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Autore: Blackwing    09/12/2016    0 recensioni
Cosa succede quando ti ritrovi il cammino sbarrato all'improvviso e non hai alcuna via d'uscita? Quando sai che se rimarrai lì ferma ti scontrerai contro il muro? Scappi.
Lei è una ragazza che ha deciso di lasciare tutto e andare via, lontano dal passato. Il segreto che porta dentro con sé l'ha portata a fidarsi solo di sé stessa. Prima era socievole e gentile? Ora fredda e di poche parole. Prima era circondata da persone che amava? Ora è sola, ma a lei sta bene così.
Lui è un ragazzo che vive lì fin da sempre con suo fratello. Con due aspetti e caratteri completamente differenti, l'uno attraverserebbe l'intero Oceano Pacifico per l'altro. Entrambi però sanno qualcosa. Qualcosa che li ha fatti diventare così come sono, qualcosa che li ha marchiati per sempre.
Quando poi alla realtà ci aggiungiamo un pizzico di fantasia, portando con noi anche i vampiri, come andrà a finire la storia?
-Quando hai un segreto che ti costringe a fuggire.
Quando il tuo passato entra con violenza nel presente.
Quando tutto sembra perduto...
L'unico posto dove puoi andare è l'amore-
- Nicholas Sparks
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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                                            PROLOGO




Mi svegliai di soprassalto e la prima cosa fu cercare di capire dove mi trovassi. Sbattei le palpebre più volte per focalizzare ciò che mi circondava e la prima cosa, o meglio persona, che vidi fu un'anziana che leggeva il giornale di fianco a me. Quanto avevo dormito? Feci per afferrare il mio telefono dalla borsa quando la signora parve accorgersi di me. Chiuse lentamente il giornale e dopo averlo posato in grembo si girò a guardarmi.

-Siamo arrivati, cara.-

La sua voce dolce ma allo stesso tempo consumata dagli anni arrivò alle mie orecchie. Avrei scommesso tutto quello che avevo che avesse fumato da giovane, anche se probabilmente aveva smesso: la sua voce aveva una lieve sfumatura gracchiante, così diversa dalla dolcezza che emanava. I capelli tinti di un biondo naturale erano raccolti in un elegante chignon e lasciavano intravedere le due perle sulle orecchie. Non si poteva dare un colore definito agli occhi: variava da un azzurrino chiaro a un verde forte e nonostante l'età continuavano a preservare gran parte della loro bellezza. Era truccata solo da un lieve tratto di mascara e altrettanto gloss sulle labbra, mentre i vestiti la rappresentavano in tutta la sua eleganza: una giacca legge di un rosa perlato abbinata a una gonna lunga, di quelle che si portavano negli anni '70.

Sentii un applauso e mi guardai intorno un po' infastidita. Non avevo mai tollerato quell'atteggiamento, sì eravamo arrivati sani e salvi, ma quando scendi da un autobus o da un taxi non ti metti di certo a battere le mani. Con un piccolo sbuffo mi alzai mentre gli hostess incominciavano a ringraziare e ci informavano del meteo, durata del volo e la loro intera vita. Perlomeno mi ero messa vicina al corridoio e per una volta la fortuna era stata dalla mia parte visto che il mio posto era nella seconda fila, così non avrei avuto alcun problema per uscire. Presi la mia borsa con dentro i miei unici possedimenti e dopo aver controllato di non aver dimenticato nulla, feci per andarmene.

Sentii qualche colpo di tosse, con cui ovviamente qualcuno voleva richiamare la mia attenzione, e il mio corpo, sospeso tra un passo e l'altro mentre cercava di raggiungere l'uscita fu costretto a girasi mentre un lieve sorriso, dettato dall'educazione con cui ero cresciuta, sfoggiava sulle mie labbra.

-Scusami signorina, non vorrei disturbare, ma avrei davvero bisogno di un piccolo aiutino-

Era l'anziana signora che si era seduta alla mia destra. Ma non poteva aiutarla il ragazzo che c'era, seduto accanto al finestrino? Con la coda dell'occhio vidi che il suo posto era vuoto e dopo essermi girata completamente notai che effettivamente lui non c'era. Ma come aveva fatto se io sarei dovuta scendere prima di lui? Si era smaterializzato?

-Certo, arrivo.- Trattenni un sospiro e sperai che dalla mia voce trasparissero solo dolcezza e gentilezza, senza la frustrazione e la voglia d'andarmene che provavo in quel momento. In fondo l'educazione va prima di tutto, no? Così, dopo aver fatto un grande respiro, presi con la mano libera cercai di afferrare la sua valigia. Peccato che fosse troppo in alto. Dovetti appoggiare la mia borsa sul sedile accanto e dopo vari sforzi riuscii a prenderla. Non mi cadde addosso ne io caddi a terra come temevo e io potei dare la valigia alla signora.

