Dedico questa one
ad una persona speciale, una ragazza che merita davvero tanto, che mi
ha
saputo, soprattutto, dare tanto: a te, Juls.
A day to
remember
-Mamma, quando
hai
incontrato papà, pioveva?- . Mi volto verso la piccola
bambina dagli occhi
verdi e castani capelli lisci.
-Come mai questa domanda, Juls?- , chiedo accarezzandole la piccola
testa.
-Lui ieri mi ha detto che pioveva e tu non avevi l’ombrello.
- , risponde
annuendo, muovendo energicamente il capo. Sorriso, poggiandomi allo
schienale
del divano e sorridendo appena, incrociando poi le braccia al petto.
-Robert?- , chiama a gran voce, guardando verso la porta della cucina.
-Si?-
Ed eccolo.
Gli anni non hanno affatto scalfito la sua bellezza, i trentacinque
anni lo
hanno reso ancor più bello di quando ne aveva diciassette.
Gli si sono formate
le prime rughe intorno agli occhi che però conservano ancora
la stessa gioia e
allegria di diciotto anni fa. Conservano ancora quell’alone
di mistero, che li
hanno portato anche il successo. Ha il fisico ancora asciutto, da
eterno
ventenne, nonostante divori torte al cioccolato, con la piccola Julie,
come
fossero patatine.
Ed ogni volta è come fosse la prima. Il respiro mi manca, il
cuore cessa di
galoppare. Un amore che mi entra sin nelle ossa, impossessandosi di
sogni fibra
del mio essere, proiettandola dolcemente verso lui.
Sorrido, guardando il grembiule da cugina che nostra
figlia gli ha regalato, quello blu con disegnate delle
pecore stilizzate.
-Papà, hai una guancia sporca di cioccolato!- , dice in una
risata Julie. Si
alza e corre verso il padre che tende le braccia, per poi sollevarla in
aria.
E’ così simile a lui, nei lineamenti, nel
carattere… nella voglia di vivere.
Lei gli passa una mano sul viso, pulendolo dalla polvere al cioccolato.
E’ domenica mattina e, come vuole la tradizione, è
Robert a cucinare.
Lui la stringe a se, sorridendole solo come un padre sa fare, poi
sposta lo
sguardo, quello sguardo pieno di amore, verso me, cambiando del tutto.
Quello
sguardo, quel sorriso che si riserva solo alla persona amata, a colei
che nel
bene e nel male ti è accanto, senza abbandonarti nemmeno
quando vi sono
situazioni avverse.
-Grace, cosa c’è?-, mi chiede dirigendosi verso il
divano, con imbraccio la
piccola Juls. Sorrido, quando butto indietro la testa e mi accarezza
piano e
delicatamente la fronte.
-Papà, quando hai conosciuto la mamma pioveva, vero?-,
chiede ancora lo scricciolo
che Robert ha fra le braccia.
-Certo, te l’ho detto anche ieri. - , risponde baciandole poi
il piccolo naso
all’insù.
-Me lo racconti?- , chiede mostrando un dolce sorriso, mentre gli occhi
verdi
si riducono a due piccole fessure luminose.
-Perché non te lo fai raccontare dalla mamma?- , si volta a
guardarmi, poi
lentamente si avvicina al divano, sedendosi accanto a me.
–Grace?- , continua
rivolto a me.
Sorrido, scuotendo appena il capo prima di sospirare.
-Si, dai mamma. Racconta, racconta!- , esulta Julie mostrandomi una
serie di
denti bianchi.
-Si, Grace, racconta alla piccola Juls cosa è accaduto
quella sera. -, mi
incita Rob, incatenando il suo sguardo color del mare al mio.
-Era una notte buia e tempestosa, - esordisco dopo alcuni istanti di
silenzio.
– quando la giovane Mary Grace decise di andare ad una festa.
-
-Mary Grace è la mamma, papà?- , domanda Julie.
