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Autore: ElderClaud    18/05/2009    5 recensioni
"C'era qualcosa di sbagliato nella voce del suo assistente, qualcosa di femmineo e di strafottente che alle sue orecchie era totalmente alieno. Qualcosa di decisamente assurdo che, a meno che Tesla non si fosse fatto tagliare l'uccello, lo fece sussultare in modo grave e rizzare a sedere con gesto fulmineo. Facendo cigolare paurosamente le molle arrugginite. Quello che aveva di fronte non era Tesla, quello che aveva di fronte era semplicemente una lei."
presenza di crack pairing, se non vi piace astenetevi [Nnoitra-Rukia]
Genere: Generale, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Nnoitra Jilga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Raining Stones'
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Dopo la oneshot “Gentilezza”, ritorno con il seguito di tale shot (rimanendo comunque, un'opera a se stante. Non mi va di creare un'altra raccolta).
Ci saranno altri seguiti ma tutti pubblicati in modo separati con protagoniste coppie crack (come in questo clamoroso caso) e anche “canon” (perché di canon non c'è nulla se non quello confermato dall'autore).
Come ultimo perdonatemi nel caso sia caduta un po' in ooc con i personaggi! È da poco che seguo il fandom e vado a rilento a leggermi i capitoli del manga.
Mi baso su ciò che so ecco.
Comunque ora vi lascio alla lettura! Lasciate un commento please!


• { Temperanza




Se la chiave del successo fosse stata nella perseveranza più assoluta, allora Nnoitra Jilga avrebbe fallito in tutti i sensi.
Se avesse avuto al mondo genitori premurosi, avrebbe sicuramente deluso le loro aspettative. E se avesse avuto una moglie fedele, l'avrebbe sicuramente fatta sentire disonorata.
Costringendola quindi a cercarsi di meglio.

Non era affatto un uomo paziente ed era sempre propenso, quasi geneticamente si potrebbe dire, a mettersi nei casini più assoluti.
Mai un gesto gentile verso il prossimo, mai un pensiero positivo che non fosse intriso di malizia assoluta. Mai qualcosa che lo portasse a sorridere con sincerità e non a pensare a squallidi retroscena che alle volte risultavano persino imbarazzanti.
Solo assoluta disperazione per lui, e una strana voglia di autodistruggersi.
Con un matrimonio fallito alle spalle, e un lavoro che lui reputava di merda, non era difficile trovarlo quasi ogni mattina totalmente fatto di alcool e a pancia in giù su di un letto che sembrava quasi una brandina da camerata.
Il suo bilocale non conosceva l'ordine e l'igiene più elementare che esistesse al mondo, chiazze dei più svariati liquori deturpavano la moquette color panna rendendola molto simile al vello di un bue, e sotto i mobili gli scarafaggi facevano festa con gli avanzi di pasti andati da male.
E ora lui, l'allampanato direttore del reparto controlli di quella-cazzo-di-industria-farmaceutica, si ritrovava a borbottare mezzo ubriaco al cuscino che senza obbiettare accoglieva il suo maligno volto.
Le lunghe braccia del proprietario di quella fogna di appartamento erano lasciate libere e distese giù per le sponde del vecchio materasso, talmente lunghe che a momenti toccavano terra.
Una terra piena di bottiglie vuote o in parte tali proprio come il cristallino contenitore che teneva mollemente stretto tra le dita della mano destra.
Totalmente incurante del fatto che la bottiglia potesse cascare o meno dalla sua fragile presa.
Tanto era così ogni sua fottuta giornata della sua vita da quando quella troia della sua ex collega (e moglie) Neliel Tu Oderschvank gli aveva fatto il culo prima divorziando e non permettendogli di vedere – o quasi – la loro unica figlia, e poi denunciandolo per molestie sessuali sul lavoro.
La sua unica consolazione a quel punto fu di ritrovarsi con uno stagista/zerbino che oltre a non insegnarli un cazzo, gli faceva pure fare il lavoro da maggiordomo. E quello che ubbidiva tenendogli pulita casa, facendogli la spesa e occupandosi anche della figlia.
Gli dava i soldi necessari e poi gli diceva di portarla al parco o da qualche altra parte, perché meno conosceva il padre, meglio era per la sua vita.

