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Autore: Avion946    16/12/2016    0 recensioni
Un modesto agricoltore austriaco, scampato agli orrori della prima guerra mondiale, approfittando di alcune fortunate combinazioni e grazie ad una notevole abilità personale, riesce, seppure fra mille difficoltà, a creare una vasta e solida impresa commerciale. Un fantasma riemerso dal suo passato lo obbligherà però a vivere un'ultima importante e rischiosissima avventura.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 18 calici imperatore

Capitolo 18^

Al ritorno dalla missione, Raphael comunicò quanto scoperto al padre e a Dowson che, dopo circa un mese chiese loro di recarsi nella sua villa bunker di San Francisco. Tutti e due, molto curiosi, accettarono e arrivati, furono subito introdotti nella magnifica biblioteca, nella quale il padrone di casa li aspettava. Assieme a lui c'erano anche i due uomini che avevano accompagnato Raphael nella sua missione. Dopo i soliti convenevoli ed aver accettato da bere, entrarono subito in argomento perchè tutti non aspettavano altro. Ad un segno di Dowson uno degli uomini prese una grossa carta dell'Argentina e la spiegò completamente sul piano della scrivania mentre Tobias ed il figlio si avvicinavano per vedere meglio. "Dopo aver ricevuto le vostre informazioni e, in proposito, riconosco che avete fatto un ottimo lavoro, e dopo aver raccolto notizie complete e precise sulla zona indicata, ho rispedito laggiù questi due giovanotti, ormai pratici, accompagnati da una comitiva di 'pescatori' piuttosto numerosa, perchè fra le caratteristiche di Bahia Blanca, c'è quella di essere un buon territorio di pesca per le spugne. I bassi fondali, tra i 10 e i 15 metri favoriscono la loro crescita e contemporaneamente la loro raccolta. Così abbiamo armato due piccoli pescherecci che hanno fatto il loro lavoro per diversi giorni. Naturalmente, di quando in quando, si sono accostati a qualche isola, a qualche tratto di costa e lì hanno svolto alcune operazioni. I ragazzi mi dicono che da alcune zone, in particolare sulle isole, sono stati cacciati in malo modo e a volte addirittura con la minaccia di armi. E' naturale che proprio in questi posti, ma non solo, alcune persone, dotate di moderne attrezzature subacquee, sono tornate con la massima circospezione. In tutti questi giorni, i miei uomini hanno fatto fotografie a tutto quello che hanno visto. Case, persone, isole, tratti di costa, un lavoro accuratissimo. Alla fine, guardate quà, questi sono i risultati". Mostrò sulla carta la zona interessata, ossia quella della costa argentina in prossimità di Bahia Blanca. Indicò le tre isole della baia, da nord a sud, nell'ordine l'Isla Bermejo, Trinidad e Anadna, ognuna delle quali aveva sopra disegnata una grossa X in rosso e numerate da 1 a 3. Poi, più a sud, un tratto di costa della lunghezza di circa 20 Km. Su queste zone erano tracciate altre lettere "X" in colore rosso e accanto ad ogni lettera appariva un numero, per la precisione, sette "X" numerate appunto da 4 a 10. Dopo aver illustrato la carta ai suoi ospiti, sempre più curiosi, Dowson si fece portere da uno dei suoi uomini una pila di cartellette, 10 per la precisione, custodita in uno dei misteriosi cassetti nascosti della biblioteca. Ognuna, contrassegnata da un numero, era collegata al corrispondente numero sulla carta geografica. "Ogni cartelletta - spiegò - contiene più materiale possibile circa le diverse zone a cui sono abbinate. Foto, notizie, commenti, informazioni. Insomma un lavoro accuratissimo. Naturalmente, pur con tutto questo materiale, non è facile sapere ciò che vogliamo. Ci sono moltissime foto di persone, alcune delle quali sono state identificate, altre mai viste ma non per questo meno importanti. Però, vorrei che lei Tobias, osservasse questo materiale, perchè da qualche parte bisogna iniziare e forse la chiave me la potrà fornire proprio lei. Non le voglio anticipare nulla per non influenzarla". E spinse verso di lui la cartelletta contrassegnata con il numero 3 che corrispondeva alla X segnata sull'Isla Anadna. Tobias se la mise davanti e con attenzione l'aprì e cominciò a sfogliare il materiale sotto lo sguardo attento degli altri che sembravano non voler perdere un solo movimento. Osservò foto di luoghi, poi di una bella casa, di persone che apparentemente sorvegliavano l'isola, lesse appunti e poi..... "Ma questo.....". E osservò meglio la foto. Poi prese la successiva che appariva più chiara. Tutte e due mostravano un uomo a figura intera, vestito in modo molto elegante che da una terrazza della casa, gurdava verso l'esterno. Era magro, alto e con i i capelli chiari. "Ma questo... - ripetè emozionato Tobias - questo è .... è Daniel Stainer! Quel farabutto di Daniel Stainer! Certo, è invecchiato, ha perduto qualche capello ma è lui, ne sono sicuro. Ma.... - poi aggiunse - ma io conosco anche questi!  - mise due foto sul piano della scrivania davanti a Dowson - Questo è Rolf Lange , grande amico, o almeno diceva di esserlo, di mio suocero e quest'altro era un grosso cliente, Stefan Voight, della zona di Maissau, vicina all'abbazia". Dowson che sembrava non aspettare altro che quella conferma, con grande soddisfazione, si alzò e gli strinse la mano. "Se sono nel gruppo degli ospiti delle isole, state sicuri che la loro coscienza non è tranquilla. Comunque, bravi, tutti. Ottimo lavoro! Ed ora, se siete d'accordo, andiamo a prenderli!". Tobias piuttosto dubbioso, era rimasto sorpreso da quelle parole. "Andiamo a prenderli? Ma come? E in quale veste? E poi quand'anche ci riuscissimo e mi sembra difficile, che facciamo dopo?". Dowson lo aveva lasciato parlare con un sorriso sulle labbra. Alla fine delle domande, rispose dicendo di avere un piano preciso. Ed ai due ospiti che lo ascoltavano senza perdere una parola, spiegò per filo e per segno cosa aveva intenzione di fare.  Tobias disse che onestamente non se la sentiva di far parte di quell'operazione, che era troppo vecchio, che sarebbe stato solo di peso. Dowson però, stavolta non chiedeva favori. Voleva che l'operazione andasse a buon fine e voleva Tobias con loro per identificare le persone con certezza. Questi alla fine dovette arrendersi, considerando che Raphael gli assicurò che sarebbe stato sempre con lui e l'avrebbe protetto.  