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Autore: Elayne_1812    19/12/2016    4 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao! Premetto che non è esattamente periodo, spero di tirarmi su pubblicando questo capitolo e non essere preda delle mie solite ansie assurde >.< (ahahahaha).
Un grazie speciale a chi commenta: Chocolat95, Ghira_, KimJonghyun23, MagicaAli, Panda_murderess, Saranghae_JongKey, vanefreya e in particolare a chi ha commentato lo scorso capitolo: Blugioiel e DreamsCatcher (alcune parole della tua recensione mi hanno dato l’ispirazione per l’inizio di questo capitolo quindi, visto che si avvicina Natale e dobbiamo essere più buoni, la prima parte è per te XD). Grazie per il vostro sostegno! (spero di non aver dimenticato nessuno).
Grazie anche a chi legge, che ha inserito la storia tra preferite, seguite e da ricordare.
Sperando di non aver lasciato troppi errori di battitura vi auguro buona lettura!
 
 
Capitolo 20
Aurora
 
 
 
“You used to only dream but now you’ll see
All the things you only guessed and imagined
They’ll be so close you can touch them
Then pinch my cheek to check if it’s a dream”
Jonghyun, Aurora
 
 
 
Le luci rosate e violette dell’aurora fluttuavano nella stanza simili a tende sottili, avvolgendo ogni cosa in un piacevole tepore e in una realtà che conservava, ancora, la consistenza di un sogno.
Ferito dai primi raggi rosati che si posarono sulle sue ciglia, Jonghyun sbatté le palpebre disperdendoli come petali. Si rigirò tra le coperte e, puntellandosi sui gomiti, osservò Key rannicchiato accanto a lui. Sorrise. Gli sembrava ancora di galleggiare in un mondo onirico, ma se anche era stato un sogno aveva la certezza d’averlo toccato con mano, di averne respirato il profumo e condiviso i suoi stessi sospiri.
La spalla bianca di Key spuntava tra le coperte, appena modellata dalle luci tenui dell’aurora che riposavano anche sui suoi capelli corvini. Jonghyun allungò una mano per scostargli delle ciocche e ammirare il viso dell’altro. Il più piccolo riposava tranquillo, le labbra lucide appena dischiuse ed il volto unicamente adombrato dalle ciglia scure abbassate. Un sogno che era stato strappato dalla sua dimensione ultraterrena per essere delicatamente posato nel mondo mortale, tuttavia intoccato ed inaccessibile.
Jonghyun non resistette, lo bacio sulla guancia liscia e gli occhi felini del più piccolo si aprirono, lentamente, per poi fissarsi su di lui.
-Non volevo svegliarti – sussurrò il più grande.
-Non mi dispiace essere svegliato da te – sorrise Kibum.
Jonghyun sorrise a sua volta e gli sfiorò il viso. – Come stai? – domandò nascondendo a stento un moto d’apprensione.
-Sono felice. –
Il volto di Jonghyun s’illuminò disperdendo i suoi ultimi timori. Lo sguardo felice di Key era tutto ciò che desiderava. Kibum lo baciò piano, poi si stirò tra le coperte allungando le braccia verso l’alto, i palmi aperti.
Jonghyun lo guardò incuriosito. – Cosa fai? – chiese ridendo.
-Rubo il calore ai primi raggi del sole. –
Kibum aprì e chiuse i palmi delle mani come ad afferrare le luci rosate che dipingevano la stanza, simili a tenui pennellate d’acquarello.
Jonghyun l’attirò a sé, stringendolo. – Vieni qui –disse, - non fidarti del sole, è come una folle che va a spasso per il mondo, e non c’è luogo in cui non risplenda. –
Rimasero in silenzio per qualche secondo e Jonghyun si chiese come l’altro potesse ricercare calore quando il suo corpo ardeva ancora della passione della notte precedente.
-Pensi che sia possibile rimanere incatenati qui per sempre? - chiese Kibum guardandolo da sotto le ciglia scure.
-Se fossimo fatti dell’essenza dei sogni potremmo racchiudere il nostro essere nello spazio e nel tempo di un sogno. Sarebbe infinito, ma più breve della nostra vita. -
-Ma tu non sei un sogno – disse Kibum prendendogli il viso tra le mani, - sei un miraggio trasmutato in realtà. Vedi- fece baciandolo, - posso assaggiare il sapore delle tue labbra e avvertire il calore della tua pelle sulla mia. Se tu fossi dell’essenza di un sogno allungherei la mano per afferrarti ma scivoleresti via dalle mie dita, come quelle luci ingannevoli che rischiarano le prime ore del mattino. –
Intrecciarono le gambe sotto le coperte e si baciarono.
-Forse potremmo fermare il tempo – suggerì il più piccolo.
-O riavvolgerlo. –
Jonghyun sorrise sghembo ripensando alla notte precedente e guadagnandosi un cuscino in faccia.
Kibum arricciò il naso e scosse il capo. -Lasciamo stare il tempo, è un vecchio malvagio che gode nell’incidere rughe sottili sui volti. –
Kibum fissò Jonghyun affogando in quegli occhi grandi ed ambrati a cui ormai apparteneva definitivamente. Si sentiva strano, dolorante, ma perfetto come la tessera di un puzzle accuratamente inserita in uno spazio vuoto. Era lì il suo posto, tra le braccia piene d’amore del più grande, non tra l’oro ed il freddo marmo. Accarezzò il volto di Jonghyun.
- Che scorra pure il tempo, comunque vada io sono tuo e tu sei mio. E’ da qui che voglio ripartire, dalle luci rosate di questa aurora, con te. -
Jonghyun lo fissò a sua volta, faticando ancora a credere che quel sogno fosse la loro realtà. Pochi anni prima credeva sarebbe morto in un vicolo, zuppo di pioggia e fango, finito da una lama argentata pronta a bere il suo sangue. Credeva non avrebbe mai conosciuto l’amore, invece l’aveva stregato rubandogli anima e corpo. Sorrise. Quel micetto spocchioso, che ora lo guardava adorante, aveva davvero fatto l’amore tra le sue braccia e miagolato sotto le sue carezze.
-Manca ancora qualche ora prima che il tempo c’imponga di abbandonare questo mondo –, disse Kibum soffiandogli caldo in viso.
Jonghyun sorrise e si umettò le labbra. – Allora inganniamolo e rubiamogli ogni secondo. –
Scivolò sul più piccolo e lo baciò, intrecciando le loro mani sul cuscino.
Sembrava che nulla potesse varcare il labile confine di quello spazio di cui, solo loro, ne erano consapevoli prigionieri appagati.