E ora che ci pensava attentamente, nella sua mente offuscata dal troppo vino, quel coglione di Tesla era pure in ritardo.
Perchè quel cretino non era lì per svegliarlo, preparargli il caffè e aiutarlo a rendersi presentabile prima di andare al lavoro? Si era forse dimenticato chi gli dava i soldi?Che si fotta anche lui!
Tuttavia appena pronunciati quei pensieri malvagi, ecco che dalla porta di casa giunse il suono di un campanello. Il suo campanello per l'esattezza.
Stridulo e nervoso quanto lui.
E quel dannato suono lo fece a dir poco imbestialire, sul proprio letto sporco si ritrovò dapprima a mugugnare e poi a emettere suoni sempre più aggressivi impastati quanto i suoi lunghi capelli neri scompigliati. Un suono animalesco che ebbe infine la forma concreta quando alzò il volto da quel cuscino per indirizzarlo verso la fonte del suono continuo.
“Tesla! Porca puttana ce le hai le chiavi! Piantala di suonare!”
il suo tono roco ma stentoreo sembrò per un primo momento avere avuto l'effetto desiderato.
Con il suono cessato di colpo come se il deficiente oltre la porta avesse capito cosa dovesse fare.
L'unico occhio buono di Jilga, cioè il destro, sembrò finalmente rilassarsi al fatto di aver avuto la meglio sul proprio zerbino umano. Tuttavia senza neanche farlo apposta, ecco che quel maledetto campanello ritornò a suonare furiosamente e più di prima, facendo impazzire ulteriormente il disperato proprietario.
E questa volta Nnoitra non si limitò solo ad alzare la testa da quel provato cuscino, ma lasciando definitivamente cadere la bottiglia a terra, portò entrambi i gomiti sul materasso facendo poi leva su essi per rizzarsi un poco in piedi.
Quel bastardo aveva perso le chiavi non c'era altra spiegazione.
“Sotto lo zerbino Teslaah!”
la voce gli fuoriuscì così malvagia che persino i vetri delle finestre tremarono. Non aveva voglia di storie quella mattina, così come tutte le mattine successive, ma il fatto che il proprio sottoposto avesse smarrito le chiavi di casa, era una grossa mancanza di rispetto.
A quell'ennesimo urlo alla fine, il suono isterico del campanello finalmente cessò, e si sentì poi poco dopo quello di una serratura che lentamente si apriva. Per qualsiasi evenienza per fortuna, c'era sempre una chiave di scorta.
Vaffanculo – pensò – finalmente quel coglione aveva capito!
Trasse un profondo sospiro di sollievo lasciandosi letteralmente cadere sul letto, facendo così cigolare rumorosamente le molle che lo sorreggevano e mugugnando per il dolore alle tempie sopraggiunto inevitabilmente dopo lo sforzo dell'urlo.
Tuttavia provò vero sollievo quando la porta d'ingresso di casa si chiuse con un suono sordo oltre le spalle del nuovo venuto.
Rigirandosi stancamente su se stesso, Nnoitra si rilassò ulteriormente mentre si massaggiava l'attaccatura del naso con l'indice e il pollice oltre che rimuginare su che insulto utilizzare contro il proprio stagista.
“Dai Tesla! Vieni qui a darmi una mano a svegliarmi se non vuoi che ti spacchi il culo...”
il suo era poco più di un flebile borbottio, ma l'ospite distratto sentì tutto chiaramente e rispose di conseguenza.

“Gradirei farne a meno almeno per il primo giorno. Anche perché non mi hanno pagato per quello”

C'era qualcosa di sbagliato nella voce del suo assistente, qualcosa di femmineo e di strafottente che alle sue orecchie era totalmente alieno.
Qualcosa di decisamente assurdo che, a meno che Tesla non si fosse fatto tagliare l'uccello, lo fece sussultare in modo grave e rizzare a sedere con gesto fulmineo. Facendo cigolare paurosamente le molle arrugginite.