Chiese però se avrebbero avuto dei problemi dalle autorità del posto. Dowson rispose che riteneva proprio di no. In Argentina erano cambiate molte cose e ancora parecchio doveva accadere, secondo lui. "Da quando nel 1955 il presidente Peron era dovuto fuggire, - spiegò - in Argentina si era creata una condizione di instabilità e forte inquietudine che sembrava non risolvibile. Infatti nel 1955 il generale Eduardo Leonardi, al comando delle forze armate, rovesciò il governo. La marina militare bombardò la 'Casa Rosada' residenza presidenziale, con l'intento di uccidere Peron. Questi però riuscì a fuggire, riparando prima in Uruguay e poi in Spagna, sotto il governo del generalissimo Franco. Il generale Leonardi fu presto sostituito dal generale Pedro Eugenio Aramburu che iniziò a governare con il pugno di ferro, in particolar modo nei confronti dei peronisti. Quando nel  giugno del 1956 alcuni di loro tentarono una rivolta, furono arrestati a migliaia e seguirono almeno 40 esecuzioni. Malgrado ciò alla fine, nel 1958 fu eletto come presidente un personaggio da cui ci si aspettavano grandi cose, Arturo Frondizi. Ora però sembra che la sua politica ritenuta da tutti i partiti eccessivamente moderata ed inefficace, stia destando situazioni di grande malcontento sia della sinistra che della destra, con difficile mantenimento dell'ordine e prospettive di un colpo di mano da parte di qualche potere forte da un momento all'altro. In questa situazione di incertezza e di disordine ora noi ci andiamo a nuovere, con la sicurezza che le autorità del posto avranno ben altro da pensare che seguire le attività di un gruppo di modesti pescatori di spugne". Alla fine di giugno del 1959, organizzati i propri affari, sia Dowson che Tobias, il quale si era già pentito per aver ceduto alle insistenze di Raphael, assieme al solito gruppo di uomini fidati, partirono alla volta di Bahia Blanca. Dowson aveva deciso che voleva 'esserci' nel caso che le ricerche avessero sortito il risultato che lui sperava e aveva 'pregato' Tobias di andare anche lui, per riconoscere le persone delle fotografie. Dopo un volo lungo e piuttosto scomodo, la squadra arrivò a destinazione e trovò ad attenderla al porticciolo due modesti pescherecci che, appena scese le ombre della sera, presero il largo per essere a destinazione con il favore delle tenebre. Il mare era molto mosso ed il piccolo peschereccio su cui si trovava Tobias, avanzando a fatica, in direzione dell'isola Anadna, posta più a sud rispetto alle altre, rollava e beccheggiava in modo preoccupante scosso dalle onde che lo investivano da tutte le parti e la notte senza luna, scelta appositamente, concorreva a dare a tutta la situazione un senso di grande inquietudine. Almeno questo valeva per Tobias che era ormai da più di mezz'ora con le mani serrate in modo spasmodico ad un gruppo di sartie che concorrevano a tenere dritto il piccolo albero a cui, in quel momento, erano fissate due vele che spingevano l'imbarcazione sotto la furia del vento. In realtà, poichè navigavano nel buio pressochè più totale e a bordo, a parte una piccola lanterna cieca nella minuscola timoneria, non c'era nessuna luce, era convinto che da un momento all'altro sarebbero andati a sfracellarsi contro la piccola scogliera dell'isola verso la quale erano diretti o che sarebbero finiti a fondo, speronati da qualche altro natante di passaggio. In realtà l'imbarcazione sembrava in ottime mani. Due capaci marinai erano addetti al governo delle vele, al timone c'era il capitano, un vecchio lupo di mare di grandissima esperienza e a prua un'altro uomo, grande conoscitore di quella zona di mare che, semplicemente ascoltando il rumore delle onde, era in grado di segnalare al comandante con dei rapidi gesti convenazionali, sviluppati in anni di collaborazione, gli aggiustamenti di rotta da fare e la correzione delle vele. A parte scegliere quella notte da lupi per non essere intercettati nella fase di avvicinamento al loro obiettivo, il capitano era stato categorico. Per aver il massimo vantaggio dovevano evitare di utilizzare il motore e pertanto si doveva procedere solo con le vele. Dowson aveva ingaggiato quell'equipaggio su consiglio di un 'amico' che a suo dire li utilizzava per servizi particolarmente impegantivi e di fidicia. Tobias che aveva preferito non indagare, come al solito, sul significato di queste parole, ora aveva ben altro per la mente, infatti continuava a chiedersi come avessero fatto a convincerlo ad unirsi a quel gruppo di 'banditi'. Ad un certo punto, tutti, a bordo, furono in grado di percepire distintamente il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli. Il marinaio a prua fece dei gesti convulsi che il comandante interpretò immediatamente. Fece calare la vela posteriore e contemporaneamente dette tutto timone a sinistra. L'imbarcazione, mantenendo un certo abbrivio, virò immediatmante nella direzione desiderata e gli uomini a bordo videro che ora stavano procedendo parallelamente alla linea degli scogli che si trovava a non più di 10-15 metri. Era difficile capire se erano stati fortunati o se l'equipaggio fosse davvero eccezionale. Comunque proseguirono ancora sulla stessa rotta per circa un paio di minuti e poi, con un altro deciso colpo di timone a destra, si infilarono di precisione, in uno stretto passaggio fra gli scogli e, raggiunta quasi immediatamente una piccola cala riparata, ammainarono subito la vela e gettarono l'ancora. L'altro peschereccio era subito dietro di loro. Ora cominciava la vera avventura. I marinai misero in acqua un piccolo gommone che, con tre viaggi, portò a terra tutti coloro che facevano parte del gruppo previsto. Erano sbarcati su una stretta lingua di sabbia in mezzo alle rocce ed erano quindi riparati sia dal vento che dalla vista del centro dell'isola. Effettivamente Dowson aveva preparato a dovere ogni passo della spedizione. Ad un suo cenno, tre uomini si alzarono in piedi e sparirono nel buio, diretti verso l'interno, di certo con compiti di ricognizione. Tobias, sdraiato al suolo, provava  una forte tensione. Lui non si sentiva fatto per quel genere di cose. Dowson gli aveva detto che presto avrebbe rivisto un suo amico, da cui aveva arguito che quella doveva essere l'isola su cui viveva Daniel Stainer. Se era vero, ora avrebbero fatto i conti perchè lui, aveva tante cose da dirgli. Gli tornavano