 
 
***
 
 
Minho si sentiva rigido come una statua e, probabilmente, si stava davvero trasformando in una sorta di simulacro di pietra. Sedeva a gambe incrociate sul suo futon completamente intoccato, le braccia conserte e lo sguardo basso. La sua stanza era totalmente avvolta nel buio, ma aveva fissato il vuoto talmente a lungo quella notte che ormai i suoi occhi si erano abituati, rendendogli possibile distinguere tutti i mobili. Aveva chiuso occhio forse giusto un paio d’ore, ma la sua mente non aveva mai smesso d’assalirlo. Sbuffò. La cosa assurda era che, infondo, non aveva nemmeno sonno. Era rimasto in una sorta di catarsi e, ora che il giorno stava per sorgere, i pensieri più fastidiosi tornavano prepotentemente a bussare alla sua porta.
Ancora non riusciva a capacitarsi degli ultimi avvenimenti. Non era solo il fatto di aver scoperto che Key era in realtà Kim Kibum, il principe ereditario di Chosun, benché a qualunque mente minimamente lucida quella doveva essere la maggiore preoccupazione. Ma no, a non fa dormire davvero Minho era la presa di coscienza del fatto che nessuno l’aveva messo a parte di quel segreto, né l’avrebbe fatto se quel cavaliere non avesse parlato. Dire che si sentiva tradito non era esattamente la definizione giusta, più che altro percepiva, suo malgrado, di aver ottenuto la terribile conferma di ciò che già sospettava o semplicemente percepiva per istinto.
Aveva incontrato per la prima volta Jinki e Taemin quando erano ancora adolescenti, lui un ragazzo fuggito da un mondo crudele e ora sulla strada, loro figli di nobili decaduti che in un passato, non troppo distante, aveva vissuto in un sontuoso palazzo, per ritrovarsi poi ad elemosinare per la strada in abiti cenciosi la cui seta, sotto strati di sporco, denunciava tempi migliori. Due mondi diversi che si erano ritrovati a condividere la stessa realtà, le stesse speranza ed i medesimi ideali. Tuttavia, Minho non era mai riuscito a sentirsi uguale a loro. Aveva sempre percepito una sottile linea di confine a separarli, perché nella sua mente loro, per quanto sporchi ed affamati, erano sempre gli altri, quelli che sin da piccolo aveva conosciuto con l’appellativo di nobili. Quelli che, a differenza sua, vestivano abiti stupendi, avevano abilità straordinarie che solo a loro erano concesse e, soprattutto, potevano mangiare tutto ciò che desideravano. Lui, Minho, era l’altro, quello che poteva solo osservare da lontano, quello che di abiti sfavillanti non ne aveva mai indossati e che a stento racimolava una ciotola di riso a fine giornata.
Eppure in tutti quegli anni avevano condiviso ogni cosa, tranne quel segreto. Né Jinki, né Taemin si erano degnati di rivelargli di Key e Minho vedeva un’unica spiegazione in tutto ciò: non si fidavano abbastanza. Perché lui era lui e loro erano “gli altri”.
Questo lo portava inevitabilmente a riflettere sulla sua vita sentimentale, o meglio, sulla sua non vita sentimentale. Sospirò, afflitto. Da tempo quell’affetto protettivo che provava nei confronti di Taemin era mutato in qualcos’altro, ma dal momento in cui se ne era accorto aveva deciso d’ignorare la cosa. Dopotutto, Taemin rimaneva qualcosa di “diverso” rispetto a lui, non solo, era anche il fratello di Jinki e il solo pensiero dello sguardo carico di disapprovazione del Leader dei Ribelli lo faceva rabbrividire. Si sarebbe ritrovato all’addiaccio nel giro di poco e a vagare per strada. Doveva ammetterlo, gli avvenimenti degli ultimi mesi che riguardavano Jonghyun e Key o Kibum, chiunque diavolo fosse, l’avevano fatto riflettere oltre a procurargli varie fitte di gelosia. Quello scemo del suo amico aveva del tutto ignorato il fatto che Key fosse un nobile, nonostante gridasse costantemente ai quattro venti di odiarli.
Bhe, Jonghyun è Jonghyun, lui non pensa mai.
Comunque, era stato sincero con Jonghyun quando all’inizio gli aveva consigliato di lasciar perdere, i nobili erano nobili, loro erano loro. Poco importava se vivevano sotto lo stesso tetto e fossero amici. Nella mente di Minho erano sempre “gli altri”. Quando Jonghyun gli aveva confessato di voler rivelare i suoi sentimenti a Key durante il Chuseok si era detto che, forse, anche lui doveva smetterla d’ignorare il suo interesse per Taemin e forse, ma solo forse, si sarebbe davvero dichiarato se quel piccolo rompiscatole non avesse deciso di punto in bianco d’ignorare il suo consueto invito alla festa. Ma, dopotutto, alla luce delle ultime novità era meglio così. Ammesso e non concesso che Taemin provasse il suo stesso interesse, Jinki non gli avrebbe mai permesso di frequentare il suo adorato fratellino così impunemente. Ne era certo.
Si sentiva preso in giro. Valeva così poco la sua parola, la sua fedeltà a loro e ai Ribelli per non essere incluso in un tale segreto? Questo lo portò inevitabilmente a domandarsi, di nuovo, se Jonghyun conoscesse della vera identità del suo adorato ragazzo. Ne dubitava, il suo amico aveva insultato miriadi di volte l’erede al torno e anche in presenza del diretto interessato. Jonghyun non l’avrebbe mai fatto, nemmeno se fosse servito a nascondere un segreto, se fosse stato a conoscenza della verità.
Minho non aveva mai avuto nulla contro Key, certo era stato diffidente all’inizio, ma aveva imparato a conoscerlo e gli piaceva, erano amici, dopotutto. Tuttavia, ora si ritrovava combattere tra l’imbarazzo e la disapprovazione.
Imbarazzo perché non aveva idea di come comportarsi.
Dannazione è l’erede al trono, pensò mettendosi le mani tra i capelli.
Ora che lo sapeva poteva comportarsi come prima o fargli una riverenza e cose simili? Non ne aveva idea. Certo, dato che era un segreto, probabilmente sarebbe stato meglio procedere come se nulla fosse…
La disapprovazione era dovuta al fatto che il più piccolo stava, quasi sicuramente, mentendo al suo migliore amico. Non che Minho dubitasse dei sentimenti che quei due nutrivano l’uno per l’altro, quelli erano palesi, ma conoscendo Jonghyun se fosse giunto a conoscenza della verità non l’avrebbe presa bene.
Si massaggiò le tempie. Stava rischiando la follia e senza riflettere troppo si alzò dirigendosi fuori dalla stanza. L’alba era passata da un pezzo, ormai, e lui aveva bisogno di parlare con Jinki, doveva sapere perché non gli aveva detto nulla. Non si fidava, non lo riteneva sufficientemente responsabile? Doveva saperlo, era l’unico modo per accertarsi di avere anche solo la minima possibilità di prendere in seria considerazione l’idea di venire a capo dei suoi sentimenti con Taemin. Perché, in fondo, si sentiva un codardo e ammetteva a malincuore di provare una fitta d’invidia quando posava gli occhi su Jonghyun e Key. Jonghyun poteva essere uno sprovveduto, ma aveva avuto il coraggio che lui non aveva. Key non era certamente un semplice nobile, ma poco gli importava da dove venisse Jonghyun.
