*Note
dell’autrice con qualche disturbo
mentale*
Non
chiedete
spiegazioni. Non fate domande. Non perché io non voglia
rispondervi, ma
solamente perché non potrei rispondervi.
Ho
scritto questa
cosa e mi sono spaventata un po’. Non capivo
perché avessi scritto una cosa
simile. Non ci sono stati miglioramenti. Ancora non trovo una
spiegazione.
Ho
deciso di
postarla, però, perché è triste. Ed in
questo momento questo sentimento aleggia
nell’aria senza che io lo voglia. E poi la posto
perché mi piace. Senza un perché,
senza una spiegazione. Mi piace perché è vera,
secondo me. Perché mi piace
immaginare che sia questo che succede, quando Lui perde il controllo.
Un
piccolo racconto,
scritto in uno stile diverso dal solito, su come InuYasha, a volte,
perda il
controllo. Cosa vede, cosa prova.
Spero
di essere
riuscita anche solo ad avvicinarmi al mio intento.
Fatemi
sapere cosa
ne pensate.
Mary-chan
Contrasto
Urla.
Rumore di corpi abbandonati a
loro stessi, stesi su strati di terra, sporca
del colore del sangue scarlatto che fuoriusciva dalle ferite, provocate
dai
lunghi artigli.
Grida.
Grida strazianti che
riempivano l’aria – pesante.
Il mondo
circostante, in quel momento vuoto,
imprimeva
dolore letale nella loro anima sfatta.
Parole
spezzate.
Ultime frasi che provavano ad
uscire, sole, tra le labbra senza
vita dei corpi afflosciati, uno contro l’altro.
Il sole
spento.
Le nubi, nere,
coprivano il cielo. Un’enorme coperta scura che copriva dolcemente la morte.
Paura.
Terrore che si spandeva di
corpo in corpo, di anima in anima, in ogni essere con ancora una
speranza di
vita, di cui presto sarebbe stato privato.
Preghiere.
Piccole parole senza
senso, a cui ognuno dava
affidamento. Parole che non potevano salvarli dal tragico destino che
li
aspettava.
Forse se l’erano meritato.
Forse un Dio, lassù,
stava
segnando la loro morte.
Forse c’era
già un posto all’inferno
per loro.
Il proprietario degli artigli
– macchiati di peccato –,
guardava confuso
i corpi intorno a sé.
L’odore del sangue
sprigionato dalle membra morte – una
sfumatura
dolce, nell’aria. Gli piaceva, quell’odore senza
vita –, gli arrivava alle
narici sensibili.
L’improvvisa
consapevolezza
del reato compiuto senza scrupolo
alcuno, permeava debolmente nella sua mente, non ancora pienamente
funzionante.
Capì senza troppa
fatica, ciò
che la mancanza della sua anima aveva creato.
Il suo corpo – debole. Troppo debole, per lui
– aveva bisogno
di un’anima che era venuta a mancare.
Morte.
Anche la terra mancava di
vita, impregnata di morte. Una morte
diversa, una morte dell’anima.
Osservò le sue mani
– bianche
–, macchiate di sangue – rosso –.
Un contrasto troppo
visibile,
per la sua anima assente che voleva solamente dimenticare.