Serie TV > Poldark
Segui la storia  |       
Autore: lady lina 77    08/12/2016    0 recensioni
Cosa sarebbe successo se Demelza, dopo il tradimento di Ross, se ne fosse andata di casa?
Dopo la lite furiosa fra i due in cui ha rovesciato ogni cosa dal tavolo, urlando al marito tutta la sua rabbia, Demelza decide che non ha più senso rimanere a Nampara, con un uomo che non la desidera più e che sogna una vita con un'altra donna.
Prende Jeremy e Garrick, parte per Londra e fa perdere le sue tracce al marito, ricominciando una nuova vita lontana da lui e dalla Cornovaglia.
Come vivrà? E come la prenderà Ross quando, al suo ritorno da Truro, non la troverà più a casa?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I mesi erano passati tanto in fretta che non se n'era quasi accorta, se non fosse stato che la sua gravidanza era ormai tanto evidente che tutti gli chiedevano, in continuazione, quanto mancasse al parto.

Erano stati mesi frenetici per Demelza e la sua vita era cambiata totalmente nel giro di pochissimo tempo.

La sua nuova attività aveva aperto i battenti a fine primavera e in breve il giro d'affari si era fatto talmente florido e profiquo da esserne stupita essa stessa. Era strano per lei non avere problemi di denaro, dopo anni passati a centellinare i centesimi e a convivere con lo spettro della povertà.

Le piaceva lavorare e avere a che fare con tanta gente e il suo locale era frequentato da una vasta cerchia di persone di tutti i generi, tanto che in breve aveva fatto la conoscenza di diplomatici, politici, lord, conti e duchi, oltre che di gente comune.

Caroline aveva fatto in modo di farle avere, fra i clienti, persone facoltose per le quali faceva da tramite per la spedizione di missive anche importanti, occupandosi personalmente di dazi, tasse di spedizione e disbrighi burocratici per la posta che doveva raggiungere gli stati esteri.

Era stanca, la gravidanza avanzata la spossava, ma non riusciva a fermarsi. Un po' perché il suo nuovo lavoro le piaceva, un po' perché aveva bisogno di una buona stabilità economica, un po' perché lavorare le permetteva di non pensare.

Nel giro di pochi mesi era riuscita a raggiungere un volume d'affari invidiabile e a saldare a Caroline l'affitto arretrato del locale, anche se l'ereditiera aveva insistito strenuamente perché non le desse dei soldi. Ma Demelza aveva la testa dura e la sua amica aveva dovuto arrendersi al fatto che lei non voleva avere debiti di qualunque tipo con nessuno.

Anche la sua vita casalinga era cambiata. Lavorando per lo più nel locale, aveva assunto alle sue dipendenze una povera famiglia che viveva di stenti a pochi isolati dalla sua attività, gente buona che aveva conosciuto per caso, girovagando fra i vicoli attorno alla sua nuova casa. E così, dopo aver finito la ristrutturazione e aver arredato ogni camera della sua nuova dimora, nella sua famiglia erano entrati a far parte Samuel Logan, un uomo minuto e gentile, completamente calvo, di circa sessant'anni che la aiutava nei lavori più pesanti nel locale e in casa, sua moglie Margareth e la loro figlia trentenne Mary che non si era mai sposata e viveva ancora coi genitori. Margareth e Mary erano diventate i suoi angeli custodi. La aiutavano nelle faccende domestiche tenendo pulita tutta la proprietà, cucinavano e si prendevano cura di Jeremy, quando lei era troppo occupata per poterlo fare.

Lei e il suo bambino si erano affezionati alla famiglia Logan e Demelza aveva predisposto che due camere da letto della sua casa fossero destinate a loro.

Cenavano insieme nella grande cucina padronale, la sera, chiacchierando e parlando di quanto successo durante la giornata, rendendo piacevole e famigliare il clima di casa.

Margareth aveva cucito coperte, abitini e tutto quanto necessario per il nuovo bimbo in arrivo e si era prodigata, assieme alla figlia, a dare una mano a Demelza nella gestione del piccolo Jeremy.

Demelza aveva raccontato loro la sua storia, di aver abbandonato il marito a causa di un tradimento e loro non l'avevano mai giudicata, avevano semplicemente assorbito quelle informazioni per conoscerla meglio e poi avevano continuato a vivere con lei senza fare altre domande. Erano persone discrete, dai modi gentili, fidate e affezionate a lei e a Jeremy e per Demelza era stata una grossa fortuna incontrarli, anche se spesso, paragonandoli a Jud e Prudie, sentiva la mancaza dei suoi domestici di Nampara, così fannulloni, imperfetti, brontoloni ma che le avevano voluto anch'essi bene come a una figlia.