Mentre rifletteva su questi ultimi punti, dirigendosi verso la stanza di Jinki, fu proprio contro Jonghyun che rischiò di andare a sbattere.
-Yah! – fece il più grande. – Così mi farai cadere la colazione! –
-Colazione? – Minho sbatté le palpebre mentre recuperava l’equilibrio.
Il suo amico reggeva un vassoio con due tazze di tè fumante, delle ciotole di riso e dei mochi.
-Noi facciamo colazione in camera –, disse Jonghyun sfoderando un grande sorriso.
Quel “noi” fu come una stilettata nel cuore di Minho. Ci sarebbe mai stato un “noi” per lui? Ogni volta che osava pensarci la figura tetra e ingigantita all’inverosimile del Leader gli si parava davanti, gli occhi fiammeggianti pronti ad incenerirlo. Avvertì un brivido. Fece per passare oltre, non era proprio dell’umore per intavolare una conversazione con quello scimpanzé gongolante per il suo casco di banane, ma qualcosa sul volto di Jonghyun ebbe inevitabilmente il potere di attirare la sua attenzione. Minho lo soppesò attentamente.
-Sei strano. –
Jonghyun inarcò un sopracciglio.
-Non fraintendermi - aggiunse Minho, – normalmente non è che tu sia normale. Solo hai una strana luce negli occhi, sembri quasi uno che ha passato l’intera nottata a…-
Minho si bloccò di colpo, mentre Jonghyun sorrideva beato e gonfiava il petto con orgoglio.
Proprio uno scimpanzé orgoglioso del suo casco di banane nuovo di zecca, pensò Minho prima di essere invaso da ben altri pensieri.
-Esattamente – confermò Jonghyun. – E’ stato...-
-Yah! Non voglio sapere cos’avete fatto tu e Ki…Key. –
Jonghyun corrugò la fronte. – Perché balbetti il suo nome? –
-Non penso sarebbe contento di sapere che vai in giro a spifferare cosa fate nell’intimità. –
Minho tirò un sospirò di sollievo, si era salvato a tempo record. Dannazione, collega il cervello, è un segreto, ricordi? Pensò.
Jonghyun si bloccò di colpo facendo oscillare il vassoio. Delle gocce di tè caddero sul pavimento lucido. Si guardò intorno, timoroso di veder spuntare il più piccolo da un momento all’altro.
Una parte di Minho avrebbe voluto ridere, la situazione aveva un che di comico ed ironico, per non dire d’inquietante. Il suo migliore amico era stato a letto con il principe, la persona che dichiarava di odiare di più al mondo. Peccato che non sapesse che Kim Kibum era il suo Key. A Minho stava davvero venendo il mal di testa. Guardò Jonghyun sparire nel suo idilliaco nido d’amore.
Qualcuno si farà molto male, rifletté.
Pochi secondi dopo stava bussando alla stanza di Jinki e, indeciso su come intavolare il suo discorso, attese una risposta dall’altra parte che non tardò ad arrivare. La voce del Leader risuonò ancora assonata invitandolo ad entrare.
All’interno regnava quel tipico profumo di tè verde che Jinki stava già consumando di prima mattina, tutto era pulito e ordinato, un grosso tappeto donava colore al pavimento ligneo, i mobili presentavano intarsi e decorazioni raffinate in materiali preziosi, un’ampia porta scorrevole doveva dare sul giardino retrostante della locanda e oltre uno sgargiante paravento dai motivi floreali s’intravedeva un futon sfatto che, insieme al volto assonnato e ai capelli ancora in disordine del Leader, confermarono a Minho che l’altro non doveva essersi svegliato da molto. Ciononostante, Jinki sedeva impeccabile su un cuscino davanti ad un piccolo tavolino sul quale era riposta una grossa teiera e una serie di piccole tazzine.
Jinki si sistemò la frangia scomposta e si raddrizzò sul cuscino, una tazza di tè tra le mani.
-Minho – disse sorridendo. – Mi aspettavo saresti venuto, prima o poi. –
Lo invitò a sedersi e Minho recuperò un cuscino dove prese posto, le gambe ripiegate e le mani posate rigide sulle cosce.
Jinki l’osservò attentamente tra una sorsata di tè e l’altra, facendogli poi cenno di servirsi dalla teiera bollente posta tra loro.
Minho scosse il capo. Non voleva elementi di distrazione, era già abbastanza inquietante il fatto che l’altro avesse intuito il motivo della sua presenza lì.
Bhe, in un certo senso era prevedibile, si disse.
Prese un bel respiro e decise, infine, di versarsi una tazza di tè. Magari gli avrebbe sciolto la lingua. Dopo una sorsata e si decise a parlare.
-Sono qui per Key, Kibum – iniziò.
Si morse la lingua due secondi dopo. Quello lo sapevano entrambi!
Jinki annuì continuando a sorridere e Minho provò una fitta di rabbia. Si sentiva preso in giro e quello sorrideva. Come doveva interpretare quel comportamento?
-Lo so. –
Minho sospirò. – Hyung, perché non mi hai detto nulla? Non ti fidi di me?–
Ecco, l’aveva detto e anche senza mezzi termini. Abbassò il capo, pronto a ricevere il colpo di grazia.
Jinki sbarrò gli occhi e rise, rise! Minho avrebbe voluto strozzarlo.
Persona inquietante proprietaria di luoghi altrettanto inquietanti, fece Minho tra sé.
-Minhossi, perché non dovrei fidarmi di te? Lo sai, ti affiderei la mia vita, come ho già fatto in passato, ricordi? –
Minho ricordava molto bene, benché pensasse di rado al suo passato che più di una volta aveva desiderato dimenticare. Il ricordo della sua infanzia passata a scavare come una talpa cieca nelle miniere era ancora così vivido in lui che, a volte, di notte sognava ancora di rimanere intrappolato in quelle gallerie, di essere seppellito vivo. Quante volte aveva guardato con un misto di compassione ed invidia i corpi morti dei suoi compagni lasciati scivolare lungo la corrente del fiume? Bambole di stracci e carne inerte, ma quanto meno liberi. Lontani da quell’orrore di cui non percepiva alcun senso. Era così che aveva conosciuto i Lee, stava fuggendo da quel luogo di morte e li aveva salvati dal medesimo destino. Ora, il solo pensiero di un Taemin costretto a spezzarsi la schiena in luogo simile lo lacerava, e ringrazia ogni giorno di averli incontrati sulla sua strada. Così come non riusciva a pensare ad un mondo senza Jinki, senza i Ribelli. Forse se non li avesse salvati quel giorno tutto sarebbe stato diverso. Perché per quanto ognuno di loro si sforzasse di dare un senso alla propria esistenza, d’impegnarsi al meglio, molti di loro non sarebbero stati niente senza Jinki. Foglie al vento senza dimora che solo la passione e la dedizione del più grande aveva unito. Che cosa sarebbe stato lui, che cosa sarebbe stato Jonghyun, Key e tutti quelli che avevano trovato nei Ribelli un rifugio sicuro in cui condividere speranze ed ideali? Niente.
