4 - Paura ed emozione
Mi
batté forte il cuore quando vidi sul cellulare il nome del
mio ex
ragazzo sotto la bustina lampeggiante gialla. Dopo la mia partenza
non mi scrisse spesso, poiché voleva impegnarsi a non
pensare troppo
alla nostra relazione appena finita, eppure quella mattina ricevetti
un suo messaggio. Ero appena salita in macchina ed ero pronta per un
nuovo giorno di scuola, ma poco prima di mettere in moto il mio
catorcio, aprii quel messaggio e lo lessi.
Ciao Ellie,
come stai? Probabilmente da te sarà mattino, qui invece
è ancora
notte ed io non riesco ad addormentarmi. Da quando ci vediamo su
Skype insieme agli altri penso sempre più a te e mi manchi
tantissimo. Ti prego, anche se non cambierebbe nulla, ti chiedo di
ritornare ad essere una coppia! Fa male non averti qui con me e
sapere che tu non sei più mia, perciò ti
scongiuro, dammi almeno il
piacere di saperti ancora la mia ragazza!
Cercai di non commuovermi dopo aver letto quelle parole, ma i miei occhi si inumidirono contro la mia volontà. Mi feriva pensare che Andy stesse soffrendo così tanto per la nostra lontananza, ma non me la sentivo di accettare la sua proposta. Anzi, la trovavo insensata. Perché saremmo dovuti rimanere una coppia se non potevamo vederci di persona per un anno? Il dolore sarebbe comunque rimasto.
In quel momento riapparve in me un odio verso mio padre e alla sua stupida idea di farmi trascorrere dodici mesi a Londra da lui. Se non fosse stata per quella sua decisione, quella mattina non mi sarei trovata in quella macchina di seconda mano, ma nel mio letto, a casa mia, ad Ottawa.
E
dopo il mio risveglio, avrei rivisto Andrew davanti a scuola, come
tutte le mie vecchie e solite mattine. Mi si strinse il cuore, ma
dovetti rispondere negativamente a quel messaggio di Andy. Mentre
digitavo il testo sul touch screen, una lacrima solcò la mia
guancia
destra, ma l'asciugai subito interrompendo per un attimo la
digitazione, poi ripresi a scrivere.
Ciao Andy, anche tu mi
manchi moltissimo e vorrei essere lì accanto a te in questo
momento,
ma non possiamo tornare insieme. Come vedi fa già molto male
stare
lontani e penso che se fossimo ancora una coppia sarebbe molto
peggio, perdonami.
Una volta aver risposto al messaggio e
aver infilato il cellulare nella tasca dei jeans, misi in moto la
macchina ed uscii dal garage. Durante il viaggio in auto pensai senza
sosta a come si stesse sentendo Andy in quel momento nel letto di
camera sua. Lo immaginai piangere tra le coperte come feci io le
prime notti passate a Londra e sentii una stretta nella gola. Non
volevo arrivare a scuola con gli occhi umidi e le guance rosse,
perciò mi impegnai a trattenere le lacrime e a scacciare via
tutti
quei pensieri tristi. Se Stacie mi avesse vista in quello stato, mi
avrebbe fatto sicuramente delle domande, per poi dire ancora che
finirò tra le pagine del giornalino. Era meglio evitare.
Arrivata
nel cortile della scuola, parcheggiai al solito posto, lontano da
quello di Valentin. Quel mattino, quando gettai un'occhiata al quel
posteggio che dovevo evitare, vidi la macchina blu: Valentin era
tornato.
Dentro
di me cominciò ad agitarsi la mia solita e maledetta ansia.
Non
avevo voglia di incrociarlo per i corridoi e di sentire il peso del
suo sguardo su di me. Per quanto volessi far finta che non esistesse,
non riuscivo ad ignorarlo. Avevo visto Valentin solo il primo giorno
di scuola e l'inquietudine che provai in quella giornata stava per
ripresentarsi nel mio corpo e nella mia mente.
Prima di scendere
dalla macchina controllai se Andrew avesse risposto al mio messaggio
e con mia sorpresa notai che non ricevetti nulla. Pensai che forse
fosse riuscito ad addormentarsi, ma poi ne dubitai. Probabilmente lo
delusi, ma ciò che gli scrissi era quello che pensavo
davvero. Per
quanto potesse farmi male, non mi pentii di quel messaggio.
Scesi
dalla macchina e mi guardai intorno mentre raggiungevo i gradini
davanti all'entrata della scuola. Nonostante ci fosse la sua auto,
Valentin non era nei paraggi. Mi feci qualche domanda al riguardo, ma
poi non volli più pensarci. Sperai soltanto di non
incontrarlo
durante la giornata, ma le mie furono soltanto delle speranze perse
quando vidi Valentin nell'aula di pittura mentre preparava il
cavalletto, la tela e i colori ad olio.
