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Autore: Generale Capo di Urano    25/12/2016    1 recensioni
In qualche modo, sorrisero entrambi. Arthur per primo – il sorriso di un vecchio che riconosce in un giovane una sofferenza uguale alla sua, ma che si strugge nel rendersi conto che egli non dovrebbe provare un dolore simile. Che nessuno dovrebbe.
Si scoprirono uguali e ugualmente distrutti.

[25 dicembre 1914: Tregua di Natale]
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Solo un uomo


All’inizio, Inghilterra aveva fatto fatica a crederci. Una parte di lui, la più razionale e diffidente, continuava a ripetersi che doveva essere tutto una sorta di inganno, una trappola o qualcosa di simile.
L’altra, quella vecchia, stanca e umana, non poté far altro che incantarsi e struggersi nel fissare con le iridi lucide – per colpa dell’aria fredda che gl’infastidiva gli occhi, null’altro – le decine di lucine tremolanti che illuminavano la notte poco lontano, in quella che era la trincea nemica. Avevano riempito di candele il terreno e gli alberi gelati attorno, in un triste bisogno di calore e tranquillità; tra di loro, Arthur lo sapeva, c’erano tanti giovani ragazzi che a malapena avevano fatto in tempo a crearsi una famiglia – e che, forse, non l’avrebbero mai più rivista. Esattamente come dalla propria parte.

Stille Nacht! Heilige Nacht!
Alles schläft; einsam wacht
Nur das traute heilige Paar.
Holder Knab im lockigten Haar,
Schlafe in himmlischer Ruh!
Schlafe in himmlischer Ruh!


Fu straziante e sublime allo stesso tempo.
In quel momento, ogni pensiero ragionevole lasciò spazio a uno speranzoso e mite messaggio di pace. I soldati divennero uomini, e seguendo le voci straniere e quelle dei suoi Inghilterra si unì, nella sua lingua, a quel canto che pareva invocare un amore buono e universale.

Silent night, holy night!
Shepherds quake at the sight.
Glories stream from heaven afar
Heavenly hosts sing Alleluia,
Christ the Savior is born!

Christ the Savior is born!

Forse erano stati il freddo e il ghiaccio, che coprendo il miasma dei corpi insepolti – amici e nemici – avevano inibito anche ogni suo sospetto e timore; scosse le membra intorpidite e si unì ai compagni, che irresponsabilmente e senza più esitazioni si avviavano in direzione della zona nemica. Ci si fermò, in quell’area che non era di nessuno, e gli occhi alzandosi incontrarono sguardi simili ai loro, amichevoli e così magicamente umani, che invitavano a una pace dolce e illusoria.
Li vide, i suoi, erano azzurri e lucidi. Non gli sembrarono freddi, com’erano parsi fino a quel momento, ogni giorno, dall’altra trincea. E Germania si mostrò com’era: una Nazione giovane, che fin da subito aveva scoperto l’orrore ch’erano il sangue e la guerra.
In qualche modo, sorrisero entrambi. Arthur per primo – il sorriso di un vecchio che riconosce in un giovane una sofferenza uguale alla sua, ma che si strugge nel rendersi conto che egli non dovrebbe provare un dolore simile. Che nessuno dovrebbe.
Arrivarono persino a ridere, e i campi gelati si riempirono di chiacchiere amichevoli e allegre. Apparvero palloni improvvisati e duri, e fu meraviglioso vedere gli uomini mescolarsi tra loro in un gioco che li univa tutti. Giocarono come bambini, ingenui e puri, e fu un’immagine radiosa che gli scaldò il cuore nel petto gelato dall’inverno.
Ci furono scambi di cibo e di alcol, si cantò e si rise, come se in quell’unico giorno fosse cancellata qualsiasi cosa ci fosse attorno, l’odio e la guerra, il freddo e la paura. Si mangiò, si parlò e si pregò come se non esistesse alcuna divisione, ma come se fossero tutti soltanto uomini – non si sentirono parole come tedesco, inglese o francese, ordini o dovere, spari o urla.

Si ritrovò, in silenzio, con la schiena appoggiata a colui che fino a un giorno prima era stato il nemico – e che sarebbe tornato ad esserlo, nei giorni successivi; ma questo pensiero a malapena lo sfiorò, la mente offuscata e il cuore bisognoso di un poco di pace e calore.
«Fumi?»
Si vide porgere una sigaretta accesa e alzò lo sguardo verso i tratti duri del tedesco. Ludwig, si chiamava.
«No» rispose, ma i suoi gesti parvero negare l’affermazione, quando allungò una mano per prenderla e se la portò alla bocca, inspirando il fumo che gli entrò nei polmoni facendogli bruciare la gola. Arthur non fumava, normalmente; ma in guerra il tabacco gli inibiva i sensi e il cervello, gli impediva di pensare: nulla era più doloroso del tempo passato a rimuginare su ciò che lì accadeva.
«Neanche io» ribatté Germania, inalando anch’esso il fumo.

Si scoprirono uguali e ugualmente distrutti.
Ludwig abbassò lo sguardo verso la divisa, sempre abbottonata e ben tenuta ai limiti del possibile. Poi fece l’inverosimile: staccò un bottone, con mano decisa, e rimase a osservarlo per qualche secondo.
Glielo porse, quasi fosse un talismano, e lo fissò negli occhi verdi e confusi.
«Non dimenticare…solo, non dimenticare che sono un uomo anche io.»
Arthur, sorprendentemente, accennò un sorriso. Imitò il suo gesto, porgendogli uno dei suoi. «Non dimenticarlo neanche tu, mi raccomando.»
Un ultimo canto si alzò dai campi ghiacciati.
 











25 dicembre 1914: Tregua di Natale
 
   
 
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