"Signora, porto in cantina la birra appena consegnata?".

La voce di Samuel, comparso dalla porta d'ingresso della locanda con in mano una grossa cassa di birra, la costrinse ad alzare il capo dal suo lavoro di lucidatura del bancone. "Certo, aspetta che ti do una mano" – disse, correndogli incontro.

"No signora, per favore! Con quel pancione, non sarebbe il caso".

Demelza sbuffò. Odiava essere trattata come una persona malata per il semplice fatto di essere incinta. Molto incinta... In realtà, secondo i calcoli, il suo bambino sarebbe dovuto nascere già da una settimana ma era quasi arrivato dicembre e ancora non c'erano segni di travaglio imminente. Anche se, lo sapeva, i suoi parti erano sempre stati molto veloci e quindi tutto poteva succedere da un momento all'altro. "Samuel, guarda che sto bene".

Dal fondo del bancone, un suo cliente abituale che si fermava spesso a bere un bicchiere di brandy prima di rientrare a casa la sera, scoppiò a ridere. "Signore, questa donna ha più energia di me e voi messi insieme. Corre sempre come una trottola".

Demelza annuì, sorridendo. Quell'uomo, Martin Devrille, era un ricco finanziere che si era costruito la sua fortuna da solo, partendo da zero, proprio come lei. Era nato in una famiglia di agricoltori e una volta sposato, si era trasferito a Londra dove aveva scoperto di avere un buon fiuto e una discreta fortuna per gli affari e le speculazioni finanziarie. Una serie di investimenti giusti gli avevano fruttato una fortuna e ora, a settant'anni, era una delle persone più ricche di Londra. Era un uomo affabile, gentile, rimasto ancorato ancora ai modi di fare semplici e spicci di quando era giovane e povero e questo a Demelza piaceva.

Lui e sua moglie Diane vivevano in una grande villa nel centro di Londra. Non avevano avuto figli e spesso, quando Demelza li aveva visti insieme, si era fermata ad ammirare la dolcezza e la devozione di quell'uomo nei confronti della moglie a cui doveva essere legatissimo. La inteneriva vederli insieme, osservare quei gesti che potevano essere abitudinari ma che dovevano far parte di loro e della loro storia insieme, gesti che a lei, quando pensava a Ross, mancavano ancora tanto.

Martin era un uomo affabile, di belle maniere e spesso si era intrattenuta con lui a chiacchierare del più e del meno, quando si era fermato alla sua locanda, e non era mancata occasione che, in presenza di Jeremy, si fosse fermato a giocare con lui.

Samuel scosse la testa, sconsolato. "Oh signor Devrille, la mia padrona è la donna più testarda della capitale. Metterebbe sotto anche il primo ministro del re, se ne avesse l'occasione".

Martin annuì, prendendo a guardarla attentamente, stropicciando fra le mani il giornale che stava leggendo. "Signora Demelza, venite quì e datemi un consiglio! Ho più bisogno io di voi, che quell'uomo con quelle birre".

Demelza lo guardò, incuriosita, avvicinandosi a lui. "Bisogno di me? Volete altro brandy?".

L'uomo scosse la testa, poi aprì il giornale che aveva fra le mani, mostrandole la pagina riservata all'economia. "Devo decidermi se prendere azioni della Wellington Corporations o della Hope Leisure. Che ne dite, cosa mi consigliate?".

"Ah, non saprei. Non me ne intendo di finanza e di azioni, signore".

"Lo so, non voglio il parere di un'esperto, voglio che mi rispondiate così, ad intuito. Dicono che le donne incinta abbiano un sesto senso sviluppatissimo e che ci si debba sempre fidare della loro parola. Cosa dite, devo fidarmi della Wellington o della Hope?".

Demelza dovette trattenersi dal ridere. Era così strano il modo di concludere affari dei ricconi, pensò. "Scegliete la Hope Leisure" – disse infine, vagamente divertita.

"Perché?".

Demelza sorrise. "Mi piace il nome, porta speranza, è romantico a suo modo. Per quanto possa essere romantica una miniera".

Martin scoppiò a ridere poi si alzò in piedi, piegando nuovamente il giornale fra le sue mani. "E sia, acquisterò le quote della Hope Leisure. Mi piace il vostro modo di ragionare, mi ricorda il mio degli inizi. Sapete come ho iniziato a costruirmi la mia fortuna?".

"No".

"Coi pochi risparmi fra le mie mani, ho comprato le azioni di una società che aveva il nome del cavallo da soma di mio padre. Un gesto sentimentale, ecco... Un mese dopo quelle azioni avevano centuplicato il loro valore e io mi sono improvvisamente ritrovato, dal dormire sotto i ponti, ad essere ricco". Mise delle monete sul bancone, per pagare il brandy. "Vediamo se con voi sarò altrettanto fortunato".

