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Autore: lady lina 77    17/12/2016    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Demelza, dopo il tradimento di Ross, se ne fosse andata di casa?
Dopo la lite furiosa fra i due in cui ha rovesciato ogni cosa dal tavolo, urlando al marito tutta la sua rabbia, Demelza decide che non ha più senso rimanere a Nampara, con un uomo che non la desidera più e che sogna una vita con un'altra donna.
Prende Jeremy e Garrick, parte per Londra e fa perdere le sue tracce al marito, ricominciando una nuova vita lontana da lui e dalla Cornovaglia.
Come vivrà? E come la prenderà Ross quando, al suo ritorno da Truro, non la troverà più a casa?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La carrozza procedeva placidamente nelle lande deserte, battute dal vento d'autunno della Cornovaglia.

Demelza si strinse nel mantello, infreddolita. Non ci era più abituata, benché Londra fosse umida e nebbiosa, difficilmente l'aveva vista ventosa da quando ci viveva.

Martin e sua moglie Diane avevano accettato con entusiasmo di tenerle i bambini mentre era via ed era sicura e tranquilla a lasciar loro i suoi figli. Per Jeremy e Clowance erano diventati come dei nonni e anzi, Jeremy li chiamava proprio così, nonna Diane e nonno Martin, e presto avrebbe imparato anche Clowance a chiamarli a quel modo. E loro, senza figli e nipoti da accudire e coccolare, riversavano il loro affetto sui suoi bambini, riempiendoli di attenzioni e regali, tanto che spesso aveva dovuto frenarli dal viziarli troppo.

Anche per lei erano diventati, oltre che soci in affari, una specie di famiglia, quei genitori che le erano mancati da bambina, tanto che si era confidata con loro circa il suo passato e il motivo del suo viaggio in Cornovaglia e Martin e Diane erano stati comprensivi e dolci, nel rassicurarla e nell'incoraggiarla a fare quel viaggio.


"Martin, credi che io sia patetica a partire? Voglio dire... E' così stupido da parte mia preoccuparmi per mio marito ma... preoccuparmi e dannarmi per lui è sempre stata la cosa che mi riesce meglio. Non riesco a farne a meno".

"Io non vedo nessuna donna patetica davanti ai miei occhi ma al contrario, una giovane donna in gamba, intelligente e ancora molto innamorata del padre dei suoi figli. Parti, se senti che è quello che devi fare per stare tranquilla, fai quello che devi e poi, alla fine di tutto, torna quì. Hai una casa laggiù e una figlia che non c'è più ma che vuoi andare a visitare al cimitero. E' tuo diritto farlo. Non preoccuparti per Clowance e Jeremy, ci penseremo io e Diane a loro".


Mentre la carrozza procedeva, pensò a quanto le aveva detto Martin prima di partire. Era davvero, ancora, una donna innamorata? O era partita per una semplice questione di principio, perché sentiva che lo doveva ai suoi figli?

Il colloquio con George l'aveva sconvolta, aveva scoperto una realtà che credeva impossibile e scardinato molte delle certezze che aveva quando era partita.

Elizabeth aveva sposato George alla fine... Perché l'aveva fatto? Era stata una scelta consapevole sua e di Ross, quella di troncare? O, semplicemente, Elizabeth aveva scelto il partito migliore? E Ross... quanto era stato d'accordo – se lo era stato – con quella scelta?

Dubitava di essere ancora nei pensieri di suo marito, non era tanto sciocca e sognatrice da crederlo possibile e sicuramente dietro alla sua partenza per la guerra in Francia si nascondeva la delusione per aver perso Elizabeth ma Ross rimaneva comunque il padre di Jeremy e Clowance e lei aveva il dovere di scoprire cosa stesse combinando e se si era fatto ammazzare oltre Manica.

La carrozza si fermò e Demelza si affacciò al finestrino. Viaggiava in incognito, vestita di eleganti abiti di lana pregiata, coperti da un meraviglioso mantello di pelliccia che la riparava dal vento della Cornovaglia, già molto freddo.

Il cocchiere aprì lo sportellino, inchinandosi. "Signora, siamo arrivate".

Demelza prese il mazzo di rose bianche poggiato sul sedile e scese dalla carrozza, calandosi il cappuccio in testa. Non c'era in giro nessuno, era quasi mezzogiorno, ma preferiva non correre il rischio che qualcuno la vedesse e la riconoscesse.

Si guardò attorno, provando una stretta al cuore. Si trovava davanti all'ingresso del cimitero dove riposava Julia, la sua prima, meravigliosa bambina a cui pensava sempre, ogni volta che giocava coi suoi fratellini.

