Note: Porcaloca
quasi 4900 parole. Ulp.
Nikephoros
[And
it’s cold again]
He was
handsome and charming.
But, if the truth be told, there was something
about him
that made you feel respect, and a little uneasy…
Viktor Nikiforov ha tutto quello che un ragazzo di diciotto anni
potrebbe desiderare: un futuro splendido su una pista di pattinaggio, fama e
fortuna – e anche un bel conto in banca con una cifra non trascurabile sopra. Grazie sponsor.
Eppure si sente come se gli mancasse qualcosa
– qualcosa di fondamentale, indispensabile, che non riguarda solo quella
coreografia che lo ossessiona da anni e che non lo soddisfa mai. È qualcosa di
profondo, incomprensibile, e gli sale il nervoso quando non riesce a capire
cosa sia.
-Perché
continui a modificarla, Vitya?- Yakov glielo chiede tutti i
giorni da anni, ormai, sempre con il solito tono imbronciato. –È praticamente perfetta.-
-No,
non lo è.- “Non puoi capire cosa manca, anche perché non lo so nemmeno io.”
Yakov
– che forse invece ha capito tutto solo guardandolo in faccia – si limita a
sospirare, ancora, e prepararsi a rifargli la stessa domanda l’indomani.
*
Fa freddo, a San
Pietroburgo (anche se, a dire la verità, fa sempre
freddo a San Pietroburgo) e Viktor sente quel freddo molto più del solito – è
come se gli entrasse dentro, fin oltre le ossa, lì, dove batte il cuore – e
inconsciamente comincia a cercare un po’ di calore.
La prima volta che
trova un poco di calore manca meno di una settimana alla Rostelecom
Cup e Yakov l’ha lasciato
da solo ad allenarsi fino al collasso - “Fa
quello che ti pare. Cerca solo di non ammazzarti” – e non sa bene come sia
finito su una delle panche fuori dalla pista avvolto in una coperte e con una
felpa chiaramente non sua addosso. E ha comunque freddo quando si alza
lentamente e si mette seduto – e oh, gira
tutto.
-Ah, stai bene.- si riprende giusto un attimo prima di sentire
qualcuno avvicinarsi a lui e sedersi alle sue spalle. Solo in quel momento lo
riconosce: è Dorian, uno dei ragazzi della squadra di hockey, è anche carino e
sembra niente male. E poi ha le mani calde e la sua felpa sa di un leggero
dopobarba che gli piace tanto…
-Pensavo fossi congelato.- ridacchia, scavalcando la panca e sedendosi
accanto a lui. –Da quante ore eri steso sul ghiaccio? Avevi le labbra
completamente viola.-
E Viktor si sente
arrossire fino alla radice dei capelli – che
figura di merda – e Dorian ride ancora. Comunque, Dorian lo accompagna a
casa – “È tardi, ormai. Chissà cosa
potrebbe succederti.”; “Vuoi portarmi
iella?” – e si ritrovano a scherzare su ogni cosa. Nemmeno se ne accorge,
Viktor, di essersi stretto contro il fianco di Dorian; se ne accorge solo
quando il ragazzo gli solleva il mento e lo bacia.
Calore.
-Vuoi salire?- lo chiede con sguardo ingenuo, lo sguardo di
qualcuno che non sa minimamente cosa comporta una risposta a quella domanda.
Vuole solo un po’ di calore.
Alla fine, non
raggiungono neanche il suo letto: si ritrova scaraventato sul divano ancora con
il cappotto addosso e Dorian tra le gambe – e le sue labbra sul collo e le mani
sotto la maglia. Non pensa più a nulla, Viktor: inarca la schiena e geme,
lasciandosi andare a quella dolce sensazione di calore.
Viktor adora il
pattinaggio – sul serio, questo pensiero non è ironico, ama davvero il
pattinaggio – ma se c’è una cosa che proprio non sopporta sono i pattini nuovi.
Ecco, quelli li odia
davvero, perché lo costringono a camminare per mesi con le scarpe da ginnastica
– anche in pieno inverno e con la neve – perché sono le uniche scarpe che
riesce a mettere quando ha i piedi fasciati per evitare che le bolle si aprano
in tagli dolorosi. E perché le scarpe da ginnastica sono le uniche in cui
riesce a infilare le calze di lana spessa sopra i calzini di spugna. Almeno
evita le cancrene – circa.