Demelza sospirò. "Lo spero".

"Se mi frutterete guadagno, sarò vostro fedele cliente per sempre" – disse, in modo galante.

"E se la mia scelta risulterà quella sbagliata?".

Martin scoppiò a ridere. "Allora, avrete perso un cliente, Demelza" – esclamò, scherzosamente. Le fece un inchino, in modo gentile, poi dopo un cenno di saluto se ne andò.

Demelza ridacchiò, poi tornò a lucidare il bancone. Martin Devrille era l'ultimo cliente della giornata, era ormai buio, aveva preso a nevicare ed era ora di chiudere la locanda e andare a cenare.

Finì di pulire poi, stancamente, dopo che Samuel ebbe chiuso le imposte del locale, salì le scale che portavano all'appartamento al primo piano.

Fu all'ultimo gradino che, improvvisa, la colse una violenta fitta al ventre. Dovette fermarsi per riprendere fiato, stringendo convulsamente lo scorrimano. Cercò di regolarizzare il respiro, ma un'altra contrazione violentissima la costrinse a lasciarsi andare e a sedersi sul gradino. Era il suo terzo figlio, conosceva benissimo i sintomi del parto e non c'erano dubbi, il suo bambino si era deciso a nascere.

Appoggiò la schiena alla parete fredda cercando sollievo e le forze per rialzarsi in piedi. Si rese conto di essere terrorizzata, nonostante non fosse la prima volta. Quel bambino di cui Ross ignorava l'esistenza stava per venire al mondo, lo avrebbe partorito da sola e questo avrebbe reso una volta per tutte la sua separazione dal marito, ufficiale. "Margareth..." - chiamò, col fiato corto.

La donna comparve pochi secondi dopo, trafelata, con la figlia e con Jeremy. "Mamma..." - sussurrò il bambino, spaventato.

Demelza si impose di sorridergli, nonostante tutto. "Va tutto bene, tesoro".

Margareth si voltò verso la figlia, comprendendo subito quanto stava per accadere. "Mary, porta il bambino in cucina e fallo cenare. Poi dì a tuo padre di correre a chiamare la levatrice, credo che sia arrivato il momento".

Mary ubbidì, sparendo con Jeremy nel corridoio. Margareth la aiutò a rialzarsi, la accompagnò in camera e le diede una mano a spogliarsi e a mettere una camicia da notte comoda. "Signora, cercate di non agitarvi, presto la levatrice sarà quì".

Col fiato corto, devastata da contrazioni fortissime e subito ravvicinate, Demelza strinse nella mano destra il lenuolo. "Io ho sempre avuto parti veloci, Margareth. Se la levatrice non fa in tempo, tu sapresti...".

"Certo signora, vi aiuterò io, se necessario, state tranquilla".

Tranquilla... A quella parola, un moto di rabbia prese possesso di lei. Come poteva essere tranquilla? Era sola, con un figlio piccolo, un altro in arrivo e con un marito che ormai, probabilmente, viveva felice e beato con la sua amante. Non era tranquilla, era arrabbiata, furente, spaventata, si sentiva sola. Per un attimo, in preda a una contrazione più forte, desiderò che Ross, nonostante tutto, fosse lì. Anche solo facendo finta di tenere a lei e al bambino in arrivo, a fingere di darle una carezza e un incoraggiamento, anche solo per un attimo... Aveva bisogno di lui, dannazione! "Lo odio, Margareth".

"Parlate di vostro marito?".

"Sì. Come può averci fatto questo, come può averci lasciati soli?".

Margareth scosse la testa, tamponandole la fronte sudata con un panno fresco. "Signora, io non lo conosco ma conosco voi. E se quell'uomo vi ha abbandonata, significa che non vi meritava e che non aveva compreso il vostro valore. Ora su, pensate alle cose belle, al fatto che presto conoscerete questo bambino e avrete l'onore di vederlo crescere, potrete tenerlo in braccio, osservarlo scoprire il mondo e che ogni momento che vivrete insieme sarà per voi un ricordo prezioso. E vostro marito non avrà niente di tutto questo".

"Già". Quelle di Margareth volevano essere parole di conforto, ma in realtà la rattristavano ancora di più. Era vero, Ross avrebbe perso ogni cosa di questo bambino, lui che era stato tanto felice quando era nata Julia e che per lei si era impegnato a rendere il mondo un posto migliore.

