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Autore: pickingupwords    12/12/2016    2 recensioni
[storia tratta dalla serie tv SKAM, non essendoci ancora questa serie tv negli archivi di efp, sono stata obbligata a renderla una storia originale. (NooraxWilliam s3)]
Ritorno di Noora ad Oslo dopo la pausa con Willhelm.
E le rispettive mancanze che questo ritorno comporta.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ROUTE LONDON-OSLO

***ATTENZIONE: fatti e personaggi sono ispirati dalla serie televisiva SKAM, purtroppo non essendo ancora negli archivi di efp non mi è stato possibile definirlo nei caratteri generali di ricerca, non intendo plagiare o rubare idee e personaggi, è una semplice one shot ispirata come tutte le altre***

 

 

 

 

 

 

You got that James Dean day dream look in your eye
And I got that red lip classic thing that you like
And when we go crashing down, we come back every time

 

 

 

 

Eskild era di nuovo in camera sua, mentre lei era raggomitolata fra le coperte.
“Ti serve qualcosa?”
Scosse la testa. “No, sto bene; Eskild puoi smetterla di farmi da babysitter”
Silenzio. Qualcuno si sdraiò accanto a lei ed iniziò ad accarezzarle i capelli. “Noora...” sussurrò.
Noora scoppiò a piangere.

 

***

 

“Non riesco più a farcela così” strinse le labbra tinte di rosso scuro e trattenne le lacrime, abbassò la testa.
Lui continuò a guardarla, le si avvicinò. “Così come?” cercò di alzarle il viso, ma lei si divincolò e gli voltò le spalle.
“Non ci vediamo mai, io...” singhiozzò e scosse la testa, facendo muovere quei capelli quasi bianchi da quanto erano biondi. “Io ho lasciato tutto per te: le mie amiche, la scuola, la mia casa...” pianse. Lui la costrinse a voltarsi e lei finalmente incastrò i suoi occhi in quelli di lui. “William, io ti amo” disse con fermezza, le scendevano delle lacrime sulle guance. “Io ti amo, ti amo da morire”
“Allora qual è il problema?” la sua voce bassa e sicura la investì e le fece tremare le ginocchia.
“Il problema è che...” prese un respiro e si allontanò da lui, aveva la voce rotta. “E' che tu non ci sei mai! Io resto qua: ho abbandonato tutto per te e... E sono da sola!”
William cercò di raggiungerla, ma forse lei era ormai troppo lontana. O forse era lui troppo lontano per riuscire ad arrivare a lei? Forse era lui ad avere molto a cui pensare e non concentrarsi mai su lei? Quell'idea lo fece rabbrividire. Noora era l'amore della sua vita. “Non sei da sola, hai me” la rassicurò, ma lei scosse la testa sconsolata.
“Tu non sei mai con me” ormai aveva iniziato a piangere senza trattenersi. William l'abbracciò, cercando di calmarla, mentre lei cercava di divincolarsi dalla sua presa e lui la stringeva sempre di più. “Sei la mia vita, Noora” sussurrò.
“No!” lei alzò la voce e si separò definitivamente da lui. “No!” ripeté. “La tua vita non sono io! La tua vita è il lavoro, è tuo padre, è essere lodato da lui per ogni passo giusto che fai!”
“Cosa c'è di male nel lavorare e nel portare a casa soldi che servono anche a te?” alzò anche lui la voce, questa volta.
“C'è che sei diventato ossessionato! Ti sei dimenticato di me!” erano parole dure, le sue. E lui non disse niente all'inizio.
“E' questo che pensi?” domandò lui pacato, dopo qualche secondo di silenzio.
Noora non rispose. “Io...”
“E' questo che pensi o no?” le si avvicinò e fissò il suo sguardo in quello di lei. Noora conosceva quel tono, era un tono che non ammetteva repliche: o era d'accordo con lui, o si trovava tagliata fuori. Si ricordò dell'anno precedente, quando pensava che l'avesse tradito e di come lei l'avesse rincorso fuori da scuola, mentre lui la schivava e l'aveva lasciata cadere per terra da sola, a piangere. Le stava rivolgendo lo stesso sguardo. Noora deglutì. “Sì” rispose.
William non disse una parola e uscì di casa, Noora, però, questa volta non lo rincorse.