Fatto rimane che
probabilmente la sfiga ce l’ha con lui, perché tutte le volte che cambia i
pattini le situazioni sono due: o scende quasi un metro di neve – e quindi col cazzo che passa il tram che lo
porterebbe fino davanti a scuola – o viene giù il Diluvio Universale e prontamente
c’è una pozzanghera di una decina di centimetri ad aspettarlo.
È in quei giorni che
i suoi nervi sono messi veramente alla prova – crede di aver sviluppato una
nuova sorta di meditazione, la terapia
CCS: Concentrazione, Contegno,
Serietà. Soprattutto contegno, non
sarebbe una bella cosa imprecare davanti alla quasi totalità degli studenti
della sua scuola – e allora sorride e prosegue come se nulla fosse, mentre
nella sua testa medita atroci vendette.
Atroci vendette che
sfumano in una tazza di caffè preparato ad arte da Dorian. A calmare i nervi
tesi di Viktor ci penseranno dopo, per adesso bastano un paio di baci leggeri
lungo la linea del collo.
Se lo chiede spesso,
Viktor, quale sia il loro rapporto. Non riesce a vedere la sua relazione con
Dorian come qualcosa di più del semplice Friends
with benefits – infondo, nessuno dei due ama davvero l’altro, è solo sesso
occasionale per sciogliere i nervi in un orgasmo. Però è sesso che merita,
eccome se merita.
-Mi
piacciono.-
-Cosa?-
-I
tuoi capelli. Mi piacciono.-
Viktor
è ancora seduto sul bacino dell’altro, quando gli sorride in quel modo che
Dorian ha spesso definito osceno ma maledettamente sexy.
Oh,
lo sa che gli piacciono i suoi capelli – lo ha sempre saputo, fin da quella
volta in cui glieli ha tirati così forte da fargli male mentre veniva e subito
dopo sfiorarglieli quasi con devozione.
Si
china su di lui – i capelli gli scivolano oltre le spalle e sfiorano il petto
di Dorian – e muove leggermente il bacino.
Già,
il sesso con Dorian merita eccome.
È in un momento
indefinito trai diciannove e i vent’anni che capisce che non può più portare i
capelli lunghi. Si è semplicemente guardato allo specchio dopo una doccia e ha
capito che erano ormai fuori luogo e che era ora di cambiare. E poi si era
anche stancato di litigare con l’asciugacapelli e gli elastici che sembra
abbiano la capacità di sparire proprio nei momenti meno opportuni.
Prende un paio di
forbici dal cassetto della cucina, le soppesa sul palmo della mano e poi le
solleva contro la luce dello specchio in bagno muovendo lentamente le lame una
sull’altra – zac, zac.
Inspira
profondamente, portando le lame a sfiorare i capelli all’altezza dell’orecchio
sinistro.
Zac.
Di nuovo, un po’ più
indietro e un po’ più su.
Zac, zac.
E ancora e ancora – e
zac, zac, zac.
Vere e proprie
manciate di capelli color platino cadono nel lavello recisi come i gambi di
fiori morti mentre lui li osserva senza emozioni. Makkachin
uggiola sconsolato, osservandolo accucciato sulla soglia del bagno.
Sarà Dorian a
piangere al posto suo, sfiorandogli delicatamente i capelli ora corti della
nuca una settimana dopo la sua drastica decisione.
*
Probabilmente Dorian
ha capito che è tutta una scusa per farlo andare via senza dirgli che si è
stancato di lui.
-Non riusciamo mai a
vederci, con i nostri impegni. Non ha neanche senso stare insieme.-
aveva sganciato la bomba una sera, Dorian era appena tornato da un’importante
partita ed erano finiti per fare l’amore fino a crollare esausti. Lo sente
sussultare e trattiene il fiato, liberandolo in un respiro tremulo solo quando
Dorian mormora che l’indomani mattina avrebbe preparato le sue cose e sarebbe
andato a stare dalla sorella.
E l’indomani mattina
lo guarda preparare le sue cose in silenzio, la testa piena di pensieri vuoti.
-Non sei mai stato
bravo a mentire, Vik.- lo dice dolcemente, baciandolo un’ultima volta prima di
caricarsi in spalla il borsone e uscire dal suo appartamento. –Magari troverai
qualcuno che te lo farà capire.-
È proprio in
quell’istante che il mondo di Viktor – che fino a qualche minuto prima era
caldo come gli abbracci di Dorian e profumava di caffè e del suo dopobarba – piomba
di nuovo nel gelo totale, sterile e incolore.