-Esatto, tesoro. - . Tossisco, cercando attenzione. Entrambi tacciono.
-Dicevo. Quella sera Mary Grace, decise di partecipare ad una festa
organizzata
da una sua compagna di corso. Non voleva andarci, riteneva che le
persone
frequentanti quel posto fossero vuote e spente. Non amava le feste, e
tanto
meno ballare. Passò ore ed ore chiusa in camera sua per
decidere cosa avrebbe
dovuto indossare. Non sapeva che tipo di abbigliamento avrebbe dovuto
usare,
soprattutto perché fuori pioveva. Optò
così, sotto consiglio della sua migliore
amica per un jeans ed una semplice camicetta rossa senza maniche.
Uscii di casa, sotto il suo ombrello, ed entrò nella
macchina di Deliah, la sua
migliore amica. -
-Zia Deliah?-
-Si, Juls, proprio lei. - , le risposi annuendo col capo. –Le
ragazze si
diressero nella grande ville in periferia, ed evitando accuratamente le
grado
pozze d’acqua e il terriccio fangoso, di diressero
all’interno della grande
struttura, riparandosi così dalla pioggia fredda.
La festa durò molto, tutta la nottata e Mary Grace si
sentiva un pesce fuor
d’acqua. Era un mondo che non le apparteneva quello, per
quanto si sforzasse di
mostrarsi allegra ed entusiasta, non ce la faceva. Mary Grace non
vedeva l’ora
di tornare a casa.
La musica si diffondeva violenta nella grande casa e la giovane ragazza
dai
capelli color del cioccolato si sedette su una poltrona.
Vagò con lo sguardo
sulle persone che caotiche si muovevano, posandolo infine su un ragazzo
dai
capelli chiari e gli occhi azzurri come il ciel sereno. Non ci fece
caso, non
sostò su quel viso più del dovuto e
così alzandosi decise di prendersi da bere.
Erano le tre del mattino circa, quando Grace decise di andar via. La
pioggia
cadeva ancora incessante ed uscì con Deliah, per ritornare a
casa. Deliah però
stava male, le faceva male lo stomaco e non era in grado di guidare e
Grace,
non aveva ancora la patente.
Sbuffò irritata mentre l’amica poggiandosi al muro
si accasciava al pavimento,
chiudendo gli occhi.
“Bene, ed ora che faccio?” , si domandò
Grace. I capelli umidi le si erano
attaccati fastidiosamente al viso, così si portò
una ciocca di capelli
scomposti dietro un orecchio.
“Tutto okay?”, chiese una voce non molto distante
da lei. Grace si voltò, non
riconoscendo al voce. E lo vide. Vide ancora quegli occhi azzurri, li
stessi
che aveva incontrato all’interno del locale. -
-Eri tu, papà?- , chiede Juls voltandosi a guardare il viso
di Robert. Lui
annuisce, accarezzandole le punte dei capelli.
-Grace fece un respiro che le bruciò quasi i polmoni.
Incantata da quel viso
non riusciva ad emettere alcun suono, incantata da quella voce non
sapeva cosa
era più giusto dire.
“Si.”, riuscì solo a sussurrare. - .
Guardo Robert e rivedo in lui i lineamenti
di un tempo.
-Robert credeva che lei non stesse bene, - esordisce lui, guardando
Juls che
poco fa pendeva dalle mie labbra. Mi preparò così
ad ascoltare la sua versione
del racconto. –Era bella Grace, con i capelli umidi che le
incorniciavano il
viso e la pelle rosea come quella di una rosa. I suoi occhi neri come
la pece
sembravano stelle illuminate dalle fioca luce di un lampione
posizionato
all’entrata. Occhi delle stesso tuo colore, Juls. -, la
bambina sorride,
guardandomi.
-“Lei non sta bene.” , constato Robert guardando
l’amica seduta con gli occhi
chiusi sul pavimento.
“No.”
