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Autore: milly92    22/05/2009    5 recensioni
La vita di Viola è sempre stata normale, sempre noiosa per i suoi gusti. Non è mai riuscita ad entrare nella redazione del giornalino della scuola, nonostante suo padre sia il preside del liceo, ma tutto avrà una svolta dopo la festa per i suoi 18 anni: un nuovo grande amore, cugino di uno dei suoi prof e con tanto di amico omosessuale oggettivamente bello e desiderato da tutte le poverine che non ne sanno nulla, perché fino a poco prima non lo sapeva nemmeno lui… E così la vita di Viola cambierà “da così a così”, ma forse, cambierà soprattutto lei![DALL'EPILOGO: Per favore, ditemi che il club Viola-E’-Una-Raccomandata-Che-Se-La-Fa-Con-Il-Capo è fallito. Non vi sopporto più” dichiarai. “Ma tu neghi l’evidenza!” mi rimproverò Alessia, togliendosi una ciocca mogano dalle spalle e guardandomi come se mi fossi rincretinita tutto d’un tratto. “Subito ti ha assunto dopo che ti sei laureata, quando invece mezza redazione l’ha tenuta in prova per mesi…”. “Forse perché lo conosco da quando stava all’università e mi ha aiutato con la tesi” ipotizzai sarcastica.]
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla Ricerca Di Un Piano Perfetto

La Rivincita Di Cenerentola

Capitolo 1

Alla Ricerca Di Un Piano Perfetto

 

“Dal Preside, subito!”.

Sbuffai, udendo le urla della mia professoressa di latino e mi avviai con passo stanco verso l’ufficio del preside, che ormai conoscevo più della mia stessa classe, ignorando le risatine delle mie compagne e i resti del ringhio della prof. Mandarmi dal preside perché indossavo una minigonna e un top. Che cavolo.

“Viola, che ci fai qui?” mi domandò l’uomo vedendomi, alzando lo sguardo da alcune scartoffie appena presi posto, con fare rassegnato.

Feci un sorriso forzato, chiudendo la porta alle mie spalle.

“Mi manda la Bellusco, papà”.

Eh si, ero la figlia del preside. Di certo era una grande sfortuna per il fatto che tuo padre potesse subito sapere quando ti assentavi se decidevi di fare filone per saltare un compito, ma era una grande fortuna per il fatto che quelle visite durassero meno di tre minuti.

“L’anno scolastico è iniziato da due ore, piccola, dimmi, cosa hai combinato?” domandò mio padre con un fare tra l’apprensivo e il rassegnato.

Mi alzai e indicai i miei abiti, con tanto di piroetta. Vedendomi, sbiancò.

“E’ proibito venire a scuola conciate così, e lo sai!” mi ricordò arrabbiato, irrigidendosi subito.

“E so anche che abolirai questa subdola legge appena io me ne andrò. Guarda che i ragazzi della scuola possono vedere le mie gambe anche il sabato sera…” gli ricordai sfacciatamente.

“Viola! Non c’entra un tubo, questa legge ci sarà anche l’anno prossimo, quando ti sarai diplomata, ma dubito che sarà così se continui ad essere rimproverata ogni santo giorno…” disse mio padre con severità, e finsi di annuire giusto per dargli un po’ di soddisfazione.

“Bene, perfetto, ho recepito il messaggio, ora posso andare?”.

“Mmm…”.

“Guarda che se mi fai restare qui mi fai un piacere, la Bellusco stava interrogando sui compiti delle vacanze…”.

Sorrisi vittoriosa quando lui subito mi fece segno di uscire, e così uscii fuori e ritornai in classe, tra le occhiate continue della mia classe, la 3°A del liceo classico “G. Bruno”.

La Bellusco mi accolse con un’occhiataccia, prima di continuare a spiegare per l’ennesima volta in cinque anni l’ablativo assoluto, che qualcuno come Bianca Signorili, che vantava un record di dieci compiti di latino in cui aveva costantemente preso tre e mezzo, non aveva ancora capito. Com’era arrivata fino al terzo liceo per noi era ancora un mistero.

In quel momento mi domandai chi cavolo me l’aveva fatto fare di scrivermi al classico, un freddo giorno di gennaio di cinque anni prima, poi me lo ricordai con un sorriso amaro. Volevo andare al Linguistico, solo che allora mio padre era il preside di quella scuola, e non c’erano altri licei simili in città, a meno che non sia voluta andare in un liceo di Caserta in cui tutti mi avrebbero guardato dall’alto in basso solo perché non vestivo Prada o Gucci. Anche se le cose non erano andate molto diversamente dato che il 70% della classe era composta di figlie di papà con cui non avevo particolari rapporti.

Scientifico? No, odiavo la matematica e le materie scientifiche.

Pedagogico? No, quella roba non faceva per me.

Classico? Si dai, si poteva fare, andavo bene in italiano, ero affascinata dal greco, e poi c’era sempre il corso sperimentale di lingue…

Fu così che consegnai la domanda d’iscrizione per poi capire che non era servito a nulla l’anno dopo, quando mio padre mi annunciò di essersi trasferito da me e che non aveva avuto scelta.