E allora inizia a
mentire sempre, di continuo, anche a sé stesso. Prende a modello David Bowie e
i suoi mille alter ego e comincia a stare al gioco di quella crudele società
che è il mondo dello spettacolo: diventa quello che gli altri vogliono che sia,
nient’altro che un sex symbol e un atleta geniale -
ma non troppo, l’intelligenza non è una qualità adatta a un atleta, in barba al
suo diploma lasciato ad ammuffire in una vecchia cartella portadocumenti insieme
alla tesi e a quel modulo d’iscrizione per l’Accademia di Belle Arti completato
per metà.
Incontrare Yuri –
dodici anni, caratterino niente male e scodella di capelli biondissimi a
incorniciare un visino da bambola – sembra quasi una manna dal cielo nella
grigia monotonia della vita di Viktor.
Ha grinta da vendere,
Yuri, e Viktor vede per lui un futuro splendido – più radioso anche del suo,
perché Yuri ha suo nonno, ha qualcuno che lo ama e lo sostiene.
Yuri ha qualcuno in
cui può cercare calore.
-Puoi
vincere anche senza quadrupli. Scommetterei volentieri su di te.-
-Allora,
se vinco senza usare dei quadrupli, penserai a una coreografia per il mio
debutto nei senior!-
Già, ha proprio
grinta da vendere, è una piccola tigre.
Per questo l’impulso lo
spinge a prendere quel ragazzino ribelle e guardarlo crescere nel disperato
tentativo di raggiungerlo e superarlo – e forse ce la farà, quasi sicuramente.
-Ancora
questa coreografia?- Yakov e
il suo solito tono scocciato. –Non sei ancora soddisfatto?-
Non
lo sarà mai, forse.
Perché
è troppo freddo per riuscire a pattinare quella coreografia.
*
Sorride,
entusiasta, mentre si accascia esausto sulle ginocchia appena la musica si zittisce..
-Vitya?- Yakov lo guarda confuso, non riuscendo a capire cosa abbia
provocato quella reazione nel suo allievo.
-Ce
l’ho fatta, Yakov.- ansima, fissando il soffitto sopra di sé senza davvero
vederlo. –Ce l’ho fatta.-
Yakov
ci mette qualche minuto a collegare i pezzi, poi sorride pure lui.
Ce
l’ha fatta, finalmente.
-Be my coach, Viktor!-
E le poche certezze
che Viktor si era costruito negli ultimi quattro anni di vita vanno
letteralmente a farsi fottere insieme al suo autocontrollo e alla sua terapia CCS davanti a quello Yuuri ubriaco che gli si appende al collo quasi come se non
volesse più lasciarlo andare.
E in qualche modo è
quello che succede, perché alla fine si ritrova a doverlo riaccompagnare in
camera – il suo coach ha tagliato la corda quando ha visto la strana piega che
stava prendendo quella serata, a quanto pare. Gli ciondola accanto continuando
a bofonchiare quelle poche parole e altre in giapponese che non capisce…
-Che stai…?- non vorrebbe alzare la voce, ma il sentirsi spingere
dolcemente ma con forza con la schiena contro la fredda parete di quell’anonimo
corridoio l’ha sorpreso un po’. Yuuri lo bacia
appena, timido e impacciato, mentre sussurra il suo nome e scende lungo il
collo - e ancora più giù, arrivando a inginocchiarsi a terra e a sciogliergli
la cintura con movimenti pigri delle dita e sempre pigramente fa scivolare il
bottone fuori dalla sua asola.
Sobbalza e lo
allontana con un forte colpo contro le sue spalle, ma Yuuri
è tenace e riprende subito da dove era stato interrotto – e Viktor è costretto
a mordersi con forza un labbro per non gemere quando sente la cerniera dei
pantaloni abbassarsi, scorrendo troppo lentamente sul principio di erezione che
l’alcool e il calore della pelle di Yuuri hanno incentivato
a nascere. Yuuri gli sorride – un sorriso dolcissimo,
che gli scioglierebbe il cuore se non fosse in una situazione simile - mentre
gli sfiora gli obliqui con la punta del naso, respirando sulla pelle attraverso
la stoffa leggera della camicia.
Alla fine cede alla
sensazione di calore del respiro di Yuuri sulla pelle
tesa dell’inguine: getta la testa all’indietro e geme sommessamente, stringendo
dolcemente i capelli neri dell’altro tra le dita.
