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Autore: ScoSt1124    29/12/2016    8 recensioni
Non poteva davvero essere quello il piano. Assolutamente no. Non li avrebbe lasciati. Avrebbe aiutato Derek restando lì.
“Cora te lo puoi scordare.”
“Stiles, ti prego, hai visto anche tu in che condizioni è.”
“Non si tratta di questo. Non vi lascio da soli ora; quando un branco di Alpha non si fa scrupoli a...”
“Stiles, vogliono Derek. Non è in grado di combattere in questo momento. Qualsiasi cosa non conta. Dovete mettervi al sicuro.” Era intervenuto Scott.
“Cosa dovrei fare?” aveva chiesto arrendendosi.
[Pre-Slash][Sterek][Ambientata dopo la morte di Boyd][Happy ending]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buon salve. Sono qui perché sono stata costretta…
Piccole precisazioni iniziali: questa storia è ambientata nella terza stagione, più precisamente dopo la morte di Boyd. È sostanzialmente un crollo di Derek.
Salina, vi renderete conto che non sono troppo dura con me stessa, ma semplicemente dicevo la verità. Ma apprezzo la vostra soluzione per averci provato!
Ringrazio Blu e Pampu che mi scaleranno una fic dal contatore, vero? Me ne mancano solo sette! E le ringrazio per avermi aiutato con questa follia e per sopportarmi. Le ringrazio anche solo per esserci.
Auguro un buon anno a tutti, specialmente alle ragazze del gruppo, con cui non siamo riuscite a trovare una gioia se non il gruppo stesso.
Mi spiace che sia una piccola schifezza angst, ma si arriva comunque ad un finale felice. Credo di aver parlato troppo, Buona lettura.




Aggrappati a me





Non poteva davvero essere quello il piano. Assolutamente no. Non li avrebbe lasciati. Avrebbe aiutato Derek restando lì.

“Cora te lo puoi scordare.”

“Stiles, ti prego, hai visto anche tu in che condizioni è.”

“Non si tratta di questo. Non vi lascio da soli quando un branco di Alpha non si fa scrupoli a...”

“Stiles, vogliono Derek. Non è in grado di combattere in questo momento. Qualsiasi cosa non conta. Dovete mettervi al sicuro.” Era intervenuto Scott.

“Cosa dovrei fare?” aveva chiesto arrendendosi.

“Conosco un emissario, nel Nevada, abbiamo studiato per parecchio tempo insieme. Ha detto che non ci sono problemi se andate a stare da lui per un po’ di tempo. È un territorio neutro. Nessuno vi cercherà o verrà a farvi domande. Potete stare tranquilli.” Deaton aveva spiegato il tutto mantenendo un tono di voce costante.

“Tranquilli? Voi sarete qui, senza un Alpha, a combattere contro un branco di Alpha e dovrei stare tranquillo. In più cosa dovrei dire a papà?” aveva quasi urlato le ultime parole.

“Non c’è tempo nemmeno per questo, Stiles, mi dispiace. Gli spiegherò io la situazione.” Aveva risposto Deaton. A Stiles stava ribollendo il sangue, ma si doveva contenere per non dire qualcosa di inopportuno.
Si era girato verso Cora e aveva preso a parlare.

“Non credi che avrebbe bisogno di sua sorella più che di un estraneo?”

“Lo conosci da due anni, non è più un estraneo. So che avrebbe bisogno anche di me, ma sono più utile qui. Tu sei umano, hai bisogno di protezione e lui in questo momento è vulnerabile. Sarete al sicuro in Nevada, ma dovete andare” aveva detto Cora che si era girata di spalle e se ne era andata verso la camera dove era rimasto Derek.
Era entrata cercando di fare il minimo rumore. Derek era seduto sul letto, le spalle incurvate e lo sguardo verso il vuoto. Non aveva battuto ciglio. Era rimasto lì, nella stessa posizione anche dopo che Cora lo aveva chiamato. Si era avvicinata lentamente e lo aveva abbracciato. Sapeva che Derek non era mai stato uno di quelli che amava gesti del genere ma, in quel momento, era l'unica cosa che poteva fare.
Gli aveva sussurrato un semplice "Mi dispiace Derek, è per il tuo bene". Derek era rimasto impassibile anche a quelle parole. Non aveva risposto, né tantomeno aveva ricambiato il gesto. "Andrà tutto bene".
Derek non aveva risposto nemmeno a quello, aveva solamente continuato a guardare nel vuoto. Cora sapeva che era la cosa migliore da fare, ma lasciarlo andare era comunque difficile. Aveva fatto promettere, a Stiles, di chiamarla ogni sera. Doveva sapere che andava tutto bene, che avevano superato la giornata e soprattutto se, Derek, avesse fatto passi in avanti.

