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Autore: lady lina 77    04/12/2016    0 recensioni
Cosa sarebbe successo se Demelza, dopo il tradimento di Ross, se ne fosse andata di casa?
Dopo la lite furiosa fra i due in cui ha rovesciato ogni cosa dal tavolo, urlando al marito tutta la sua rabbia, Demelza decide che non ha più senso rimanere a Nampara, con un uomo che non la desidera più e che sogna una vita con un'altra donna.
Prende Jeremy e Garrick, parte per Londra e fa perdere le sue tracce al marito, ricominciando una nuova vita lontana da lui e dalla Cornovaglia.
Come vivrà? E come la prenderà Ross quando, al suo ritorno da Truro, non la troverà più a casa?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I lavori di ristrutturazione procedevano speditamente. Grazie alla moltitudine di operai che gli aveva inviato Caroline a pulire, rassettare, riordinare, rimodernare e riarredare gli ambienti dell'attività e dell'appartamento, nel giro di poche settimane la locanda aveva ripreso vita.

Il tempo, ormai votato alla primavera e al bello, era stato clemente e con poca pioggia, il che aveva aiutato non poco il procedere spedito dei lavori.

"Se va avanti così Demelza, fra meno di un mese potremo aprire ufficialmente, di nuovo, questo posto".

Demelza sorrise. Caroline veniva spesso a controllare il procedere della ristrutturazione e ormai la considerava un'amica. La guardò, affascinata dalla sua rara bellezza, da quei capelli così biondi raccolti in raffinati boccoli, dai suoi occhi azzurri come il ghiaccio e dal suo portamento così elegante, raffinato, impreziosito da un fisico snello e slanciato. Caroline era giovanissima, bellissima, una delle più ricche ereditiere di Londra e sicuramente uno dei partiti più ambiti. Eppure, sotto la sua scorza di donna ricercata e viziata, si nascondeva l'animo di una ragazza ancora giovanissima che era stata vicina ad abbandonare tutto il suo mondo per amore di un dottorino squattrinato di campagna. L'ammirava per questo, soprattutto per questo. Più che per i suoi gioielli e i suoi abiti eleganti, si sentiva attratta da quell'animo molto più puro e lucente di quello di tanti altri nobili. "Non vedo l'ora di mettermi all'opera, odio starmene con le mani in mano".

A quell'esclamazione, Caroline scoppiò a ridere. "Con le mani in mano? Demelza, ti ho vista portare assi, usare con maestrìa un martello e correre più di tutti questi uomini messi insieme, o dietro al lavoro o dietro a tuo figlio! Non mi sembra che il tuo stile di vita sia così riposante, allo stato attuale, e credo che quando l'attività sarà aperta, sarà in quel momento che potrai riposarti... Se devo essere onesta comunque, dovresti rallentare un attimo. Ultimamente sei pallidissima, ti stai stancando troppo. Sei sicura di sentirti bene?".

A quella domanda, Demelza si morse il labbro. No, non stava bene e tutta la frenesia degli ultimi tempi forse non era che un modo per non pensarci troppo. Ma a Caroline doveva dirlo, con lei doveva essere sincera e c'era un segreto che ormai si portava dietro da settimane e che presto sarebbe stato evidente.

Quando se n'era andata da Nampara quasi non lo sospettava, ma giunta a Londra, settimana dopo settimana, quel piccolo dubbio era pian piano diventato una realtà e quando era stata male di stomaco, più volte, sentendo l'odore della vernice per imbiancare le pareti, la certezza era diventata inconfutabile.

Si massaggiò il ventre, ricordando quante lacrime aveva versato da sola, chiusa in una camera al piano di sopra non ancora ristrutturata, lontano da tutto e tutti, quando aveva capito...

C'era stato un tempo in cui lei e Ross erano stati amanti appassionati e lei una moglie innamorata. L'amore per lui, nonostante tutto, c'era e ci sarebbe sempre stato, ma la passione no, quella era finita in cenere nell'esatto istante in cui Ross le aveva detto di togliersi di mezzo ed era corso da Elizabeth.

Ma prima di allora, dopo la faccenda del contrabbando, lei e Ross si erano amati, notte dopo notte, facendo l'amore in quel modo meraviglioso che, in quegli istanti, riusciva ad isolarli dal mondo e da tutto e tutti. In quei momenti tanto intensi, perfetti, Ross era suo, solo suo, nemmeno Elizabeth riusciva a mettersi fra di loro. Ed era in quei momenti che avevano concepito Julia, Jeremy e...

