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Autore: Yuki002    21/12/2016    3 recensioni
[Storia scritta a quattro mani con neko_hana]
Era da anni che Yuuri sperava di ricevere gli auguri dal suo idolo: Victor Nikiforov. Ovviamente quel sogno era rimasto sempre irrealizzabile, ma adesso che Victor è entrato a far parte della sua vita la speranza si riaccese nel suo cuore. Desiderava un compleanno perfetto con lui, eppure doveva sapere che il russo riservava sempre delle speciali sorpese...
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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С днем Рождения, Юрий!
(Buon compleanno, Yuuri!)


 
 
NOTA: nel testo sono presenti dei nomi stranieri, visto che abbiamo  preferito mantenere i nomi originali di alcune bevande tipicamente russe. Per chi fosse interessato i due nomi in questione sono i seguenti:
Il chai po-russki è una bevanda contenente tè nero, cardamomo (una spezia)  e limone, con in aggiunta un goccio di panna.
La okhotnichya (chiamata anche la “vodka del cacciatore”) è una bevanda alcolica contenete, per l’appunto, vodka insaporita con molte spezie (tra i quali  chiodi di garofano, zenzero e anice)
Inoltre piazza Rossa è la piazza principale di Mosca, nonché adiacente alla cattedrale si San Basilio.
Buona lettura^^
 
___
 
 
C’erano state molte volte in cui Yuuri aveva pensato a quanto sarebbe stato bello se avesse ricevuto gli auguri di  compleanno  da Victor, anche solo una volta.
Ovviamente, a quel tempo, sarebbe stati impossibile, ma adesso la speranza si riaccese nel cuore di Yuuri, non riuscendo a dormire la notte che avrebbe preceduto quel fatidico giorno. Gli bastava solo un: “Tanti auguri!”, non chiedeva nient’altro.
“Yuuri, Yuuri” una voce calda lo destò dal suo piacevole sonno, non trovando la voglia di uscire dall’avvolgente piumone.
“Yuuri!” quando capì a chi apparteneva la voce, scattò seduto facendo volare dall’altra parte del letto la coperta.
“Buongiorno, dormiglione!” lo sgridò il suo coach, rimettendo a posto il letto, mentre Yuuri si alzò controvoglia. Lo fissò per alcuni secondi, aspettandosi che gli facesse gli auguri. L’uomo in questione alzò il capo con aria interrogativa.
“C’è qualcosa che non va, Yuuri?”
Questo faceva male. Possibile che non si ricordasse minimamente del suo compleanno? Eppure gli sembrava di aver lasciato abbastanza indizi il giorno precedente: era stato stranamente entusiasta, aveva iniziato a parlare dei regali che avrebbe voluto per il compleanno e, addirittura, gli aveva ricordato la data di nascita, con la scusa che servisse per la prossima esibizione che si sarebbe tenuta tra qualche giorno.  Era proprio impossibile che non si ricordasse!
“Oooooi, ci sei?” una mano sventolò  più e più volte davanti alla sua faccia. Il giapponese la scostò indispettito, distogliendo lo sguardo.
“Niente Victor, non volevo dire niente” mormorò deluso.
La mano scostata da Yuuri si intrecciò con questa, spingendola gentilmente all’indietro. Victor baciò dolcemente il capo di Yuuri inspirando il buon profumo dei suoi capelli; zenzero, il suo preferito. Senza dire niente si allontanò e corse verso il bagno, per poi uscire con la borsa che utilizzavano per l’allenamento.
“Andiamo ad allenarci, siamo in ritardo!”
Yuuri sbuffò, prima di toccarsi il capo dove si erano posate le labbra di Victor qualche secondo fa. Era felice, sì, ma il pensiero che il russo si fosse dimenticato del suo compleanno lo assillò per tutta la giornata d’allenamento.

***

E infatti fu così. Per tutta la giornata non aveva fatto altro che essere assorto nei suoi pensieri, senza badare a ciò che Victor gli diceva per migliorare il suo libero.
“Ricordati, durante l’esibizione non eseguire il quadruplo Flip. Non l’hai ancora perfezionato al massimo e vorrei evitare che ti facessi male…Yuuri, ma mi stai ascoltando?”
Il corvino non rispose neanche, mantenendo lo sguardo basso a fissare un punto imprecisato della pista.
“Yuuri!” mormorò scocciato, scuotendo leggermente le spalle del suo allievo “Presta un po’ più di attenzione a ciò che ti dico”
“Scusa, Victor”
L’espressione sul suo viso si addolcì , simile a quella di un padre comprensivo: “So che è un momento importante per te e sei nervoso, ma cerca di mantenere la concentrazione”
“Sì, questo è proprio un momento importante per me” borbottò, riferendosi ovviamente al suo compleanno. Il ragazzo ritornò al centro della pista, pronto per ricominciare il libero. Appena gli voltò le spalle, Victor si mise la mano davanti alla bocca per nascondere un sorrisino.
‘Vedrai quanto sarà importante per te questa giornata!’  pensò divertito.