Quello che aveva di fronte non era Tesla, quello che aveva di fronte era semplicemente una lei.
Una lei in miniatura, ma dallo sguardo deciso e un po' critico. Il suo unico occhio buono velato di stanchezza cercò di metterla a fuoco cercando di capire se era una allucinazione o meno, ma da come quella bimbetta lo stava squadrando con fare quasi cinico, non era una illusione.
“Tu chi... Cazzo...?!”
La sua domanda avrebbe dovuto essere una specie di “tu chi sei?”, ma per fortuna la presunta ragazzina l'aveva capito alla perfezione.
E lo sguardo della giovane nel suo fare critico parlava chiaro, era già ora delusa della presenza malmessa del suo futuro superiore.
“Mi presento signore, sono Rukia Kuchiki – accennò persino un inchino d'altri tempi sotto lo sguardo perplesso dell'uomo e poi continuò – e a partire da oggi secondo gli ordini di Sosuke Aizen sarò la vostra nuova assistente”
La dichiarazione della giovane avvolta in un taglieur apparentemente troppo largo per il suo corpicino non aiutò più di tanto con lo sciogliersi del ghiaccio. Ma anzi, il suo futuro capo pareva essere decisamente più perplesso di prima.
Quello che però la giovane non si aspettava, era che l'uomo seminudo che aveva davanti si mettesse d'improvviso a sghignazzare con gusto a quella sua affermazione.
Ma se la giovane Kuchiki si aspettava che quella fosse una risata per rompere il ghiaccio, sarebbe rimasta fortemente delusa. E per sua fortuna capì che quel tipo non aveva capito un accidente.
“Davvero divertente tesoro! Suppongo che in direzione siano in vena di fare scherzi come al solito...”
la testardaggine di chi non è propenso ad accettare cambiamenti se non è lui ad attuarli non aveva limiti. Lo sapeva bene lei che era costretta a vivere con coinquilini della medesima pasta.
“Non sto scherzando signore – calcò in modo velato sulla parola signore mentre estraeva dalla giacca il suo tesserino di riconoscimento per mostrarglielo - è stato tutto spiegato alla riunione di ieri sera da Aizen in persona alla quale... Suppongo che lei non abbia partecipato”
lo sguardo della giovane cadde brevemente sulle molte bottiglie sparse e sull'aspetto in generale di colui che avrebbe dovuto servire.
Senza neanche farlo apposta notò che sul petto dell'uomo vi era pure una lunga cicatrice che dalla spalla sinistra terminava il suo tortuoso viaggio sino all'ombelico. Solo molto più avanti avrebbe scoperto come si era procurato quella brutta cicatrice, ma per ora era solo una risposta spiccia oppure semplicemente ignorarne l'esistenza.
Tornando comunque allo sguardo sempre più indecifrabile del suo superiore, notò anche un velato imbarazzo quando venne scoperto il perché non fosse stato alla riunione. L'alcool era una ebrezza migliore.
Riunione importante tra l'altro, e anche se lui se ne stava zitto, voleva saperne più in dettaglio. Il suo occhio diceva chiaramente “parla brutta stronza” e quindi era lecito dare più spiegazioni.
Quel viscido di Gin, oltre a darle l'indirizzo di casa di Jilga sospettando che non si sarebbe presentato in ufficio, l'aveva avvisata su che razza di persona fosse. Ridendo sotto i baffi pensando a cosa potesse succederle.
“So che il vostro primo stagista era un certo Tesla von Becker, ma da quello che so ora è passato ai servizi di Halibel sama che... - si fermò d'improvviso e le parole quasi le morirono in gola vedendo la follia omicida nel volto di Jilga - …Ha insistito tanto per avere uno stagista migliore” concluse infine.
Notando quanta rabbia stesse montando in lui.
Guardandolo perplessa e imbarazzata, solo ora si era resa conto che non aveva usato il “tatto” che le avevano insegnato in accademia.
Oh... al diavolo! Il danno è fatto.

La reazione di Jilga comunque, fu abbastanza comprensibile. Le avevano detto che era un mezzo psicopatico nonché pervertito, ma quello che vide a momenti la pietrificò.
Egli infatti si alzò in piedi di scatto, rivelando quanto alto fosse, e con pugno rabbioso colpì il muro più prossimo crepandone lo stucco.
“Porca puttana!” gridò a pieni polmoni lui. Con assoluta malvagità.
Malvagità che colpì anche lei dal momento che lentamente lo sguardo folle di lui si posò sulla sua mite figura.
L'occhio buono si rivelò quando lentamente girò la testa verso la giovane donna muovendo così il suo sudario di capelli neri.
Non doveva farsi intimorire, e anzi, doveva tirare fuori le palle e darsi da fare. Anche se non ebbe il tempo di consolarlo dato che si mise a parlare per primo.
“Ma tu guarda che stronzi! Mettermelo al culo senza dirmi niente...!”
Veramente lo hanno fatto pubblicamente con tanto di invito, pensò la giovane Kuchiki, ma lo lasciò finire di parlare.
“E poi chi mi appioppano? Una dannatissima femmina in miniatura fresca di accademia e per giunta senza tette! Dove le hai lasciate eh?? Nell'armadio?!”