“Sei molto loquace vedo.”, continuò
Robert, un po’ rammaricato. -
-Cosa significa loquace papà? E rammaricato?-, sorrido alla
lecita domanda di
Julie.
-Bhè, la mamma sembrava non volesse parlare con me, non
diceva una sola parola,
per questo ho detto loquace. E Rammaricato significa…
triste, tesoro. - . Juls
annuisce alla parole del padre che subito ricomincia il suo racconto: -
“Scusami,
solitamente sono una gran chiacchierona, ma vedi, la mia amica
è crollata ed
era lei a guidare. Non ho nemmeno la patente.”,
sbuffò Grace incrociando le
braccia al petto.
“So che magari ti sembrerà strano a addirittura da
pazzi ma se vuoi, insomma…
posso accompagnarti io.”, disse senza esitazione Robert.
“Ma tu come farai dopo?”, chiese Grace spalancando
gli occhi, sorpresa dalla
proposta avanzata dal ragazzo. Lui sorrise appena.
“Abito al 123, Grace. Due case dopo la tua.”,
mormorò Robert guardandosi la
punta delle scarpe.
“Davvero?”, chiese sorpresa Grace.
Com’era possibile?
“Si.”
“E come fai a conoscere il mio nome?”
“Mia sorella è amica della tua.”,
rispose ovvio il ragazzo.
“Oh… io però… non conosco il
tuo.”, disse la ragazza sentendo e guance
avvamparsi di rossore.
“Robert.” . Grace esaminò le due
opzioni: rimanere lì tutta la notte o
lasciarsi accompagnare a casa dal ragazzo affascinante che le era
davanti. -,
dice ammiccando. Gli tiro una gomitata, facendolo sogghignare.
-“Allora Robert.”, disse lei, “Credo
accetterò il tuo invito.”
“Se mi dici qual è la macchina carico la tua
amica.” , disse lui guardandole
negli occhi scuri.
“Quella lì nera.”, disse Grace indicando
l’autovettura. Grace si portò la borsa
a tracolla e fece per andare verso la macchina, ma Robert la
fermò. -
-Perché papà? Perché Robert
l’ha fermata?-, chiede con curiosità Julie.
-Fammi finire, Juls. -, risponde in un risolino.
–“Aspetta, prendi questo,” ,
disse lui porgendole un ombrello, “ti bagnerai.”.
Grace sorrise e Robert, segretamente
innamorato di lei dall’anno precedente, di perse nel suo
sguardo. -
-Eri innamorato della mamma?-
-Oh certo. L’avevo vista recitare in una recita di fine anno
e non riuscii più
a staccarle gli occhi di dosso. Era bellissima, ed ancora lo
è. - , mormora
guardandomi.
-Poi? Cos’è successo?- , chiede ancora Juls.
-Robert la riaccompagnò a casa, e dimenticando che erano le
quattro del mattino
e che sul sedile posteriore una ragazza dormiva, parlarono…
parlarono tanto.
Diventarono amici nei mesi successi, fino a quando un giorno, Robert,
in un
caldo pomeriggio primaverile la baciò. - , concluse baciando
la guancia della
piccola Juls.
-Che bella storia, papà. - , sussurrò lei
sorridendo.
E rivedo in quel sorriso, quello che anni fa mi ha fatto innamorare.
Quel viso che ora mi guarda come fosse il sole, come fossi la cosa
più preziosa
a questo mondo, lo stesso sguardo che riserva a nostra figlia.
Lo sguardo di un uomo… innamorato.
-Ti amo. - , mormora avvicinando le labbra al mio orecchio, il modo
tale che
solo io possa sentirlo.
Sorrido e, prendendogli la mano la mano, la poggio sul mio petto,
lì dove c’è
il cuore.
-Sempre. - , mormorò quando Juls poggia il suo visino sul
suo collo.
*
Non so da quale
parte del cervello mi sia uscita questa one, davvero.
Rimarrà per sempre un
mistero XD