***

Come al solito gli allenamenti erano stati estenuanti e Yuuri non desiderava altro che mangiare qualcosa e infine sdraiarsi sul letto e ripensare a quanto fosse stata patetica questa giornata.
Niente era andato secondo i suoi piani, fin dall’inizio. Avrebbe voluto ricevere gli auguri, andare a fare due passi in giro da soli per la città a rilassarsi e infine ritornare in hotel e…
Non finì il suo pensiero, troppo imbarazzato per quello che sarebbe successo poi. Ma adesso avrebbe solo voluto ricevere un po’ più di attenzioni da parte del suo coach.
“Bene, direi che si è fatto tardi. Possiamo anche andare” guardò l’orologio che segnava le 19 “Vai prima tu agli spogliatoi, io sistemo una cosa qui e arrivo” sorrise ammiccante, sperando che Yuuri non se ne accorgesse. Infatti il ragazzo non si accorse di nulla, dirigendosi verso la balaustra e uscendo dalla pista a testa bassa.
Entrò nella piccola porticina, per poi salire le scali pericolanti. Chiunque avesse progettato questo palazzetto non era molto intelligente, visto che gli spogliatoi si trovavano al piano superiore, così i pattinatori erano costretti a salire le scale coi pattini!
Già l’umore di Yuuri non era dei migliori, se poi ci si metteva in mezzo pure questo…
Sospirò per buttare fuori tutto il suo sconforto, cercando di non farsi sentire dal russo. Arrivato finalmente allo spogliatoio si tolse i pattini che gli dolevano ai piedi e si cambiò velocemente, quando udì un suono che tanto ben conosceva: qualcuno stava pattinando.
Amava quel suono, quando le lame accarezzavano il ghiaccio freddo, portandosi via tutti i suoi pensieri. Quel ghiaccio del resto era uno specchio della sua anima.
Si destò dai suoi pensieri quando sentì la voce dell’allenatore chiamarlo dalla posta. Si mise frettolosamente la giacca e uscì fuori verso gli spalti. Si appoggiò alla ringhiera, prima di spalancare la bocca estremamente sorpreso da ciò che si ritrovava davanti.
Non sa come Victor era riuscito a farlo, ma con la lama dei pattini si era messo a scrivere qualcosa sulla superficie ghiacciata. Era scritto in cirillico, ma per fortuna Yuuri aveva appreso qualche simbolo, quando il russo glie l’aveva insegnato una volta. Sforzò la vista al massimo per poter leggere ciò che vi era scritto.
“Buon…buon…” ripeté, troppo concentrato per capire il significato ovvio di quella frase “Com…comple…anno?” sbatté un paio di volte le palpebre, incredulo. Un sorriso fece la sua comparsa, illuminando il suo viso di un caldo rossore, che andò man mano crescendo. Corse giù per le scale, senza dire niente a Victor, che era rimasto in pista ad aspettare una risposta da parte del compagno. Il ragazzo inciampò un paio di volte, attirando l’attenzione del coach che voltò lo sguardo, troppo tardi per accorgersi di ciò che stava per accadere.
Si ritrovò steso sul ghiaccio, con il corpo di Yuuri sopra: quel ragazzo fli era letteralmente saltato addosso, per ringraziarlo. Non finiva mai di stupirlo.
“Yuuri?”
Questi non rispose, almeno fino a che una flebile voce interruppe quel silenzio a tratti angosciante per Victor: “Grazie”
Gli era bastato solo quello per renderlo così felice da farlo piangere? A quanto pare sì, visto che il corvino tentava in tutti i modi di nasconderlo. Victor si sollevò, facendo sì che Yuuri si sedesse sulle sue cosce, mentre questi si sosteneva cingendogli il collo.
“Buon compleanno, Yuuri” gli sussurrò vicino all’orecchio.

***

“Allora, sei pronto?”  esultò felice l’albino, mettendosi distrattamente la giacca.
“Per cosa?” il corvino strabuzzò un paio di volte gli occhi cercando risposta in quelli blu del compagno.
Questi si avvicinò a Yuuri, sfiorandogli volontariamente il fondoschiena, mentre gli prendeva il fianco e se lo portava a sé.
“Ma che domande…” gli morse delicatamente l’orecchio “Alla tua festa di compleanno, mi sembra ovvio”
“F-festa?” gemette, cercando di non darlo a vedere “Nessuno me ne aveva parlato”
“Che festa a sorpresa sarebbe se ne fossi stato al corrente?”
In effetti Victor non aveva tutti i torti, ma quella che parve felicità nei suoi occhi, si tramutò in preoccupazione: “Non ci sarà Chris, vero?”
Non che lo disprezzasse, ma l’ultima volta che avevano festeggiato insieme, era finita con una partita a strip pocker! Avrebbe voluto evitarlo, possibilmente.
“No, tranquillo, non ci sarà. Non voleranno vestiti e mutande questa volta!” lo rassicurò come sei gli avesse letto la mente.
“Bene” tirò un sospiro di sollievo, scusandosi mentalmente con lo svizzero e pregando che non lo odiasse per questo.
“Direi che si è fatta una certa ora…” controllò di nuovo l’orario, che segnava le 19:30.
“Andiamo in camera farci una doccia e a cambiarci!”
La voce squillante di Victor lo riempì di emozione, tant’è vero che si ritrovò ad aesultare anche lui: “Sì!!”

***

Arrivati nella loro camera, Yuuri cadde stremato sul letto, brontolando sulla coperta: “Vai prima tu a farti la doccia”
“Yuuri!” lo riprese “Non va bene! Sei tu quello che si è allenato, dovresti  essere tu il primo ad andare a lavarti! Inoltre io mi sono fatto la doccia stamattina, non ho bisogno di rifarmela”
“Ma si sta così bene, qui” borbottò, cercando di coprirsi con il piumone, che lentamente andava a scaldarsi.
“Sì, così poi ti addormenti. Forza, pigrone!” sollevò la coperta, strappandola dalle mani del corvino, che continuava a lagnarsi. Alla fine, Victor riuscì a convincerlo ad alzarsi, non prima di aver sparato una delle sue battute imbarazzanti: “O forse volevi fare la doccia con me?” sorrise ammiccante.
Il corvino si voltò per fissarlo, tremendamente imbarazzato.
“Se me lo chiedi così, però…” lasciò la frase in sospeso, facendo ben intendere a cosa alludesse. L’albino scosse un poco la testa, senza farsi notare. Era troppo scosso per non farlo: lo Yuuri di mesi addietro non gli avrebbe mai risposto  così, sarebbe corso in bagno tutto rosso in viso. Si vede che aveva sviluppato il suo Eros, più di quanto si aspettasse.
“Non scherzare con me, Yuuri. Potrei perdere il controllo su me stesso” gli disse serio, quasi stesse a minacciarlo. A questo il ragazzo non era preparato, quindi fece ciò che gli era stato richiesto ed entrò in bagno. Una volta chiusa la porta, fu Victor quello ad accasciarsi sul letto: di certo non si aspettava una simile reazione da parte del corvino. Avrebbe tanto voluto accettare la sua proposta, spingerlo gentilmente all’interno della stanza e trascinarlo con sé all’interno della stanza e travolgerlo dal suo amore: dal suo Agape e dal suo Eros. Ma, adesso, aveva ben altro da fare; sfilò sotto il letto, tutto guardigno, una scatola rigorosamente chiusa con dello scotch. Senza fare troppo rumore, staccò il suddetto dal pacco e ne sollevò il coperchio. Dondolò felice, guardando il bellissimo outfit che avrebbe fatto indossare a Yuuri, da lì a breve.