Minho annuì, ma ancora non aveva una risposta. – Allora perché, hyung? –
Jinki sospirò, posò la tazza di tè e lo guardò, serio. – Perché i segreti pericolosi diventano ancora più pericolosi se nelle mani di tanti. Sia per il segreto che per chi ne è custode. Chiunque fosse stato messo a parte del segreto sarebbe stato in pericolo e avrebbe ulteriormente messo in pericolo Kibum. Questa era una cosa che non poteva e non deve accadere. –
Jinki tornò a sorridere. –Immagino che tu voglia delle risposte più chiare, non è così? -
-Sì, insomma, io…-
-Ti sei sentito tradito, dico bene?-
Minho annuì mal celando un rossore d’imbarazzo. Improvvisamente si sentì un terribile sciocco.
-Mi dispiace. Non è di certo per mancanza di fiducia che abbiamo taciuto. –
-Chi altri lo sa? –
-Taemin, naturalmente, lui è stato il primo a scoprirlo e poi ho chiesto sia lui che a Kibum di mantenere il segreto. –
Minho si grattò il capo, pensoso, c’erano ancora delle cose che non gli erano del tutto chiare.
-Io non capisco – disse non trovando le parole per esprimere il proprio stato d’animo. Jinki rise.
-Bhe non c’è molto da capire, in realtà. Kibum è fuggito da palazzo e per un caso fortuito e ci è piombato tra capo e collo. Mentire e trovare un modo per farlo restare è stata una mia idea. –
Minho percepì una punta d’orgoglio nelle ultime parole del Leader. Per quanto Jinki fosse premuroso con tutti loro, la sua natura era calcolatrice e non lasciava nulla al caso. Nonostante le sue buone intenzioni nel proteggere Kibum e nell’offrigli un riparo, era chiaro come il sole a Minho che mirava a qualcosa e, considerando i natali di Kibum, non aveva proprio dubbi in proposito. Minho percepì più spessa quella linea che li divideva. La cosa strana era che, a pensarci bene, era qualcosa che sentiva solo in presenza del Leader dei Ribelli, con Kibum aveva al massimo nutrito la diffidenza che si ha nei confronti di un bambino capriccioso. Ma non lo era, qualunque cosa muovesse Kibum non erano certo capricci, ormsi lo conosceva bene, così come sapeva quanto nutrisse affetto per tutti loro. Quando l’aveva perso si era sentito in colpa, non solo perché gli era stato affidato un compito che non era riuscito a portare a termine, ma anche perché sentiva di non aver aiutato un amico. Si era ripromesso di non permettere che accadesse in futuro.
Fu percorso da un brivido, mentre una domanda scomoda s’affacciava nella sua mente.  Doveva proteggerlo anche da Jinki?
-Vuoi usarlo? – chiese a bruciapelo.
Non aveva mai osato così tanto con Jinki e si chiese quale sarebbe stata la reazione dell’altro.
Il viso di Jinki s’indurì e incrociò le braccia. –Tu cosa faresti al mio posto, con l’erede al trono tra le mani quando ti proponi di sovvertire l’ordine del regno? –
I brividi di Minho moltiplicarono. Sapeva che Jinki considerava Kibum al pari di un fratello più piccolo, ma meglio di chiunque altro, forse più di Taemin, riconosceva nel più grande una sorta di doppia personalità. Il Jinki che Minho conosceva non avrebbe mai esitato a difendere Kibum, ma il Leader dei Ribelli non si sarebbe mai lasciato sfuggire la possibilità di sfruttarlo. Perché Lee Jinki riusciva ad essere così inquietante?
-Che cos’hai in mente? –
La domanda uscì dalle labbra di Minho prima che se ne rendesse conto. C’era troppo in gioco perché si potesse concedere il lusso d’ignorare la cosa. Il suo primo pensiero andò al suo migliore amico, Jonghyun, da qualunque prospettiva analizzasse la situazione era lampante che quell’idiota avrebbe sofferto. Meglio di chiunque altro conosceva quelle che erano state le preoccupazioni che avevano attanagliato Jonghyun nei mesi addietro e pensando al volto radioso dell’altro quella mattina provò una fitta al cuore. A quel punto provare anche un moto di rabbia verso Key fu inevitabile.
Jinki osservò attentamente Minho, incuriosito e divertito dalla domanda dell’altro, tamburellò le dita sul tavolo e si umettò le labbra.
Oh lui aveva parecchie cose in mente, a cominciare dal piano per cui aveva imposto allenamenti durissimi a tutti. Tuttavia, nelle ultime ore le convinzioni di Jinki aveva vacillato. Avere Kibum era una gran fortuna, ma aveva davvero il coraggio di sfruttarlo completamente e renderlo la chiave d’accesso al suo successo?
Alla tua vendetta, gli disse una vocetta nella sua mente.
Il suo piano l’avrebbe irrimediabilmente esposto a chi già dava la caccia al principe e non era certo sua intenzione perderlo, correre dei rischi forse…ma il più piccolo non aveva sofferto a sufficienza negli ultimi giorni? Una parte di lui gli diceva che sì, doveva farlo, ma un’altra, quella che non riusciva a cancellare l’immagine di Kibum spaventato e fradicio di pioggia, non riusciva e non voleva.
Jinki scosse il capo e si portò una mano alla fronte maledicendo la sua posizione che, da quando era arrivato Kibum, sentiva ogni giorno più scomoda. Aprì la bocca a vuoto rendendosi conto, per la prima volta nella sua vita, di non essere in grado di dare una risposta. Doveva rispondere come amico o come Leader? O forse non doveva rispondere affatto?
-Hyung, posso entrare? -
Jinki alzò gli occhi abbandonando i propri pensieri per incontrare sulla soglia il capo del principe che sbucava da oltre lo stipite della porta.
-Oh – fece Kibum accorgendosi della presenza di Minho.
I due si squadrarono con un certo imbarazzo facendo sorridere Jinki.
-Entra, non preoccuparti, dopotutto non abbiamo più nulla da nascondere a Minho, dico bene? – chiese rivolto al diretto interessato.
Minho annuì, benché trovasse decisamente fuori luogo il sorriso rilassato di Jinki.
Kibum entrò leggermente zoppicante e si sedette cautamente su un cuscino. Il principe si mordicchio il labbro. Gli faceva male ovunque e maledisse tra sé Jonghyun, persino sedersi decentemente gli sembra un’impresa in quel momento.
-Ti fa male la caviglia? – chiese Jinki.
Kibum avvampò. – Ehm sì. –
Certo, pensò Kibum, la caviglia mi fa di certo male…ma attualmente è il male minore.
