Le conseguenze di una scommessa.
Arthur stava osservando Ariadne un’altra volta. Seduto alla sua scrivania, egli la stava nuovamente fissando. Per quanto ci provasse, non riusciva a staccare gli occhi da lei o smettere di ridere alle sue battute. Non rideva mai a quelle di Eames, eppure rideva alle sue. Quello era il loro secondo lavoro assieme, dopo quello per Saito e le cose invece di migliorare col tempo, stavano peggiorando. Arthur non sapeva dire con precisione quand’era che aveva realizzato di provare qualcosa per lei, ma era successo e aveva cominciato a notare cose su Ariadne, che non aveva mai notato prima. Giocava con la sua sciarpa quand’era nervosa e si mordicchiava le labbra quand’era concentrata. Tutte questi piccoli particolari non facevano altro che fargliela piacere di più. Infine c’era quel bacio che le aveva dato durante il loro primo lavoro assieme. Non era stato nient’altro che un semplice bacio, ciò nonostante non riusciva a toglierselo dalla mente. Dopotutto quella era stata anche la prima volta in cui Arthur aveva agito d’impulso e contravvenuto alle rigide regole lavorative, che egli stesso si era imposto, fin da quando aveva iniziato ad entrare a far parte di questo mondo fatto di sogni. Ariadne alzò lo sguardo dal suo lavoro e Arthur tornò pateticamente ad osservare il suo computer.“Ti propongo una scommessa.” Disse una voce maschile dietro di lui.
“Che cosa?”
“Ho detto che ti propongo una scommessa.”
“Stiamo lavorando Eames.” Disse Arthur, cercando di toglierselo dai piedi.
“Davvero? Io non credo o almeno tu non lo stai facendo.”
“Certo che lo sto facendo.” Disse irritato. Sapeva che era una bugia. Osservare Ariadne per tutto il tempo, lo stava facendo diventare poco professionale, una cosa che non avrebbe potuto odiare di più e che soprattutto, contravveniva a quelle sue famose regole. Lo schermo del suo computer era rimasto sulla stessa pagina da più di venti minuti. Ma che cosa avrebbe potuto fare? Chiederle di uscire era fuori questione! Primo perché lei era una collega e secondo perché il loro era un lavoro troppo pericoloso. Ancora ricordava l’esperienza con Cobb e Mal e quella gli era bastata. Qualche volta gli mancava Cobb; con lui avrebbe potuto parlarne. Avrebbe potuto sfogarsi. Si sentivano ancora per telefono, ma non era più come un tempo, perché Cobb ormai aveva abbandonato il mondo dei sogni dove invece lui, Eames, Yusuf e ora anche Ariadne erano ancora pienamente immersi.
“Beh, io scommetto che sarò il primo a passare una notte nell’appartamento di Ariadne.”
“Che cosa?” Ovviamente Eames di problemi non se ne faceva affatto. Per lui tutto andava bene.
“Mi hai sentito. Ci stai?”
“Certo che no. Inoltre perché mai dovrei voler passare una notte nel suo appartamento?”
“O tesoro è così ovvio che lo vorresti.”
“Beh, non ci sto lo stesso.”
“Cento dollari vanno bene?”
“No, per niente.” Ma Eames come al solito parve non ascoltarlo ed iniziò a tossire molto forte. “Che cosa diavolo stai facendo?” Chiese Arthur.
“La scommessa parte da ora.” Rispose lui, continuando a tossire.
“C’è una qualche possibilità che tu un giorno diventi più serio?”
“Intendi come te? No, non penso proprio.” Triando fuori un fazzoletto si soffiò il naso più volte.
“Eames, stai bene?” Ariadne chiese.
“Non lo so, credo di essermi preso l’influenza.”
“Oh mi dispiace. C’è qualcosa che posso fare?”
“No, grazie, credo che mi serva solo un po’ di riposo, ma purtroppo non ho una casa qui a Parigi. Sto in un hotel e non vorrei infettare nessuno. Forse potrei stare qui per la notte.” Ariadne sembrò pensarci per un attimo poi disse:
“Potresti stare da me.”
“Che cosa?” Arthur urlò. Eames lo ignorò.
“Non lo so. Non vorrei disturbare.” Arthur alzò gli occhi al cielo, Eames era davvero un ottimo falsario, doveva ammetterlo.
“Non è un problema. Inoltre io ho molte medicine a casa.” Prese le chiavi dalla borsa e gliele diede. “Sai dove abito?”
“Si, lo so. Grazie, Ariadne.” Lei sorrise e ritornò al suo lavoro. Eames guardò Arthur con uno sguardo soddisfatto sul viso.
“Ci vediamo domani, tesoro e porta i soldi.” Arthur non disse niente perso nei suoi pensieri. Perché Ariadne gli aveva permesso di andare da lei? L’aveva fatto solo per gentilezza o perché provava qualcosa per lui? Magari Eames le piaceva. La sola idea era come una pugnalata nello stomaco. Con la coda dell’occhio, la guardò ancora una volta prima di cercare, senza successo, di tornare al suo lavoro.