***

Il corvino si passò una mano tra i capelli bagnati per togliergli dalla sua visuale, iniziando ad asciugarli con veemenza. Di sicuro se Victor non lo avesse buttato giù dal letto, non si sarebbe più alzato!
Attaccò il phon alla presa e iniziò a buttarsi il getto caldo sui capelli, senza badare a pettinarli. Normale, voleva solo apparire normale alla festa. Non intendeva vestirsi in chissà che modo né voleva spiccare in mezzo alla massa. A quanto gli era stato detto, erano presenti tutti i pattinatori incontrati alla Rostelecom Cup, il che voleva dire che formavano un bel gruppetto. Grazie al cielo, Victor aveva risparmiato Yurio, che non poteva essere presente questa serata. Senza ombra di dubbio al ragazzino non sarebbe importato un granché del suo compleanno: rise a quel pensiero, mentre spegneva il phon e iniziava a mettersi una maglietta nera e dei pantaloni larghi, altrettanto neri. Si sistemò quel poco che bastava la frangetta, si mise gli occhiali e uscì dalla stanza calda.
Quello che si trovò davanti lo lasciò senza fiato: Victor stava indossando degli abiti che, solitamente, non gli si addicevano.
Una maglietta nera, alquanto scollata, aderiva perfettamente al suo corpo magro e slanciato. Il colore scuro dell’indumento ne risaltava il petto largo e scolpito, adornato da un ciondolo a forma di cristallo incolore, ma che, riflettendosi alla luce, donava uno spettacolo di luci particolare.
I fianchi e le gambe erano fasciati da un paio di jeans marrone chiaro: anche se leggermente larghi, ciò non toglie che aderivano forse anche un po’ troppo al fondoschiena, catalizzando tutta l’attenzione del corvino su di esso.
“Allora, che ne dici?” fece una piroetta per mostrare tutta la magnificenza al compagno. Questi non rispose, boccheggiando alla ricerca di ossigeno: era rimasto letteralmente senza parole.
“E adesso tocca a te!” sorrise malizioso, porgendogli la scatola bianca. Il giapponese non capì, finché non sollevò il coperchio e ritrasse subito l’oggetto dal suo corpo.
“E io dovrei vestirmi così?!” strepitò altamente imbarazzato: mai nella sua vita aveva indossato abiti del genere. Era sempre stato abituato alla sua fedelissima tuta da ginnastica e qualche T-shirt vecchia di suo padre, per questo mai e poi mai avrebbe indossato quello che gli aveva proposto il russo.
“Non intenderai mica uscire vestito così?” lo squadrò dalla testa ai piedi, facendogli notare che effettivamente non era certo adatto ad una festa, alla quale poi tra l’altro, era lui il festeggiato. Non aveva scelta: prese di nuovo la scatola e si diresse in bagno, prima che Victor lo fermasse: “Ma quindi non hai intenzione di cambiarti qui con me?” brontolò.
“L’hai detto tu stesso che rischieresti di perdere il controllo, non ricordi?” mormorò atono, come se non lo pensasse veramente. Sconfitto, il russo lo liquidò, sdraiandosi sul letto, facendo sì che un lembo di pelle si notasse da sotto la maglietta. Il corvino deglutì nervoso e si diresse di nuovo verso la porta del bagno.
Controllo, controllo…Quello che non doveva perdere il controllo era lui! Ma Victor era così bello sdraiato in quel modo, che avrebbe voluto saltargli addosso e farsi coccolare.
 
“Allora, sei pronto?” picchiettò il dito sulla testiera del letto, spazientito il russo, mentre Yuuri trovava l’ennesima scusa per non uscire dal bagno.
“Un attimo solo, credo…di non aver messo bene questo…” lasciò la frase in sospeso, capendo lui stesso che si stava arrampicando sugli specchi.
“Adesso mi sono stufato…” mormorò, alzandosi dal materasso per scattare verso la porta e abbassare la maniglia senza dare preavviso al corvino.
Vi trovò davanti uno Yuuri che, in modo molto tenero, cercava di tirarsi su le maniche della camicia scozzese. La maglietta bianca sotto, aderiva perfettamente al petto e ne risaltava la vita stretta, che Victor tanto adorava prendere tra le sue mani. Dei pantaloni bianchi, cingevano i suoi fianchi stretti, mettendo in bella mostra altre parti che Yuuri avrebbe preferito celare. Per finire, una collana, uguale a quella di Victor, adornava quel quadro semplicemente perfetto agli occhi del russo.
Senza dire una parola, sfiorò dolcemente la mano di Yuuri prima di afferrarla con forza e spingere l’intero corpo verso il suo. Posò le sue labbra contro quelle del compagno, in un tenero e leggero bacio.
“Stai benissimo” gli sussurrò, prima di mordicchiarlo come era solito a fare.
Il ragazzo socchiuse gli occhi, troppo imbarazzato per dire qualcosa.
“Che dici andiamo?” propose, prendendogli il fianco, portandoselo più vicino di quanto non fossero già, beandosi della sensazione calda che percepiva sotto il tessuto della maglia.
Con un timido sorriso Yuuri mormorò un semplice: “Sì” che riempì di gioia il pattinatore.
‘Ci divertiremo sicuramente’ pensò il corvino finalmente tranquillo.