Abbassò il volto, imbarazzato, nascondendo contemporaneamente un sorriso un po' troppo vistoso per uno dolorante. Quando intercettò l’espressione divertita di Minho avvampò ulteriormente e l’altro si grattò il capo voltandosi dall’altra parte, altrettanto imbarazzato.
-Ma non preoccuparti, hyung, sono sicuro che tra un paio di giorni sarò in perfetta forma per tornare a casa. –
Jinki annuì sorridente, saggiando con la punta della lingua il suono che la parola “casa” aveva prodotto emesso dalla voce del principe. Per casa ormai Kibum intendeva il Rifugio, Jinki lo sapeva bene ed era altrettanto consapevole del fatto che il più piccolo non l’aveva mia chiamato così prima d’ora.
-Bene -, disse. -Taemin sarà felice di rivederti. –
-Dhe, ma sono preoccupato – fece Kibum alzando gli occhi sottili sul Leader.
Il principe si stropicciò le mani in grembo. Non che avesse avuto molto tempo per rifletterci nelle ultime ore, ma nei rari sprazzi di lucidità si era ritrovato a pensare a quanto Jinki aveva detto a Kyuhyun. Non aveva davvero osato troppo?
-Quello che hai detto al cavaliere, hyung, ci metterà in pericolo. –
Altrettanto euforico, Jinki non si lasciò sfuggire quel “ci metterà in pericolo”. Il Leader dei Ribelli sapeva, ormai, che il principe era legato anima e corpo ai Ribelli. Aveva tra le mani tutti le armi che gli servivano per raggiungere i suoi scopi.
-Lo siamo sempre stati in ogni caso. –
-Si ma -, Kibum sospirò. –Ora sanno, pensano, che sia vostro prigioniero, se la situazione era già precaria prima, ora non è che peggiorata. Senza contare che già sospettavano dove si trovasse il nostro nascondiglio. –
-Quello lo sanno da tempo, Kibum, d’altra parte il nostro raggio d’azione è evidente, ma ciò non significa che troveranno il Rifugio. Quello posso assicurarti che non lo troveranno mai. –
Kibum non riusciva a capire, Jinki sembrava molto tranquillo. Per come la vedeva lui avrebbe dovuto essere molto preoccupato! Kyuhyun avrebbe spifferato tutto ad Heechul e quel pazzo sarebbe stato capace di muovere il suo intero esercito personale per fargli setacciare l’intero territorio nei pressi Hanamsi. Inoltre, qualcosa suggeriva a Kibum che già sospettavano qualcosa se Kyuhyun era riuscito ad intercettarlo da quelle parti. Il cavaliere aveva detto di aver faticato a trovarlo, ma Kibum aveva tutt’altra impressione, o forse era stato il suo sentirsi eccessivamente al sicuro ad averlo davvero colto alla sprovvista.
-Ma hyung-, insistette – ora terranno più sotto controllo la zona. Sarà rischioso. –
-Motivo in più per fornirti una protezione più adeguata. –
Nonostante le sue parole tranquille, Jinki doveva riconoscere che il principe non aveva tutti i torti e questo lo portava inevitabilmente a riflettere sul suo fantastico piano segreto che, ora, sembrava un po' meno fantastico. Attuarlo diventava sempre più pericoloso, tuttavia, il Leader dei Ribelli non era ancora certo di volervi rinunciare. Poteva essere un’opportunità unica.
Ma potrebbe anche distruggerti…, gli disse una vocetta nella sua testa.
Sospirò. Kibum sembrava davvero scosso e Jinki non poté biasimarlo ben conoscendo le paure del più piccolo.
-Minho ti affido la sua protezione, è tua responsabilità. –
Minho inarcò un sopracciglio. – Credevo me l’avessi già affidata. –
-Sì bhe, ti avevo affidato Key, ora ti affido Kibum. Credo che tu ti renda ben conto della responsabilità di cui sei stato investito. –
Ma certo, pensò Minho, ora sono solo consapevole di essere responsabile della protezione dell’erede al trono!
Minho si domandò come Jinki riuscisse a parlare come se nulla fosse, quasi avesse semplicemente fatto un’osservazione sullo scorrere monotono delle stagioni. Senza contare la conversazione incompiuta di poco fa dalla quale ancora non aveva ottenuto risposta e, probabilmente, mai ne avrebbe ottenuta una. Per non parlare dei suoi problemi personali! Se sperava di schiarirsi le idee, bhe, era solo molto confuso.
Guardò Kibum in cerca di conforto, ma l’altro si limitò a fare spallucce. Anche lui era rimasto senza parole.
Jinki prese la tazza di tè e bevvè un sorso, poi alzò gli occhi soppesando attentamente gli altri due.
-Ah, un’altra cosa, Minhossi. Se dovesse chiederti di nuovo di lasciarlo solo nel corso di una missione, hai il permesso d’ignorarlo. –
Di nuovo, Minho vagò in cerca degli occhi di Kibum.
-Hai il permesso d’ignorarmi – gli confermò Kibum con l’aria di chi, tanto, non avrebbe potuto dire altrimenti.
-Molto bene-, fece Jinki soddisfatto.
Kibum si alzò, leggermente barcollante, del tutto intenzionato a tornare nella sua stanza in compagnia di Jonghyun. Non riuscì a trattenere un sorriso. Il ricordo delle ultime ore passate insieme lo faceva ancora arrossire e battere il cuore, inoltre sapere che avrebbero passato lì ancora un po' di tempo non poteva che procurargli un piacevole tepore.  
Più che piacevole, pensò.
-Grazie, Jinki – disse.
In realtà non aveva idea per cosa lo stesse ringraziando esattamente, quella conversazione si era rivelata inquietante come la maggior parte di quelle avute con il Leader, ma dopotutto Kibum riconosceva di essergli grato. Se non l’avesse incontrato sulla propria strada il giorno prima ora non sarebbe stato lì, ma solo un passo più vicino a Busan. Anche se Kibum aveva quasi l’impressione che presto sarebbe stata Busan a venire da lui. Nonostante fosse al sicuro avvertiva il fiato caldo di Heechul sul collo, un incubo pronto a fare capolino dietro l’angolo e ad assalirlo. Avrebbe dovuto fare molta attenzione.
Quando uscì dalla stanza del Leader, Minho lo seguì a ruota.
-Devo parlarti – disse.
Kibum annuì e Minho lo condusse in una saletta appartata all’interno della locanda. Si ritrovarono in un piccolo ambiente sfarzosamente arredato da tappeti, paraventi di sete pregiate, mobili intagliati con intarsi in madreperla e grossi vasi di ceramica dai colori tenui e raffinati.