Da allora ero Viola Liguori, la figlia del preside Liguori, quella che non riusciva ad avere un po’ di fortuna in più a scuola  e a risparmiarsi rimproveri dai professori nonostante la carica rivolta dal padre in quell’istituzione.

Non dimenticherò mai la prima volta in cui lo avevo incrociato in corridoio, mi aveva salutato ed io gli avevo garbatamente girato la faccia per l’imbarazzo dato che gli occhi di tutti erano puntati su di me. Ed è forse per vendetta che il giorno dopo annunciò la stupida regola delle minigonne vietate, dato che sapeva che le indossavo tre giorni su sette.

Forse anche questo aveva contribuiti alla mia impopolarità. Forse mio padre mi aveva sottratto quel minimo di notorietà che avrei potuto avere con un po’ di sforzi. Ormai ero all’ultimo anno e non avevo mai avuto l’onore di scrivere per il giornale della scuola, cosa a cui ambivo da tre anni, ma non avevo mai avuto il piacere di finirci sopra nella rubrica dei pettegolezzi.

Quell’anno mi sarei voluta riscattare, eppur,e a giudicare da com’era iniziato, al cosa era molto difficile se non impossibile,. Ormai ero stata etichettata, anche a causa del mio carattere un po’ introverso.

Sbuffai per l’ennesima volta, per poi fare i salti di gioia quando suonò la campanella e annunciò il quarto d’ora di ricreazione.

“Ragazze, quali sono le impressioni sulle prime due ore dell’anno scolastico?” domandò Ylenia, la mia migliore amica nonché compagna di banco quando raggiunse me e Chiara in bagno, mentre fumavamo segretamente una sigaretta.

Scrollai le spalle, e Chiara fece lo stesso.

“Niente di che, non si prova nulla di speciale nell’essere i senior” borbottai, aspirando un po’ di fumo.

“Dai, è una figata, e poi guarda come si vede la differenza tra noi e quelle del quarto ginnasio!” mi fece notare lei, indicando spudoratamente una ragazzina del primo anno pesantemente truccata.

“Povere illuse, sono ancora nella fase in cui credono che essere al liceo voglia dire andare in un luogo prestigioso”sospirò Chiara, gettando la sigaretta per terra e guardando la ragazzina con i suoi profondi occhi scuri.

“Noi sembravamo più grandi al primo anno” constatai. “Almeno io avevo almeno dieci centimetri in più”.

“Ma anche tu comunque ti presentasti perfettamente truccata e vestita il primo anno” mi ricordò Ylenia con fare sghignazzante, togliendosi una ciocca castana dalla spalla destra e squadrandomi con i suoi occhi verdi.

“Che c’entra… E poi che ne parliamo a fare, ormai siamo al quinto, no? Dobbiamo pur fingere di essere sagge in qualche modo, quindi reggimi il gioco” risposi, facendo l’occhiolino. 

“A proposito di saggezza e quinto anno… Come vanno i preparativi per la festa?” domandò Chiara quando anch’io ebbi terminato di fumare la mia sigaretta e feci segno loro di uscire nel corridoio.

“Diciamo bene, ci sono solo stati i soliti diverbi con papà perché vuole invitare tutto il corpo docenti della scuola, figli compresi” risposi, scrollando le spalle, rassegnata. Con la mia situazione sociale, ovvero discreta ragazza di liceo che non ha più di cinque amiche di cui può fidarsi, di certo una festa con i professori non è il massimo per ottenere una festa di successo.

Udendo ciò, però, Ylenia si bloccò nel bel mezzo del corridoio, come se fosse stata colpita da un colpo di qualcosa di molto pesante.  

“Yla, tutto bene?”.

Lei boccheggiò, prima di dire: “Ho dimenticato di dirtelo! Parlando con Luisa il mese scorso sono venuta a sapere che….”.

“Che cosa?” domandammo impazienti io e Chiara.

“Indovinate chi è il figlio della Giordani, quella di chimica del corso C?” domandò.

“Chi?!”.

“Matteo Salvioni!” esclamò lei, e nell’esatto momento in cui disse la frase, Chiara per un pelo non svenne.

“Matteo Salvioni? Quello che gioca a calcio e a cui va dietro mezza scuola?” chiese stralunata.

“Si! Viola, devi farlo venire, solo così la tua festa sarà indimenticabile, ti prego…” fece Ylenia esasperata, tirandomi per un braccio.

Esitai, ragionando. Già sapevo che metà classe avrebbe trovato delle scuse per non venire alla mia festa, ma dato che eravamo quindici femmine e quattro maschi, beh, con quella marcia in più avrei potuto avere una festa perfetta. Chi se ne fregava della presenza di professori bavosi quando alla mia festa ci sarebbe stata il ragazzo più ambito da tutte?

“Mi hai convinto, ora però dobbiamo solo trovare un modo per convincere sua madre a venire” risposi, e fu così che al suono della campanella ci avviammo in classe tutte concitate, sussurrando varie ipotesi.

Certo che quell’anno era iniziato già in un modo particolare!

 

 

Note Autrice:

Ciao a tutti, eccomi qui con una nuova fic. Cosa ve ne sembra? Aspetto un vostro giudizio per sapere se devo continuare o meno.

Fatemi sapere cosa ne pensate, grazie!

Milly92.

  
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