inoltre in mente le trincee, il fango, niente di buono. Cercò immediatamente di riportare l'attenzione al presente e non gli fu poi così difficile, con una grande sensazione di freddo, malgrado gli abiti pesanti che gli erano stati dati, accompagnata alla spiacevole sensazione dei piedi bagnati, cosa che gli era accaduta scendendo al buio dal gommone. Sperava soltanto che in quella storia non fosse costretto ad assistere a scene di violenza o brutalità. Dopo circa dieci minuti, uno degli uomini del gruppo partito in avanscoperta, tornò e fece cenno agli altri che potevano procedere. Per fortuna non rischiavano di fare brutti incontri poichè da una precedente ricognizione, non risultava ci fossero animali sull'isola, come ad esempio caimani o puma, caratteristici di quelle zone. Risultavano invece presenti molti roditori, lepri ed uccelli marini. Purroppo l'intricata vegetazione locale non li favoriva di certo mentre avanzavano in un buio rotto solo dai modesti raggi di alcune lanterne cieche, che gli uomini in testa usavano per aiutare gli altri a vedere dove mettevano i piedi. Infatti al loro procedere si opponevano una grande quantità di cespugli spinosi e larghe zone di cactus. Come se avessero formato una sorta di barriera e difesa naturale per gli abitanti della villa che sorgeva al centro dell'isola. Anche il suolo irregolare dell'isola, rendeva difficile l'avanzata della squadra ma, nello stesso tempo, la proteggeva dalla vista dei residenti. Dopo aver avanzato per circa 10 minuti, coloro che guidavano il gruppo, fecero segno di fermarsi a ridosso di un piccolo terrapieno roccioso. Poi uno di loro, nella debolissima luce dell'alba, fece segno di guardare in una precisa direzione. Perfettamente mimetizzata con le rocce del terreno circostante, si poteva scorgere una bellissima villa di due piani, illuminata da una serie di lampade poste lungo un perimetro a distanza regolare. La pietra usata per rifinire il tetto era identica a quella del luogo per cui finchè non ci si arrivava praticamente a ridosso, poteva anche non notarsi. La forma era rettangolare ed il piano inferiore era circondato da una bella tettoia retta da colonne a sezione quadrata. Le grandi finestre vetrate erano  tutte buie al piano di sopra, mentre due erano fiocamente illuminate al pianterreno. A circa trenta metri di distanza dalle pareti esterne, correva un perimetro di fitta e pesante rete metallica. Su uno dei lati del reticolato, si apriva un passaggio che però appariva sorvegliato da un uomo, apparentemente armato di fucile. Dalla precedente ricognizione, sapevano che sull'isola viveva un gruppo più o meno stabile di dodici uomini, oltre colui che si riteneva fosse il proprietario. Non risultava che nella casa ci fossero stabilmente delle donne. Attorno alla costruzione, vigilava una pattuglia composta da due uomini che eseguiva il  giro della recinzione all'incirca ogni ora. Quello era il primo obiettivo da eliminare. Conoscendo la spietatezza di Dowson, almeno per sentito dire, Tobias preferiva non conoscere appieno i particolari dell'operazione. Si sarebbe limitato a svolgere solo la sua parte. Invece sembrava che Raphael, che aveva insistito per venire, con la scusa di accompagnare e proteggere il padre, sembrava affascinato da quella che lui considerava un'avventura, a prescindere dagli eventi più o meno cruenti. Le misure di sicurezza prese dimostravano che, malgrado tutti gli anni passati, quelle persone non erano certo tranquille, con la fissazione continua di essere ricercate, braccate, scoperte oppure, semplicemente, piaceva loro mantenere una situazione paramilitare per rievocare i 'bei tempi'. I primi uomini partirono per preparare il terreno per gli altri. La guardia all'ingresso fu messa immediatamente a tacere. Così fu anche per quelli della pattuglia. Ora gli uomini erano tornati indietro e avevano aperto un varco nella rete attraverso il quale tutti penetrarono nel perimetro. Non avevano potuto usare la porta perchè gli uomini che avevano messo la guardia fuori combattimento, lavorando da esperti quali erano, avevano scoperto sulla serratura del cancello un dispositivo che segnalava, chissà dove, quando veniva aperto. Se erano fortunati, sarebbero riusciti ad arrivare alla villa senza essere scorti. Erano a non più di 10 metri dal porticato, quando si udì distintamente un abbaiare furioso di cani che, di corsa, si stavano dirigendo verso di loro. "Maledizione - esclamò Dowson - questi non ci dovevano essere. Nessuno ne aveva parlato!". Tobias sentì un brivido di gelo dietro la schiena, ora aveva veramente paura. Fu Raphael che lo costrinse a correre verso la villa e che lo obbligò a rannicchiarsi contro in muro, mentre estraeva la sua pistola pronto a tutto. In realtà gli uomini erano stati sorpresi solo per i primi istanti. Poi avevano affrontato i quattro grossi doberman, eliminandoli  non senza fatica, mediante l'uso dei loro particolari coltelli. Uno degli uomini era rimasto seriamente ferito da una serie di morsi e un suo compagno iniziò immediatamente a curarsi di lui. Altri avevano riportato graffi più o meno profondi e qualche ferita. Gli animali erano stati sopraffatti ma avevano venduta cara la pelle e, peggio ancora, avevano dato l'allarme alle persone all'interno della villa. Ormai il danno era fatto.  Dowson ed i suoi si gettarono a ridosso delle pareti del fabbricato, perchè non fosse possibile vederli dall'interno. Tobias, protetto da un divanetto di vimini e da Raphael era anche lui fuori vista. Dall'interno della villa si sentiva del trambusto e poi degli uomini che parlavano in modo concitato. Tobias non riusciva a crederci, parlavano tedesco. Poi una voce prese il sopravvento sulle altre e impartì degli ordini secchi e decisi. Tobias che aveva sentito e capito, consapevole che Dowson non aveva compreso, gli gridò: "Stanno venendo fuori dalle due porte contemporaneamente con l'ordine di sparare a vista, ma tre hanno l'ordine di uscire dal retro per prendeci alle spalle!". Senza perdere un attimo gli uomini si disposero secondo uno schema che apparentemente era loro familiare. Dall'interno furono gettati all'esterno degli ordigni fumogeni di certo con lo scopo di coprire l'uscita dei difensori. Gli uomini all'esterno, che però si aspettavano una mossa del genere, immediatamente li raccolserto per rigettarli all'interno