Lei era stata il suo tormento in quell'anno e mezzo a Londra in cui non era potuta venire a trovarla.

Pagò il cocchiere e poi entrò nel cimitero, raggiungendo a passi veloci la piccola tomba della figlia. Le cedettero le gambe, quando fu a tu per tu con lei, si inginocchiò e per molti minuti non fece altro che piangere in silenzio. Era così diversa ora dalla mamma che aveva conosciuto Julia, era più adulta, sicura di se, elegante, ricca. Ma il dolore per la sua perdita era rimasto ugualmente lacerante e impossibile da superare. Avrebbe donato ogni ricchezza, ogni agio, ogni comodità pur di poterla riavere indietro, ma sapeva che non c'era strada di ritorno per lei, che Julia era persa per sempre e che nulla gliel'avrebbe restituita. Si chiese se Ross pensasse a lei ogni tanto, le aveva voluto bene, ricordava quanto fosse commosso il giorno in cui era nata e quanto fosse disperato quando le aveva rivelato che era morta. Quella era stata l'unica volta in cui l'aveva visto piangere...

Si chiese come sarebbe stata, se fosse vissuta. Avrebbe avuto sei anni ormai, i capelli lunghi, avrebbero potuto chiacchierare insieme e avrebbe insegnato a suo fratello e alla sua sorellina tutto quello che sapeva. Forse, se non fosse morta, anche le cose fra lei e Ross sarebbero andate diversamente perché era stato proprio dalla perdita della loro bambina che, pian piano, avevano iniziato ad allontanarsi e lui aveva ricominciato a guardare Elizabeth con occhi innamorati, dimenticandosi di lei e rifiutando, di fatto, la paternità di Jeremy a cui non aveva mai voluto dare il minimo di attenzioni.

Osservò la tomba, pulita, ordinata, piena di fiori di campagna. Sorrise, Prudie aveva tenuto fede alla promessa che le aveva fatto quando era partita e si era presa cura di Julia, mentre lei era lontana.

Sistemò le rose in un vaso e poi sfiorò il marmo, mentre un groppo le stringeva la gola. "Anche se non posso più venire quì, tu lo sai che ti penso sempre, vero Julia? Ti vorrò sempre bene, ovunque tu sia, non dimenticarlo mai, sei la mia bambina, quella che ha fatto di me una mamma".

A malincuore, dopo alcuni minuti di raccoglimento, si alzò in piedi. Allontanarsi da lei faceva male perché sapeva che non sarebbe potuta tornare per molto tempo o forse mai, ma aveva i minuti contati e se si fosse fermata troppo, avrebbe rischiato di incrociare qualche suo vecchio conoscente che l'avrebbe potuta riconoscere.

Accarezzò di nuovo il marmo freddo, mentre il vento le frustava il viso.

E poi, dopo un ultimo sguardo, lasciò il cimitero e si diresse a piedi verso Nampara.

Percorse sentieri che conosceva a memoria, stringendosi nel suo mantello. Il cielo era scuro, prometteva pioggia e questo poteva essere seccante ma quanto meno non c'era in giro anima viva.

Sorpassò le miniere che aveva imparato a conoscere a memoria, la Wheal Leisure e la Wheal Grace, osservando da lontano il via vai degli uomini che vi lavoravano, ricordando quando vi si recava per andare a trovare Ross, poi costeggiò la costa, sferzata dal vento ancora più violentemente. E infine, in lontanza, scorse la sua casa, Nampara.

Per un attimo le mancò il fiato... Era quella casa sua, il suo rifugio, l'unico posto dove volesse stare davvero, dove si era sentita accolta, amata, serena e sicura. Non Londra, non la locanda, non la grande villa dove sarebbe andata ad abitare di lì a pochi mesi con Jeremy e Clowance. Nampara sarebbe sempre stata la sua casa, coi suoi campi e i suoi prati a circondarla, con il cortile dove faceva giocare Garrick e sistemava il bucato, con il suo arredamento semplice ma caldo ed accogliente e che gli risvegliava ricordi ad ogni angolo della casa.

Ma quello non era più il suo mondo, il suo posto... Lo aveva lasciato più di un anno e mezzo prima per non tornare e quella che stava facendo era solo una breve visita prima di tornare ai suoi impegni, al suo lavoro e ai suoi figli.

Si avvicinò, bloccandosi quando scorse una figura conosciuta nel cortile, intenta a ritirare il bucato steso. La sentì borbottare a causa del vento che disturbava il suo lavoro e, nonostante tutto, le venne da ridere. "Vuoi una mano, Prudie?" - chiese, appoggiandosi alla staccionata.