Ero uscita dalla classe per andare al bagno e, quando passai davanti all'aula di pittura, la prima persona che vidi fu proprio quel finlandese, poiché era in fondo all'aula, di fronte alla porta lasciata aperta. Rimasi là ferma ad osservare i suoi movimenti: con una mano teneva la foto di un paesaggio e con l'altra cominciò a tracciare sulla tela con una matita i primi schizzi.
- Mi
raccomando ragazzi, adesso siete al quinto anno, perciò mi
aspetto
da voi dei paesaggi degni di grandi pittori! - disse la professoressa
di pittura mentre passeggiava tra i cavalletti degli studenti con le
mani incrociate dietro la schiena.
Valentin era così concentrato
mentre disegnava che sembrava quasi un'altra persona. Una di quelle
calme, professionali e pacate. Non avrei mai detto che ad un ragazzo
scapestrato come lui piacesse così tanto svolgere
un'attività
tranquilla come disegnare e dipingere.
Notai anche che i suoi
capelli scuri e spettinati erano poco più corti dell'ultima
volta
che lo vidi, ma aveva alle orecchie gli stessi orecchini tondi del
primo giorno di scuola. Gli occhi erano contornati di nero e mi
sbalordii nel vedere che Valentin si truccasse. La volta scorsa non
c'era nessun segno di trucco sul suo volto.
La camicia rossa che
indossava era in contrasto con la maglietta nera dal colletto ampio
che stava sotto. I jeans chiari gli stavano leggermente larghi e su
un fianco scendeva una piccola catena argentata. Ai piedi portava
degli enormi anfibi neri.
- Signorina, le
serve qualcosa? - mi
chiese la professoressa notandomi fuori dalla porta. Tolsi
immediatamente la mia attenzione da Valentin e guardai la donna
sorridermi.
- Ehm, no, mi
scusi, stavo solo... guardando come
lavorate - le risposi imbarazzata e indietreggiando.
- Oh, sei la
ragazza nuova del quarto anno, vero? Puoi entrare, se vuoi - mi
propose la professoressa indicando con un dito il fondo dell'aula,
quasi come se avesse indicato Valentin che, mentre cercavo di
svignarmela, si accorse della mia presenza.
- No no,
davvero,
grazie - dissi indietreggiando ancora e morendo dalla vergogna. - Io
in realtà stavo andando in bagno- ammisi e la signora si
mise a
ridere teneramente. Già mi stava simpatica, era una donna
solare e
gentile. Non era la stessa professoressa che insegnava arte nella mia
classe, altezzosa e severa.
- Okay, ti
lascio andare allora.
-
Magari do un'occhiata un'altra volta, grazie ancora, salve! - la
salutai e, prima di andarmene, lanciai d'istinto uno sguardo a
Valentin, il quale mi fece un occhiolino e mi sorrise. Io me ne andai
facendo finta di nulla e ripresi a raggiungere il bagno a passo
spedito. Sentii le risa dei ragazzi di quinta e mi imbarazzai
tremendamente, ma arrossii di più quando mi apparve nella
testa
Valentin farmi l'occhiolino. Quegli occhi dello stesso colore di cui
splende l'acqua pura e dolce di un fiume mi avevano ancora trafitto.
Accostati a quel contorno nero sembravano ancora più freddi
e accesi
di un faro nella notte.
Detestavo sentire quelle palpitazioni in
gola e nello stomaco, poiché mi promisi di non dare
importanza a
quel ragazzo, ma quando i miei occhi incrociavano i suoi, il mio
cervello si spegneva e il mio cuore, invece, si riempiva di vita.
Ciò
che Valentin riusciva a trasmettermi era qualcosa di anomalo,
inspiegabile, un misto di paura ed emozione. Nonostante tutto, ero
ancora decisa ad ignorarlo ed ero sicura che, se fossi andata avanti
di quel passo ad auto controllarmi, col tempo non mi sarei mai
più
sentita il petto in subbuglio.
Stavo cominciando a non poterne proprio più delle occhiatine
e dei mille modi per rimorchiarmi di Victor. Non ho mai conosciuto un
ragazzo più pesante di lui.
Alexandra, la mia compagna di banco, mi scrisse qualcosa sul quaderno
aperto di storia con una matita.
Quando a Victor piace una ragazza, per la poveretta non
c'è più possibilità di respirare!
Purtroppo me ne accorsi anch'io. Nessun altro sapeva essere pensate
quanto lui. Superava persino mio padre, anzi, piuttosto di sentire la
voce irritante di Vic, preferivo subire una sfuriata di papà!
Non riuscivo a seguire la lezione di storia e a prendere appunti
perché sentivo gli occhi di Victor poggiati addosso.
Purtroppo stava seduto nella fila di banchi accanto alla mia e lui non
ce la faceva proprio a far finta che io non esistessi.