 

***

 

William tornò in appartamento dopo il lavoro.
L'appartamento vuoto che non sapeva più di Noora.
“Ho bisogno di tempo per pensare cosa fare, William” così gli aveva detto.
Lui non aveva risposto e lei aveva continuato. “Credo tornerò in Norvegia, per un po'”. Ancora silenzio da parte sua, Noora esitò. “Puoi... Potrai raggiungermi, se vorrai”
“Sì” aveva replicato soltanto lui. “Va bene”
Si erano fatti attimi di silenzio che avevano formato un peso nel cuore di tutti e due. “Allora io vado” aveva detto lei. “Il taxi è arrivato e se non vado adesso perdo l'aereo, quindi...”
Lui si era alzato dalla sedia e avrebbe voluto baciarla, ma si era trattenuto. Si guardavano negli occhi l'un l'altra, cercando un modo per abbattere quei muri che si erano formati tra di loro. “Buon viaggio, Noora” William spezzò quel silenzio diventato ormai insopportabile.
Lei lo stava fissando e sembrava supplicarlo di seguirla. “Buona vita a Londra, William”
Ed era uscita, chiudendosi la porta alle spalle.
William era scoppiato in lacrime e lui non piangeva mai.
Ora era fermo al centro della cucina a ripensare a quel momento, che si era svolto proprio lì.
Com'era potuto succedere? Com'era potuto finire tutto così in fretta? Era stato come iniziare a volare e cadere a terra subito dopo, con uno schianto.
Era stata colpa sua? Si era davvero concentrato troppo su altro lasciando da parte l'amore della sua vita? Aveva davvero dimenticato di dare attenzioni a Noora?
Eppure quel pensiero lo fece irritare. Lavorava per aiutare anche lei, per poterle far fare un college prestigioso ed importante in futuro. Come poteva lei non essergli riconoscente? Andò in camera e annusò il cuscino che fino a qualche giorno fa era suo. Si appoggiò completamente ad esso, inspirando il profumo di Noora ancora impresso nelle lenzuola. Ripensò al suo sorriso e gli venne un groppo in gola.
Ripensò a quando facevano l'amore e si sentì incompleto. Si guardò attorno: nulla di quello aveva senso senza di lei. Si erano lasciati tutto alle spalle per costruirsi una vita nuova insieme, forse lei era troppo giovane, ma lui era l'amore più grande della sua vita ed aveva rinunciato alla sua quotidianità per lui. William, invece, aveva ritrovato suo padre a Londra e aveva cercato di recuperare il tempo perduto da piccolo, dopo che se n'era andato di casa con un'altra donna. Aveva provato a perdonarlo ed erano bastate due lodi per farlo invaghire di nuovo di lui e più andava avanti, più voleva sentirne, più voleva essere apprezzato da quell'uomo che l'aveva abbandonato.
Forse non aveva pensato, invece, che l'unica persona che non l'aveva mai abbandonato era rimasta sempre al suo fianco fino a quel momento. Si mise nei panni di Noora: era sola, senza nulla da fare, non era riuscita ad entrare ancora in una scuola, quindi avrebbe dovuto iniziare l'anno seguente a settembre e lui non era mai con lei.
William aprì gli occhi e per un attimo si sentì morire.
Noora non era più con lui.
“Noora non è più con me, Noora non è più con me, Noora non è più con me” se lo ripeté in continuazione come un mantra fino a realizzarlo pienamente.
Fu come se delle lame si conficcassero nel suo corpo.
Si alzò a fatica.
Guardò la sua valigia accanto all'armadio e strinse i pugni.

 

***

 

Ho seriamente pensato che io e William saremmo stati insieme per sempre. Quando sei innamorato pensi che l'amore debba essere come nei film, ma non funziona così.”

 

Noora guardò il telefono un'altra volta, sperando in un messaggio, in una chiamata.
Niente.

Lo schermo era vuoto e si sentì vuota anche lei.
Un groppo in gola si fece spazio e le impedì di respirare, trattenne le lacrime solo perché sentì qualcuno arrivare dal corridoio e dirigersi in camera sua.
Isak entrò e la fissò, trovandola molto diversa dal solito, la luce nei suoi occhi si era spenta dopo il ritorno in Norvegia. “Ehi” disse solamente, sedendosi accanto a lei sul letto.
“Ciao” si schiarì la voce e si passò una mano nei capelli.
“Stai... Stai meglio?” evitò accuratamente il suo sguardo. Noora non rispose. “E' stato un cretino a lasciarti andare” sussurrò appena.
Noora annuì, forzando un sorriso. “Grazie, Isak”
Lui in risposta fece spallucce. “L'hai sentito?”
“No, non ancora” il suo tono era piatto.
Lui le cinse le spalle. “Sei sicura?”
“Di cosa?” lo guardò e lui fece lo stesso.
“Di star facendo la cosa giusta”
“Non lo so”
Non lo sapeva davvero, non era certa che la scelta di lasciare William avrebbe effettivamente portato ad una presa di coscienza di lui. Ne era molto innamorata e non avrebbe mai gettato tutto all'aria; o forse era proprio quello che stava facendo? Forse era davvero lei che non capiva la situazione e l'impegno che William metteva nel suo lavoro? Forse era lei che non si capacitava di quanto lui lavorasse anche per il suo bene? Non era più sicura di nulla, non aveva più certezze.
L'unica cosa di cui era consapevole era il dolore che provava da quando era andata via da Londra lasciandosi William alle spalle dopo aver chiuso la porta del loro appartamento. Quante lacrime aveva versato negli ultimi giorni e quante speranze aveva riversato in un ragazzo che, magari, l'avrebbe lasciata attendere in eterno. Non gli aveva dato una scadenza, anche se fosse tornato: quando? Quando sarebbe successo? Quando si sarebbe ripresentato alla sua porta con lo sguardo pieno di scuse e l'espressione addolorata? Quando le avrebbe detto che le era mancata, che aveva sbagliato?
Per un momento, l'idea che potesse non farlo le strinse le viscere.
Le tornò in mente il sorriso di William e di come vederlo le scaldava il cuore, le venne in mente il loro primo appuntamento, il quale era stato incorniciato da una coperta ed una cioccolata calda; il primo bacio e il suo modo di vedere William, che era cambiato con il tempo ed era finita per innamorarsene con tutta se stessa.
Aveva abbandonato tutto per lui: la sua casa, il suo paese, le sue amicizie; solo per amore, solo per William. Era sicura che per nessun altro l'avrebbe mai fatto, tutto quello che provava per lui era amore puro e sincero e si era arresa alla prima difficoltà.
Sarebbe stata in grado di perdonarlo?
E lui sarebbe stato in grado di perdonare lei, per averlo abbandonato come tutti gli altri?