***

 “Non sono mai stato in un posto simile,” esclamò Yuuri, non appena mise piede nel locale. Osservò estasiato il lungo corridoio dalle pareti bordeaux, su cui erano appese varie foto di personaggi più o meno famosi. Avanzarono piano l’uno accanto all’altro, sino a quando l’attenzione del giapponese non venne attirata da un’immagine in particolare.
“Questo sei tu,” disse stupito, dopo essersi avvicinato e aver accarezzato la cornice dorata che impreziosiva la foto, in cui un Victor ragazzino abbracciava sorridente un uomo anziano.
Il russo si avvicinò, sfiorandogli la spalla con il braccio. “È il vecchio proprietario,” disse, cingendogli le spalle con un braccio. Con la mano libera sfiorò il profilo dell’uomo.
“Mi dispiace!”
Victor gli lanciò un’occhiata perplessa. “Di cosa?”
“Che non sia più qui,” rispose, abbassando il capo.
“Per lui è meglio così.”
Yuuri sollevò di scatto la testa, osservandolo allibito. Non comprese appieno il senso delle sue parole.
Gli occhi azzurri persi ad osservare con malinconia la foto.
“Dove si trova adesso starà sicuramente meglio di noi,” rifletté, poggiandosi l’indice sulla bocca. All’improvviso si voltò di scatto verso Yuuri, l’espressione entusiasta.“Anche noi dovremmo andarci, che ne pensi?” 
Yuuri sgranò gli occhi. “Non credo sia una buona idea,” rispose frettolosamente, scartando immediatamente l’ipotesi.
Victor si sporse verso di lui, sfiorandogli il naso con il proprio.
“Non ti piace la nave?”
“Na-nave?”
Il russo annuì, indicando l’uomo nella foto con un dito. “È in crociera con la sua nuova fiamma,” fece una pausa, studiando l’espressione confusa dell’altro. “Cos’avevi capito?”
Yuuri fece un passo indietro e non riuscendo a trattenersi scoppiò a ridere. Era stato tanto sciocco da essersi immaginato chissà che.
Victor piegò il capo da un lato. “Perché stai ridendo?”
“Niente, niente davvero,” disse, togliendosi gli occhiali e asciugandosi le lacrime agli angoli degli occhi, trascinando poi per il corridoio un alquanto smarrito Victor.
Quando misero piede nella stanza successiva vennero accolti da una delicata melodia. Yuuri fece scorrere lo sguardo dai vari tavolini sistemati sulla parte sinistra che andavano a circondare la piccola pista da ballo. Ne rimase estasiato.
“Non dirmi che…”
“No,” ammise. “Non avevo mai visto niente di simile,” disse, continuando a far vagare lo sguardo, accarezzando i vari quadri alle pareti. Rimase poi rapito dal pianoforte a coda sistemato nell’angolo più nascosto della stanza.
“È bellissimo…” sussurrò, osservando il giovane pianista accarezzare gli ultimi tasti e terminare la melodia.
“Dovrei esserne geloso,” mormorò Victor, facendogli scivolare un braccio sulla schiena per poi stringergli il fianco.
“Ma non lo sei.”
“Non sai quanto io lo sia invece…”
Yuuri non disse nulla e il compagno non infranse il silenzio che si era fatto spazio tra loro. Almeno sino a quando un’idea gli s’insinuò in testa, strappandogli un sorriso.
“Mi concederebbe l’onore di questo ballo?” chiese, chinandosi e offrendogli la mano, mentre le prime note di “Yuri on Ice” presero a rincorrersi.
Il giapponese lanciò una veloce occhiata al pianista che li osservava sorridendo, riportando gli occhi sulla figura del compagno ancora in attesa di una sua risposta. L’emozione gli impedì di pronunciare anche solo una parola. Sollevò il braccio e incerto poggiò la propria mano sulla sua.
Victor si rimise in posizione eretta, appoggiandogli una mano sul fianco e sollevando quella che teneva stretta quella di Yuuri.
“Ho sempre desiderato farlo.”
La mano del russò risalì lenta, poggiandoglisi a metà schiena e attirandolo maggiormente a sé.
“Ti amo!” gli sussurrò Victor, accarezzandogli l’orecchio con le labbra.
“Lo so” ribatté, poggiandogli l’altra mano sulla spalla.
La melodia rapì i loro corpi, guidandoli in una danza lenta ma testimone di quello che cercavano di comunicare i loro occhi. Innamorati e persi in quel loro mondo non si accorsero dell’arrivo degli altri pattinatori. Nessuno li avrebbe disturbati, questo almeno era il pensiero che condividevano tutti o almeno la maggior parte. Un applauso, forse eccessivo, spezzò quella magica atmosfera.
Yuuri strabuzzò gli occhi, guardando Victor come se si fosse reso conto solo in quel momento della situazione.
“Noto che avete iniziato a festeggiare senza di noi,” esclamò Jean-Jacques divertito.
Il giapponese spostò lo sguardo sui nuovi arrivati, prima di allontanarsi di scatto da Victor. Imbarazzato, aprì la bocca e la richiuse subito, cercando una buona scusa per giustificare quello a cui probabilmente avevano assistito.
“Prego, seguitemi,” si intromise invece il pianista, accompagnandoli nella stanza privata, dove avrebbero potuto festeggiare senza essere disturbati.
 
Michele Crispino osservava il piccolo tavolo ovale dove gli altri pattinatori avevano preso posto. Lanciò un’occhiataccia ad Emil che pareva gradire l’idea del gioco della bottiglia.
“Vorresti partecipare anche tu?”
Michele storse il naso. “Non ci penso proprio.”
“Ma sembra divertente,” disse Sara appoggiando la mano su quella del fratello e osservando distrattamente Seung Gil Lee annoiato da quello che lo circondava. Divertita le venne spontaneo paragonarlo a suo fratello. “Ti ricordi quando ci giocavamo anche noi?” chiese, riportando l’attenzione su Michele.
“Eravamo bambini,” si affrettò a risponderle. “E non adulti in vena di strappare confidenze,” continuò, lanciando un’occhiataccia verso Jean-Jacques che dava proprio l’impressione di divertirsi.
 
“Toccherebbe a me girare,” mormorò il pattinatore canadese, dopo aver risposto alla domanda che Emil gli aveva posto, afferrando la bottiglia e lanciando un’occhiata divertita verso il pattinatore russo. Era un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. Sicuramente se fosse riuscito a farla fermare su di lui, sarebbe riuscito a strappargli la risposta alla domanda che assillava tutto il mondo del pattinaggio e non solo: perché si era ritirato dalle gare per fare da coach ad un pattinatore mediocre.
Ne incrociò lo sguardoazzurro, troppo rilassato perché non provare una certa irritazione. Molto diversa era l’espressione del festeggiato, piuttosto a disagio.Fece girare la bottiglia che passò alcune volte davanti ai vari pattinatori, rallentando e dando l’impressione di fermarsi proprio su russo.
Sorrise entusiasta JJ, solo per imprecare quando la bottiglia indicò il giapponese.
“Cosa?” strepitò Yuuri allarmato, spingendo indietro la sedia per allontanarsi.
“Sei tentando di scappare?” chiese il canadese sarcastico.
Indignato da quell’affermazione il giapponese, afferrò la sedia e riprese il suo posto.
In fin dei conti non avrebbe potuto chiedergli niente di sconveniente, giusto?
“Sentiamo questa domanda.”
“Non è detto che te ne faccia una.”
Yuuri non comprese.
“Per evitarla potresti benissimo scegliere la punizione.”
“Punizione?” chiese, voltandosi verso Victor che sollevò le spalle in risposta. Sospirò con forza, riportando l’attenzione al canadese. “Scelgo la domanda,” mormorò pentendosene subito quando il suo interlocutore sorrise vittorioso.
Victor gli accarezzò la mano che teneva poggiata sul grembo.
“Questo in caso tu non voglia rispondere” disse JJ, avvicinandogli uno shot e versandovi della vodka tanto da farne cadere alcune gocce sul tavolo.
Incrociò lo sguardo del russo.
Se pensava di metterlo a disagio con quell’espressione contrariata si sbagliava di grosso. Aveva deciso di partecipare a quella festa con l’intenzione di divertirsi e così avrebbe fatto.
“Sopra o sotto?”
“Come?”
“Ti piace stare sopra o sotto?” domandò, sorridendogli malizioso.
Yuuri divenne paonazzo. Aprì e richiuse la bocca alcune volte, incerto sul da farsi. Quando senza rendersene pienamente conto strappò dalle mani del compagno un bicchiere, bevendone avidamente il contenuto sotto lo sguardo sconcertato degli invitati e quello preoccupato del russo.
“È buono” farfugliò, battendolo, ormai vuoto, sul tavolo.
“Va tutto bene Yuuri?” chiese Victor, quando l’altro si appoggiò allo schienale, reclinando il capo e fissando assorto il prezioso lampadario sul soffitto. Allungò la mano, sfiorandogli la fronte.
“Mi piaci tanto lo sai” disse all’improvviso Yuuri, mettendosi dritto e sorridendogli.
Non ragionò Victor, seguì solo l’ istinto e lo trascinò fuori dalla stanza.