Qualche ora più tardi, Arthur era a casa, incapace di dormire. Aveva acceso la tv trenta minuti prima ed ora stava facendo zapping sui canali, ma niente sembrava distrarlo. Perché in realtà non riusciva a smettere a pensare ad Eames nel suo appartamento. Qual era il punto di non poter uscire con lei se Eames poteva farlo? La realizzazione di essere geloso di lui era terribile. Qualcuno suonò il campanello. Sorpreso andò alla porta e l’aprì.
“Ariadne che ci fai qui?”
“Niente completo?” Chiese lei prima di riuscire a trattenersi. “Ho sempre immaginato che ci dormissi.” Fu in quel momento che realizzò che non indossava altro che una maglietta grigia e dei boxer neri.
“No, niente completo per dormire. Scusa se non sono presentabile.”
“Non fa niente.” Davvero? Era sicuro di averla vista arrossire un attimo prima. “Voglio dire anche se lo fosse, sono sicura che tu non abbia nemmeno dei pantaloni della tuta.”
“Ne ho un paio, da qualche parte sul fondo dell’armadio, pieni di polvere.” Ariadne annuì, senza dir niente. Il silenzio che seguì tra di loro sembrò infinito.
“Allora, perché sei qui?” Gli chiese finalmente. Lei abbassò lo sguardo. Sapeva benissimo perché fosse lì, ma spiegarlo era tutta un’altra storia.
“Il fatto è che Eames è nel mio appartamento.”
“Si lo so, l’hai invitato tu ricordi?” Arthur disse, infastidito. Poteva accettare di aver perso una scommessa contro Eames, ma non tutto il resto.
“Sei geloso?”
“Geloso? Perché dovrei essere geloso?” Replicò immediatamente.
“Ad ogni modo, ha l'influenza, e io non voglio prenderla, quindi mi chiedevo se potessi restare qui per la notte." Arthur la guardò molto sorpreso. Non riusciva a crederci. Tutto ciò che stava aspettando da mesi era finalmente qui.
“Non sarei dovuta venire.” Disse vedendo la sua espressione. "Mi dispiace. Io ... io non so cos’avevo in mente. Dio, mi dispiace.” Ariadne se ne stava andando, quando Arthur decise che non poteva lasciarsi scappare quell’occasione. Con un movimento automatico la prese per un braccio, fermandola, agendo d’impulso per una seconda volta.
“Per favore, rimani.”
“Ma...”
“Voglio che tu rimanga. Puoi rimanere?” Lui la guardò. L’intensità del suo guardo le procurò un brivido lungo tutta la schiena. Ariadne annuì, poi facendo un enorme respiro disse:
“Posso. Sto aspettando per questo fin dalla prima volta in cui mi sono accorta che anche tu mi guardavi allo stesso modo in cui facevo io.” Arthur sorrise e per la seconda volta le sue labbra era nelle sue, ma questa volta il bacio fu tutta un’altra storia. Un nuovo inizio. Arthur assaporò ogni istante di esso, baciandola intensamente. “Lo sai non ho mai fatto una cosa del genere. Voglio dire che sono contenta di essere qui, ma normalmente io sono una ragazza da terzo appuntamento.” Disse, ancora senza fiato per il precedente bacio.
“Anch’io sono un ragazzo da terzo appuntamento, perché sono un gentiluomo, ma se ti ricordi una volta mi hai portato fuori a cena per farmi provare la migliore Creperie di Parigi.”
“Si, e com’era?”
“Decisamente la migliore.” Disse sorridendo. “E un’altra volta siamo andati a mangiare sushi dopo il lavoro.” Allora Arthur realizzò che anche se non ufficialmente, erano già usciti insieme più di una volta.
“Eames era con noi.” Gli ricordò.
“È vero, ma ha lasciato la cena presto con una spilungona bionda, quindi credo che possiamo contarla. Infine nel nostro ultimo lavoro, una sera, siamo usciti per andare a mangiare in un ristorante italiano.” Ariadne annuì.
“Allora penso di poter entrare senza alcun problema.” Disse.
“Penso che puoi.” E si spostò per lasciarla passare. Una volta dentro, chiese di poter andare in bagno, poi prendendo il suo totem dalla tasca Ariadne controllò che tutto fosse vero. Arthur nell’altra stanza stava facendo lo stesso. Egli sorrise dopo aver avuto la conferma, che quello non fosse un sogno. Forse aveva perso cento dollari, ma aveva vinto più di quanto si aspettasse. Aspetta era forse possibile che tutto questo non fosse altro che uno stupido piano architettato da Eames? Ariadne uscì dal bagno sorridendogli, con indosso solo un completo intimo di pizzo. No, non poteva essere e anche se fosse, al momento non avrebbe potuto importargliene di meno.