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Autore: NeverThink    20/05/2009    10 recensioni
-Perché papà? Perché Robert l’ha fermata?-, chiede con curiosità Julie.
-Fammi finire, Juls. -, risponde in un risolino.
Gli anni hanno fatto crescere Robert Pattinson, hanno fatto crescere Mary Grace.
Gli anni gli hanno dato la dolce piccola Juls.
Ricordare alla propria unica ragione di vita il potere di uno sguardo. Il potere... dell'amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa one ad una persona speciale, una ragazza che merita davvero tanto, che mi ha saputo, soprattutto, dare tanto: a te, Juls.


A day to remember

-Mamma, quando hai incontrato papà, pioveva?- . Mi volto verso la piccola bambina dagli occhi verdi e castani capelli lisci.
-Come mai questa domanda, Juls?- , chiedo accarezzandole la piccola testa.
-Lui ieri mi ha detto che pioveva e tu non avevi l’ombrello. - , risponde annuendo, muovendo energicamente il capo. Sorriso, poggiandomi allo schienale del divano e sorridendo appena, incrociando poi le braccia al petto.
-Robert?- , chiama a gran voce, guardando verso la porta della cucina.
-Si?-
Ed eccolo.
Gli anni non hanno affatto scalfito la sua bellezza, i trentacinque anni lo hanno reso ancor più bello di quando ne aveva diciassette. Gli si sono formate le prime rughe intorno agli occhi che però conservano ancora la stessa gioia e allegria di diciotto anni fa. Conservano ancora quell’alone di mistero, che li hanno portato anche il successo. Ha il fisico ancora asciutto, da eterno ventenne, nonostante divori torte al cioccolato, con la piccola Julie, come fossero patatine.
Ed ogni volta è come fosse la prima. Il respiro mi manca, il cuore cessa di galoppare. Un amore che mi entra sin nelle ossa, impossessandosi di sogni fibra del mio essere, proiettandola dolcemente verso lui.
Sorrido, guardando il grembiule da cugina che nostra figlia gli ha regalato, quello blu con disegnate delle pecore stilizzate.
-Papà, hai una guancia sporca di cioccolato!- , dice in una risata Julie. Si alza e corre verso il padre che tende le braccia, per poi sollevarla in aria. E’ così simile a lui, nei lineamenti, nel carattere… nella voglia di vivere. Lei gli passa una mano sul viso, pulendolo dalla polvere al cioccolato.
E’ domenica mattina e, come vuole la tradizione, è Robert a cucinare.
Lui la stringe a se, sorridendole solo come un padre sa fare, poi sposta lo sguardo, quello sguardo pieno di amore, verso me, cambiando del tutto. Quello sguardo, quel sorriso che si riserva solo alla persona amata, a colei che nel bene e nel male ti è accanto, senza abbandonarti nemmeno quando vi sono situazioni avverse.
-Grace, cosa c’è?-, mi chiede dirigendosi verso il divano, con imbraccio la piccola Juls. Sorrido, quando butto indietro la testa e mi accarezza piano e delicatamente la fronte.
-Papà, quando hai conosciuto la mamma pioveva, vero?-, chiede ancora lo scricciolo che Robert ha fra le braccia.
-Certo, te l’ho detto anche ieri. - , risponde baciandole poi il piccolo naso all’insù.
-Me lo racconti?- , chiede mostrando un dolce sorriso, mentre gli occhi verdi si riducono a due piccole fessure luminose.
-Perché non te lo fai raccontare dalla mamma?- , si volta a guardarmi, poi lentamente si avvicina al divano, sedendosi accanto a me. –Grace?- , continua rivolto a me.
Sorrido, scuotendo appena il capo prima di sospirare.
-Si, dai mamma. Racconta, racconta!- , esulta Julie mostrandomi una serie di denti bianchi.