Fu l'ultimo pensiero razionale, quello. Il travaglio fu veloce, più di quello di Julia e Jeremy. La levatrice fece appena in tempo a varcare la porta della camera e ad avvicinarsi al letto, che la bimba nacque, dieci minuti prima della mezzanotte di un giorno nevoso di fine novembre.

Margareth le si avvicinò, appoggiandole la bambina a fianco, avvolta in una coperta. "Avevate ragione, è una femminuccia bellissima ed in salute".

Distrutta, Demelza aprì gli occhi. L'aveva sentita piangere con vigore ma non l'aveva ancora vista. Una bambina... Come Julia... Si chiese se sarebbe stata uguale alla sorella, bella e dolce come lei. A chiunque assomigliasse, comunque, non aveva importanza, sentiva già di amarla più della sua stessa vita, come era successo coi suoi fratelli prima di lei. Era come se con la sua nascita, le sue paure, le sue ansie si fossero acquietate.

Si voltò verso sua figlia, stringendola fra le braccia. Era bellissima, col viso tondo, i capelli rossi come i suoi e con i suoi stessi occhi azzurri. E con lo sguardo vispo e attento, ereditato dal padre. Vederla, la intenerì infinitamente. "Benvenuta, Clowance Poldark" – sussurrò, imponendole quel nome che, nei mesi precedenti, aveva deciso insieme a Jeremy.

Le accarezzò le guance, le mani, le baciò la punta del nasino e la piccola reagì sbadigliando ed osservandola incuriosita. Poi la strinse al suo petto, accarezzandole la piccola schiena.

Nonostante fosse tardi, quando lei e sua figlia furono sistemate con abiti puliti e letto rifatto, Mary le portò Jeremy che, preoccupato, non riusciva a dormire.

Demelza lo accolse nel lettone stringendolo a se e quando tutti se ne furono andati rimase in silenzio, cullata dal respiro placido dei suoi figli.

Jeremy si voltò verso la sorella, fissandola incuriosito. Demelza sorrise, accarezzandogli i capelli. Jeremy era un bambino dolce, pacato, gentile e con una fervida intelligenza, riflessivo e tranquillo e in questo non aveva preso decisamente né da lei né da Ross."Ti piace, tesoro? E' tua sorella Clowance".

Jeremy annuì. "Sì, posso toccarla?".

"Certo, falle una carezza sulla guancia, sarà contenta, sai?".

Jeremy allungò la manina, accarezzando il viso della sorella. Demelza gli accarezzò la testolina, baciandolo sulla fronte. "Lo sai, ora sei un fratello maggiore e sei anche l'uomo di casa. Dovrai insegnare a Clowance tutto quello che sai" – gli sussurrò, osservando gli occhi dolci e vivaci di Jeremy, così uguali a quelli del padre.

Osservò i suoi bambini, insieme, sentendosi infinitamente fortunata ad averli accanto. Senza di loro, la sua vita non avrebbe avuto più alcun senso... Era per loro che viveva e lottava, perché avessero un domani sereno, nonostante tutto. Guardò la piccola Clowance, che si era appena affacciata alla vita, talmente bella e perfetta che per un attimo si chiese se Ross, se l'avesse vista, sarebbe stato capace di volerle almeno un pochino di bene, nonostante tutto, nonostante Elizabeth e il suo amore per lei.

Ma a quel pensiero scosse la testa. Ross non avrebbe voluto Clowance, così come non era stato felice per l'arrivo di Jeremy. Ross ora era di Elizabeth, sicuramente viveva felice con lei e Geoffrey Charles e magari era in attesa di un figlio da lei, per quel che ne poteva sapere. Mancava da molti mesi dalla Cornovaglia e sicuramente una cosa del genere era anche piuttosto probabile, ormai.

Le venne da piangere di nuovo ma si impose di non farlo, non avrebbe sprecato altre lacrime per lui e non avrebbe fatto preoccupare i suoi figli a causa del dolore che le aveva procurato Ross.

Nonostante tutto però, Jeremy parve capire il suo turbamento. Allontanò la manina dalla guancia di Clowance e la abbracciò teneramente, appoggiando silenziosamente la testa contro la sua spalla.

Demelza rispose al suo abbraccio, stringendolo a se. Aveva Jeremy e Clowance accanto e poteva definirsi una donna fortunata per questo, nonostante tutto. E Ross poteva avere tutti i figli che desiderava da Elizabeth ma glie ne sarebbero sempre mancati due che, anno dopo anno, si sarebbero dimenticati persino della sua esistenza.

E per quanto quel pensiero facesse male, lei non poteva farci niente. Ross aveva fatto delle scelte e ora ne avrebbe pagato le conseguenze, per sempre.


  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Poldark / Vai alla pagina dell'autore: lady lina 77