della casa, cosa che probabilmete accecò quasi completamente gli uomini all'interno che quindi uscirono allo sbaraglio. A quel punto gli uomini di Dowson sopraffecero completamente gli altri, atterrandoli a pugni, semplicemente, mentre uscivano in gruppo dall'abitazione. Quelli che però vennero fuori per ultimi, cercarono di fare fuoco con le loro armi automatiche ma i colpi andarono a vuoto e, alla fine, tutti i difensori vennero sopraffatti. Purtroppo nella parte posteriore della villa qualcosa doveva essere andato storto perchè si sentirono delle raffiche di mitra, segno che doveva essere stato ingaggiato un conflitto a fuoco con gli occupanti della casa. Dopo circa un minuto gli spari cessarono. Poi uno degli uomini che era andato nel retro, tornò dicendo che la situazione era sotto controllo e che non c'erano state perdite. Non fecero menzione circa la sorte dei difensori. La villa era circondata e non poteva essere fuggito nessuno. Adesso veniva il difficile. Dall'interno della costruzione  non proveniva più alcun suono ma questo non voleva dire che non ci fosse nessuno. Anzi Dowson decise che avrebbero dovuto agire in fretta per non dare il tempo agli altri di organizzare una trappola. Così fece un cenno ad un gruppo di uomini che, all'improvviso, si rovesciarono in casa, pronti a tutto. Dall'esterno si udirono dei colpi di pistola seguiti da una raffica di mitra, poi, più nulla. Dowson decise di entrare e Tobias con il figlio lo seguì. A terra, al centro del salone, giaceva ferito un uomo anziano, di certo uno degli occupanti, ma non era Daniel. Lo riconobbero come Rolf Lange, ma per lui non c'era più nulla da fare. Gli uomini non avevano avuto scelta. Uno di loro era stato ferito ad un braccio. Poi nel silenzio, all'improvviso di udì un forte rumore, come il violento sbattere di una porta, che proveniva da una scala che scendeva al piano interrato. Si precipitarono in quella direzione, trovandosi davanti una porta chiusa, in legno massiccio, rinforzata con delle fasce d'acciaio all'esterno e certo anche all'interno, apparentemente la porta di una sorta di camera di sicurezza. Il rumore che avevano sentito era quello di una delle sue ante che veniva chiusa in modo violento e di un paletto che veniva tirato con forza.  Immediatamente gli uomini la aggredirono con tutti gli attrezzi che erano riusciti a trovare. Con dei colpi decisi e violenti, alla fine, dopo circa cinque minuti, riuscirono a sfondarla ed entrarono pronti ad affrontare ulteriori difensori. Invece si trovarono in una sala riccamente arredata, una via di mezzo fra una elegante stanza dei cimeli ed uno studio di gran classe. A parte i mobili di legno pregiato, alle pareti erano allineate delle vetrinette, quasi tutte vuote. L'unico occupante della stanza, era un uomo di mezza età, con indosso un pigiama di seta blu e una elegante giacca da camera di lana pettinata, appoggiato ad un radiogrammofono. Stava togliendo un disco dal piatto del giradischi ed era, apparentemente, rimasto paralizzato per la sorpresa dell'irruzione di Dowson e dei suoi. "Ma... ma.. chi diavolo siete e che volete da me? - trovò alla fine la forza di dire. Dowson sembrò non sentirlo nemmeno e invece rivolto a Tobias che era rimasto a guardare quell'uomo, anche lui con grande emozione, gli disse in tono duro: "E' lui?". Tobias si avanzò verso l'altro che stava riprendendo sicurezza e vide un uomo non più giovane, sul quale il tempo aveva lasciato molti segni. Era sempre alto e dritto ma era appesantito, i capelli biondi omai molto radi e dei solchi profondi solcavano la pelle del  viso. Era cambiato molto ma non c'era dubbio, era lui. "Si - disse diretto a Dowson - è proprio lui. Non ci sono dubbi è Daniel Stainer"."Ma guarda - disse l'altro che lo aveva riconosciuto a sua volta - Il piccolo Tobias, il contadinello che mio padre aveva raccolto dalla strada e che per tutto ringraziamento alla prima occasione ci ha derubati!". Aveva usato un tono di sarcastica superbia che aveva fatto avvampare Tobias di rabbia e per l'insulto e per l'insistenza in quella sporca menzogna. Visto  che i suoi colpi andavano a segno, continuò sprezzante: "Alla fine ti sei buttato sui soldi di tuo suocero e quando le cose diventavano impegnative, quando si trattava di fare i veri uomini, sei scappato con la coda fra le gambe, come un codardo!". Quasi fuori controllo, Tobias, sommerso dall'enormità delle false accuse, stava per reagire quando Dowson intervenne mettendosi in mezzo."Fermo - disse rivolto a Tobias - non vedete che sta tentando di provocarvi apposta? Non sarete mica così ingenuo da cadere ancora nel suo gioco. State tranquillo, sappiamo bene che se quì c'è una carogna, e proprio lui e ora è il momento della resa dei conti - poi rivolto all'altro - Siete proprio il cretino che mi avevano descritto! Solo Daniel Stainer poteva riconoscere lui e sapere dei fatti accaduti tanti anni fa! E so che siete anche un vigliacco, voi si, sul serio, per quello, siamo venuti prima da voi". Si rivolse ai suoi uomini che subito afferrarono Stainer per le braccia impedendogli qualsiasi movimento. Uno di loro lo perquisì minuziosamente trovandogli in tasca un fazzoletto, un portasigarette d'argento ed una scatola di fiammiferi. Posò tutto sulla scrivania. L'uomo tentò di nuovo di protestare:"Fermi, ma che fate? Ma che volete da me? Io sono un privato cittadino, una persona per bene, ho i miei diritti! - cominciò ad urlare il prigoniero che ora cominciava ad veramente paura e tentava inutilmente di divincolarsi. "Diritti? - chiese Dowson con voce di scherno - I diritti di chi? Di Dominik Shuster, come vi fate chiamare adesso. Ma Dominik Shuster non esiste e, cosa ancora più grave, Daniel Stainer risulta morto. Per cui, chi siete voi? Una persona inesistente o un morto? Chi siete voi? - gli chiese guardandolo negli occhi a brevissima distanza facendo capire che non ammetteva dinieghi. "Alla fine l'altro cedette. "Daniel Stainer - l'uomo si era reso conto di aver perduto su tutta la linea - Sono Daniel Stainer, ma non ho fatto nulla di male". "No? - chiese Tobias ancora arrabbiato per gli insulti di poco prima - Non è nulla rovinare la vita di una persona per invidia con una sporca bugia, non è nulla portare la famiglia alla rovina per le proprie ambizioni personali, non è nulla depredare, spogliare, rubare a danno di chi non si può difendere, non è nulla spogliare persino le chiese? Allora, non è nulla?"