-Me la potresti portare fuori? E' che sai, l'età ormai si sta facendo vedere e non vorrei rompermi qualcosa e poi sono stata operata tante di que-

-Certo.- La interruppi prima che decidesse anche lei di raccontarmi la sua vita intera e il suo fascicolo medico. Sperai vivamente che il mio sorriso non avesse mostrato l'impazienza e la voglia di ucciderla che mi era assalita al momento, ma se se n'era accorta, non disse nulla. Recuperai la mia borsa e la sua valigia e finalmente uscii da quell'aereo.

 

Chiusi gli occhi per bearmi di quel momento, l'aria fresca che mi accarezzava dolcemente il viso e inizialmente non mi resi conto del fatto che non ci fosse il sole. Quando riaprii gli occhi mi venne spontaneo guardare l'orologio. Erano le cinque e mezza di mattina. Il volo era partito dalle quattro e un quarto, dato che era l'unico che avesse un prezzo relativamente basso e considerando il fuso d'orario, il viaggio era durato esattamente due ore e un quarto. Mi lasciai sfuggire un gesto un po' infastidito, dopo aver visto che il primo autobus sarebbe partito a lì almeno un'ora dopo. Ma non ne esistevano di notturni? E io come si suppone avrei dovuto fare?

Purtroppo però mi toccava aspettare, almeno che non avessi improvvisamente imparato a volare. Decisi che per la mia sicurezza era comunque meglio non sfidare la sorte e mi sedetti sul marciapiede con un sonoro sbuffo. Nei cinque minuti che susseguirono controllai il telefono sì e no dieci volte, e ogni secondo che passava diventavo sempre più pronta a giurare che il tempo rallentasse. Forse per farmi un dispetto.

-Tesoro, non vai a casa?-

Ma perché le persone non ci facevano mai gli affari propri? E poi, non doveva essere già andata via quella donna? Senza girarmi, l'avevo già riconosciuta per la voce, le risposi con un “Non appena l'autobus si degnerà di passare.” Odiavo essere brusca o fredda con le persone, non rientrava affatto nel mio carattere, ma nelle ultime ventiquattro ore avevo capito che se fidarsi è bene, non fidarsi è decisamente meglio, perché le persone sono sempre tutte uguali, è inutile quanto tu possa sperare o quanto la ami, ti deluderà, in modo o nell'altro. Nell'ultimo giorno il mio motto era diventato “meglio prevenire, che curare”. Meglio prevenire le cicatrici, meglio prevenire il tradimento, meglio prevenire la falsità.

-Vuoi venire in taxi con me? Non credo ne passino molti altri a quest'ora e mi farebbe bene un po' di compagnia.

Mentre il “no” stava per uscire dalle mie labbra pensai a quanto mi sarei pentita nel caso avessi rifiutato, solo che...-Io non ho soldi..per pagare il taxi.- Spiegai con un po' di incertezza. Mi chiesi il perché visto che i suoi pensieri non mi dovevano importare. Non mi doveva importare se pensava che magari volevo soltanto approfittarmene, dovevo soltanto risultare fredda e distante, come la neve.. Non timida e incerta.

-Pago io, tranquilla.- Sembrava dalla sua voce che fosse una giornata come tutte le altre, sembrava fosse un pomeriggio di sole perfetto per andarsi a prendere un gelato ed uscire con gli amici e non una notte, inoltrata, dopo un lungo viaggio e per giunta in una nuova città. Non so dire bene cosa portò a fidarmi, nonostante le mie numerose proteste sul fatto che pagasse per me, forse la positività che trasmetteva, l'allegria emanata dal suo sorriso o quel velo di tristezza che emanavano i suoi occhi. L'avevo notato solo in quel momento, un velo che riusciva ad uscire nonostante tutti gli sforzi per nasconderlo sotto falsi sorrisi. Una tristezza che però non poteva sfuggire soltanto all'occhio più attento, mentre agli altri poteva benissimo apparire invisibile. Avevo sempre amato osservare le altre persone, i loro comportamenti o anche come fossero vestite, al fine di capirle un po'. Mi immaginavo la loro vita i loro problemi e le loro gioie più grandi, chi fossero e quale fosse il loro lavoro, se fossero dolci o sgarbate. Forse fu proprio quello sguardo che alla fine mi fece cedere ed accettare con un grazie. Quello sguardo che possiede soltanto una guerriera, lo sguardo di una persona che aveva combattuto una battaglia più grande di lei e che forse non era ancora finita, e che non solo era sopravvissuta ma nonostante le ferite e gli innumerevoli tagli continuava a vivere come se niente fosse, si sforzava per nasconderli e non farli vedere a nessuno. Lo sguardo di una persona forte che ha visto l'Inferno ma continua ad avere speranza. Una persona così simile e allo stesso tempo così diversa da me. Io che ero così debole di fronte a lei, che mi sentivo così debole, che invece l'unica cosa che riuscivo a fare di fronte a un problema era scappare e lasciarlo il più possibile indietro, sperando di averlo seminato e di non ritrovarlo mai più.