***

“Scusami, Yuuri. Non credevo che JJ ti avrebbe dato quella bevanda. Tutto bene?” gli chiese apprensivo, accarezzando i morbidi capelli neri che coprivano la fronte imperlata di sudore.
“Ma di che stai parlando?” strepitò felice, alzando le braccia al cielo “Sto benissimo!!!”
“No, decisamente non stai bene” sospirò, maledendo JJ, sicuramente aveva ottenuto ciò che voleva: una situazione scomoda, giusto per far mettere in imbarazzo Yuuri. Anche se lo ammetteva; era veramente curioso di sapere la risposta del giapponese, peccato che si sia rifiutato. Neanche il tempo di controllare l’orario sul cellulare, che il pattinatore giapponese si trovò a camminare da solo per la lunga via che portava a piazza Rossa.
“Ma dove vai?!”gli corse dietro, fermandolo prima che andasse in mezzo alla folla, che stava girando gioiosamente per le bancarelle natalizie.
“Waaaaaaa!” il corvino sollevò lo sguardo verso l’alto per ammirare come avevano addobbato la piazza, in vista del Natale: una serie di piccole luci delineavano i contorni del palazzo davanti a loro, mentre un gigantesco albero svettava in mezzo alla piazza, rigorosamente decorato con ogni sorta di palline, lucine e candele. Le bancarelle erano disposte a reticolo ordinario, anch’esse graziosamente decorate con finti rami di pino e ogni sorta di statuine di renne, pupazzi di neve, regali, stelle; tutte fatte di legno.
“Ora che ci penso, ad Hasetsu non addobbano molto per il Natale”
“Non addobbano proprio per niente, salvo qualche locanda e negozio” gli rispose subito incantato da tutte quelle luci, che gli stavano dando alla testa.
Attraverso gli occhiali, Victor vide chiaramente le iridi marroni illuminarsi ancora di più, grazie alle luci che vi si riflettevano sopra a cui il corvino era rimasto incatenato.
Il russo sorrise intenerito da quella scena, circondandogli le spalle con un braccio stando ben attento a non dare troppo nell’occhio: purtroppo in Russia relazioni come la loro non erano viste bene, quindi dovevano dare l’apparenza di essere solo buoni amici.
“Vuoi dare un’occhiata?” propose calorosamente. Gli occhi di Yuuri si posarono su quelli azzurri e glaciali di Victor, perdendosi in essi.
“Sì!” esultò all’apice della felicità, con uno di quei sorrisi da far sciogliere anche il più freddo dei cuori.
Si sfregò le mani con veemenza, iniziando a percepire un freddo, che prima era stato sopito dal calore dell’alcol. Rabbrividì quando una leggera brezza invernale gli accarezzò la pelle del viso e Victor se ne accorse.
“Per prima cosa, che ne dici se ci andiamo a prendere qualcosa di caldo. Tipo, un chai po-russki?”
Il corvino scosse la testa, per poi capire a cosa si stesse riferendo il russo: era un thé tipicamente servito nel paese, a detta sua, molto buono. E di certo lui non vedeva l’ora di provarlo!
“A me basta divertirmi con te!” gli sorrise, totalmente ignaro della reazione che aveva scatenato al russo, che si ritrovò ad osservarlo sbigottito. Ignorò la frase, abbassando timidamente lo sguardo, tirandolo all’interno della folla verso il banchetto a cui lui era solito prendere qualcosa da bere, anni addietro.
“Ehilà, Vitya! Da quanto che non ci si vede!” li accolse un uomo parecchio alto dalla folta barba scura.
“Ciao, Lev!” lo salutò, dandogli una forte pacca sulla spalla.
“Ti ho detto mille volte che mi chiamo Leon! È il mio vero nome!”
“Sì, sì come al solito” sollevò entrambe le braccia, in segno di rassegnazione. L’uomo di nome Leon, squadrò dalla testa ai piedi il ragazzo giapponese che gli stava davanti: “Hai portato da me un estraneo o intendi presentarmelo?”
“M-mi chiamo Katsuki Yuuri e sono l’allievo di Victor Nikiforov! È un piacere fare la sua conoscenza!” si inchinò di scatto, facendo sobbalzare tutti i presenti. Lev guardò Victor e Victor guardò Lev, entrambi scoppiarono a ridere: “Yuuri, guarda che non è una persona cattiva! Puoi tranquillamente rimetterti su”
“Certo che è proprio uno spasso il tuo ragazzo, Vitya!”
A sentire quella frase, entrambi i pattinatori si lanciarono un’occhiata veloce: avevano frainteso il significato della frase.
“Sì, è proprio uno spasso. Ci divertiamo molto insieme!” a salvare la situazione fu Victor, con un sorriso tirato.
“Allora, a cosa devo la vostra visita?” chiese, iniziando a pulire il bancone da due tazze lasciate lì precedentemente da altri clienti.
“Ma che domande! Per prendere qualcosa da bere, ovvio!” ribatté l’albino, invitando Yuuri ad avvicinarsi al piccolo tavolino di legno.
“Ditemi i vostri, allora!”
“Per me un  okhotnichya, mentre per Yuuri un chai po-russki
“Non cambi mai, Vitya! Ogni anno prendi sempre la stessa bevanda: la “vodka del cacciatore” la chiamiamo noi qui, quindi Yuuri sta attento: tu potresti essere la sua prossima preda!” rise fragorosamente, battendo la mano sul bancone, prima di porgere i due bicchieri ai ragazzi “Andate pure a divertirvi, è la prima serata che apriamo, vedete di godervela al massimo!”
“Lo faremo di sicuro, grazie Lev!” esultò Victor, prendendo il suo bicchiere mentre l’altro lo porse al compagno.
“Leon! Mi chiamo Leon!”
Yuuri si lasciò sfuggire una leggera risata, attirando così l’attenzione da parte del russo che a sua volta sorrise anche lui.
“Yuuri, mi dispiace se prima alla festa ti sei sentito a disagio. Davvero, non credevo che avrebbe preso questa piega. Io…mi dispiace” mormorò afflitto l’albino, dopo un po’ che stavano camminando tra le file di gente e le bancarelle.
“Non hai niente di cui scusarti!!” lo rimproverò subito il corvino “Anzi, se devo essere sincero, mi sono divertito molto, anche a fare quello stupido gioco proposto da JJ” fece una pausa “Tutta la serata…mi ha divertito tutta la serata, anche quando mi hai trascinato via dal locale, anche quando abbiamo incontrato Lev, anche quando ho dato il primo sorso del mio the, anche quando abbiamo camminato in mezzo alla folla in silenzio. Ho amato tutto. Per questo ti ringrazio, Victor. Grazie!” e sorrise “Grazie per tutto quello che hai fatto solo per me!”
Quel sorriso…quel viso…quelle mani, che tanto voleva toccare e percepire il loro calore, lo mandavano sempre in tilt. Si trattennè dall’abbracciarlo, visto le numerose persone che già li stavano squadrando solo a vederli conversare tranquillamente. Tutto quello che fece fu avvicinarsi al suo orecchio e sussurrargli: “Più tardi saprò come ricompensarti”
La frase mandò in visibilio Yuuri, che si ritrovò a sbattere le palpebre un paio di volte prima di accertarsi che la frase appena detta dal suo compagno fosse reale.
“Yu-uri?” sventolò un paio di volte le mani davanti al viso del giapponese “Ci sei?”
“Eh? Ah…ehm, sì! Che dici, andiamo?” sviò il discorso, dirigendosi verso l’enorme albero al centro della piazza “Vorrei vederlo più da vicino. E, sì insomma, come dirtelo…” si grattò imbarazzato la nuca “Vorrei fare delle foto con te, là sotto”
Victor fece qualche passetto indietro, come sempre sconvolto dalla tenerezza che il suo ragazzo mostrava inconsciamente, per poi riscuotersi e rivolgergli un caldo sorriso.
“Con piacere!”
Passarono il resto della serata a fare foto praticamente dappertutto, a gustarsi gli ultimi sorsi delle loro bevande e a godersi la festa natalizia fino alla fine. Comprarono anche qualche souvenir fatto a mano per la famiglia Katsuki e gli amici e, contenti dei loro acquisti, si diressero piano piano fuori dalla piazza e dalla folla.
“Direi che abbiamo fatttutto!!” gioì il corvino, mentre rimetteva a posto i vari oggetti nei loro rispettivi sacchetti.
“Non abbiamo ancora finito…” bisbigliò il russo, mettendosi le mani in tasca alla ricerca di qualcosa.
“Eh? Non ti ho sentito, Victor” si voltò per notare il viso del compagno leggermente arrossato, mentre cercava con tanta foga un oggetto nelle tasche della giacca.
“Dove l’ho messo?” bisbigliò a fior di labbra, quando notò di essere osservato dal corvino. Si maledì quando si ricordò di aver la sciato l’oggetto in questione nella stanza d’albergo.
‘Pazienza, vorrà dire che glie lo darò una volta tornati’
“Yuuri, mi dispiace averti fatto aspettare! Che ne dici-“ si bloccò quando non trovò con lo sguardo il giapponese. No, non era possibile…lo aveva perso di vista. Un brivido gli percorse tutta la spina dorsale: le strade di Mosca a quell’ora non erano mai sicure e Yuuri sarebbe stato nei guai se non l’avesse trovato subito.