-Si, Grace, racconta alla piccola Juls cosa è accaduto quella sera. -, mi incita Rob, incatenando il suo sguardo color del mare al mio.
-Era una notte buia e tempestosa, - esordisco dopo alcuni istanti di silenzio. – quando la giovane Mary Grace decise di andare ad una festa. -
-Mary Grace è la mamma, papà?- , domanda Julie.
-Esatto, tesoro. - . Tossisco, cercando attenzione. Entrambi tacciono.
-Dicevo. Quella sera Mary Grace, decise di partecipare ad una festa organizzata da una sua compagna di corso. Non voleva andarci, riteneva che le persone frequentanti quel posto fossero vuote e spente. Non amava le feste, e tanto meno ballare. Passò ore ed ore chiusa in camera sua per decidere cosa avrebbe dovuto indossare. Non sapeva che tipo di abbigliamento avrebbe dovuto usare, soprattutto perché fuori pioveva. Optò così, sotto consiglio della sua migliore amica per un jeans ed una semplice camicetta rossa senza maniche.
Uscii di casa, sotto il suo ombrello, ed entrò nella macchina di Deliah, la sua migliore amica. -
-Zia Deliah?-
-Si, Juls, proprio lei. - , le risposi annuendo col capo. –Le ragazze si diressero nella grande ville in periferia, ed evitando accuratamente le grado pozze d’acqua e il terriccio fangoso, di diressero all’interno della grande struttura, riparandosi così dalla pioggia fredda.
La festa durò molto, tutta la nottata e Mary Grace si sentiva un pesce fuor d’acqua. Era un mondo che non le apparteneva quello, per quanto si sforzasse di mostrarsi allegra ed entusiasta, non ce la faceva. Mary Grace non vedeva l’ora di tornare a casa.
La musica si diffondeva violenta nella grande casa e la giovane ragazza dai capelli color del cioccolato si sedette su una poltrona. Vagò con lo sguardo sulle persone che caotiche si muovevano, posandolo infine su un ragazzo dai capelli chiari e gli occhi azzurri come il ciel sereno. Non ci fece caso, non sostò su quel viso più del dovuto e così alzandosi decise di prendersi da bere.
Erano le tre del mattino circa, quando Grace decise di andar via. La pioggia cadeva ancora incessante ed uscì con Deliah, per ritornare a casa. Deliah però stava male, le faceva male lo stomaco e non era in grado di guidare e Grace, non aveva ancora la patente.
Sbuffò irritata mentre l’amica poggiandosi al muro si accasciava al pavimento, chiudendo gli occhi.
“Bene, ed ora che faccio?” , si domandò Grace. I capelli umidi le si erano attaccati fastidiosamente al viso, così si portò una ciocca di capelli scomposti dietro un orecchio.
“Tutto okay?”, chiese una voce non molto distante da lei. Grace si voltò, non riconoscendo al voce. E lo vide. Vide ancora quegli occhi azzurri, li stessi che aveva incontrato all’interno del locale. -
-Eri tu, papà?- , chiede Juls voltandosi a guardare il viso di Robert. Lui annuisce, accarezzandole le punte dei capelli.
-Grace fece un respiro che le bruciò quasi i polmoni. Incantata da quel viso non riusciva ad emettere alcun suono, incantata da quella voce non sapeva cosa era più giusto dire.
“Si.”, riuscì solo a sussurrare. - . Guardo Robert e rivedo in lui i lineamenti di un tempo.
-Robert credeva che lei non stesse bene, - esordisce lui, guardando Juls che poco fa pendeva dalle mie labbra. Mi preparò così ad ascoltare la sua versione del racconto. –Era bella Grace, con i capelli umidi che le incorniciavano il viso e la pelle rosea come quella di una rosa. I suoi occhi neri come la pece sembravano stelle illuminate dalle fioca luce di un lampione posizionato all’entrata. Occhi delle stesso tuo colore, Juls. -, la bambina sorride, guardandomi.