Erano partiti neanche due ore dopo. Derek era rimasto a fissare fuori dal finestrino per tutto il tempo. Stiles non si era sentito di dirgli nulla. Sapeva che non avrebbe parlato e agitarlo per sforzarlo, sarebbe stato ancora peggio. Non era facile per lui stare in silenzio, ma era stato sollevato dai pensieri quando aveva visto che si era addormentato. Per un attimo aveva pensato che fosse meglio così.
Poi era stato costretto a cambiare idea quando erano arrivati a destinazione. Aveva cercato di svegliarlo nel modo più tranquillo possibile, gli aveva poggiato una mano sulla spalla e lo aveva chiamato. Derek si era svegliato di colpo e gli aveva afferrato il polso per toglierglielo dalla spalla. Non si era reso conto di quanta forza avesse messo, fino a che Stiles non aveva urlato per il dolore.
Derek si era scosso dai pensieri e aveva allentato la presa, spaventato. Stiles era rimasto sorpreso dallo sguardo terrorizzato di Derek e si era affrettato a rassicurarlo.

“Ehi, ehi… va tutto bene, non è successo nulla. Vedi?” aveva detto Stiles muovendo il polso su e giù, lentamente, per sentire meno dolore.

Derek era sceso dalla macchina senza dire nulla. Aveva sentito perfettamente l’odore di Stiles e si era anche accorto di come facesse finta di nulla. Lui sapeva perché lo stava facendo, ma non aveva detto nulla, come sapeva perché erano arrivati in quel posto, ma non aveva comunque proferito parola durante il viaggio, né si era opposto prima di partire.
Stiles aveva chiuso la macchina e lo aveva seguito.
Derek aveva messo le mani nelle tasche del giubbotto e non le aveva più tolte da lì.
Il più piccolo aveva bussato alla porta. Ad aprire era stato un signore sulla cinquantina, capelli corti, sul riccio e carnagione chiara.

“Salve.” Aveva detto Stiles allungando la mano per presentarsi.

“Voi dovete essere i ragazzi mandati qui da Alan, vero?” l’uomo aveva aggrottato le sopracciglia, come a chiedere conferma.

“Alan?” Stiles si era fermato un attimo a pensare. “Deaton, si. Io sono Stiles e lui è Derek” Aveva concluso. Derek aveva solamente guardato il proprietario di casa in modo perplesso. Aveva aspettato che fosse Stiles a gestire la situazione.

“Si, so chi siete. Io sono Vincent. Non so per quanto starete qui, ma non ci sono problemi. Il piano di sopra è tutto vostro, nessuno vi verrà a cercare. Siamo territorio neutro da anni, potete stare tranquilli.”

Stiles aveva assimilato tutte le informazioni che Vincent stava dicendo e di tanto in tanto controllava le reazioni di Derek, il quale però era sempre impassibile. Non aveva nemmeno tirato fuori la mano dalla tasca del giubbotto per presentarsi, ma nessuno l’aveva costretto.

“Oh, ok. Grazie dell’ospitalità, Vincent.”

“Figuratevi, dovevo un favore ad Alan. Sistematevi e torna giù a farti medicare quello.” Aveva detto indicando il polso di Stiles, sopra il quale cominciava a comparire il livido.

Stiles si era guardato il polso e poi aveva ripreso a parlare. “Non… non fa niente, non è nulla” aveva risposto guardando Derek, il quale aveva serrato la mandibola e aveva preso a guardare il vuoto.
Quando erano saliti al piano di sopra, Derek si era chiuso nella prima camera che aveva trovato; Stiles aveva provato a dire qualcosa, ma non aveva fatto in tempo.
Aveva lasciato le sue cose in camera ed era sceso a farsi dare un occhiata al polso. Aveva cercato di fare il minor rumore possibile, non voleva che Derek si sentisse in colpa anche per una cosa così banale, ma sapeva che era un lupo mannaro e che qualsiasi accorgimento non sarebbe servito.
Era arrivato al piano di sotto, trovando Vincent lì ad aspettarlo.