***

Yuuri non riusciva a spiegare come potesse essere finito in una situazione simile. Si era semplicemente fermato a chiedere un’informazione, sperando qualcuno potesse aiutarlo a trovare la strada per ritornare da Victor e invece si era ritrovato spinto contro il muro esterno di quel locale.
“Dai vieni dentro con me…” propose l’uomo. “Ho solo bisogno di qualcuno che mi tenga compagnia.”
Yuuri gli poggiò le mani sul torace, provando ad allontanarlo ma senza successo. Si ritrovò invece sul viso il suo respiro che sapeva di alcool.
“Ho già qualcuno che mi aspetta,” mormorò in un imprecisato russo, voltando la faccia disgustato.
“Sarà piacevole…” gli sospirò nell’orecchio l’ubriaco, palpandogli il sedere. “Che…”
Le cose non andarono come si era aspettato l’uomo, perché venne afferrato per il polso e spinto lontano dal giapponese, finendo contro alcuni sacchi della spazzatura. Scosse la testa, cercando di capire cosa fosse successo, pronto a farla pagare al suo aggressore. La vista offuscata non gli permise di mettere a fuoco le due figure che velocemente abbandonavano quella via per immettersi in quella principale.
“Merda” strepitò, provando a rimettersi in piedi ma finendo solamente sdraiato malamente tra i rifiuti.