- Puoi smettere
di fissarmi, per favore? - gli bisbigliai.
- Puoi smettere
di essere bella, per favore? - mi rispose lui per farmi
intuire di avergli chiesto una cosa impossibile. Non sapevo se vomitare
per il disgusto o piangere per il forte disagio che mi stava assalendo
in quel momento.
Alex cercò di trattenere una risata ed io, invece, cercai di
trattenermi dal volerle dare un ceffone. Se avesse continuato ancora
per lungo a ridere, le avrei strappato quel caschetto nero che aveva in
testa.
Mancavano pochi minuti e presto saremmo potuti tutti tornare a casa. Il
peso dell'ultima ora, sommato agli sguardi di Victor e ai miei pensieri
ingarbugliati tra loro, diventò qualcosa di insopportabile e
non vedevo l'ora di sentire la campanella suonare. La mia mente si
divideva tra Vic, Andrew, Valentin e la lezione di storia che seppi
seguire solo fino a un certo punto. Il mio cervello rischiò
di andare in fumo: il messaggio di Andy, le occhiate di Vic e le
emozioni datemi da Valentin mi stavano confondendo le idee. Se la mia
testa avesse avuto una spina, in quel momento, l'avrei staccata
immediatamente dalla presa.
- Per domani
fate il riassunto di queste tre pagine appena affrontate -
ci dettò il compito il professor Cowen ed io, dopo essermi
risvegliata dai pensieri, presi il diario. Scritti i compiti, mi alzai
dal banco e cominciai a preparare lo zaino. Fu un enorme sollievo
quando sentii la campanella suonare e corsi subito fuori dall'aula,
poiché avevo bisogno d'aria.
- Ellie! Aspetta
un attimo! - mi richiamò Victor ed io mi
fermai nel bel mezzo del corridoio sbuffando e roteando gli occhi al
cielo. Ero stufa di sentire quella dannata voce pronunciare il mio nome
e al momento in cui vidi Vic avvicinarsi a me, le mie ginocchia
cominciarono a tremare per l'agitazione, ma come sempre provai a
camuffarla.
- Che cosa vuoi
ancora? - gli chiesi, ormai priva di pazienza, piegando
la testa da un lato e sbattendo le braccia sui fianchi.
- Io non so
più che fare - mi disse lui fingendosi disperato.
- Sapessi io...
- gli risposi ironica, ma in fondo avevo ragione. Ero io
che non sapevo più che fare con lui.
- Davvero, non so più cosa fare per piacerti!
- E'
semplice, perché non sparisci? - gli proposi e lui
scoppiò a ridere. Eppure ero sicura di non aver sparato una
battuta divertente.
- Oltre che
bella sei anche simpatica - mi disse lui. - Sul serio, cosa
posso fare per piacerti? - insistette lui ed io in quel momento avrei
voluto suicidarmi.
- Non lo so,
okay? Non potrai mai piacermi, mettitelo in testa! -
sbottai ad alta voce e alcuni ragazzi del corridoio posarono la loro
attenzione su di me.
- Io non mollo -
continuò Victor ad importunarmi. Mi
suonò come una minaccia, quella frase.
- Senti, vuoi
davvero fare qualcosa? Scrivimi una poesia, va bene?
Ecco! - gli suggerii la prima cosa che mi venne in mente solo per farlo
contento; così, soddisfatto della risposta, se ne sarebbe
finalmente andato, pensai.
-
Sarà fatto - mi garantì lui ed io alzai un
pollice in segno di approvazione. Fatto questo, gli diedi le spalle e
lo salutai senza neanche guardarlo in faccia.
Chissà che schifezza mi avrebbe scritto quell'idiota, mi
chiesi. Ero proprio pronta a farmi qualche risata, per poi vomitare
sulla poesia e buttarla nella pattumiera.
- Sei una
ragazza tutto pepe tu, eh? - vidi l'alta figura di Valentin
Virtanen affiancarsi a me quando sentii quella voce soavemente
profonda. Perfetto, pensai. Ci mancava solo lui.
- Da dove
sbuchi? - gli chiesi continuando a camminare verso l'uscita
della scuola e lui avanzava a passi svelti accanto a me.
- Ero a pochi metri da te, ma tu non mi hai visto perché eri
impegnata a conversare con quel coglione - mi rispose Valentin
estraendo da una tasca della giacca di pelle un pacchetto di sigarette
e un accendino.
- Hai visto e
sentito tutto, non è così?
- Già, è stato un vero e proprio spettacolo -
fece il simpatico lui. - Anche ad Ottawa rispondevi così ai
ragazzi? - mi chiese ridacchiando. Aprì il pacchetto di
sigarette e ne tirò fuori una. Credevo che stesse per
ricominciare a fumare dentro la scuola, ma per fortuna, invece, quella
sigaretta la tenne spenta tra le dita.