“Pensavo avessi detto che non era nulla.” Disse, guardando Stiles che si teneva il polso.

Il ragazzo aveva guardato il soffitto. Non voleva che Derek sentisse. E in qualche modo, Vincent, aveva capito.

“Tranquillo, le pareti sono insonorizzate.”

“Ma…” Stiles non era riuscito a finire la frase.

“Anche per i lupi mannari.”

“Oh, sì beh… forse non era proprio nulla.”

“Fammi vedere.”

Stiles aveva allungato il braccio verso l’uomo. Quest’ultimo lo aveva controllato per un po’ e tra le urla trattenute di Stiles era andato a recuperare qualche benda ed una pomata.

“Nulla di grave, è solo slogato.” L’uomo aveva già preso a bendarlo.

“Mh, grazie. Deaton le ha detto il motivo per cui siamo qui?”

“Accennato. So solo del branco di Alpha. Perché sta in quel modo?”

“Il branco di Alpha vuole lui. Gli hanno chiesto di uccidere un suo beta e lui si è rifiutato. Si è rifiutato anche quando sono entrati nel suo loft, ha continuato a farlo ma loro erano in tre e non c’è l’ha fatta… ha provato a resistere ma alla fine hanno ottenuto quello che volevano. Lui si incolpa di tutto, lo fa sempre, ma questa volta è diverso. Ha smesso di parlare, evita di toccare qualsiasi cosa, guarda nel vuoto e-” Stiles era stato interrotto.

“Per questo hai detto che non era nulla il polso?”

“Si, durante il viaggio si è addormentato, così per svegliarlo gli ho messo una mano sulla spalla, cercando di non sembrare brusco. Si è svegliato di colpo e mi ha stretto il polso credendo fossi una minaccia e quando se ne è accorto si è spaventato. Non ha più tirato fuori le mani dalla tasca e non mi ha nemmeno più guardato."

"Probabilmente la sua testa crede che così proteggerà gli altri. Parlerà quando capirà che non farà male a nessuno e che non sarà un pericolo. Probabilmente questo evento lo ha scosso più di altri o semplicemente è stato un accumularsi di cose. Non sono uno psicologo e non ho nessuna competenza nel campo. Le mie sono solo congetture. Cerca di aiutarlo a capire che tu non hai paura di lui."

"Solamente che è una situazione nuova. Lui è sempre stato quello stronzo e cazzuto. Vederlo in quello stato mi sembra così strano che non riesco nemmeno a ragionare. A trovare un modo concreto per aiutarlo."

"A volte fare le cose senza ragionare è meglio. In questo momento non ha bisogno di qualcuno che ragioni, ha bisogno di qualcuno che lo tiri fuori da quel vortice che lo sta portando giù."

"Non so se sarà facile." Stiles aveva iniziato ad alzarsi dalla sedia.

"Nessuno ha detto che lo sia. Se hai bisogno di qualcosa scendi."

L’unica cosa che aveva fatto, era stato un cenno di assenso con il capo. Poi Vincent si era ricordato che non gli aveva detto come funzionava la questione delle pareti insonorizzate.

"Ah Stiles, le pareti sono insonorizzate per piano. Quello che dici qui al piano di sopra non si può sentire. Ma se parli nello stesso piano si sente."

"Ok, starò attento a ciò che dico." Perfetto pensò Stiles, la cosa sarebbe stata ancora più difficile.

Quando era arrivato al piano di sopra, la porta di Derek era ancora chiusa. Non aveva la minima idea di come comportarsi. Era arrivato davanti alla sua porta pronto a bussare; si era fermato prima che il pugno toccasse sulla porta. Non sentiva nessun rumore. Così aveva lasciato perdere, pensando che dormisse.
Era andato in camera sua e si era disteso sul letto. Era rimasto così finché il telefono non aveva squillato. Cora.

"Ehi, siete arrivati? Lui come sta? Ha parlato? Avet-"

"Cora, frena. Sì, siamo arrivati. Si è chiuso in camera e no, non ha parlato. Anzi, forse va ancora peggio."

"Come peggio?" Chiese subito preoccupata.

"Non lo so, si è spaventato perché crede di avermi fatto male, non mi ha più guardato. Un polso slogato non ha mai ucciso nessuno." Disse grattandosi la fronte, come per concentrarsi.

"Vai a dirglielo, idiota."

"Grazie Cora, sei davvero un genio. La prossima volta vieni tu qua e sistemi tutto."