***

Da suo canto, anche Yuuri non capì molto fino a che la persona che lo aveva salvato non lo strinse a sé. Riconobbe il suo calore, il suo respiro, il suo cuore…
“Non spaventarmi più così, Yuuri…” la sua voce lo raggiunse calda e confortevole. Ricambiò l’abbraccio, stringendo la stoffa della giacca più forte che poteva.
“Scusami, Victor…Ho…ho avuto tanta paura” si lasciò andare in un leggero pianto, che solo il suo compagno riuscì a sentire. Gli accarezzò piano la testa: “Va tutto bene…” sorrise “Ci sono io con te…”

***

Erano da poco rientrati in albergo e, non appena chiusa la porta della loro stanza, la stanchezza si era improvvisamente fatta sentire.
Victor sospirò, appoggiandosi alla porta. Lo sguardo gli cadde sull’altro uomo sdraiato su uno dei due letti, con le gambe che toccavano la struttura in ferro battuto e i piedi che sfioravano la moquette scura.
Sorrise, staccandosi dalla porta e avvicinandosi al letto. Si fermò ai piedi del letto, permettendo alle sue gambe di sfiorare quelle dell’altro.
Yuuri sollevò le palpebre, avvertendo la sua presenza. Gli occhi castani scivolarono sul viso dai lineamenti perfetti del russo, scendendo poi lentamente verso il basso sino a fermarsi sul torace, evidenziato dal tessuto aderente della maglia.
“Dovresti consegnarmi il mio regalo,” mormorò, cercando i suoi occhi azzurri. Si inumidì le labbra secche.
“Che genere di regalo vorresti?” chiese malizioso, sfilandosi la maglia e lasciandola cadere con indifferenza.
Yuuri non risposte, ma l’imbarazzo che gli tinse le gote non diede spazio a fraintendimenti.
“Capisco cosa tu voglia,” mormorò il russo, salendo sul letto.
“N-non è quello che stai pensando…”
“No?” chiese, insinuandogli le mani sotto la t-shirt. “A cosa sto pensando?”
“N-non lo so…”
Victor si piegò in avanti, strappandogli un tenero bacio. “Era tutta la sera che volevo farlo” gli sussurrò sulle labbra, sfiorando volutamente i capezzoli con la punta delle dita e strappandogli un sospiro di piacere.
Yuuri gli fece scivolare le mani sulla schiena, provando ad insinuare le dita all’interno dei pantaloni. Imprecò quando, a causa del tessuto troppo stretto, fu costretto a ritirare le mani battendole con forza sul copriletto.
Sbuffò, attirando su di sé lo sguardo divertito dell’altro pattinatore.
“Cosa c’è?”
“Nulla!” disse, mettendo un adorabile broncio.
All’improvviso Yuuri riuscì ad invertire le loro posizioni.
“Sono troppo stretti,” mormorò, armeggiando con il bottone che non voleva proprio saperne di uscire dall’asola. Imprecò, strappando una piccola risata al russo, che gli afferrò le mani poggiandole sulla coperta.
“Guarda come si fa,” disse, slacciandoli con facilità; la stessa con cui fece scendere la cerniera. “Vedi? Non era poi tanto difficile!”
“Ti stai divertendo per caso?”
Victor non rispose.
Il giapponese scese in fretta dal letto e per un attimo il russo credette si fosse offeso. Ma questi lo stupì, afferrando i pantaloni e sfilandoglieli con un veloce movimento; gettandoseli poi alle spalle.
“Stai facendo fare tutto il lavoro a me. E ci tengo a ribadire che sono io il festeggiato,” dichiarò, facendo piegare il materasso sotto il suo peso e rimanendo fermo sul bordo del letto. Allungò una mano, sfiorandogli con la punta dell’indice un capezzolo. “Dovrei essere io ad avere le tue mani su di me,” continuò, nonostante l’imbarazzò fosse ben visibile sul suo viso.
“E ora cosa vorresti fare?” chiese Victor provocandolo e mettendosi seduto.
Yuuri non rispose, ma scivolò con lo sguardo sull’intimo che ancora celava l’erezione, nonostante fosse ben visibile.
Deglutì. “I-il mio rega…lo…”
Il russo sorrise. “Allora perché non vieni a prenderlo?” mormorò con voce roca, indietreggiando e trascinando con sé buona parte delle coltri sfatte. Si poggiò con la schiena alla spalliera, divaricando le gambe.
Gli tese la mano. “Vieni qui Yuuri…”
L’altro pattinatore non se lo fece ripetere, avvicinandosi senza protestare.
“Sei troppo vestito…” bisbigliò il russo.
“Cosa proponi?”
“Mettiti in piedi” ordinò.
E ancora una volta il giapponese ubbidì, permettendogli di fargli scivolare i pantaloni lungo le gambe.
Victor avvicinò il viso alle sue parti intime, baciandolo attraverso il tessuto. “Ti voglio…” gli sussurrò, permettendosi di accarezzare poi i testicoli con la mano.
“Vi-Victor…” gemette, ritrovandosi senza neanche sapere come con la schiena sul materasso
Victor gli sorrise. “Ti amo!”
“N-non dirlo adesso…” gemette Yuuri inarcandosi.
“Perché?” chiese, scivolando sul torace con le labbra. Ignorò volutamente i capezzoli eretti, continuando verso il basso un cammino fatto di veloci lappate e piccoli morsi. Sollevò il viso, quando con il mento solleticò la peluria scura, permettendosi di incatenare nei suoi gli occhi scuri del compagno.
“Yuuri…” lo chiamò.
Yuuri sorrise, concedendogli il permesso per andare oltre.
Victor afferrò l’elastico degli slip, abbassandoli piano e scoprendo lentamente l’erezione. Ne baciò la punta umida, scivolando poi con la bocca verso il basso, accarezzando l’intera lunghezza.
“L-la ma…gliet…ta”
Il russo sollevò la testa, regalandogli un sorriso languido.
“Sta bene lì dov’è…” disse, prima di sfilargli completamente l’intimo e lanciarlo in una parte imprecisata della stanza.
Scese dal letto, osservando il giapponese completamente nudo. Gli sfuggì un gemito quando gli occhi si soffermarono sull’erezione tesa e si trattenne dall’allungare le mani.
“Victor…ti prego…”
Victor deglutì. “Ancora un attimo, amore…”
Si sfilò l’intimo, dandogli le spalle e permettendogli di accarezzargli il fondoschiena con lo sguardo. Si avvicinò alla parete, afferrando lo specchio e sistemandolo ai piedi del letto.
“Ora è tutto perfetto,” gemette salendo sul materasso.
“Co-cosa vuoi fare?” fremette il giapponese, mettendosi seduto di scatto.
“Yuuri…”
Un ansimo, seguito da un gemito.
Victor sfiorò involontariamente l’apertura tra i glutei con la propria erezione, quando si permise di metterglisi alle spalle.
Fremette di desiderio, sistemandolo meglio sulle sue cosce ed evitando di toccarlo ancora in quel modo.
Yuuri tremò tra le sue braccia, spingendosi all’indietro.
“Con calma…” gli sussurrò Victor nell’orecchio, afferrandogli il viso con una mano e facendo sì che l’altro vedesse la loro immagine riflessa nello specchio. “Sei bellissimo…” gli sussurrò prima di stringere la mano sull’erezione a cui vennero infine date le giuste attenzioni.