- Solo quando
era necessario.
- Pensi che
quello lì, prima o poi, ti scriverà
davvero una poesia? - mi chiese Valentin indicando con un pollice
dietro di sé.
- Non lo so, se
non la scrive è meglio - gli risposi
sinceramente. In quel momento smisi di camminare e Valentin fece lo
stesso. Lo guardai, interrogativa. I suoi occhi erano qualcosa di
sensazionale, ma mi impegnai a reprimere ciò che si era
appena creato nel mio petto.
- Tu
perché mi stai parlando? - gli domandai, confusa.
- Sai, ho notato
che non parcheggi più al mio posto,
così ho pensato “La canadese è una
brava ragazza, perchè non fare amicizia con lei?”
- mi rispose Valentin senza sciogliere quel sorriso pieno di malizia
che aveva stampato in faccia. Intuii che la sua era soltanto la prima
scusa che gli venne in mente.
- Vuoi che ti
risponda io?
- Meglio di no,
credo che potrei sentire qualcosa di sgradevole - disse
il ragazzo e mi colpì quanto fosse sveglio.
- Vedo che hai
capito.
Io e Valentin
arrivammo in cortile insieme senza più dire
nemmeno una parola. La situazione diventò davvero
imbarazzante, dato che io non sapevo proprio che dire. Il ragazzo,
trovatosi ormai fuori dalla scuola, accese la sigaretta e
cominciò a fumare. Le nuvole di fumo mi invasero le narici
ed io tossii. Non ho mai sopportato quell'odore.
- Potresti
gentilmente allontanarti? - gli chiesi infastidita e lui
ridacchiò. Non capivo perchè quel ragazzo avesse
sempre da ridere.
- Tranquilla, stavo giusto per andare - mi disse lui cominciando ad incamminarsi. - Anzi, ti andrebbe una sigaretta? - mi propose riaprendo il pacchetto e si fermò.
- Ti sembro una che fuma? - mi indicai e aggrottai le sopracciglia.
- No, per questo ti ho appena chiesto di provare. Almeno ti rilassi un po' – Valentin mi fece un occhiolino e alzò un angolo della bocca.
- Lascia perdere, odio il fumo – gli rivelai e lui alzò le spalle rassegnandosi.
-
Okay, come vuoi – annuì. - A domani, Eleanor - mi
salutò infine ed io arricciai il naso. Per quale motivo
avrei dovuto parlare ancora con lui il giorno dopo?
- Sì,
ciao - lo salutai di fretta e gli diedi le spalle
dirigendomi per il verso opposto al suo.
- Comunque -
riprese Valentin a parlarmi costringendomi a voltarmi
ancora verso di lui. - La prossima volta che mi becchi in giro o in
aula di pittura, salutami! Penso che sia abbastanza noioso rimanere
solo a fissarmi - mi suggerì facendomi un occhiolino, poi fu
lui a darmi le spalle, e nella sua camminata rividi ancora Andrew.
Scossi la testa per eliminare la sua immagine dai miei occhi e feci
rimbombare le ultime parole di Valentin nelle mia mente. Morii
dall'imbarazzo quando mi resi davvero conto di cosa mi disse il
finlandese. Speravo che si fosse dimenticato di quel momento in cui
l'osservai mentre faceva il disegno preparatorio per il dipinto, e
invece gli rimase impresso nella mente.
Ad un tratto sentii delle voci a me familiari poco lontane da me. Mi
voltai a destra e vidi Stacie, Ralph e Melanie spettegolare lanciandomi
qualche occhiata furtiva. Era chiaro: quei tre mi avevano vista con
Valentin Virtanen e sicuramente avevano sviluppato delle nuove idee per
il loro stupido giornale. Avrebbero davvero riempito tutto il loro
inserto di gossip con il mio nome e quello di Valentin? Se l'avessero
fatto davvero, i problemi sarebbero fioccati in men che non si dica.
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Buonasera lettori!
Comincio questa nuova settimana con un nuovo capitolo, che ve ne pare? Stavolta incontriamo qualche scena interessante perché finalmente il nostro Valentin torna a scuola! Questo vuol dire soltanto una cosa: per Eleanor comincia da ora un periodo piuttosto intenso e presto capirete in che modo, ma non soltanto per colpa (o merito?) del tenebroso Val...
Non parlo più perché odio gli spoiler, quindi... STOP.
Il simpaticissimo NVU mi procura qualche imperfezione estetico come sempre e la cosa mi disturba parecchio, ma spero che non sia così anche per voi e che la storia possa piacervi e prendervi ugualmente.
Ringrazio quei pochi che seguono la storia, spero di non deludervi in futuro.
Kisses and heartgrams,
Julie Darkeh.