Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Astarter    19/12/2016    5 recensioni
Aggiornamento 28/11/2019!
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Quando fosse iniziata veramente con Jon, non lo capì mai, Sansa.
Nel percepire la sua indole di giustizia, lei aveva preso a detestarlo profondamente, ma non perché fosse Jon, il fratellastro che aveva sempre guardato con sdegno. Né perché ora regnasse sul castello che le spettava per diritto e successione. Non era quella la ragione.
Sansa anche se era restia ad ammetterlo lo odiava per quell'ingenuità che lui, a differenza sua, non aveva perso.
Bran era tornato a Grande Inverno, rivelando chi fosse in realtà Jon e lì quel giorno, qualcosa dentro Sansa si era liberato.
E c'era un'idea che le ronzava in mente, qualcosa che pareva la soluzione giusta a tutti i suoi timori.
Ci aveva pensato per giorni, settimane a cosa dirgli sedendosi sotto la chioma del grande albero cuore dalle foglie perennemente rosse. E alla fine era rientrata nel Bastione e l'aveva affrontato.
"Ma che stai dicendo? Tu se mia... " aveva sbottato Jon inorridito, senza però continuare, perché lei non era affatto sua sorella.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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V
Segni


 

Incupito il re del Nord si sedette sul letto, restando a capo chino, quando le immagini della sua morte cominciarono a scorrere sulla sua retina.
Per diverso tempo - quando ancora dormiva da solo - aveva sognato quella notte a Castello Nero, rivivendo il dolore di ogni stilettata al petto intrisa di una brutalità e un odio spaventoso nei suoi confronti.
Era divenuto re e viveva nonostante fosse stato pugnalato mortalmente. Viveva per combattere ancora.
Quella realtà era così incredibile. Nemmeno dalla vecchia Nan aveva sentito delle storie così macabre, quando raccontava dei loro avi. Faceva male respirare, perché l'aria intorno a lui in quel momento era gelida e puzzava di sangue.
«Guardami, Jon» respirò affannosamente Sansa.
Forse fu il fruscio della sua veste che ora vedeva abbandonata alla rinfusa sul pavimento a convincerlo a sollevare il capo, forse fu il suo tono spezzato, o forse fu la consapevolezza di non essere più un lupo bianco solitario.
Gli occhi di Jon si riempirono d'orrore nel vedere dei segni a forma di croce sulle spalle di sua moglie. Non l'aveva mai vista in intimo, lei si affrettava sempre a nascondersi e vestirsi dietro quel separé, coprendo ogni centimetro di pelle.
In un gesto meccanico le sue dita andarono a toccare la pelle nuda delle sue spalle bianche, percorrendo ogni cicatrice, ogni lesione.
«Dei, Sansa» rantolò sconvolto.
Come la sua pelle, anche quella di lei urlava piena da cordoli rossastri e faglie incise dietro la schiena, sul ventre. Carne viva martoriata dalla lama di un mostro che avrebbe voluto uccidere altre mille volte.
Era quello il motivo per il quale ogni giorno preferiva fare a meno dell’aiuto delle sue ancelle nel vestirsi?
«Sono orribili, vero?» domandò lei con voce incrinata, mentre la vista le si appannava.
«No» avvitò le braccia attorno ai suoi fianchi, affondando il viso sul suo ventre. «Niente di te è orribile. Sei la ragazza più bella che abbia mai visto» la sentì singhiozzare sommessamente. Le mani di Sansa correvano tra i suoi capelli, come a voler trovare un appiglio a quel dolore che la straziava dentro.
Era così bizzarro che il destino li avesse fatti rivedere, quando parevano aver perso ogni fiducia nella vita, ogni sogno e prospettiva. Entrambi portavano sui loro involucri e nel loro animo i segni di qualcosa che ogni giorno li perseguitava.
C’era un’ombra nelle loro anime lacerate, che veniva rischiarata solo dal calore che si donavano a vicenda. E magari quelle ferite sarebbero rimaste, ma il malessere forse sarebbe sfumato se fossero rimasti insieme.
Jon alzò il voltò, quando le lacrime di sua moglie caddero sul suo volto, chiedendosi se avrebbe avuto la fortuna di veder invecchiare il suo viso. Ma forse gli sarebbe bastato solo sapere che fosse sopravvissuta.
 
Affiancata da due costruttori, Sansa percorse ogni ala del castello, indicando loro ogni danno da riparare. Quelli che venivano prima di tutti erano stati inferti ad alcune stanze che non ricevevano più il riscaldamento delle sorgenti calde del sottosuolo, poi c’erano tetti semi aperti, finestre rotte. La lista dei danni che i maledetti traditori Bolton avevano inferto al castello era lunga, ma per fortuna ora potevano contare sulla manodopera.
Jon aveva fatto giungere i migliori fabbricanti.  
Grande Inverno andava tutelata, visto che sarebbe divenuta il rifugio di molti quando la lunga notte sarebbe giunta.
 
