Colpa del Destino (almeno in parte)
Prologo
Tutto iniziò a causa di un pacco di biscotti.
Lo so, è un modo pessimo e alquanto poco
romantico di iniziare la narrazione di questa vicenda, ma non vedo soluzione
migliore per dare il via al racconto, dato che tutto ebbe inizio proprio a
causa di quel pacco di biscotti.
Ma alt, ferma. Forse è meglio cominciare
dalle presentazioni come la gente civile, e cercare di trattenere il fiume di
parole che come spesso capita mi sfugge incontrollato quando devo raccontare
anche l’aneddoto più idiota. Ebbene mi chiamo Cornelia Hayes e sono una
ventisettenne del tutto anonima e trasandata che si aggira come altri milioni
di persone su questo mondo. Ecco, chiariamo il punto fondamentale della
situazione: non sono né bionda, né ho grandi occhi azzurri da cerbiatta e men
che meno sono una di quelle stangone che popolano la tv. Insomma, nulla a che
vedere con la frizzante ragazza intraprendente che affronta la vita grazie alla
bellezza e la popolarità. Delusi? Spiacente.
Adesso immaginate l’esatto contrario della
descrizione soprastante: ovvero una timidona dai
ricci castani perennemente legati in una coda e gli occhi scuri, che ama
perlopiù vestiti sformati e comodi e odia essere al centro dell’attenzione.
Ebbene, questa sono io; senza contare che sono alta sì e no un metro e uno sputo,
diciamo pure che se scrivessi il mio nome in una colonna verticale sarebbe
comunque più slanciato di me.
Allora, vi starete chiedendo: perché una
tappa sfigata vuole raccontarci delle sue mirabolanti avventure con dei
biscotti? Comprendo il vostro disappunto, e state sicuri che se pazienterete
avrete risposta a tutto.
Ebbene, si dà il caso che è proprio a causa
della mia proverbiale essenza di Hobbit che, come ho
detto, tutto ha avuto inizio, e a causa di ciò che ho incontrato quello che
dovrei dire è diventato l’uomo più importante della mia vita.
Avverto già la vostra impazienza nel
comprendere di più (siete impazienti, vero? Andiamo, quantomeno fingete e
collaborate!), dunque mi appresto senza indugio al racconto dell’episodio.
Allora, so che alcuni di voi si sono trovati nella tipica situazione che capita
almeno una volta nella vita – nel mio caso, e in quello delle puffe come me, sarebbe meglio dire plurerrime
e imbarazzanti volte. Complici: i maledetti scaffali del supermercato. Sì,
loro, quei balordi raggiungibili solo da un salto alla Micahael
Jordan o dalla gente superdotata di quello strabiliante dono della natura chiamato
“altezza”.
Diciamo dunque che mi aggiravo come una iena
davanti ad uno di questi simpatici espositori, sul quale – giustamente sul
ripiano più alto – i miei biscotti preferiti sembravano quasi farmi “ciao ciao”
con la manina e sembravano addirittura dire “ti piacerebbe raggiungerci, eh?”. Di
solito la questione è semplice, no? Chiedi aiuto alla gente che ti passa
accanto, peccato che essendo prossima l’ora di chiusura i corridoi fossero
praticamente deserti. E io, cocciuta, avevo già deciso che non mi sarei
schiodata da lì senza i miei benedetti biscotti, dato che era dalla mattina che
già sognavo di sfondarmi di porcherie ipercaloriche e cariche di cioccolato una
volta tornata a casa. Quindi capitemi, dopo ore e ore passate a immaginare la
scena non si può certo rinunciare così facilmente!
Insomma, stavo lì a scervellarmi su come
risolvere il dilemma esistenziale quando una voce calda e comprensiva giunse
infine in soccorso.
-Cercate questi, signorina?-
Come in un miraggio, un pacchetto fluttuava
miracolosamente alla mia portata. O meglio, non fluttuava certo in senso
letterale, ma era tenuto sospeso da un – wow! – gran pezzo di uomo che
sorrideva quasi divertito probabilmente dalla mia faccia esageratamente
euforica. Maledizione, che figura. Ma non era quello l’importante, la cosa
degna di nota era che solo adesso mi accorgo di essere rimasta a fissarlo con
aria abbastanza ebete – gli occhi a padella e la mascella che toccava il suolo
come succede a certi personaggi dei cartoni animati – per alcuni secondi (di
troppo), prima di riuscire ad allungare una mano.
-Suppungo di sì…
insomma, certo che sì. Si notava così tanto?-
Che domande idiote che faccio, a volte. Ma
lui non si scompose più di tanto.
-Uno sguardo simile al suo l’ho visto solo
sul viso di Jack di Titanic quando
guardava Rose-
Ecco, come volevasi dimostrare, avevo fatto
un’ottima impressione.
A quel punto ammetto che non c’era nulla di
meglio da fare che ringraziare il benefattore e fuggire via, con ancora il viso
in fiamme. Ancora oggi, se a tratti ci penso, mi viene voglia di esiliami a
tempo indeterminato in un bunker di merendine. E ancora oggi ripenso a quante
volte, ad ogni nuovo biscotto, mi veniva sempre in mente l’immagine di quel
viso squadrato e il sorriso nonostante tutto affabile e gentile, i capelli neri
e corti ed un paio di incredibili occhi grigio-azzurri. Lo vedevo quasi in
abito elegante, seduto davanti alla scrivania di una qualche impresa
importante, anche se in realtà non avevo fatto caso a come fosse effettivamente
vestito.
E inoltre… oh, ma a che serviva fantasticare?
Era stato solo un uomo gentile come tanti altri ne avevo incontrati, non c’era
motivo di costruirsi tutte quelle storie sul suo conto. E oltretutto, non
l’avrei neanche più rivisto, giusto?
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Salve a tutti e benvenuti a questo tentativo di stesura di uno
dei miei primi racconto esclusivamente romantici in assoluto (o perlomeno in
buona parte).
L’introduzione probabilmente è un po’ corta e lascia ancora
molte domande, descrizioni da completare e punti irrisolti, ma abbiate fede:
tutto arriverà a tempo debito! Questo capitolo serve più che altro a presentare
la nostra protagonista e dare un’idea del tono “spensierato” che vorrei dare
alla narrazione, spero possa essere di gradimento :)
Che altro dire? Ringrazio chi vorrà leggere e magari darmi un
parere su questa piccola introduzione ;)