Era sempre stata felice quando aveva scoperto di aspettare un figlio, ma stavolta era diverso. Il suo matrimonio era in frantumi, Ross era ormai di un'altra donna e per lei e i suoi bambini non c'era più posto nella sua vita. Era sola, i suoi figli sarebbero stati soli, senza un padre a guidarli. Sapeva che sarebbe stato difficile per Jeremy ma quando se n'era andata da Nampara, quasi due mesi prima, non poteva immaginare che dentro di lei, da poche settimane, stesse crescendo una nuova vita, un bambino che Ross non avrebbe mai conosciuto, di cui ignorava l'esistenza, un bimbo che aveva iniziato a vivere mentre suo padre la tradiva e la abbandonava a se stessa, incurante del dolore che le aveva provocato e dei suoi sentimenti. "Aspetto un bambino, Caroline" – sussurrò, con un filo di voce.

La ragazza spalancò gli occhi, a bocca aperta. "Cosa?".

Demelza guardò Jeremy, a pochi passi da loro, in un angolo del locale, intento a giocare con Garrick e Horace, il cane di Caroline. "E' successo prima che...".

"Prima che Ross ti tradisse?".

Demelza sorrise, amaramente. "Su questo puoi starne certa perché poi non l'ho più nemmeno fatto avvicinare alla camera da letto".

Caroline scosse la testa e poi le prese la mano, stringendola fra le sue. "Mi dispiace, non so nemmeno cosa dirti, non ho figli e non ho idea di come tu possa sentirti".

"Tradita, umiliata, disperata, sola, in colpa".

"Ti senti in colpa? Demelza, lui ti ha messa incinta e poi è corso nel letto di un'altra! E ti senti in colpa TU?".

Demelza sentì gli occhi inumidirsi e fece del suo meglio per non scoppiare a piangere davanti agli operai che andavano e venivano e soprattutto davanti a Jeremy. "Mi sento in colpa perché quando ho scoperto che questo bimbo esisteva, non ne sono stata felice come per gli altri. Mi sento in colpa perché lo metterò al mondo in una situazione orrenda e non ho idea di che futuro potrò garantirgli. Mi sento in colpa perché ho paura, invece che esserne contenta. Sono terrorizzata Caroline, io non so se ce la faccio a portare avanti da sola una gravidanza, a partorire senza avere Ross a fianco, a gestire tutto senza crollare".

Caroline le strinse ancora più forte le mani. Poi le accarezzò una spalla, cercando di farle coraggio. "Senti, lasciamo un po' da parte la locanda, che ne dici? Ti trasferisci da me, ti passi la gravidanza con tranquillità e quando nascerà il bimbo, riparleremo di aprire questo posto".

"No".

La risposta sicura di Demelza, fece sussultare Caroline. "Demelza, sii ragionevole".

"Non ho mai accettato di vivere alla spalle di nessuno e poi, se mi fermo ora, avrò troppo tempo per pensare, Caroline. Devo avere qualcosa da fare o impazzirò e il lavoro alla locanda, finita la ristrutturazione, non sarà così faticoso. Non sono malata e non ho mai passato nessuna gravidanza a letto. Non mi sembra il caso di farlo ora".

"Va bene. Ma per quanto riguarda Ross, che farai? Glielo dirai?".

Demelza scosse la testa mentre le lacrime, nuovamente, rischiavano di rigarle il viso. "No, non posso. Non vuole me, non voleva nemmeno Jeremy ed ora che la strada verso Elizabeth è spianata per lui, vedrebbe questo bambino unicamente come un peso, un errore, come l'ennesimo intoppo. Non posso fare questo al mio bambino, non posso. Lo terrò e lo crescerò da sola, come farò con Jeremy. E Ross...". Deglutì, era così difficile ammetterlo... "Lui starà con la donna che ama, con Geoffrey Charles e avrà figli con Elizabeth, forse, un giorno. E' con lei che desidera diventare padre, una vera lady gli darà sicuramente figli migliori, ai suoi occhi, di quelli che ha avuto con me".

Caroline abbassò il viso, incerta su cosa dire. "Io credo che Ross invece se ne pentirà un giorno, di quel che ha fatto".

"Io credo di no".

"Demelza, tu sei sconvolta, hai mille ottime ragioni per esserlo e ora vedi tutto nero ma... sei così sicura che non ti abbia mai amata? Era distratto, ha commesso mille passi falsi, ti ha tradita ma... voi siete stati anche felici, insieme".