«Vedo che la tua sposa se la cava bene nella vesti della signora della rocca» disse Tormund, notando l'andirivieni attorno alla regina. 
«Già, è sempre stato il suo sogno vestire questi panni» disse a voce bassa.
«Cos’è quella faccia, ragazzo? Sembra che tu abbia visto un fantasma, e non intendo il tuo amico a quattro zampe che ci segue» disse il Bruto, grattando la sua barba rossa.
«Tre giorni fa, lei mi ha chiesto di insegnarle a combattere» sospirò cupo, mentre Tormund sollevò le sopracciglia.
«Sei stato con una donna che non faceva altro che combattere» il re restò in silenzio. Il sentir nominare la sua prima donna, il suo primo amore gli aveva fatto sentire una morsa allo stomaco.
«Ygritte ci è morta in guerra» riprese a dire diversi minuti dopo.
«Lascia che lei faccia ciò che ritiene giusto. Da quel che so, tua moglie è stata nelle fauci del nemico per anni, riuscendo a tornare qui viva. Cosa vuoi fare? Chiuderla in una torre, fino a che non  sarà  tutto finito?»  lo vide voltarsi nuovamente nella direzione della sua sposa, che ora gli stava venendo incontro.
«Lei per me è tutto» disse in un sibilo che l'uomo udì.
«Sei proprio fottuto stavolta, ragazzo» Tormund gli circondò la spalla con un braccio. Ma forse a giudicare dallo sguardo che la regina del Nord, gli rivolgeva, persi lo erano entrambi.
 
 
Stringeva con frenesia le briglie del suo cavallo nero. Era tornato a Grande Inverno ad ora tarda e subito aveva visto il trambusto. L'ululato di Spettro che aveva preso a correre sulla brina gli aveva dato un po' di speranza. Poteva solo contare sul suo fiuto.
Aveva lasciato Ser Davos e Tormund indietro, sordo ai loro avvertimenti su una sempre più fattibile trappola pensata nei suoi riguardi.
C’era una tormenta di neve nella foresta; e il vento si abbatteva impetuoso sulle acque gelide del fiume che stava fiancheggiando.  
Una nebbia spettrale ammantava il panorama avvolgendo qualsiasi figura l’attraversasse. Le nuvole oscuravano la luna dando a quel luogo un aspetto funereo.
L’avevano presa.

Poteva essere stato Baelish, forse Cersei Lannister aveva introdotto qualcuno a palazzo, approfittando delle sue ripetute assenze e lei ora era in pericolo.
Lei che nemmeno sapeva difendersi.
Sansa.
Voleva solo riportarla a casa, poterla toccare, avvicinare le proprie dita alle sue, come tante volte ormai tra loro accadeva. Non riusciva nemmeno ad immaginare la sua assenza.
Bramava solo lei, più di quanto la sabbia cocente desiderasse essere preda dell’acqua.
Jon era sceso da cavallo, quando aveva sentito il suo lupo avventarsi su qualcuno.
Erano in dieci e uno di loro le teneva i polsi.
Le stava facendo male.

Fulmineo gli andò incontro, insinuando la lama del suo fendente nel corpo di ogni figura che gli ostruiva la strada. Non aveva tempo da perdere.
Avvenne tutto in pochi istanti, l’uomo coperto da un cappello ghignò sinistro, alzò il braccio, conficcò brutalmente un pugnale nel torace di Sansa e scappò via.
Dopo aver emesso un verso sordo, lei rovinò sul manto bianco e freddo, come un burattino a cui sono stati tagliati i fili.
Cadde in uno svolazzo di lunghi capelli rossi. Gli occhi azzurri e appannati che avevano incrociato i suoi.

Un urlo raggelante sfuggì dalla gola del ragazzo a quella visione. 
Veloce si precipitò su di lei, lasciando che l’elsa della sua spada, si conficcasse nel manto di neve, che ora si colorava del sangue di Sansa.
Disperato la sollevò da terra, lasciando che le lacrime gli scivolassero dagli occhi.
La sofferenza che quella visione gli stava causando era insopportabile, più di quella provata per Ygritte.
Ad ogni rantolo spezzato che ella emetteva il suo respiro come per riflesso diveniva mozzato, fino a che non sentì più nulla, perché lei chiuse gli occhi, smettendo di respirare, ormai crollata nel sonno della morte.

 
Jon si svegliò affamato d’aria. La fronte madida di sudore e il cuore che batteva freneticamente. Di scatto si voltò dov’era rannicchiata la moglie.
Lei era al suo fianco ed era viva.
Desideroso di un contatto, protese le braccia in avanti, accostandola a sé, sentendo il suo respiro sul collo.
«Jon» mugugnò Sansa, senza aprire gli occhi. «Così mi soffochi.»
«Non volevo svegliarti, mi dispiace» allentò la presa, senza però lasciarla.
«Hai avuto un incubo?» sfiorò il naso con quello del marito.
«Sì» rispose, inspirando profondamente.
Lei allungò il braccio e posò il palmo della mano sulla guancia morbida di Jon, come a volerlo tranquillizzare. Non voleva forzarlo a dire nulla, sapeva bene cosa significasse avere dei brutti sogni.
«Sansa» sussurrò piano vicino al suo viso.
«Dimmi.»
«Accetto lo scambio che mi hai proposto. Domani cercherò una camera adatta e inizierò ad allenarti.»
«Bene» disse in un soffio.
Ancora inquieto per cio' che aveva vissuto in quel sogno, Jon appoggiò il viso sul torace di Sansa e chiuse gli occhi, trovando conforto nel sentire il ritmo profondo del suo cuore. E pochi minuti dopo, mentre lei lo cullava tra le braccia, cadde in un sonno senza sogni.
 


 
   
 
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