Sentendo la sua voce, Prudie spalancò gli occhi e si voltò, rimanendo per lunghi istanti impalata e a bocca aperta. I panni le caddero di mano ma parve non accorgersene. "Giuda! Siete tornata" – esclamò, andandole incontro correndo.

Demelza le sorrise, avvicinandosi ad abbracciarla. "Non sono tornata, sono solo di passaggio. Fra poche ore ripartirò".

"Oh signora, signora" – mormorò Prudie, quasi soffocandola nel suo abbraccio.

"Come vanno le cose quì?".

Prudie si asciugò le lacrime, cercando di ricomporsi. "Bene... Sì insomma, viste le circostanze. Ma voi... Voi che ci fate quì? Di tutte le persone che immaginavo di rivedere, voi siete...".

"Quella che meno ti aspettavi" – concluse Demelza, per lei. Guardò la casa, con nostalgia. "Sei sola?".

"Sì, Jud è sparito in città a vendere la lana tre giorni fa e non si è ancora ripresentato a casa, probabilmente per paura di prenderle! Quel dannatissimo scansafatiche che non è altro! Sarà a bere in qualche osteria, il signore, appena l'avrò sotto mano lo scorticherò vivo".

Demelza scoppiò a ridere. "A quanto pare, non è cambiato nulla qui".

Prudie sospirò, prendendola sotto braccio. "Beh, qualcosa è cambiato. Su, venite dentro, vi preparerò del the caldo, dovete essere davvero infreddolita".

Demelza annuì e si lasciò condurre in casa. Le mancò il fiato quando fu dentro, quella casa risvegliava in lei mille e più ricordi. La cucina, il salotto, la scala che portava alla sua camera da letto, tutto le parlava di lei, di Ross e della famiglia che avevano costruito insieme. Ricordi belli si mischiavano a ricordi brutti, in un connubio capace di stordirla. Crollò sulla sedia, esausta, stringendosi nel suo mantello.

"Avete abiti bellissimi" – sussurrò Prudie, guardandola con attenzione.

"Sono più che altro caldi" – rispose, vaga. Non voleva parlare di lei e della vita che si era costruita, meno cose diceva e meglio era. Prudie le voleva bene come una madre ma il rischio che si tradisse era troppo alto.

"Siete venuta per il signore? Ross non c'è, manca da questa casa da inizio anno".

"Lo so".

"Come?". Prudie spalancò gli occhi, sorpresa. "In che senso?".

"Lo so è basta. Qualcuno mi ha detto che è partito, che si è arruolato nell'esercito".

Prudie rimase in silenzio per lunghi istanti, facendosi mille domande. Non ci stava capendo un accidenti, era chiaro, e nonostante tutto le spiaceva non essere totalmente sincera con lei. "E' per questo che sono tornata, per parlare con te. Che diavolo sta combinando, Ross? Perché è in Francia, invece che essere con Elizabeth?".

Prudie le mise la tazza di the fumante davanti, sedendosi nella sedia accanto a lei. "Una cosa per volta, ragazza. Dimmi prima come stai, dove vivi, cosa fai e come sta il piccolo Jeremy. Per favore". Le parlò in prima persona, usando il 'tu', dimenticando il rapporto serva-padrona che si era instaurato fra loro dopo il suo matrimonio con Ross. Le parlò come una volta, quando non era che una ragazzina che faceva la sguattera per il capitano Poldark e questo le faceva piacere, aveva un sapore di cose antiche, di famigliarità, di semplicità. E in fondo, lei non era più la padrona di Nampara e di Prudie.

Demelza sospirò. "Sto bene, vivo lontana da quì, ho un ottimo lavoro che mi permette di mantenermi dignitosamente e Jeremy è la mia gioia, è cresciuto tantissimo, è intelligente e fa mille domande. E' un bambino bello, buono e assennato e a volte mi stupisco di aver messo al mondo un figlio così diverso da me e da Ross". Guardò Prudie, seria. "Nessuno deve sapere di questa mia visita, ti prego di non dirlo in giro, nemmeno a Jud. Nemmeno a Ross, SOPRATTUTTO a Ross".

"Ross? Chissà quando tornerà" – rispose Prudie, sconsolata.

"Che diavolo sta succedendo quì?".

Prudie scosse la testa. "Hai cercato informazioni su Ross? Cosa sai di preciso?".

"Non ho cercato informazioni su di lui, sono venuta a sapere, per caso, alcune cose. E mi sono un po' preoccupata, è pur sempre il padre dei..." - si corresse subito, non voleva parlare di Clowance con Prudie, non sarebbe riuscita a tenere un segreto del genere. "Di Jeremy".