Mi riscossi sperando di non aver dato a vedere i pensieri che mi avevano attraversato la mente e la seguii dentro il taxi. Per la seconda volta in neanche mezz'ora si mostrò gentile e cordiale nei miei confronti: mi fece qualche domanda ma senza essere troppo indiscreta e là dove rispondevo molto non faceva altre domande. Scoprii che lei viveva proprio in quella città e che era partita per andare a trovare una persona a lei molto cara, non specificò chi fosse e io ritenni opportuno non chiederle niente così come aveva fatto lei. Dopo una decina di minuti avevamo esaurito i temi di cui parlare, non che fossero molti, e senza sembrare sgarbata mi girai verso il finestrino. Londra. Una bellissima città. Me ne avevano parlato in molti, amici e conoscenti che erano andati a visitare la capitale dell'Inghilterra. C'era chi mi aveva detto che il cibo era davvero pessimo e che si sentiva alla grande la mancanza del cibo italiano, c'era chi lo riteneva essere soltanto un posto piovoso e triste e c'era invece chi era tornato entusiasta dal viaggio. Io non avevo mai avuto la possibilità di andarci, l' osservavo attraverso gli occhi di altri, la vivevo con i loro racconti. Dicono che se ti fai troppe illusioni alla fine ne rimani sempre deluso,ma quel momento, per prima volta, non fu quello il mio caso. La bellezza di Londra mi destabilizzò e non solo perché dal qual momento in poi l'avrei potuta visitare millimetro per millimetro, e non da un poster appeso in camera mia con la speranza di poterci andare un giorno, o dal finestrino di un taxi, ma perché quella sarebbe diventata la mia città. Mia.

 

 

 

 

-COSA?

Guardai il signore della reception sorpresa e allo stesso tempo, beh, non so definire bene come mi sentissi in quel momento. Forse infastidita, forse arrabbiata, delusa o tutte e tre insieme.

Com'era possibile? Non solo richiedeva cento sterline per soltanto una notte, ma inoltre non accettava gli euro. E come avrei fatto a pagare? Avrei speso la maggior parte dei miei risparmi, sarebbe già stato tanto se non fossi morta di fame.

-Sono 100 sterline. E no, non accettiamo l'euro.

Mi ripeté per la decima volta oramai perdendo la pazienza. Sembrava davvero che stesse diventando un automa, tante erano le volte che mi aveva ripetuto quella frase, e in quelle volte neanche una virgola era cambiata. Gettò un'occhiata veloce dietro alle mie spalle, come per dire di sbrigarmi e fare in fretta perché c'erano molte persone dietro di me che aspettavano e che non aveva tutto il giorno.

-Come sarebbe a dire? E io come dovrei fare? Non ho sterline qui!

Gli mostrai il portafoglio come per dimostrarli che stavo dicendo tutta la verità nient'altro che la verità, al che lui alzò gli occhi al cielo e respirò profondamente. Un po' sdegnata da quel comportamento alzai leggermente le sopracciglia, ma poi parlò e si corrugarono subito.

-Guarda...- Abbassò la voce per non farsi sentire dagli altri clienti.- non posso fare sconti se no il capo mi ucciderebbe ma l'unica cosa che posso fare è darti tempo. Vai in banca, cambia i sodi che hai e torna qui. Una settimana.

Un sorriso di gratitudine si fece largo tra le me labbra.

-Grazie mille! Riporterò tutto, fino all'ultimo centesimo, lo prometto! Solo il tempo di trovare un lavoro e..e sarò di ritorno qui in un lampo!
-Lavoro? Ecco, forse non dovrei dirtelo ma ho sentito dire che nell'ospedale qui di fronte, nel reparto dei disabili, cercano qualcuno che lavori per loro. Non credo ci sia bisogno di aver fatto l'Università, sai, hanno bisogno di qualcuno che faccia le solite cose, pulire un po' di qua di là, fare qualche recapito..

Il sorriso di prima non era niente in confronto a quello che sfoggiava adesso il mio viso, mentre una voglia infinita di abbracciarlo mi assaliva. Per fortuna mi trattenni, non posso neanche immaginare che faccia avrebbe fatto se fosse stato altrimenti, ma tutto filo lisciò e io potei lasciare finalmente quell'hotel senza troppe complicazioni. Mentre attraversavo la strada che mi avrebbe portata all'ospedale pensai che quella nuova vita stava iniziando davvero bene, chissà forse sarei stata felice. Ma si sà, le cose belle non sono destinate a durare, e quello che in quel momento ciò non sapevo è che non sarei mai entrata in quel posto.

 

  
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