-“Lei non sta bene.” , constato Robert guardando l’amica seduta con gli occhi chiusi sul pavimento.
“No.”
“Sei molto loquace vedo.”, continuò Robert, un po’ rammaricato. -
-Cosa significa loquace papà? E rammaricato?-, sorrido alla lecita domanda di Julie.
-Bhè, la mamma sembrava non volesse parlare con me, non diceva una sola parola, per questo ho detto loquace. E Rammaricato significa… triste, tesoro. - . Juls annuisce alla parole del padre che subito ricomincia il suo racconto: - “Scusami, solitamente sono una gran chiacchierona, ma vedi, la mia amica è crollata ed era lei a guidare. Non ho nemmeno la patente.”, sbuffò Grace incrociando le braccia al petto.
“So che magari ti sembrerà strano a addirittura da pazzi ma se vuoi, insomma… posso accompagnarti io.”, disse senza esitazione Robert.
“Ma tu come farai dopo?”, chiese Grace spalancando gli occhi, sorpresa dalla proposta avanzata dal ragazzo. Lui sorrise appena.
“Abito al 123, Grace. Due case dopo la tua.”, mormorò Robert guardandosi la punta delle scarpe.
“Davvero?”, chiese sorpresa Grace. Com’era possibile?
“Si.”
“E come fai a conoscere il mio nome?”
“Mia sorella è amica della tua.”, rispose ovvio il ragazzo.
“Oh… io però… non conosco il tuo.”, disse la ragazza sentendo e guance avvamparsi di rossore.
“Robert.” . Grace esaminò le due opzioni: rimanere lì tutta la notte o lasciarsi accompagnare a casa dal ragazzo affascinante che le era davanti. -, dice ammiccando. Gli tiro una gomitata, facendolo sogghignare.
-“Allora Robert.”, disse lei, “Credo accetterò il tuo invito.”
“Se mi dici qual è la macchina carico la tua amica.” , disse lui guardandole negli occhi scuri.
“Quella lì nera.”, disse Grace indicando l’autovettura. Grace si portò la borsa a tracolla e fece per andare verso la macchina, ma Robert la fermò. -
-Perché papà? Perché Robert l’ha fermata?-, chiede con curiosità Julie.
-Fammi finire, Juls. -, risponde in un risolino. –“Aspetta, prendi questo,” , disse lui porgendole un ombrello, “ti bagnerai.”. Grace sorrise e Robert, segretamente innamorato di lei dall’anno precedente, di perse nel suo sguardo. -
-Eri innamorato della mamma?-
-Oh certo. L’avevo vista recitare in una recita di fine anno e non riuscii più a staccarle gli occhi di dosso. Era bellissima, ed ancora lo è. - , mormora guardandomi.
-Poi? Cos’è successo?- , chiede ancora Juls.
-Robert la riaccompagnò a casa, e dimenticando che erano le quattro del mattino e che sul sedile posteriore una ragazza dormiva, parlarono… parlarono tanto. Diventarono amici nei mesi successi, fino a quando un giorno, Robert, in un caldo pomeriggio primaverile la baciò. - , concluse baciando la guancia della piccola Juls.
-Che bella storia, papà. - , sussurrò lei sorridendo.
E rivedo in quel sorriso, quello che anni fa mi ha fatto innamorare.
Quel viso che ora mi guarda come fosse il sole, come fossi la cosa più preziosa a questo mondo, lo stesso sguardo che riserva a nostra figlia.
Lo sguardo di un uomo… innamorato.
-Ti amo. - , mormora avvicinando le labbra al mio orecchio, il modo tale che solo io possa sentirlo.
Sorrido e, prendendogli la mano la mano, la poggio sul mio petto, lì dove c’è il cuore.
-Sempre. - , mormorò quando Juls poggia il suo visino sul suo collo.

*

Non so da quale parte del cervello mi sia uscita questa one, davvero. Rimarrà per sempre un mistero XD

   
 
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