Quando torna in
camera si ricorda di aver lasciato il cellulare su uno dei tavoloni del party –
ma per fortuna c’è Yakov sempre con lui e non si
stupisce di ritrovarlo sul comodino vicino a una scatola intera di
antidolorifici per smaltire il mal di testa da sbornia che lo attanaglierà
l’indomani mattina. Si pente di aver guardato le chiamate perse nello stesso istante
in cui riconosce il numero di Dorian.
-Sono a Soči. Sei ancora qui anche tu?- la voce
pacata di Dorian è un pugno nello stomaco con un guanto chiodato, anche se è
solo la registrazione della sua segreteria telefonica. -…mi manchi, Vik.-
*
-Cos’ha
in mente per la prossima stagione?-
Cos’ha in mente?
Nulla. Assolutamente nulla. Non sa nemmeno se vuole continuare a pattinare –
non c’è più motivazione, è stanco e le ginocchia non lo reggono bene come
prima.
Non ha più richiamato
Dorian, nemmeno nei giorni successivi – e Dorian forse ha capito e ha smesso di
cercarlo, con sommo disappunto di quella parte poco razionale di Viktor che
invece vorrebbe solo che l’altro si presentasse davanti a casa sua e non se ne
andasse mai più.
È ormai quasi aprile quando
Dorian si fa sentire di nuovo – e Viktor ringrazia di essere a casa quando vede
i messaggi che l’altro gli ha mandato.
-Capisco che tu non voglia più
parlare con me 08:10 PM
“No,
non dovresti, ma sei sempre stato fin troppo bravo a capire cosa mi passava per
la testa.”
–Ma questo devi vederlo 08:11 PM
È un link a un video
di Youtube e non ha proprio voglia di guardarlo, ma alla
fine decide di dare uno sguardo comunque – così, giusto perché non ha niente da
fare e non ha nemmeno voglia di prepararsi qualcosa per cena – e si ritrova a
sgranare gli occhi e il cellulare quasi gli scivola dalle mani.
Yuuri – quello stesso Yuuri dell’anno scorso, quello che dopo il fallimento al Grand Prix Final
sembrava scomparso senza un perché – che copia perfettamente il suo programma
libero. Nessun errore - tolta qualche sbavatura con i quadrupli e quel flip un po’ schifoso – e Viktor riesce quasi a sentire Stammi vicino in sottofondo e qualcosa
scatta nella sua testa. Ferma il video e fissa per qualche minuto il muro di
fronte a sé, poi scatta in piedi facendo cadere a terra il povero Makkachin.
*
-Allora?-
-Sappi
che ti odio, Dorian.-
-Perché?-
-Sto
preparando le valigie. Yakov mi ammazzerà.-
Dorian
ride con la sua solita risata serena e Viktor si ritrova a sorride per nessuno
motivo apparente.
-Sapevo
che vedere quel video ti avrebbe ridato un po’ di motivazione. Ricordati che ti
sosterrò sempre, Vik.-
-Sei
il mio fan numero uno, lo so.-
-No.
È che ti amo ancora.-
Questa
volta, il cellulare scivola davvero tra le dita.
-…Vik? Ehy, tutto a posto? Vikt… -
…okay, forse
presentarsi a casa sua senza un minimo di preavviso è stata una mossa un po’
avventata.
Ma, ehy: è o non è Viktor Nikiforov?
Stupire la gente è parte integrante del suo lavoro!
-Yuuri!
A partire da oggi, sarò il tuo coach.- Yuuri è pietrificato di fronte a lui e sembra non capire
cosa stia succedendo. –Ti farò vincere il Grand Prix Final.-
…probabilmente lo
strillo di Yuuri si è sentito fino in Siberia. Uh,
che ugola.
“Oh,
beh: sarà divertente.”
Yuuri è sicuramente l’essere umano più
timido e insicuro che abbia mai conosciuto – e probabilmente anche bipolare:
insomma, come fa una persona così impacciata essere la stessa che quasi quattro
mesi prima gli era letteralmente saltato addosso mezzo nudo?! Non riesce a
capacitarsene.
E per qualche strana
ragione pensa che Yuuri non l’abbia preso sul serio –
anche se vede molto più scetticismo nello sguardo della sua insegnate di ballo,
Minako. Deve essere molto affezionata a Yuuri…
-Yuuri,
provi qualcosa per Minako?- è sicuro di aver fatto una domanda innocente, davvero,
mica gli ha chiesto chissà cosa. Eppure Yuuri
reagisce imbarazzatissimo – e sì, è adorabile.