."E' passato tanto tempo, ero giovane e adesso sono cambiato e pentito. Se potessi tornerei indietro ma ormai il male è fatto. E' inutile tornarci sopra - disse Daniel nel tentativo di alleggerire la sua posizione. "Certo, - disse ironicamente Tobias - si potrebbe concludere tutto con te che mi chiedi scusa, che chiedi perdono per aver provocato la morte di crepacuore di tuo padre, magari anche del mio, per lo stesso motivo, a quelli che hai derubato, a quelli che hai fatto uccidere per spogliarli dei loro averi, e potresti restituire il tesoro dell'abbazia di Klosterneuburg". "Non so di che parli - insistette Daniel - sono dovuto scappare perchè le calunnie mi avevano sommerso ed io avevo paura della vendetta della gente maleinformata, solo questa è la verità"."Potrei anche crederci, ma purtroppo per te, ho conosciuto e fatto parlare un certo Ebherard Kuhn, un farabutto della tua risma, un complice che vive ancora in Austria, a Vienna. Nessuno gli ha fatto niente o almeno non fino a che io ci ho parlato. Lo conosci eh, e poi ho parlato con un certo Samuel Roth, collaboratore di un avvocato che esercita a Weidling. Lui si ricorda bene di te e della tua cricca ed ha registrato dal primo all'ultimo i tuoi misfatti. Quindi, te lo chiedo per l'ultima volta, con le buone anche se mi risulta difficile, dove è il tesoro che hai sottratto all'abbazia di Klosterneuburg e che hai cominciato a vendere attraverso quell'imbecille, ingenuo di tuo fratello che si è fatto ammazzare per te"."E va bene, ho fatto quello che in quell'epoca facevano tutti e allora? Sai quanti hanno rubato, estorto, violantato, ucciso con la complicità del partito? Tutti, lo facevano! E io, come gli altri! Ma voi volete il tesoro, quello vi interessa, dite la verità, non siete migliori di me. Ma capitate male, è finito, svanito, venduto tutto, per pagare tutto questo - e fece un gesto per indicare l'ambiente circostante - la villa, la protezione, gli uomini. Arrivate tardi"."Tutto svanito - chiese amareggiato Tobias - anche i calici dell'imperatore"."Ah già, i calici. Ho visto le etichette del tuo vino. Non so perchè quei due calici avessero importanza per te, ma quelli sono i pezzi che ho venduto per primi. Erano troppo riconoscibili e così, con le mie mani, li ho fatti a pezzi, ho smontato le pietre, ho frantumato l'ambra e ho fatto fondere l'oro - e parlando guardava con aria di sfida e superiorità Tobias, consapevole di avergli dato un grande dolore. "Non è vero che avete venduto il tesoro. Se l'aveste venduto, sul mercato clandestino, qualcuno l'avrebbe saputo. Dei pezzi di quella importanza non avrebbero potuto mai passare inosservati. Non con la mia organizzazione - disse con atteggiamento truce Dowson avvicinandosi a Daniel che ora appariva sempre più terrorizzato per l'espressione terribile del viso dell'altro - E poi io non voglio il tesoro, voglio ben altro da te e tu me lo darai, te lo assicuro". Ad un suo cenno gli uomini trascinarono via Stainer che si dimenava, urlava, piangeva, insultava. "Voi è meglio che restiate qui - disse a Tobias ed al figlio - meno saprete e meglio sarà. Mi dispiace che non possiate esaudire il vostro desiderio ma siete comunque stato importante per il riconoscimento. Aspettate, vedrete che non ci vorrà molto"."Ma cosa avete intenzione di fargli? - chiese Tobias con voce preoccupata. Era vero che Stainer era stato una vera carogna ma l'idea di un interrogatorio particolarmente pesante, lo spaventava. "Dovrà dirmi quello che voglio sapere da lui. Ma state tranquilli, conosco il tipo, non ci vorrà molto, magari non ci sarà nemmeno bisogno di toccarlo". Poi si voltò e raggiunse i suoi uomini in un'altra zona della villa dove avevano condotto il prigioniero. Il silenzio seguito a quella scena così intensa e cruenta, con l'idea di quello che stava accadendo in un'altra stanza di quella villa, portò Tobias e Raphael a girellare ognuno per conto proprio per la grande sala dove erano rimasti. In particolare Tobias era andato a guardare, con fare apparentemente superficiale e disincantato, le vetrinette lungo la parete. I pochi oggetti che ancora contenevano erano più che altro statuette in argento, qualcuna in onice, una in legno. Niente di notevole. Però un particolare colpì la sua attenzione. Poi rivolto al figlio, chiese "Cosa stava facendo Stainer quando abbiamo fatto irruzione?"."Stava togliendo un disco dal piatto del radiogrammofono - rispose Raphael dopo averci pensato un momento. "Bene - riprese Tobias - Allora, sei nella tua casa, ti accorgi di essere attaccato da qualcuno che ti aspetti, perchè hai organizzato un servizio di guardia. Le tue guardie falliscono nel loro compito, scendi a precipizio le scale, quindi sei spaventato, preoccupato, ti barrichi qui dentro e.....? E metti un disco, magari per risollevarti il morale?". Curiosi si avvicinarono al grammofono, un bel mobile massiccio in legno di faggio, comprendente una radio ed un giradischi. "Che stava ascoltando? - chiese Philips prendendo il disco dal piatto - Guarda un po', musica tedesca, tanto per cambiare!". Tobias prese il disco e fece una strana espressione. "Beh, almeno gli piace la musica allegra. Questo è un brano del gruppo Comedian Harmonists, una delle prime band degli anni 30'. Peccato che il nazismo non gradisse la loro musica e li abbia costretti a sciogliersi"."Ma allora abbiamo un conflitto perchè qui c'è tutta una serie di inni patriottici, da 'Die fane hoc' alla marcia 'Erica' della fanteria tedesca"."E questi? - disse Tobias - prendendo altri dischi dal contenitore - questa è musica argentina, canzoni, tanghi. Dei gusti davvero molto vari!". Intanto Raphael aveva messo un disco dei Comedian Harmonists che non aveva mai sentito ed aveva avviato la riproduzione. Il suono era però cupo e distorto, evidentemente la velocità di riproduzione non era giusta. Effettivamente la manopola a scatti della regolazione della velocità era posta su 33 giri, invece che 78, come richiedeva quel disco. "Strano, non ci sono dischi a 33 giri - disse guardandosi intorno. E fece per impostare la velocità corretta. "Aspetta un momento - disse il padre - Scusa ma io non mi arrendo. Ci tengo troppo. Le vetrinette sono quasi vuote ma sono sicuro che sono state svuotate di recente e anche di fretta. Perchè i pezzi che ci sono ancora o sono rovesciati o fuori posto. Sui piani di vetro si vedono distintamente le tracce della polvere  di quello che c'era. Se fossero stati venduti da tempo, le vetrinette sarebbero state pulite e riordinate. Non credo che Stainer le tenesse in modo così trasandato. In fin dei conti questa è una sorta di sala dei trofei, quasi un santuario per ricordare i bei tempi"."Quindi, ipotizziamo - disse il figlio - Sono Daniel, sono in pace a casa mia, sto dormendo, poi, all'improvviso, urla, colpi, spari. Capisco che la villa è sotto attacco, non posso sapere di chi. Certo, magari banditi locali, forse ci hanno già provato, perchè la voce della ricchezza della villa di certo è andata in giro. Gente che acquista cose costose che gli vengono recapitate in aereo non può non essere ricca!"