Kibum attese che l’altro parlasse, dopotutto era stato Minho a portarlo lì facendo trapelare una certa urgenza nelle proprie parole, tuttavia ora sembra restio parlare. Il principe attese a braccia conserte rifiutando l’invito dell’altro di sedersi, stava certamente meglio in piedi. Si chiese cosa l’altro volesse, sicuramente doveva essere preoccupato per quanto aveva detto Jinki. Kibum sorrise tra sé. C’erano molte cose di Minho che gli ricordavano Siwon, motivo per cui non gli dispiaceva affidarsi alla sua protezione, tuttavia temeva anche che gli sarebbe rimasto attaccato come una balia. Quello sarebbe stato decisamente irritante.
Vedendo che Minho non si decideva a proferire parola fu lui ad iniziare a parlare.
-Ti prometto che non ti creerò problemi, solo non fare troppo la balia – disse.
Minho annuì, pensoso, tenendo lo sguardo basso. Kibum corrugò la fronte, era la sua impressione o erano altre le preoccupazioni di Minho?
Si chiarì la voce. –Minho? –
Kibum iniziò a sentirsi a disagio e temette che i suoi maggiori timori si stessero trasformando in realtà. Conoscere la sua identità aveva cambiato qualcosa tra lui e Minho? Iniziò a stropicciarsi le mani. Doveva mettere le cose in chiaro fin da subito, non voleva che il loro rapporto cambiasse, riuscire ad interagire con Minho, sempre così diffidente e sull’attenti, era stato già abbastanza difficile nei primi tempi.
-Noi siamo ancora amici, vero? Per me che tu lo sappia o no non cambia niente e vorrei che…-
-Jonghyun non lo sa – disse infine Minho, interrompendolo.
Kibum si bloccò di colpo. No, Jonghyun non lo sapeva e questa consapevolezza gli produsse una fitta al cuore, riportandolo inevitabilmente, e completamente, al mondo reale. Jonghyun l’avrebbe mai saputo, glielo avrebbe mai detto? Non ne aveva idea, non sapeva nemmeno se poteva.
Kibum sospirò. –No – fece abbassando il capo.
Si sentì terribilmente meschino e tutti i dubbi che l’aveva tormentato prima d’iniziare quella relazione tornarono striscianti a serpeggiare nel suo cuore. Una vocetta dentro di lui gli disse che, prima o poi, quel momento sarebbe arrivato, era inevitabile. Dopo quello che era accaduto la notte prima poteva ancora mentirgli? Se l’idea gli aveva fatto ribrezzo al solo pensiero, ora lo disgustava totalmente, ma gli mancava ancora il coraggio, non perché non si fidasse del più grande, lo amava e l’aveva dimostrato in un milione di modi, la verità era che non si fidava ancora abbastanza di sé stesso. Essere Key era molto più facile che essere Kim Kibum, perché poteva sentirsi libero di essere amato ed amare incondizionatamente.
-E’ per questo che l’hai rifiutato all’inizio? – domandò Minho.
Minho doveva saperlo. La conversazione con Jinki non aveva di certo dissipato i suoi dubbi sentimentali e la parte più razionale di lui continuava a suggerirgli che se il Leader fosse venuto a conoscenza dei suoi sentimenti per Taemin gli avrebbe fatto pentire di essere nato. Rabbrividì. Solo Kibum poteva dargli una risposta, perché lui era “l’altro”.
Kibum sospirò. Quella conversazione stava prendendo una piega molto diversa da ciò che si aspettava ed era sulla buona strada per rivelarsi più inquietante di quella avuta con Jinki. Che cosa doveva rispondergli? Non aveva né la voglia, né la forza attualmente di sciorinare tutte motivazioni e le preoccupazioni che lo avevano reso restio all’inizio nell’accettare i sentimenti di Jonghyun. Solo pensare razionalmente in quel momento era un’impresa, le carezze ed i baci dell’altro erano ancora troppo vivi sulla sua pelle e sulle sue labbra per renderlo totalmente mentalmente sobrio. Il solo nominare il più grande gli procurava sensazioni piacevoli quanto imbarazzanti. Arricciò il naso.
Maledetta testa vuota di Kim Jonghyun, hai svuotato la testa anche a me, pensò.
Tra tutte le motivazioni che all’inizio l’avevano frenato solo una appariva ancora razionale e viva nella sua mente, simile ad un serpente appena assopito e dormiente sotto un cespuglio di fiori apparentemente innocui.
-Io non volevo, non voglio-, si corresse – farlo soffrire. – Sussurrò abbassando lo sguardo.
Minho aprì la bocca a vuoto e sbarrò gli occhi. Il silenzio di Kibum era stato in quei pochi secondi una conferma dei suoi timori, ma alla fine le parole del principe l’aveva sorpreso.
Kibum si stropicciò le mani e passeggiò nervoso per la stanza, provando un certo fastidio per la conversazione che Minho lo stava costringendo a sostenere.
-Farlo soffrire? – ripeté Minho.
Perché l’espressione di Minho suggeriva a Kibum che stavano conducendo quella conversazione su piani diversi?
-Lui mi odia, insomma odia il principe, non me esattamente…-
Scacciò con un movimento fugace della mano l’immagine dello sguardo carico d’odio che Jonghyun riservava sempre al solo nominare la famiglia reale. Kibum scosse il capo e si portò una mano alla fronte rendendosi conto di quanto, ora, quella prospettiva gli facesse più male e paura di prima. Poteva davvero essere felice o era solo un’illusione destinata a sgretolarsi?
-Ho visto il suo sguardo quando parla dei Kim e…- deglutì, - mi fa paura. Io non sopporterei di essere guardato così da lui e so che anche lui ne soffrirebbe. Se lo sapesse gli spezzerei il cuore e il mio morirebbe con il suo. – Si portò una mano al petto stropicciandosi l’abito.
-Senti – disse deciso guardando Minho, - lo so che lui è il tuo migliore amico e capisco le tue preoccupazioni, ma non mi sto prendendo gioco di lui se è questo che pensi. –
Minho fissò l’altro, perplesso sia per l’affermazione del principe che per i suoi modi di fare. Si domandò se il mondo che credeva di conoscere fosse più strano o forse molto più semplice di quel che pensasse. Una cosa poteva affermare con certezza: Kibum era sempre Key, come Key era sempre Kibum. Minho sorrise e posò le mani sulle spalle del più piccolo.
-Lo so che non ti stai prendendo gioco di lui, si vede quanto vi amate, credimi. Ma è vero, Jonghyun ne soffrirà se lo saprà, non so se per il fatto che tu gli abbia mentito o per la verità in sé, ma soffrirà. Ma ti ama, vedrai che capirà. Certo farà fuoco e fiamme, letteralmente, ma non preoccuparti. –
Kibum sospirò mentre l’altro gli dava un leggera pacca sulla spalla.
Minho si massaggiò la fronte. Aish, pensò, diventerò più pazzo di Jinki. Voleva dare una scossa alla sua “non vita sentimentale” e invece si era ritrovato a fare spalla a quella coppia di teste vuote!