"Scusa Stiles. È solo che son preoccupata. Non volevo reagire così e soprattutto non voglio perdere mio fratello ora che l'ho ritrovato."

"Lo so, tranquilla. Se la caverà. Ce la caveremo. L'emissario che ci ospita mi aiuterà a farlo stare meglio."

"Grazie. Cosa è successo con il polso?" Aveva chiesto dopo aver preso un respiro profondo.

"Nulla, non ti preoccupare. Devo solo farlo capire a lui. Comunque ti terrò aggiornata."

Sentiva gli occhi che stavano per chiudersi, prima ancora che finisse la chiamata. Aveva visto il buio avvolgerlo prima di quanto si aspettasse.

Un urlo.
È così che si era svegliato quella notte. Sentendo un urlo. Non riusciva a capire da dove arrivasse, ma poi si era ricordato delle pareti insonorizzate, quindi era per forza su quel piano.
Derek.
Si era alzato dal letto di corsa ed era andato verso la camera di Derek senza nemmeno pensarci. Quando aveva aperto la porta lo aveva trovato seduto sul letto, con gli artigli infilati nel cuscino. Lo sguardo fisso sul cuscino e una lacrima che gli scendeva lungo il viso. Stiles si era avvicinato piano, cercando di non spaventarlo. Gli aveva preso la mano e gliel'aveva solleva dal cuscino, riusciva a capire cosa stesse pensando e voleva solo che non lo facesse.

"Derek, va tutto bene. È un cuscino." Stiles glielo aveva già tolto dalle mani.

Derek aveva continuato a fissarsi gli artigli, fino a che non erano spariti. Poi si era rigirato dall'altra parte, senza guardare Stiles. Quest'ultimo si era passato una mano sulla faccia non sapendo cosa fare. Era uscito dalla camera titubante, si era guardato indietro un paio di volte, ma Derek era sempre rimasto fermo lì.
Non aveva chiuso la porta, aveva paura che se avesse avuto bisogno non l’avrebbe sentito. Aveva impiegato un po' a riprendere sonno. Derek, invece, non si era più riaddormentato. Aveva continuato a guardare fuori dalla finestra, immobile, fermo a cercare risposte che non arrivavano.

Il giorno dopo Derek non era uscito dalla camera. Stiles gli aveva portato da mangiare, ma non aveva toccato nulla. Stava per andargli a chiedere se era sicuro di non voler nulla, se non fosse che il suo telefono aveva iniziato a squillare.
Stiles si era allontanato e aveva risposto.

"Pà, scusa... Sì, lo so che non ti ho detto nulla... È stato complicato, non volevo tenerti all'oscuro... No, sto bene... Ci stiamo lavorando... Ok, ti farò sapere... A presto, pà."

Stiles sperava che Derek non avesse sentito la conversazione, ma quando si era girato di nuovo aveva trovato la porta della sua stanza di nuovo chiusa. Stiles aveva lasciato, ancora una volta, perdere.