."Certo - continuò Tobias - Ho degli oggetti importanti in mostra nella sala dei trofei, cose belle che mi piace osservare, chiuse in vetrine apposite. Ma ora potrebbero essere rubate. Allora, cosa faccio? Scendo di corsa nella sala, mi sprango la porta alle spalle e faccio sparire tutto quello che ho di più prezioso. Ho una cassaforte - e intanto si guardava attorno - L' apro, ci infilo tutto dentro e poi la chiudo. E gli oggetti sono al sicuro"."E quando c'è stata l'irruzione, Daniel sembrava un topo preso con il formaggio in bocca, quindi aveva appena finito di nascondere gli oggetti"."Ma allora, ci deve essere qualcosa nel giradischi! Vediamo....". Ora i due uomini si gettarono letteralmente sul grammofono, nella speranza di non sbagliarsi. Philips ruotò la manopola di regolazione della verlocità di riproduzione  in tutte le posizioni, 78 giri, 45, 33 e infine LP. Non accadde nulla. "Forse bisogna far girare il piatto! - disse Tobias e muovendo il braccetto del grammofono verso l'esterno lo fece avviare ma non successe nulla. "Eppure deve essere qui, ne sono sicuro - esclamò Philips che non voleva arrendersi, qualsiasi fosse la posta in gioco, perchè comunque tutti e due speravano che da quell'apparecchio si attivasse un qualcosa capace di aprire un pannello segreto, un passaggio, qualcosa insomma. "Il piatto! - esclamò Tobias rivolto al figlio. Questi non se lo fece ripetere due volte e tolto il disco che c'era sopra, lo sollevò togliendolo. Sotto apparve la rotella di gomma che lo faceva girare, l'albero metallico a diverse sezioni per il cambio di velocità, i meccanismi per l'accensione e lo spegnimento e..... un anello posto in verticale. I due uomini si guardarono con espressione interrogativa e poi ad un cenno di Raphael, Tobias ci infilò un dito dentro e tirò. Nel silenzio totale del momento carico di tensione, si udì appena un leggero 'click' da un pannello di legno della parete a fianco. Un riquadro di legno, una sorta di porticina, delle dimensioni di circa 1 metro e mezzo per un metro, abilmente dissimulata nella parete, si era spostato, rivelando un'apertura. Lo spalancarono e dietro videro uno sportello blindato con una grossa maniglia e  una serratura. Avevano fatto un enorme passo in avanti ma non era abbastanza. "La chiave, accidenti - esclamò Philips con un moto di stizza. "Aspetta, ragioniamo - disse il padre - Daniel afferra di corsa quello che non vuole far trovare, lo nasconde nella cassaforte, chiude lo sportello e poi, la chiave, dove la mette? Perchè non ha molto tempo. Deve rimettere a posto subito il piatto del giradischi perchè non sa quanto resisterà la porta della stanza. Non ha tempo, ha la chiave in mano e deve decidere in fretta. Non l'aveva in tasca, perchè l'avevano perquisito. In tasca aveva, quelli". E si avvicinò al grosso tavolo dove un uomo di Dowson aveva poggiato gli oggetti ritrovati addosso a Stainer. Prese il portasigarette d'argento e lo esaminò sotto lo sguardo attento del figlio. All'esterno nessun segno degno di nota. All'interno solo 4 sigarette marca 'Turmac' ovali con il filtro dorato. La scatola di fiammiferi svedesi conteneva solo fiammiferi, il fazzoletto non diede alcun indizio ai due uomini che tornarono scoraggiati davanti al giradischi. "Deve essere qui, sono sicuro che ce l'abbiamo davanti agli occhi". Fra la cassaforte ed il radiogrammofono c'era una stretta vetrinetta ad un'anta,  alta circa 1 metro e mezzo, con tre ripiani vuoti, ed una colonnina con sopra un prezioso e colorato vaso di porcellana. Sopra il radiogrammofono un quadretto di circa 20X20 centimetri di lato, scuro e piuttosto polveroso che apparententemente raffigurava un paesaggio non individuabile. La vetrinetta era vuota, non c'era dubbio, il vaso era vuoto e sotto non c'era nascosto nulla. Non avevano più idee e l'alternativa era di chiamare Dowson e fargli buttare giù lo sportello assieme ai suoi uomini. Ciò che lo tratteneva da farlo, era il dubbio che se avessero trovato dietro a quello sportello blindato il tesoro che cercavano, gli uomini di Dowson avrebbero mantenuto la calma o avrebbero cercato di appropriarsene? Mentre erano lì davanti al grammofono e si guardavano intorno, muovevano il coperchio del mobile, guardavano fra i dischi, Raphael soprappensiero raddrizzò meglio il quadretto, osservavano sotto il mobile, cercavano un eventuale fessura.... "Fermo! - esclamò Tobias al figlio - Cosa hai fatto poco fa? Hai...... hai raddrizzato il quadretto!"."Si, ero soprappensiero e così.....". E subito staccò il quadretto dalla parete. Lo osservò attentamente, nulla. Lo passò al padre che lo guardò da tutte le parti. Niente. Non aveva fodera, quindi nessun nascondiglio. niente nella cornice, era solo un brutto quadro. Allora che ci faceva lì? La delusione era grande ma Tobias non ci stava. "Un quadro inutile, brutto, che non c'entra nulla con i trofei, perchè? Perchè........ Diavolo d'uomo! - esclamò e afferrò la testa del chiodo nella parete e lo estrasse apparentemente senza nessuno sforzo. Aveva notato che il foro nella parete era troppo largo per un normale chiodo ed ora eccola là, una chiave nella sua mano, con la testa limata e ridotta per sembrare un rampino con una testa doppia, per reggere un anonimo quadretto. Tobias emozionatissimo diede la chiave al figlio e gli disse di aprire. Raphael, fortemente agitato anche lui, si avvicinò allo sportello, consapevole che poteva accadere di tutto. La chiave poteva non essere quella giusta, poteva non funzionare, la cassaforte poteva essere veramente vuota, se Stainer aveva detto la verità. La chiave si inserì nella serratura senza sforzo e quando Philips iniziò a girarla, svolse egregiamente il suo compito in tre mandate. A quel punto, fatto un profondo respiro, aprì il pesante battente e osservò l'interno di quella che più che una cassaforte si rivelò una piccola camera in cui si intravedeva una lampada attaccata al soffitto. Raphael cercò a tentoni un interruttore dietro i bordi della porta e, quando lo trovò e lo attivò, i due uomini rimasero per un attimo senza fiato. Osservavano senza parlare quello che era ordinatamente conservato in quel piccolo ambiente. Era una stanzetta di circa 3x3 metri con un soffitto alto almeno 2 metri e mezzo. Lungo le pareti erano fissati tre piani di mensole equidistanti che correvano per tutto il perimetro del locale. Al suolo, sotto la mensola inferiore a sinistra erano accatastati almeno una quarantina di lingotti d'oro del peso apparente di 10 Kg l'uno. Sotto le altre mensole, c'erano al suolo dei sacchetti pieni di monete di oro e di argento. Sopra le mensole erano ordinati oggetti di valore, gioielli, calici, soprammobili in metalli preziosi e pietre. C'erano gli oggetti del tesoro dell'abbazia che Tobias riconobbe subito. Sulle mensole a destre c'erano grossi pacchi di banconote in valute di diversi Paesi per un valore certamente molto alto e poi....., sulla seconda mensola dal basso, della parete di fronte alla porta, li vide. Erano lì, poggiati sul loro massiccio vassoio, luccicanti, bellissimi, i 'suoi' favolosi calici. C'erano gioielli per terra, buttati così, alla rinfusa, di fretta. Si vedevano due fantastiche collane, una statuina, una corona, l'elsa di un'antica spada, tutti in oro e pietre preziose. Inoltre c'erano diverse monete e due bellissimi calici. Probabilmente erano gli oggetti che Daniel aveva cercato di nascondere in tutta fretta. Tobias entrò nella saletta appresso al figlio e senza indugio si portò di fronte a quei calici che tanta importanza avevano avuto nella sua vita. Li vedeva così belli, così splendenti che non aveva il coraggio di toccarli, come se prendendoli in mano avesse potuto spezzare un incantesimo, alterare una magia che apparentemente li permeava. Poi pensò che purtroppo la magia era stata già contaminata dalle mani di Stainer e di chissà chi altro. E li prese in mano tutti e due. Una scossa lo percorse. Sentì effettivamente che quegli oggetti gli trasmettevano qualcosa. Erano massicci, pesanti e bellissimi. Ebbe una visione rapida di scenari particolari, antica Roma, imperi,Crociate. Poi, passato il primo momento, seppure a malincuore, li rimise a posto ed assieme al figlio si guardò attorno meglio. Era una cosa che una persona normale può solo sognare. Il valore degli oggetti contenuti in quello spazio doveva essere incredibile, sia per i materiali preziosi di cui erano fatti, sia per la storia che c'era dietro. Chissà da dove veniva tutta quella roba, quante famiglie, quante persone erano state derubate, depredate o peggio, per raccogliere quella fortuna. Quel tesoro, quella fortuna non trasmetteva nessuna allegria, anzi, emanava una sensazione pesante, di dolore, di sofferenza. Tobias mandò il figlio a chiamare Dowson, raccomandandosi che venisse solo lui. Quando arrivò, era un po'preoccupato perchè Raphael non gli aveva detto nulla e lo aveva esclusivamente pregato di venire solo e di corsa. Tobias resistette alla tentazione di chiedergli come andava con Stainer. C'erano dei particolari che non voleva conoscere. Prima di tutto, chiese a Dowson se i suoi uomini erano fidati e quanto. Dopo che l'altro assicurò che rispondeva ciecamente di quelle persone che si erano dimostrate più che leali in molte occasioni, Tobias lo guidò all'ingresso della camera blindata e poi, dopo un attimo di esitazione aprì la porta. Dowson, che pure doveva aver visto in vita sua parecchi soldi e gioielli preziosissimi ebbe un sussulto nel vedere tutta quella roba. "Che mi venga..... Ma quelli non saranno mica i famosi calici di cui mi ha parlato? Ma allora, la roba dell'abbazia è qui!"."Si è qui e direi quasi tutta ma purtroppo ci sono anche molte altre cose, rubate e strappate a tanta gente per bene che, a sentire Samuel Roth, addirittura ha pagato con la vita per l'avidità di questi farabutti. Altro che innocente! Altro che 'ora ha messo la testa a posto e sono pentito'! Ma non sente l'energia che viene da questa roba? Si percepisce il dolore e la sofferenza". "Ha ragione per Giove. Non ho sentito nemmeno la tentazione di prendere in mano un lingotto d'oro e si, che vado matto per l'oro. Ma adesso abbiamo un altro problema. Daniel Stainer è un codardo ma per qualche motivo misterioso, si rifiuta di parlare con le buone. Il tempo stringe e se la notizia della nostra incursione va in giro, i nostri bersagli scappano e si eclissano e non li troviamo più. Dobbiamo accelerare. Devo sapere dove si nasconde Gustaf Shafer"."Prenda - gli disse Tobias porgendogli un lingotto del mucchio con un certo sforzo - Glielo sventoli sotto al naso, gli faccia vedere che non ha più nulla da difendere se non la sua miserabile vita e vedrà che si affloscerà come un pallone bucato!". Dowson così fece, magari fece anche qualcosa di più, e alla fine Stainer vuotò il sacco, rivelando tutto ciò che sapeva e sapeva tante cose. Tutti i prigionieri furono saldamente legati e rinchiusi nella camera blindata. Il tesoro era stato velocemente caricato su uno dei pescherecci. Non mancava una sola moneta. Portarono con loro Stainer con mani e piedi legati perchè poteva esser loro utile per ulteriori indicazioni circa il luogo verso il quale si dirigevano. E' vero che un sopralluogo era già stato fatto ma poteva essere sfuggita anche quì qualche cosa, come i cani sull'isola di Stainer. Erano diretti ad una delle ville in terraferma e dovevano stare molto attenti perchè non avevano più la protezione del buio della notte e perchè apparentemente la gente di quel sito appariva più determinata e pericolosa di quella messa insieme da Stainer. Gustaf Shafer, che viveva lì, aveva mantenuto infatti con sè un gruppo dei suoi diretti collaboratori. Uomini d'arme e senza tanti scrupoli. Quando arrivarono al punto stabilito, I due pescherecci accostarono alla riva in una zona coperta da una bassa scogliera. Dowson lasciò a bordo Tobias ed il