Prudie si accigliò, ma non disse nulla. "Il capitano Poldark si è arruolato ad inizio anno. La miniera va bene signora, subito dopo la vostra partenza è stato scoperto un enorme giacimento e ora che Ross non c'è, i suoi soci si prendono cura dei suoi affari, danno a me e a Jud il nostro stipendio e ci comunicano quanto il signore scrive loro, per lettera, dalla Francia".

Demelza inspirò profondamente, rinfrancata da quelle parole. "Quindi è vivo? Sta bene?".

"Fino a tre settimane fa, data della sua ultima lettera, sì. Non ho idea di quanto tornerà, però". Sbuffò, guardandosi attorno. "Devo tenere pulita questa casa perché se tornasse all'improvviso e la trovasse in disordine, darebbe fuori di matto. Quando è tornato dalla Virginia, si era infuriato per un po' di cose qua e la".

Demelza rise. "Quando è tornato dalla Virginia, mi aveva raccontato che la casa cadeva a pezzi".

"Che uomo esagerato, oltre che impossibile".

"Già". Cadde il silenzio, Demelza abbassò lo sguardo e prese a fissare, distrattamente, la tazza di the che aveva davanti. "Bene, Ross è in salute e gli affari gli vanno bene. Volevo solo sapere questo, ora credo che sia ora che riparta".

Prudie le prese le mani nelle sue, stringendole. "No, resta! Prendi il signorino Jeremy e torna qui, ne sarebbe così felice".

"Oh Prudie...". Si morse il labbro, vinta dalla nostalgia e dall'affetto per lei. "Non è più il mio posto, questo. E Ross desidera un'altra donna, che dovrei tornare a fare?".

"Ma chi? Quella gattamorta di Trenwith? Si è sposata quella lì, col più ricco, con quel damerino con la puzza sotto il naso che non va d'accordo col signore".

Demelza sorrise, tristemente. "Non importa quello che fa lei, a me importava quello che pensava lui. E lui voleva lei, la vuole ancora e la vorrà sempre".

Prudie scosse la testa. "Ma cosa dici? Ross non è mai andato a cercarla, credo che del loro matrimonio non gliene importasse nulla. E' andato solo una volta a farle visita, la sera prima che si sposasse".

"Per farle cambiare idea, suppongo. Per stare con lei e ricominciare una vita insieme...".

"No. Quella sera il signore mi ha detto che andava a Trenwith a portare la risposta all'invito per la cerimonia di nozze. Non aveva intenzione di rimanere la, mi aveva detto di preparare la cena che sarebbe tornato subito e così ha fatto. Tempo un'ora ed era a casa. Da quella sera, posso metterci la mano sul fuoco, non si sono più rivisti. Anche perché il signor Warleggan ha fatto recintare tutta la zona di Trenwith e a guardia ha messo i suoi scagnozzi, armati. Ross non ha mai tentato di avvicinarsi a quella casa e da quel che so, prima di partire, l'unico con cui aveva rapporti era il bambino, Geoffrey Charles. Sgattaiolava fuori da casa e di nascosto correva quì. Aveva occhi così tristi, povera creatura. Sua madre è un'inetta e non ha mai saputo difenderlo da quell'orco. Alla fine è stato spedito in collegio da qualche parte e quì non si è più visto nemmeno lui".

Le si strinse il cuore a pensare a Geoffrey Charles e a come poteva aver vissuto in quella casa, con George accanto a lui, che spadroneggiava senza che sua madre dicesse niente per difenderlo. Geoffrey Charles era l'ultimo Poldark rimasto a Trenwith e di certo George aveva fretta di liberarsi di lui e di legittimare il suo ruolo all'interno della tenuta, soprattutto dopo la nascita del figlio avuto da Elizabeth.

"Demelza?".

La voce di Prudie la fece sussultare. "Dimmi".

"Il signore... So che ti ha fatto soffrire, che ha sbagliato tanto ma... ha bisogno di te. Torna, ti prego. Questa casa non è più una casa senza te e il bambino".

"Non posso, Prudie. Sono cambiate tante cose e la mia vita è altrove, adesso".

"C'è qualcun altro nella tua vita? Per questo non puoi perdonare Ross?".

Demelza annuì. Non era una bugia, in fondo. Non aveva accanto nessun nuovo amore ma era comunque circondata da amici fidati, aveva una vita stabile e una figlia di cui Ross ignorava l'esistenza. Non poteva tornare, non più. "Prudie, si sta facendo tardi, devo partire, Jeremy mi starà aspettando".