***

Victor si destò, svegliato da un pensiero fisso. Si alzò con calma, ma con un’impazienza dentro di sé che, se avesse potuto, si sarebbe messo a correre alla ricerca di quel maledetto oggetto che stava cercando dalla sera precedente.
‘Eccolo!’ l’aveva lasciato nella vecchia giacca, prima di comprarne una nuova proprio a Mosca. Era ancora preziosamente incartato, ma visto che il destinatario stava beatamente dormendo decise di aprilo con estrema cautela lui stesso.
Dondolò felice quando aprì la scatoletta contenente un anello color oro bianco. Si avvicinò alla figura dormiente del suo ragazzo, sollevando leggermente la sua mano destra. Vi inserì il gioiello, tutto felice quando vide che gli stava perfettamente.
“Il mio tesoro…” baciò la mano, precisamente sull’anulare per poi coricarsi di nuovo sul letto. Il silenzio e la quiete della stanza lo trasportarono subito nel mondo dei sogni.

***

Yuuri si svegliò, stranamente stanco. Accarezzò con lo sguardo l’intera stanza, dove poche ore prima era stata brucata un’ardente passione, mentre adesso regnava solo un pacato e tranquillo silenzio. Toccò d’istinto il comodino dove vi erano poggiati gli occhiali, senza però trovarli.
Curiosamente li ritrovò sul viso di Victor, appoggiati malamente sul suo capo, mentre l’uomo dormiva beatamente senza accorgersi di nulla. Il corvino ridacchiò, stando ben attento a non svegliarlo: non era la prima volta che, nel sonno, appoggiasi gli occhiali qua e là, era un abitudine che aveva sin da piccolo, però la testa di Victor era ancora una novità! Li prese mettendo piano piano a fuoco la stanza, notando subito lo specchio dove la sera prima Victor si era permesso di rivendicare la sua bellezza attraverso il suo riflesso. Adesso che si fissava con i capelli scompigliati, lo sguardo assonnato e il corpo ancora nudo steso pigramente sul letto si chiedeva dove Victor avesse visto questa bellezza. Tese la mano destra verso il suo riflesso, per coprire il suo volto, quando un luccichio lo costrinse a toglierla di scatto, indispettito dalla luce che, riflessa, si riversava sui suoi occhi. Controllò curioso la mano dominante, quando notò che lo scintillio proveniva da un fine anello color oro bianco che contornava l’anulare. Lo fissò sbigottito per alcuni secondi, fino a che una voce calda e irremidiabilmente amorevole lo scostò dai suoi pensieri: “Allora, ti piace?”
L’albino si mise seduto lasciando che il lenzuolo calasse e lasciasse mostrare ben più del dovuto, ma, a quanto pare, al russo non importava granché. Yuuri, invece, ingoiò a stento quella poca saliva che aveva in bocca, soffermandosi sulle parti dove si intravedeva…
“Yuuri?” lo sguardo di Victor catturò quello del giapponese “Sei sicuro di stare bene? Sei tutto rosso in viso”
“Ah…eh, sì! Sto bene” abbassò lo sguardo per mettere davanti ad esso la mano con l’anello “Grazie…è semplicemente meraviglioso” mormorò, prima di avvolgersi con le lenzuola bianche. Per una frazione di secondo Victor non disse nulla e quei minuscoli momenti furono lancinanti per Yuuri, che credeva di aver ferito il compagno.
Come risposta ottenne un Victor che gli saltò letteralmente addosso, avvolgendoli entrambi in quel bianco candido: “Yuuri, sei trooooooppo carino!!” strusciò un paio di volte la sua guancia contro quella del compagno, prima di stampargli un bel bacio sulla pelle morbida. Accarezzò la chioma nera, tutta arruffata, scusandosi quando spostò inavvertitamente gli occhiali dalla loro posizione abituale.
“Ancora tanti auguri, Yuuri!!” gongolò felice, stringendo ancora di più a sé il corpo del ragazzo.
“Victor…non riesco a respirare” spirò quelle poche parole, che gli erano costate una grande fatica. Di tutta risposta si ritrovarono entrambi di nuovo stesi sul letto, con le coperte a coprire poche zone dei loro corpi caldi. Il giapponese apprezzò quei momenti di tenerezza, facendosi coccolare appoggiato al petto del compagno. Rabbrividì quando sentì una mano fresca scendere lungo la schiena per spingerlo ancora di più contro il suo petto. I minuti passarono veloci, quando al quinto minuto di silenzio Victor riprese a parlare: “Ti piace proprio stare al silenzio?” scherzò, soffiando involontariamente sulla pelle di Yuuri.
“Shhh, shh…ancora un po’” bisbigliò di rimando.
“Cosa?” chiese interrogativo l’altro.
“Stiamo ancora un po’ così…” ricambiò affettuosamente l’abbraccio.
L’uomo ubbidì e così passarono altri due minuti nel totale silenzio, prima che fosse proprio il pattinatore giapponese a romperlo.
“Amo sentire il tuo cuore battere” sussurrò, per poi baciare la zona dove si presumeva essere l’organo.
“Io invece amo tutto di te” gli baciò dolcemente la fronte, l’albino.
Yuuri osservò Victor, osservò l’anello e capì che non c’era felicità migliore della sua.


Note dell'autrice
Finalmente siamo riuscite a finire questa fic in tempo (siamo un po' in ritardo per la data reale del compleanno di Yuuri, ma va beh ^^''), almeno prima che finisca il 2016. Ci siamo molto divertite a discutere sulla trama della storia e nel dividerci le parti, quindi sono molto soddisfatta di come è uscito il tutto.
Colgo l'occasione per consigliarvi di leggere anche le storie di neko_hana, perchè sono semplicemente meravigliose *-*
Inoltre la ringrazio veramente di cuore, perchè ha avuto la pazienza di aspettare che io finissi di scriverla sul computer e perchè semplicemente mi sono divertita un sacco a conversare con lei ed esprimere le mie opinioni liberamente, è un piacere chiaccherare con lei! Grazie per tutto!!
Spero di non aver fatto troppi errori di battitura/grammaticali, in tal caso mi butterò dal balcone -_-
Yuki.

 
   
 
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