-Cosa? Ma no!-
-Hai una ragazza?- “O un
ragazzo. Ehy, sono di mentalità aperta, io. Alla
faccia di Putin.”
-No.-
-Ex-ragazza?-
-N-no comment… -
-Allora parliamo di me!- ‘ché infondo adora essere al centro dell’attenzione.
–La mia prima storia… -
-Stop!-
E da una parte è
meglio che l’abbia fermato, perché sarebbe stato un bel colpo al cuore parlare
di Dorian.
“Che
poi, io non ho mai davvero amato Dorian. Era sesso e basta!”
“Ma
forse Dorian non l’ha mai pensato così.”
“…Viktor,
sei un coglione.”
Comunque, deve
ammettere che Yuuri continua a sorprenderlo: perde
peso con la stessa facilità con cui – a detta di Minako
– lo prende, quindi non ci vorrà molto prima che torni in perfetta forme per
iniziare ad allenarlo.
-Yuri,
sei qui.- “Ma mi
segui ovunque? Che palle.” –Mi stupisco che Yakov
ti abbia lasciato venire fin qui. Cosa vuoi?-
Yuri
sembra furioso. Ulp.
-A
giudicare dalla tua faccia, ho dimenticato qualcosa che avevo promesso.-
…ah.
Ah.
Merda.
Se
n’era completamente dimenticato della coreografia per il debutto di Yuri.
…oh,
beh, poco male. Non sarà di certo un ragazzino in piena tempesta ormonale a
rompergli le uova nel paniere. E sfrutterà al massimo l’idea geniale delle tre
bambine: niente riuscirebbe a rendere quei due così competitivi se non una
sfida su una pista di pattinaggio.
…peccato non avesse
fatto i conti con l’insicurezza di Yuuri.
-Yuuri!-
lo vede sobbalzare sul posto e non può fare a meno di pensare che, infondo, è
dannatamente adorabile. –Come ti è sembrato?-
-Eh.
Ah. Hum.-
caracolla sulle sue stesse parole, prima di scattare sull’attenti e: -C’era un
sacco di Eros!-
Sì,
dannatamente adorabile. Soprattutto ora, mentre lo osserva distrattamente
mentre cerca di capire cosa sia davvero l’Eros per lui…
-L’ho trovato!-
Viktor quasi si
strozza con il boccone che gli va di traverso.
-Il katsudon! Quello è il mio Eros!-
“Eh?”
“Che
cazzo sta dicendo, questo qui?”
“Il
freddo deve avergli congelato il cervello.”
Si morde l’interno
delle guance per non scoppiare a ridere troppo forte. Ma sì, forse è meglio
assecondarlo: forzare troppo su quello che è successo l’anno scorso al party
non ha avuto il successo sperato. Peccato, davvero un peccato, ci proverà
magari più avanti.
Perché tanto anche
Yuri era consapevole che non sarebbe tornato in Russia – “Hai fatto un viaggio a vuoto, ragazzino. Non ho intenzione di tornare
indietro ancora per un po’”: Yuuri l’ha
completamente stregato, di nuovo.
E il suo mondo freddo
e asettico comincia a prendere le tonalità degli occhi color cioccolato di Yuuri e il leggero calore di quel timido abbraccio.
*
Arrivare fino alla
Coppa Cina, secondo Yuuri, è già un immenso
traguardo. Finire primo con il programma corto è un piccolo sogno che si
avvera. E Viktor, ovviamente, è più che fiero dei risultati del suo allievo…
Solo che qualcosa non
va come dovrebbe, e forse ha capito troppo tardi cosa sia. Si sta affezionando
a Yuuri – e non va bene, non va bene per niente
preoccuparsi così tanto dei suoi attacchi di panico e della sua ansia. Eppure è
quello che fa: lo trascina via, lontano da ogni possibile fonte di altro
panico.
I parcheggi sono
l’unico posto che gli è venuto in mente, insieme all’unica soluzione possibile
per farlo reagire.
“No,
Vik, non lo fare.- riesce quasi a sentire la voce angosciata di Dorian
nelle orecchie, quello stesso tono che usava sempre con Viktor quando voleva
fare qualche pazzia. –Non lo fare, Vik. Peggiorerai solo la situazio-”
-Yuri. Se fallirai a
eseguire il libero e non salirai sul podio, me ne prendo le responsabilità e mi
dimetto.-
Non l’avesse mai
fatto. Yuuri è immobile di fronte a lui, congelato sul
posto – e inizia a piangere, in silenzio, senza far rumore.