-In ogni caso, non metterti troppo nei guai per il prossimo futuro. –
Kibum annuì. – Giuro. –
-Sai-, fece Minho – sei una persona strana. –
Kibum inclinò il capo con fare interrogativo. – In che senso?-
-Bhe -, disse l’altro facendo spallucce, - sei diverso da come immaginavo. –
Kibum rise. – Vuoi dire che pensavi fossi più spocchioso, capriccioso o un mentecatto come di Jonghyun? –
-Jonghyun parla senza sapere quello che dice. –
-Me ne sono accorto – rispose mal celando il proprio divertimento. 
Minho tossicò. - Quello che intendo è che non pensavo che uno come te potesse amare qualcuno come noi. -
Kibum non capiva, anche se poteva intuire cosa stesse passando nella mente dell’altro. – Perché?-
-Sei un principe. –
-E’ solo un titolo, Minho. Sono sempre stato circondato da persone con titoli altisonanti, ma nessuno di loro valeva quanto Jonghyun o te. –
-I-io? – domandò perplesso.
-Certo – fece Kibum come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo.
Minho arrossì. Per tutti gli dei aveva mai arrossito in vita sua? Se l’aveva fatto non se lo ricordava! Quella conversazione si era rivelata molto diversa da ciò che si aspettava, ma doveva ammettere che gli aveva instillato un minimo di speranza. Improvvisamente, l’espressione che nella sua mente animava il volto Jinki gli parve un po' meno minacciosa.
 
 
 
***
 
La stanza riluceva di riflessi ambrati fusi con quelli argentati della luna. La seta blu intelaiata nella porta scorrevole che dava sul giardino, animata da rondini e fiori primaverili, faceva da sfondo a quell’angolo di perfetto idillio che Kibum e Jonghyun si erano ritagliati in quell’inverno rigido. La stanza era un tripudio d’abiti sparsi ovunque, cuscini e futon costantemente sfatto. In condizioni normali, Kibum avrebbe riservato a quel caos un sottile sguardo di disapprovazione, ma per ora aveva deciso di lasciar correre. Dopotutto, finché non c’erano resti di pasti consumati a metà, degne tracce che solo uno come Taemin poteva lasciare in giro, poteva ancora andare.
Quegli ultimi due giorni a L’Orchidea Blu erano stati quanto più perfetti e irreali. Kibum aveva la sensazione di galleggiare in un universo ovattato con solo una porta a legarlo al mondo reale, un angusto spiraglio di cui desiderava ignorare l’esistenza. Lì ogni cosa riluceva di colori accesi e innaturalmente brillanti, ogni emozione, percezione era moltiplicata, una carezza era come una scarica d’energia, un bacio come la disperata ricerca d’ossigeno. Il suo sangue, il loro, scorreva caldo e rapido pompando i loro cuori che battevano all’unisono facendo da sottofondo ad ansiti appagati e risate cristalline.
Jonghyun, steso sul futon, accarezzò le cosce rivestite di bianco cotone del più piccolo seduto a cavalcioni su di lui. Guardò l’abbigliamento di Key con un misto di disapprovazione e divertimento non capacitandosi come il più piccolo potesse ancora ostinarsi a rimanere vestito, finché non era costretto a fare altrimenti. Kibum indossava un completo tradizionale e solo la giacca era stata abbandonata in un angolo, in quanto a Jonghyun lui portava solo i pantaloni. Quella che per il più grande era sempre stata un’abitudine, ora era fonte di ilarità ed orgoglio di fronte all’imbarazzo e al rossore che procurava ancora a Key nonostante quei giorni d’intimità. Ripensò a come il più piccolo aveva percorso il suo petto tra baci e carezze e come, ora, soleva farlo costantemente rapito dal suo corpo così come Jonghyun lo era da quello dell’altro
Continuando ad accarezzare le cosce del più piccolo e risalendo sino ai fianchi, Jonghyun emise un sospiro e si umettò le labbra di fronte agli occhi dell’altro rilucenti di malizia.
-Oh non penserai di farlo davvero -, chiese.
Per quanto la prospettiva di ciò che Key si proponeva di fare lo incuriosisse aveva ancora qualche riserva a riguardo.
-Certo, perché no? –
Kibum piegò il collo di lato e passò la lingua sulle labbra, eccitato.
-Mi sembra un po' troppo – osservò Jonghyun senza staccare gli occhi di dosso al più piccolo.
Kibum scosse il capo, deciso. - Sciocchezze, certe cose non sono mai troppo. Sono sicuro che sarà fantastico. –
-Su quello non ho dubbi – sogghignò Jonghyun.
Kibum emise una risata estasiata prima di puntare gli occhi sottili e magnetici su di lui. Jonghyun deglutì. Key poteva sembrare una preda eccitante e sfuggevole, ma in realtà era cacciatore inconsapevole. Anche in quel momento sembrava un gatto al davanzale che osserva con l’acquolina in bocca il volteggiare di una rondine a primavera. Jonghyun, invece, si era sempre sentito un predatore, ma sotto lo sguardo felino dell’altro si sentiva irrimediabilmente in trappola.
Sono come quella rondine, pensò, troppo consapevole delle mie ali.
-Se ti comporti bene -, fece Key provocante picchiettando l’indice sottile sul naso di Jonghyun, - potrai provarlo anche tu. -
Jonghyun sorrise.
Kibum corrugò la fronte e divenne serio. -Ora stai fermo-, ammonì il più grande, - devo concentrarmi. –
-Concentrarti? – fece Jonghyun inarcando un sopracciglio. Serviva forse concentrazione?
Kibum allungò una mano sottile verso il vassoio risposto vicino al futon, prese un piccolo mochi tra le dita e, leccandosi il labbro superiore, lo intinse nella tazza di cioccolata al suo fianco. Il dolce sparì subito tra le labbra a cuore del principe che chiuse gli occhi assaporando, letteralmente, quel momento. Un sorriso si delineava sul suo volto dalle guance piene.
Jonghyun rise divertito prima d’osservare con una certa brama le tracce di cioccolato rimaste sulle labbra di Key.
-Allora -, chiese – com’è? –
Kibum aprì gli occhi. – Meraviglioso –, disse battendo le mani.
-Fammi provare. –
Kibum ripeté l’operazione facendo poi ondeggiare il mochi davanti al volto del più grande che aprì la bocca.
-Sai - fece Kibum con voce suadente, –forse non ti sei comportato così bene. –
Il dolce sparì inevitabilmente tra le labbra provocatorie di Key.
Jonghyun sgranò gli occhi e scattò raddrizzando la schiena facendo oscillare l’altro che quasi perse l’equilibrio.
-Yah, Jongieee! – si lamentò il più piccolo. Le proteste morirono in gola a Kibum perché il sapore del cioccolato fu ben presto sostituito da quello della bocca di Jonghyun. Dopo l’iniziale sorpresa lasciò che l’altro lo baciasse con passione.
-Piccolo ingordo -, sussurrò Jonghyun staccandosi, - non mi hai lasciato nemmeno una briciola. –
Key sorrise furbo, il bacio era stato decisamente meglio del dolce. Prese un altro mochi dal vassoio e imboccò il più grande.
