il suo Derek, inginocchiato e con un anello
in una mano.
«Sì». Lo sussurra con la voce spezzata
dall’emozione.
Derek estrae l’anello dal cofanetto e fa scivolare il
cerchietto d’oro sull’anulare sinistro e le bacia
la mano.
Alice non riesce più a trattenersi e gli getta le braccia al
collo. Derek la avvolge, stringendola forte a sé e
inspirando il suo odore. L’odore di casa, di famiglia, del
posto a cui appartiene.
«Aspettami qui, non te ne andare». La bambina si
alza e corre verso la sua camera.
Stiles è rimasto appoggiato alla porta di casa e guarda
Derek con le lacrime agli occhi. E solo allora Derek si fa prendere dal
panico. Aveva pianificato tutto ma non aveva avvertito
l’altra persona che era la sua famiglia, e ora aveva paura di
aver sbagliato e di aver rovinato tutto.
«Stiles, io… lo so che avrei dovuto avvertirti,
avrei dovuto chiedere il tuo permesso… Dovevamo parlarne
insieme prima. Io…».
«Zitto». Stiles si avvicina e prende il volto di
Derek tra le sue mani. «Ti amo». Derek sgrana gli
occhi. «Ti amo perché guardi i cartoni con noi, ti
amo perché ti prendi cura di noi, ti amo perché
mi fai sentire amato e perché mi hai ridato una famiglia. Ti
amo perché ami mia figlia, ti amo perché le
ragioni per amarti sono troppe». Congiunge le loro fronti.
«Ti amo e basta. Perché è giusto
così». Si stanno guardando con gli occhi lucidi,
incapaci di trattenere le emozioni che li stanno travolgendo.
«Ti amo anch’io». Si scambiano un bacio
carico di lacrime, che sa di appartenenza.
Alice li trova così quando ritorna in salotto.
«Papà, Derek». La bambina fa segno di
voler essere presa in braccio e Derek la solleva, mentre Stiles avvolge
un braccio intorno a Derek abbracciando la sua famiglia.
«Mi aiutate a fare un disegno?». Alice mostra
l’album da disegno nelle sue mani e le matite.
«Voglio disegnare papà, Derek e me. Voglio
disegnare la nostra famiglia».
I due uomini annuiscono con gli occhi lucidi.
Vanno a disegnare la loro famiglia.
Sourwolf&Volpino:
Salve
a tutti!
Eccoci qui con una nuova storia che spero vi sia piaciuta,
noi ci siamo divertite molto a scriverla.
L'idea ci è venuta leggendo un articolo in cui un uomo
ha fatto la stessa proposta alla figlia della compagna durante il loro
matrimonio.
E niente, ci siamo commosse e abbiamo pensato a come
sarebbe stata una Sterek di questo tipo.
Poi, come avete notato, questa volta non è una text!fic
come le nostre precedenti storie e io ho tanta
ansia perché è la prima volta che scrivo qualcosa
di interamente narrato seppure in compagnia...
(potete pure incolpare Alina dato che sa come farmi il lavaggio del
cervello xD)
Spero che Alice vi sia piaciuta, noi l'abbiamo amata, è la
nostra piccolina <3
Se vi piacciono le parent!Sterek vi consiglio di leggerne una
bellissima
scritta da Alina_95, Don't leave me behind.
Sono sicura che anche voi non riuscirete a resistere a Claire *^*
Non mi resta che salutarvi e ringraziarvi per aver letto!
Stranger
L’abbiamo fatto davvero? Oddio non ci credo!
Scherzi a parte, non ci aspettavamo che la storia
diventasse
ed
è anche per questo che ci abbiamo messo molto più
del previsto a finirla! Doveva essere una cosa breve di al massim
cinque mila parole ma ne sono diventate 20.000…
Spero
che nonostante la lunghezza vi sia piaciuta lo stesso xD
Poi, come credo
avrete già notate, mancano quasi del tutto i personaggi
secondari
perché abbiamo preferito concentrarci sul rapporto tra Derek
e Alice
che è l’asse portante della nostra
storia.
Grazie
di cuore a chiunque l’abbia letta!
Aspetto di leggere i
vostri pareri ;)
Alina_95
Storia non betata (siamo troppo stanche ora)
però promettiamo che domani sera troverete la storia
controllata.
Abbiamo in programma una long che probabilmente pubblicheremo a marzo.
La storia è tutta nella nostra testa, purtroppo ci manca il
tempo di scriverla,
essendo una storia anche abbastanza lunga. Se ci fosse un sistema che
ci permettesse di mettere su carta tutte le storie che pensiamo sarebbe
tutto moooolto più semplice u.u
Quindi, causa mancanza di tempo tra università e esami,
molto probabilmente non scriveremo nulla prima della long.
Non ci resta che ringraziare chiunque abbia letto!
Sterlocked