"Vallo a prendere e torna quì. Se Ross sapesse che sei tornata, lascerebbe subito l'esercito e correrebbe a Nampara come un forsennato. Ti ha cercata tanto".

Demelza fece un sorriso amaro. "Mi ha cercata? Davvero? Perché, per una questione d'onore? Perché si vergognava a dover ammettere davanti agli altri che era stato abbandonato da sua moglie?".

"Ross era davvero distrutto, spesso l'ho visto girare per casa con gli occhi lucidi".

Demelza scosse la testa. "Prudie, era disperato per lei, perché aveva sposato George. Gli occhi lucidi erano per Elizabeth, così come la decisione di partire per la guerra, non sopportava di averla persa! Non sono io ad essere nei suoi pensieri, non lo sono mai stata. Tutto quello che so è che la mia partenza con Jeremy, per lui, è sicuramente stata un sollievo, si è tolto di casa due persone che erano solo un peso".

Prudie si alzò dalla sedia, andandole accanto ed inginocchiandosi davanti a lei. "Ma cosa dici? I suoi occhi brillavano quando eravate insieme. Hai dato gioia alla sua vita, sei sua moglie e lui questo non l'ha dimenticato".

"E allora perché era da lei che correva? Perché era a lei che pensava sempre? Perché io e Jeremy eravamo invisibili ai suoi occhi?".

Prudie si rialzò, accarezzandole i capelli. "Ha sbagliato molto, ha dato tante cose per scontate ma ti adorava, ti adora ancora. Sa di aver sbagliato, dagli una seconda opportunità. Demelza, se tieni ancora un po' a lui – e so che è così, altrimenti non saresti qui – fallo!".

Sentì gli occhi pungerle a quelle parole e di colpo, come un fiume in piena, le lacrime e la disperazione che aveva represso da quando era partita, strariparono. Scoppiò a piangere e a singhiozzare come se fosse stata ancora una bambina e si aggrappò a Prudie affondando il viso nel suo collo, abbracciandola come in cerca di sostegno. "Come puoi chiedermelo? Tu eri qui, tu hai sempre visto tutto! Non sono mai stata abbastanza per lui. Non abbastanza bella, non abbastanza attraente, non abbastanza interessante e non sono mai stata capace di risvegliare in lui la passione, l'amore che gli suscitava Elizabeth. Ero solo uno svago, in attesa di avere lei. Ci ho provato ad essere una brava moglie, a sostenerlo, l'ho amato più di quanto io abbia mai amato me stessa ma non era sufficiente per lui. Non mi voleva, non voleva Jeremy, non sapeva che farsene di noi. Non posso tornare, non posso fare questo a me stessa e a mio figlio. E Ross... non so perché non abbia lottato per Elizabeth, avrà avuto le sue buone ragioni o forse non c'era motivo di lotta perché lei ha preferito un altro, ma non inizierà ad amarmi perché ha perso lei. L'amore non è così, non è un qualcosa che nasce per interesse, è qualcosa che nasce, spontaneo, dal cuore. E se non ha provato amore per me prima, non lo farà nemmeno adesso".

"Oh bambina...". Prudie le accarezzò le guance, ad asciugarle le lacrime. "Non puoi pensare davvero queste cose. Ti adorava, è perso senza di te. Lo conosco da tanto tempo, fidati".

Demelza scosse la testa, alzandosi dalla sedia. "Non sarei dovuta tornare, sai? Mi fa male stare quì e sentire... e ricordare... Sono contenta di averti vista ma ti prego, lasciami tornare a casa".

Prudie annuì, sconfitta. "Non verrai più a Nampara, vero?".

"No. Grazie per quello che fai per la tomba di Julia, continua a prenderti cura di lei, te lo chiedo come favore personale".

"Lo farò".

Demelza annuì, asciugandosi le lacrime. Guardò la casa, un'ultima volta, imprimendosi nella memoria ogni particolare, ogni piccolo dettaglio da portarsi dietro, nei suoi ricordi. "Tieni tutto in ordine, mi raccomando, sai che ci tiene. Prenditi cura di lui quando tornerà. E per quanto riguarda me...".

"Non devo dire nulla, lo so".

"Grazie". Demelza sorrise. "Buona fortuna, Prudie. Cerca di star bene".

"Anche tu. E dai un bacio a Jeremy da parte mia".

"Lo farò". La salutò con un cenno del capo, si rimise il mantello e poi uscì, sparendo fra le nubi e il vento freddo dell'autunno della Cornovaglia. Tornare a Nampara era stata la cosa più difficile che avesse mai fatto e difficilmente avrebbe ritrovato il coraggio per farlo di nuovo.






  
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