Jonghyun gli prese il mento tra indice e pollice, sogghignando. – Il sapore della tua bocca è molto meglio. –
-Sono contento che la pensiamo allo stesso modo – fece Kibum baciandogli il collo.
Jonghyun gli accarezzò il capo e percorse la sua spina dorsale procurandogli dei brividi.
-Stai diventando birichino – gli sussurrò tra la chioma corvina.
-Ti dispiace? – domandò Kibum alzando il volto.
-Assolutamente no. –
Kibum sorrise dolcemente accarezzando il volto dell’altro mentre un’ombra si posava simile ad un velo sui suoi occhi. Non riusciva a smettere di pensare alla conversazione avuta con Minho che aveva risvegliato in lui vecchi timori. Lo sguardo adornate di Jonghyun era un piacere ed una stilettata al cuore al tempo stesso.
Gli sto mentendo, si disse, ma il mio amore non è una bugia.
-Stai bene?- chiese Jonghyun alzandogli il volto che nel frattempo aveva abbassato.
-Dhe. –
Ti amo, pensò, ti amo troppo e amo troppo la mia felicità per dirti il mio nome.
-Sei sicuro, mi sembri un po' turbato. Non sarà a causa mia, vero? – chiese stringendolo forte.
-Aniyo. Tu ma fai stare bene, sempre. –
Io invece ti spezzerò il cuore, te l’avevo detto che l’avrei fatto, ma non preoccuparti, si disse baciandolo a fior di labbra, se mi odierai il tuo odio frantumerà il mio.
-Sono solo triste di lasciare questo posto, si sta bene qui. –
Fuori, oltre la porta di quella stanza il mondo li aspettava, un mondo molto diverso da quell’universo perfetto. Uscire sarebbe stato come essere sballottati da venti funesti che preannunciano l’arrivo di una tempesta dopo una quiete apparente.
- E’ vero, ma anche al Rifugio abbiamo tutto il tempo per stare insieme. -
-Sì ma sarà diverso, ci saranno gli allenamenti, i miei lavori per Jinki…- disse stropicciandosi le mani.
Un’altra verità detta a metà. Affogherò tra le mie stesse parole, pensò.
-Le notti sono lunghe, sai? –
Jonghyun lo baciò e si stesero sulla coperta.
-Tu sei felice? - chiese Kibum intrecciando le loro mani.
-Come non potrei, tutto ciò che voglio sei tu e sei qui, con me.-
- Perché pensi di turbarmi?- chiese curioso e un po' titubante.
- Sono sempre preoccupato di spingermi troppo in là con te. –
Kibum arrossì e dischiuse leggermente le labbra intuendo a cosa l’altro si riferisse. Di certo le sue preoccupazioni segrete non erano le medesime di Jonghyun, dopotutto il più grande non aveva segreti con lui. Non era lui il bugiardo. Tuttavia il principe sorrise, Jonghyun riusciva sempre a fargli tornare il buon umore anche quando diceva assurdità, cosa che a dire il vero faceva spesso.
-Troppo in là? Si può andare più in là di così? – domandò ripensando a quei giorni d’intimità.
-Bhe, ci sono diversi giochi che potremmo fare –, fece Jonghyun sorridendo sghembo.
Kibum arricciò il naso, più incuriosito che imbarazzato. – Giochi? Che tipo di giochi? –
Jonghyun accostò le labbra all’orecchio dell’altro per sussurrargli qualcosa e, nel mentre, Kibum arrossì e sbarrò gli occhi.
-Oh, bhe forse, forse questo mi turberebbe…un pochino. –
L’altro rise.
Kibum chiuse gli occhi e respirò piano. Nonostante quel momento d’ilarità si sentiva il ghiaccio nelle vene, raffreddava lentamente irrigidendolo in uno spazio stretto e gelido. Rivoleva il calore che solo l’altro gli poteva dare. Non dubitava dei loro sentimenti, mai, ma la paura era e sarebbe sempre stata una compagna fedele pronta a seguirlo. Scoperto il suo nome Jonghyun l’avrebbe voluto come prima o avrebbe scordato tutti quei colori, quelle emozioni, come il viandante che troppo a lungo ha osservato i volti mutevoli della luna cedendo alla follia?
-Jong – iniziò Kibum prendendogli il viso e fissandolo negli occhi, - voglio che tu sappia che qualunque cosa io abbia fatto, faccia o farò in futuro è perché ti amo, per nulla al mondo vorrei farti soffrire. Tu chiamami Amore e io sarò solo Amore per te. Giuramelo. –
I polpastrelli di Jonghyun sfiorarono come un pennello morbido i tratti fini dell’altro; socchiuse gli occhi affinché fossero i movimenti della sua mano ad imprimere a fuoco quel volto nella sua mente. Non l’avesse avuto di fronte sarebbe stato in grado di riprodurlo con maestria, facendone il suo più alto capolavoro. Quegli occhi magnetici lampeggiavano di una luce strana che sapeva di speranza, promesse, ma che cercava anche un appiglio. L’orbita ideale e perfetta su cui ruotare. Lo baciò intensamente per poi tornare ad ammirare quel volto delicato e innocente.
– Non posso fare a meno di te – sussurrò, - in questo mondo marcio, terribile, dove la gente muore di fame, i bambini vengono rapiti e sfruttati come schiavi, tu sei come un raggio di luce, un anelito di speranza. C’è un’aura intorno a te, come se tu potessi camminare indisturbato in tutta questa desolazione senza esserne contaminato. Per me è diverso, ogni giorno della mia vita ho temuto d’esserne infettato e ci sono arrivato molto vicino in passato. Ma con te sento di avere speranza, che qualunque cosa di marcio e sbagliato possa esserci in me un tuo sguardo lo spazzerà via e, per qualche motivo, riesco a vedere speranza anche per questo regno. –
Kibum sbatté le palpebre e ritrovò il sorriso. C’era qualcosa di ironico ma al contempo rincuorante nelle ultime parole del più grande, come se una parte dell’altro conoscesse la verità pur essendone inconsapevole.
-Giuramelo – ripeté in un sussurrò, mentre un desiderio latente brillava negli occhi d’entrambi.
- Ti chiamerò, Amore, con qualunque nome tu desideri perché tu sei la parte migliore di me stesso, il limpido specchio dei miei occhi, il profondo del cuore, l’oggetto di ogni mia speranza, il solo cielo della mia terra, il paradiso cui aspiro. –
 
 
 
Spero sia stata una lettura piacevole!
Se vorrete lasciarmi un commentino sarò molto felice, il 18 era anche il mio compleanno u.u con tutto il lavoro che faccio mi merito un regalo XD
Ne approfitto per fare a tutti gli auguri di Buone Feste perché dubito di riuscire a pubblicare prima di Natale!
Alla prossima <3
 
   
 
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