figlio perchè ora non erano più utili e non dovevano correre rischi. Rimase a bordo anche Stainer, rinchiuso in una cabina. L'accordo era che, se le cose fossero andate male, dovevano andare via senza guardarsi indietro. I tre uomini che Dowson aveva lasciato a bordo, avrebbero provveduto a tutto ciò che era necessario per riportare tutti a casa. Dopo le ultime raccomandazioni ai suoi uomini ed al capitano del peschereccio, Dowson sbarcò e, superata la cresta della scogliera con i suoi uomini, scomparve. L'attesa fu snervante e andò ancora peggio quando si udirono nettamente raffiche di mitra e parecchi colpi isolati di fucile o di pistola. La sparatoria si protrasse per quasi cinque minuti poi si udirono distintamente tre forti boati e tutto tornò calmo. Non sapevano cosa pensare ma gli uomini lasciati da Dowson dissero che era tutto a posto. Dopo circa mezz'ora, durante la quale Tobias ed il figlio erano divenuti nervosissimi, ricomparvero gli uomini con Dowson in testa ma un paio erano portati in barelle di fortuna e altri quattro, evidentemente feriti, erano sostenuti dai compagni. Con loro, due persone, apparentemente uomini, con i polsi ammanettati dietro la schiena e dei cappucci neri calcati sulla testa, erano trascinati rudemente, sorretti per le braccia. Uno, molto magro e con indosso una tuta da ginnastica, l'altro, piuttosto corpulento, indossava un pigiama con sopra una vestaglia. Dai versi che emettevano si capiva che, sotto i cappucci, erano stati imbavagliati. Evidentemente Dowson non voleva correrre nessun rischio inutile. Due degli uomini portavano sulle spalle due grossi sacchi piuttosto pesanti. "Quello che mancava del tesoro dell'abbazia - disse Dowson passando. Salito sui gommoni che erano ad attenderlo sulla scogliera, il gruppo si imbarcò velocemente e poi venne dato l'ordine di allontanarsi più rapidamente possibile dalla costa per tornare alla loro base di partenza. I due uomini incappucciati furono condotti in tutta fretta sotto coperta, furono legate loro anche le caviglie e lasciati così com'erano, seduti per terra e sorvegliati. "E' lui, è l'uomo che cercavate? - chiese Tobias. "Si, e sono stato fortunato, c'era anche il suo aiutante - rispose Dowson con una strana espressione sul viso. "Ora, che succede? E gli altri?"."Ora lei ha ritrovato il suo tesoro ed io ho trovato il mio uomo. Basta, finisce qui. Non è la nostra guerra, le notizie che abbiamo, al massimo potremo passarle ad altri che svolgono la loro attività di ricerca ma per noi finisce qui. Arrivati a terra, lei, suo figlio e tre uomini fidati che vi assegnerò, con il tesoro riprenderete il vostro aereo e ve ne tornerete a casa, da dove, avvisato padre Valentin, concorderete per il rientro degli oggetti preziosi"."E voi?"."Io e i miei uomini, andremo in un posto dove i feriti saranno curati e dove risolverò gli affari in sospeso". Tobias capì che era meglio non indagare oltre. "E Stainer? - chiese Tobias. "Ah, già. Quel disgraziato. Decidete voi, in fondo era un vostro amico! - disse in tono scherzoso. E diede ordine ai suoi che lo portassero in coperta. Apparve molto provato, pallido, spaventato. L'elegante giacca da camera aveva una manica strappata ed alcune macchie scure. Il viso appariva piuttosto tumefatto in almeno tre punti, segno che non aveva parlato subito. Fu portato davanti a Dowson e Tobias che lo guardavano come si guarda uno scarafaggio. "Cosa mi volete fare, mi avete tolto tutto, cosa altro volete?"."Pensavamo di lasciarti libero, pensa un po'! - disse Dowson - Senza un soldo e con la voce che metteremo in giro appena a terra, ossia che hai venduto tutti i tuoi compari, non so che razza di vita potrai avere. Ti dovrai nascondere come un sorcio e senza nemmeno l'aiuto di quel povero imbecille di tuo fratello". "Maledetti, credete che io sia finito? Allora non mi conoscete, non conoscete Daniel Stainer. Io vi verrò a cercare e vi ammazzerò come cani! Tutti! Tutti quanti!". E così dicendo con tutta la rabbia che aveva in corpo, si gettò sull' uomo di guardia accanto a lui, prendendolo di sorpresa e riuscendo a strappargli il mitra dalle mani. Dowson, rapidissimo, prese la pistola che aveva nella cintura dei pantaloni e senza esitare gli scaricò addosso numeroso colpi che presero Stainer in pieno petto, scagliandolo all'indietro e facendolo cadere fuori bordo. Il corpo finì nella scia del peschereccio e poi scomparve. Era morto, non c'erano dubbio. "Problema risolto - disse semplicemente e freddamente Dowson riponendo la pistola nella cintura - Ora del tesoro e del resto potrete fare ciò che vorrete - disse a Tobias - Solo lui sapeva cosa c'era nella cassaforte". "No, mi dispiace. Non voglio nulla di quel tesoro, se non quello che apparteneva all'abbazia. Il resto andrebbe restituito a persone ormai scomparse"."Allora portate anche il resto dal vostro amico Valentin, come prete e come persona esperta del luogo, saprà cosa farne. Al massimo darà tutto in beneficienza"."Alla fine si accordarono che la valuta, ed era una cifra considerevole, sarebbe andata agli uomini del gruppo e a Dowson per ripagarlo delle spese della spedizione. Il resto sarebbe andato all'abbazia. Raggiunto un porticciolo ad un paio di miglia da Bahia Blanca, le cose si svolsero piuttosto in fretta. Per radio, prima dell'approdo, erano stati presi accordi per cui sul molo due camion aspettavano Tobias ed il suo gruppo, e una Jeep con tre furgoni, invece, il gruppo di Dowson. Al momento del commiato, Dowson consegnò a Tobias una borsa che conteneva le famose cartellette e la carta della zona, ossia tutto il materiale informativo che aveva reso possibile l'operazione. "Questa la lascio a lei. Sa bene cosa contiene. Ci sono nomi, luoghi, avvenimenti, tutto insomma. Come ho già detto non è la nostra guerra e noi abbiamo avuto ciò che volevamo. Però qualcuno forse, utilizzando queste informazioni, potra dare pace anche ai suoi fantasmi e sarebbe un peccato se andassero perdute". Intanto mentre parlavano gli uomini avevano caricato sui camion tutte le casse che contenevano il 'tesoro' recuperato. Erano stati costretti a suddividere gli oggetti in otto casse, non tanto per il volume ma per il peso. I lingotti da soli, pesavano 300 Kg! Una stretta di mano veloce e ognuno per la sua strada, secondo gli accordi.

  
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