Quella affermazione, benché fosse vera, perché in un armadio ci viveva dato che non vi erano camere a sufficienza dove attualmente viveva, era oltremodo oltraggiosa!
Se fino a quel momento la giovane Rukia era stata anche comprensiva verso il comportamento di quello squallido individuo, il fatto che si umiliasse la sua gracile figura era seccante. Nonché denigrante ovvio.
Tralasciando quindi il protocollo e tutte le cazzate varie riguardanti il zerbinaggio vario, decise di mostrare di che pasta era fatta nonostante l'altezza ridotta.
“Beh signore – iniziò lei con sguardo risoluto e con tono deciso – sono spiacente di non corrispondere alla vostra ideologia di donna perfetta...”
Calcò con molta ironia le ultime due parole e poi continuò ancora a parlare notando il volto perplesso del superiore. Ora non più sconvolto di ira funesta.
“Però vede, almeno le mie tette so dove le ho riposte... ma per quanto riguarda il vostro occhio, devo chiedere alla vostra ex moglie per caso? Anche se ad essere sinceri, mi è giunta pure la voce che voi abbiate smarrito qualcos'altro di sferico a sud dell'equatore...”
la donna si gustò appieno l'espressione di Nnoitra farsi sempre più shoccata e sbiancare di netto a quell'ultima frase che forse era di dominio strettamente personale. Anzi, senza il forse, lo era eccome.

Un patto segreto tra lui e la ex moglie che non andava riferito a nessuno!
Merda, merda, merda!
Ok per l'occhio, quello era visibile a tutti e quindi potevi mentire su come lo avessi perso...
ma per quel suo povero testicolo in meno potevi solo tacere e basta. E Cristo, come faceva quella tappa a saperlo?
Stai a vedere che...

“Di un po' nanetta – iniziò dopo un mezzo minuto buono la parte offesa di questa storia – non è che per caso tu hai fatto un paio di chiacchiere con quella vacca della mia ex?”
era un po' scettico e il suo perenne ghigno era incurvato quasi quanto quello di una maschera teatrale.
Il sorriso di Rukia invece, era perfettamente sincero e velatamente ironico.
“Diciamo che abbiamo preso un caffè assieme...”
E con esso anche alcune dritte da utilizzare con lui. La giovane infatti, non era affatto una stupida. Ne una sprovveduta.
E la condanna di Jilga, ormai lo aveva capito, era di avere appresso sempre un poliziotto in gonnella.
“Donne... Voi siete la mia disperazione!” sbuffò infine il proprietario di quella tana per topi. E pensare che era così realizzato nell'avere appresso un lecchino come Tesla... ma a quanto pare tanto coglione non era dato che è andato tra le tette giganti di Halibel.
Ora gli toccava avere tra le scatole un'altra donna esigente e intransigente. Che i suoi superiori lo facessero apposta per vederlo in difficoltà?
“Ad ogni modo signore... Sarebbe bene prepararsi dal momento che siamo decisamente in ritardo”
il tono della “nana” non era cambiato affatto mentre estraeva sempre dalla medesima giacca un palmare con tanto di pennina. Lo scruta un attimo osservando il suo aspetto un po' vissuto.
“Le fisso un appuntamento con il coiffeur e poi avviso la tintoria di... - osservò un taglieur ormai datato appoggiato ad una sedia - …Dare una sistemata a quell'affare. Per fortuna abbiamo anche il tempo di fermarci in boutique a prelevarne uno migliore...”
Quella tizia stava parlando a raffica e la cosa quasi lo sconvolse. Ma chi era il capo? Lui o lei?
“Ehi frena stella vacci piano! Una doccia e una lavatrice vanno più che bene per la mia...”
“Immagine?” concluse quella strappandogli letteralmente le parole di bocca.
Rendendolo più irritante nelle parole successive. Perchè quella parola detta da lei con quasi tetra ironia, era un chiaro riferimento a tutta la sua vita.
“Alla mia persona...” concluse infine, sibilandolo con aggressività a due centimetri dal volto impassibile di lei.
Dovette piegarsi per poterla guardare dritta negli occhi. Occhi che non cambiavano il loro giudizio decisi come non mai ad avere la meglio.
“C'è da lavorare anche su quella signore...”

Nulla da fare per Jilga, la sua vita sarebbe sempre stata una corsa disperata verso l'autodistruzione con qualsiasi creatura che avesse avuto accanto. Qualsiasi persona alla fine avrebbe ceduto alle sue manie e frustrazioni e lo avrebbe lasciato a marcire da solo, ma tuttavia Nnoitra non conosceva ancora Rukia Kuchiki.
E presto si sarebbe accorto che quella ragazzina non avrebbe ceduto così facilmente alla sua disperazione.
A costo di programmargli l'intera esistenza con un palmare, avrebbe fatto del suo lavoro un esempio eloquente.

“Andiamo signore, sbrighiamoci ad uscire visto che ho avvisato per tempo una impresa di pulizie per pulirle casa...”


A partire da subito.


Continua...

   
 
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