 

***

 

Due settimane dopo William scese dall'aereo con la valigia al seguito ed alzò lo sguardo.
Rivide il cielo della Norvegia, un cielo freddo che gli era mancato da quando quello piovoso di Londra aveva preso il suo posto.
Guardò il cellulare.
Avrebbe dovuto avvertirla?
Decise di aspettare ancora un po', il tempo di sistemarsi in un albergo e poi chiamarla.
Non voleva affrettare le cose: aveva bisogno di pensare a quel che aveva da dirle, aveva bisogno di riordinare le idee che gli frullavano in testa.
Entrò in aeroporto e passò davanti alla zona partenze e camminò veloce, doveva trovare un taxi il prima possibile e parlare con Noora. Che avrebbe potuto dirle? Che gli dispiaceva? Che aveva mandato tutto a rotoli per niente? Che si sentiva in colpa? Che avrebbe rinunciato a qualunque cosa pur di star con lei? Che Londra non aveva più colori da quando lei se ne era andata? E se lei avesse già provato a dimenticarlo? Non si erano sentiti, non si erano più parlati, per quindici giorni.
Sarebbe stato tutto come prima?
Ponendosi tutte queste domande, quasi non notò che una chioma di capelli biondi, quasi bianchi, facenti da cornice a un viso pallido colorato solo da un rossetto rosso, stava entrando dalle porte principali in quel momento, proprio mentre lui era sul punto di raggiungerle per uscire. Restò paralizzato qualche secondo, poi sussurrò il suo nome.
Lei non sentì, ovviamente e si avviò verso il check-in, dandogli le spalle. Fu in quell'istante che William urlò. “Noora!
La ragazza si girò di scatto e appena lo vide trattenne un respiro, portandosi una mano alla bocca e a bassa voce con tono stupito esclamò "Willhelm".
William buttò a terra la valigia e si mise a correre, mentre Noora restò ferma, con le gambe che le tremavano.
Appena la raggiunse l'abbracciò, sollevandola da terra, ricevendo da lei lo stesso amore che lui le stava trasmettendo. La sentì piangere.
Non appena la mise di nuovo al suolo si guardarono negli occhi per interminabili secondi, mentre lui le accarezzava con forza la guancia, le passava la mano sulla nuca, fra i capelli e lei aveva il suo viso fra le mani.
Fu lei a fare la seconda mossa: lo baciò. Fu un bacio lungo -Noora si rese conto di quanto le labbra di William le fossero mancate subito dopo aver posato le sue su di esse-.
Quando si separarono, William appoggiò la sua fronte contro quella di Noora e sorrise, non sorrideva in quel modo da quando lei se n'era andata.
Non si accorsero nemmeno dei passanti che li osservavano incuriositi, erano entrati in una dimensione in cui esistevano solo loro due. Solo William e Noora.
“Stavo tornando da te” gli disse trattenendo le lacrime che minacciavano di uscire di nuovo.
“E io da te” replicò William con tono dolce. Noora sorrise e lo abbracciò di nuovo.
“Mi sei mancato” sussurrò lei tra le sue braccia e lui le diede un bacio fra i capelli, stringendola a sé il più forte possibile.
“Non sarei stato capace di buttare tutto all'aria, Noora. Sei tutta la mia vita, sei tutto quello che ho” al sentir quelle parole, Noora aumentò la presa su di lui e alzò lo sguardo, incontrando i suoi occhi castani.
“E tu sei la mia” constatò, dopo averlo baciato di nuovo.
“Torniamo a casa?” le chiese, tenendole la mano e avviandosi a riprendere la sua valigia.
Noora lo guardò sorridente e annuì.
E con le mani intrecciate ripresero a camminare.
Insieme.

 

  
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