Demelza abbassò lo sguardo, vinta nuovamente dai ricordi. Ricordi anche felici di sorrisi, abbracci, di parole sussurrate rivolte solo a lei e che solo lei poteva sentire, di giornate dure passate a far quadrare i conti coi pochi soldi a disposizione e nonostante questo serene, perché erano insieme. I ricordi belli, più di quelli orrendi degli ultimi giorni a Nampara, erano quelli che la facevano soffrire di più. Si sentiva sola, tremendamente sola e inerme, senza appigli, senza certezze, senza alcun affetto a parte Jeremy e quel piccolo che cresceva dentro di lei. "Dovrebbe nascere a novembre" – sussurrò, per cambiare discorso e pensare a qualcosa di bello.

Caroline sorrise. "Quindi, per Natale, avrai un bel regalo! Sappi che ti riempirò casa di cose per neonato, a Londra esistono negozi di moda infantile meravigliosi. Se sarà una bambina, ti inonderò di abitini da principessa".

A quelle parole, per la prima volta nella giornata, Demelza sorrise. "In realtà, ho come la sensazione che sarà femmina. E spero che questa attività che stiamo per aprire mi permetta di poter mantenere i miei figli".

"Andrà bene!". Caroline frugò nella sua borsa, tirando fuori un plico di fogli. "A proposito, è per questo che sono venuta, oggi. Tieni".

"Cosa sono?" - rispose Demelza, prendendo i fogli.

Caroline alzò le spalle. "Scartoffie burocratiche che mi ha preparato il mio legale, che devi firmare per iniziare l'attività. Leggitele con calma stasera e poi ritornamele firmate appena puoi".

"Lo farò. Grazie di tutto, Caroline". Quella nuova vita, stava diventando improvvisamente reale.

"Bene, allora per oggi posso andare". L'ereditiera si avvicinò alla porta, salutandola con un cenno della mano. "Demelza, ricordati che sono tua amica e che potrai contare su di me per qualsiasi cosa".

"Lo ricorderò".

Caroline le sorrise, prese Horace fra le braccia, accarezzò la testolina di Jeremy e scomparve nella via.


...


Era ormai sera tardi, Jeremy dormiva nel suo lettino e Demelza non riusciva a dormire.

Passeggiò nel corridoio della sua nuova casa, ormai quasi del tutto abitabile ed ammobigliata grazie alla generosità di Caroline, accarezzandosi il ventre ancora piatto.

Ora che era sola, poteva permettersi di piangere, in silenzio, senza che il mondo si accorgesse di quanto fosse fragile in quel momento.

Pensò a Jeremy, al suo nuovo figlio in arrivo, a Ross e un moto di rabbia la spinse a dare un pugno contro la parete. Era disperata, stanca, arrabbiata con se stessa. "Ti odio, Ross" – sussurrò contro la parete, singhiozzando. Erano solo parole, uno sfogo... Non era odio vero, non riusciva a farlo, nonostante tutto. Lo amava ancora, lo avrebbe sempre amato, odiarlo le avrebbe reso le cose più semplici ma non le riusciva. Ross era stato il suo amore, colui che l'aveva salvata da una vita fatta di miseria, colui che l'aveva resa la donna e la madre che era adesso.

Ma ora il suo ricordo la rendeva fragile, spezzata e debole. Doveva lasciarselo indietro, dimenticarlo, riporre i suoi ricordi con lui in un angolo del cuore il più irraggiungibile possibile o sarebbe impazzita. E non poteva permetterselo, lo doveva ai suoi figli, loro meritavano una madre serena.

Aspettò di calmarsi, seduta nel buio della notte, nel corridoio. Poi, quando fu sufficientemente certa che non avrebbe pianto nuovamente e svegliato Jeremy, tornò nella stanza.

Accese una candela sul comodino, si sedette alla piccola scrivania al lato del letto e lesse i documenti che le aveva lasciato Caroline.

Era quella la sua nuova vita, ora. E doveva lasciarsi alle spalle quella vecchia, se voleva avere successo ed essere indipendente e in grado di crescere i suoi figli.

Sfiorò la fede al suo dito che riposava lì silenziosa, ricordandole costantemente un grande amore che non c'era più. Non se l'era mai tolta, dal giorno del suo matrimonio con Ross quell'anello era sempre stato il suo orgoglio. E quindi con immensa fatica, dolore, se la sfilò, chiudendola con un gesto secco nel cassetto della scrivania, al buio, lontana dai suoi occhi e dal suo cuore, per sempre.

Poi prese la penna, la intinse nell'inchiostro e prese a firmare i documenti in un modo nuovo, mai usato, perché quando sfoggiava quel cognome, ancora non sapeva scrivere. Firmò tutto, rimanendo stupita di quanto la sua firma ora le apparisse estranea, quasi non sua. Eppure doveva abituarsi. Non era più Demelza Poldark, ora.


"Demelza Carne".


Faceva male leggere quel nome. Ma era quello che era tornata ad essere.


  
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