-Per… perché dici una
cosa simile proprio ora? Mi… Mi vuoi mettere alla prova?-
Ha reagito, certo, ma
nel modo sbagliato. Merda.
-Ah, scusa, Yuuri… - gli si avvicina lentamente, come se avesse paura
di trovarsi un pugno dritto sul naso vista tutta la forza con cui sta tremando
e si sta conficcando le unghie nei palmi.
Cos’ha fatto? E
adesso? Che fa? Non è mai stato capace di consolare la gente, quello bravo era
Dorian…
-Abbi solo un po’ più
di fiducia in me di quanta ne abbia io!- Yuuri strilla ancora, la voce sempre più rotta dal pianto e
il viso sempre più rosso e umido di lacrime. –Non devi fare nulla! Solo resta
con me!-
-Che
ci fai qui?- Viktor alza la testa appena smette di
sentire i fiocchi di neve cadergli sui capelli. –Vuoi prenderti un malanno?-
Dorian
– l’ombrello carico di neve teso verso di lui e con il suo solito sorriso dolce
- gli si siede accanto senza più dire una parola e fa un paio di carezze a Makkachin. Non passano che una manciata di minuti prima che
la mano di Viktor vada a cercare la sua e la stringa forte.
Dorian
sorride e ricambia la stretta. Solo ora tutti i pezzi tornano al loro posto.
E Yuuri
è spettacolare, davvero: non saprebbe con quali altre parole descrivere tutte
le emozioni che sente provenire dalla pista – e si convince che potrebbe morire
all’istante, dopo quel quadruplo flip proprio alla
fine, perché tentare un salto così difficile senza nemmeno averlo provato è da
suicidi.
Ma Yuuri ci riesce e l’intero palaghiaccio non ha occhi che
per lui.
E Viktor si accorge
di avere iniziato a correre quando è ormai di fronte a Yuuri.
-Viktor.-
Yuuri gli pattina incontro a braccia spalancate e con
un sorriso bellissimo che gli scalda il cuore. –Sono… Sono stato bravo, vero?-
Bravo?
Oddio, quel bravo è dannatamente riduttivo.
Prende la rincorsa e
gli salta tra le braccia, intrappolandolo in un abbraccio soffocante e
improvviso quasi quanto il bacio immediatamente successivo. E davvero è
riuscito soltanto a pensare a questo per stupirlo quanto Yuuri
ha stupito lui.
E poi, il dolcissimo
sorriso di Yuuri vale dare mille volte delle
ginocchiate contro il ghiaccio per saltargli tra le braccia.
*
La Rostelecom Cup è sempre più
vicina e insieme a lei il loro biglietto per la finale di Barcellona. Possono
farcela, Yuuri può farcela benissimo – si piazza
bene, con il programma corto, se rimane secondo andrà tutto bene e passerà con
un buon piazzamento per la finale e...
-Devi tornare in Giappone!- Yuuri è maledettamente
testardo, quando si impunta su qualcosa.
-Te l’ho detto, non posso.-
-Sì, invece. Io me la
caverò. Makkachin… -
Vorrebbe urlargli che
lui è più importante di Makkachin – che è stato l’unico vero amico e unica
compagnia quando era da solo, dopo Dorian e prima di Yuuri
– ma il suo allievo si intestardisce ancora di più e alla fine è costretto a
tornare a casa.
…casa. Ha appena
chiamato Hasetsu “casa”. Gli viene da sorridere,
visto che non ha mai davvero considerato San Pietroburgo come casa – solo lo
stretto indispensabile, quattro mura non proprio così calde che ti accolgono
con il loro asettico “Bentornato”.
Ma, forse, Hasetsu non sarebbe male come “casa”…
Vedere
una chiamata di Dorian è l’ultima cosa che si aspetterebbe in questo momento -
è troppo emotivamente instabile per rispondere alle sue domande, ora.
Ma
Dorian insiste ed è costretto a rispondere.
-Pron… -
-Che
cazzo stai facendo, razza di rincoglionito?-
Uh,
perché è così furioso? Che ha fatto?
-Che
ho fatto?-
-Che
hai fatto? Cosa non hai fatto!- Dorian è davvero
furioso. –Per una volta che le cose sembra ti vadano bene, tu cosa fai? Lasci
quel ragazzo lì da solo ad affrontare il programma libero in un paese che non
conosce con persone che non conosce e di cui non ti fidi nemmeno tu?-
-Ma…
Makkac… -
-Scusa,
Vik. Per quanto voglia bene a Makkachin,
non credo che sia una buona ragione per lasciare Yuuri
là da solo. Non dopo quello che è successo a Pechino.-
E
Viktor gela sul posto, immobile su quella sedia fredda nella sala d’attesa del
veterinario.
-Cosa…
-
-L’ho
visto, Vik, se è quello che ti stai chiedendo. E non
sono arrabbiato per il fatto che probabilmente tu ti sia anche già infilato nel
suo letto.- “Mi stai dando dell’approfittatore?! Ma
brutto stronzo!” –Sono arrabbiato perché so che stai di nuovo buttando tutto
alle ortiche!-
-Non
sto… -
-Allora
perché non sei con lui?-
-Perché
è stato Yuuri a chiedermi di tornare a casa!- si rende conto di aver urlato solo dopo aver finito
di parlare. Abbassa la voce, cercando di contenere il nodo alla gola. –Non l’ho lasciato perché volevo, davvero.
Hai frainteso tutto. E se mi lasciassi parlare te l’avrei detto anche prima.-
Dorian
sembra calmarsi. –Mi prometti che questa volta non mollerai tutto?-
-Dor… - sospira, stanco di tutto il fiume di parole che
Dorian gli sta riversando addosso.
-Promettimelo.-
-…va
bene. Te lo prometto.-
-Resta con me fino al
mio ritiro!-Yuuri è rosso in
viso, po’ per il freddo e un po’ forse per l’imbarazzo di dichiarare una frase
del genere proprio in aeroporto.
Sembra quasi una
proposta di matrimonio – e glielo dice anche, perché l’imbarazzo di Yuuri è qualcosa di dolcissimo che gli colora le guance
meglio di un acquarello.
E Yuuri
non lo sospetta, ma la faccenda della proposta l’ha presa sul serio.
-Già,
non fatevi l’idea sbagliata.- interviene solo quando Yuuri è completamente nel pallone per l’imbarazzo e
biascica frasi sconclusionate. –Questo è solo l’anello di fidanzamento. Ci
sposeremo quando Yuuri vincerà l’oro.-
E
poi indica Yuuri - che è diventato più pallido di un
lenzuolo e sembra sull’orlo di un attacco di panico.
-Vero,
Yuuri?-
-V…
Viktor!- ci mette qualche secondo a capire cosa abbia
comportato quella frase.
-Medaglia…
-
-…d’oro.-
-Eh…
-
-Tch.-
Uh,
forse ha esagerato… Ma la competizione è cosa buona e giusta! Serve per
incrementare la motivazione!
Yuuri
trema e arretra, balbettando qualcosa – aw, il suo
piccolo dolce Katsudon tremendamente insicuro è
tornato.
A
rovinare il momento arriva JJ con le sue solite stronzate – e un pochino si
sorprende nel notare che tutti l’abbiano ignorato alla grande. Si sente meno
solo.
-Viktor Nikiforov è morto.-
Ancora? Uffa, ma
lasciatelo crogiolarsi in pace nella sua piccola e appena nata felicità.
Si sforza di restare
calmo e di sorridere a Yuri – “Ti faccio
mettere sul conto dell’albergo anche il lavaggio del mio cappotto, piccolo troglodita.”
-Perché hai
quell’aria così felice quando fai da balia al Porco?-
…ora lo mena sul
serio.
“No,
Vitya, non puoi. Resta calmo. Ricorda:
Concentrazione, Contegno e Serietà. Sei un allenatore, adesso. Se picchi Yuri,
sarai sospeso e Yuuri non avrà più un allenatore.”
-Volevi gareggiare
contro di me?- forza un sorriso che pare quasi uno dei
suoi soliti sorrisi stupidi, ma Yuri lo conosce troppo bene e forse ha capito –
e, proprio come un gattino, si diverte a giocare con i suoi nervi e a farlo
incazzare.
-Non darti troppe
arie. Non tutti i pattinatori del mondo aspirano a gareggiare contro di te.- Ah, davvero? Che strano, fino a qualche mese fa Yuri
era uno di loro… -Sbrigati a levarti dai piedi, vecchio.-
Ora però sta
esagerando. Gli solleva il viso con uno scatto deciso della mano destra – e la
sente tremare per tutta la forza che sta usando per evitare di tirargli un
sinistro dritto sul naso.
-L’anello che ti ha
dato il tuo caro Porcellino è soltanto una patacca.-
Come osa. –Vincerò solo per il gusto di dimostrarti quanto sia incompetente il
suo proprietario.-
Certo,
credici.
*
Si rende conto di
aver saltato anche lui solo quando sbatte con forza le mani sulla transenna e i
polsi fanno un crack inquietante.
Si sforza di
trattenere l’imprecazione che sente premere contro il palato quando sente lo
speaker annunciare che il quadruplo flip di Yuuri è riuscito solo in parte – ha toccato il ghiaccio con
le mani, merda, gliel’aveva detto che era ancora troppo presto per mettere quel
quadruplo flip nei programmi, ma ovviamente Yuuri non lo ascolta e lui è così maledettamente cotto che
non riesce neanche ad essere autoritario quel tanto che basta per farsi valere.
Si sente crollare il
soffitto addosso quando lo vede collassare sulle ginocchia – e sa che si sta
incolpando di tutto, anche di qualcosa di cui non è nemmeno indirettamente
responsabile. Ed è con il suo misero 97.83 in tasca che Yuuri
ciondola lentamente verso gli spogliatoi per prendere gli occhiali e lui
vorrebbe urlare ai giudici che non è possibile, non gli sembra possibile che
per un piccolo errore il punteggio sia precipitato così tanto, che non è un
punteggio equo e che sono tutti dei gran stronzi che non hanno mai messo piede
su una pista e si permettono di sparare giudizi sul lavoro di mesi.
Li ha sempre odiati,
i giudici, e da quel momento li odia una volta di più.
Così concentrato a
reprimere tutte le imprecazioni che gli salgono in gola insieme a litri di bile
per il nervoso, non nota la crescente ansia di Yuuri.
Se ne accorgerà quando sarà troppo tardi, perché questo non è un attacco di
panico come quello di Pechino: è silenzioso e non lascia segni evidenti, Yuuri soffre dentro e contiene le emozioni come una pentola
a pressione. E, onestamente, Viktor ha paura di cosa possa uscirne quando non
riuscirà più a trattenersi.
-Volevi dirmi qualcosa?- trattiene il brivido che sente correre lungo la
schiena per l’ennesima volta, spaventato da cosa possa passare per la testa di Yuuri in quel momento.
-Dopo la Finale,
chiudiamola qui.- non una sola inflessione nella voce
così dannatamente piatta. Yuuri non sembra nemmeno
lui.
…forse è anche per
questo che, all’improvviso, fa di nuovo così freddo.
S.C.P.P.: Sproloquio Chilometrico Post
Partum
…allora.
Intanto,
se siete arrivati fino qui sappiate che vi amo.
Poi,
non guardatemi troppo male. E lo so, ne sono pienamente consapevole che necessitate
di qualche spiegazione. Sono qui per questo.
Da
dove partiamo? Partiamo dicendo che questa cosa è un insieme di headcanon e teorie mie e non tutte shackerate insieme e poi sparate endovena con il risultato
di ridurre la gente come nemmeno un doping estremo di nitroglicerina e caffè
ristretto.
Continuiamo
dicendo che anche la Conviventeh ha la sua parte di
colpa perché metà delle teorie presenti qui dentro sono sue. E perché ama
tantissimo Dorian. Dorian che è nato ad mentula canis(?) e non so nemmeno perché, forse avevo solo bisogno
di qualcuno che facesse da Grillo Parlante a Viktor.
Ci
ho lavorato per una settimana a queste 4900 parole e tipo sono esausta.
Aggiungere la parte sull’episodio 12 mi ammazzerebbe del tutto, anche perché ci
metterei tipo una settimana solo per riprendermi e per dare un nuovo senso alla
mia vita dopo la fine di YoI, Eyewitness
e Bungou Stray Dogs a
distanza di pochi giorni.
Se
domani più o meno a quest’ora sentite un urlo che sembra molto quello di un
elefante che muore, non preoccupatevi: è solo la Maki che ha finito di vedere
l’ultimo episodio e cerca di ricomporre i frammenti del suo cuoricino infranto
e di ridare un senso alla propria vita.
Non
vogliatemi troppo male, please.
Maki