Aveva lasciato perdere anche il giorno dopo quando Derek non aveva fatto altro che camminare avanti e indietro per la camera. Voleva provare a dirgli qualcosa, ma sapeva che niente sarebbe servito.

~~~

Aveva il respiro rotto, Stiles, gli stava facendo più male di quanto pensasse vedere Derek in quelle condizioni. Si era perso nei pensieri quando aveva sentito un rumore di vetri che si infrangevano. Dopo aver preso un profondo respiro era uscito dal bagno e aveva trovato Derek inginocchiato a terra. Come quella maledettissima sera. C’erano vetri ovunque, acqua per terra e la mano di Derek che perdeva sangue.

“Ehi… Derek” Stiles si era avvicinato a lui cercando di prendergli la mano e togliergli le schegge di vetro prima che le ferite si rimarginassero “Guardami, va tutto bene”

Era rimasto sorpreso quando aveva sentito, per la prima volta dopo una settimana, la voce di Derek. “Non sono… io”

Stiles era rimasto senza parole. Non sapeva cosa dirgli, né tanto meno cosa fare. Soprattutto non capiva.
“Fa niente, lascia che ti tolga i pezzi di vetro” e Derek lo aveva guardato con i suoi occhi verdi e Stiles, per poco, non gli si era perso dentro. Li vedeva lucidi, ma non sarebbe mai uscita una lacrima da quegli occhi, perlomeno non in quel momento. Dopo dieci secondi di contatto visivo, Derek era scappato, uscendo dalla finestra.

Stiles ne era sicuro. Si stava facendo prendere dal panico. Derek era scappato e lui non aveva la minima idea di dove cercarlo. Era sceso di corsa al piano di sotto.

“Vincent, abbiamo un problema.”

“Cioè?”

“Derek, è scappato e io non ho la minima idea di dove cercarlo. E non… io non… cre-credo fosse in... Sé. E se dovesse” Stiles non riusciva a respirare. Non sapeva cosa fare, era in crisi. Non conoscevano il posto e tutti quei pensieri gli facevano mancare ancora di più l’aria. Sapeva che stava respirando, ma proprio non la sentiva entrare.

“Stiles, devi calmarti e devi respirare insieme a me. Siediti.” Vincent lo aveva aiutato ad appoggiarsi ad una sedia ed era andato a prendergli da bere.

Erano passati quasi dieci minuti quando Stiles aveva ripreso a respirare normalmente.

“È uscito… dalla finestra. Non so dove sia andato. Se si facesse del male? Se ne facesse ad altri?” Aveva detto con gli occhi lucidi.

“Era trasformato quando è uscito?” Vincent lo stava guardando con aria apprensiva.

“Io… non credo, non lo so.”

“Allora quasi sicuramente sa come controllarsi e sa tornare a casa. Quando si sentirà pronto.”

Stiles aveva buttato la testa all’indietro. Non ce l’avrebbe fatta, era troppo preoccupato e non sarebbe rimasto con le mani in mano.
Alla fine era proprio quello che aveva fatto. Era rimasto lì a guardare la finestra, sperando che rientrasse. Era proprio mentre era lì a guardare la notte che calava, che l’aveva notato. Da lì a breve ci sarebbe stata la luna piena e Derek, con tutta probabilità, non aveva più un’ancora.
Guardò l’orologio segnare l’una di notte e di Derek ancora nessuna traccia. Stiles si ricordava la sfuriata che Cora gli aveva fatto due ore prima e da quel momento era ancora più in pensiero. Stava chiudendo gli occhi quando aveva sentito il legno cigolare. Si era alzato di scatto e aveva trovato Derek davanti a sé.

“Dio, Derek! Sei un idiota!” gli era uscito spontaneo, prima di avvicinarsi a lui e poi abbracciarlo.

Ovviamente Derek era rimasto immobile, ma a Stiles era bastata sentire la sua presenza e sapere che stava bene.
Da quella notte non era più tornato in camera sua. Stava ogni sera sulla poltrona in camera di Derek. Non poteva stare più in pensiero di quanto già non lo fosse. Aveva passato, così, tutte le notti a seguire, fino a che non era arrivata quella della luna piena.
Sembrava tutto tranquillo, Vincent aveva fatto un sacco di raccomandazioni a Stiles. Lui aveva seguito tutto per filo e per segno, ma comunque era rimasto in camera con Derek. La sua ancora era sempre stata la rabbia. Ora non aveva nemmeno quella.

Derek era riuscito a mantenere la calma per le prime ore, finché non aveva sentito l’influenza della luna avere la meglio su di lui. Non era più riuscito a controllarsi. Vedeva i suoi polsi legati ad un piede del letto. Sentiva la voce di Stiles dire qualcosa ma non capiva cosa, voleva solo sentire l’odore del sangue. Si sentiva sempre più confuso. Ogni minuto che passava, capiva sempre meno. Sentiva un odore metallico, le sue mani erano sporche di rosso, un urlo e poi il buio.

La mattina successiva si era svegliato sdraiato sul letto. Non si ricordava nulla della notte passata, eppure una cosa diversa dal solito l’aveva percepita. Stiles non era lì sulla poltrona, come ogni mattina.
Per un attimo si era ricordato di quell’odore e di quel colore rossastro sulle dita.
Era uscito di corsa dalla camera, era andato in quella di Stiles, ma del ragazzo nessuno traccia.
Cosa aveva fatto? Aveva perso un battito, non poteva avergli fatto del male. Non a Stiles, che in quelle settimane non aveva fatto altro che preoccuparsi per lui e stargli accanto senza che lui glielo avesse chiesto.
Era sceso al piano di sotto e si era gelato sul posto. Stiles era seduto su uno sgabello, senza maglia. La testa poggiata sul tavolo e il braccio sinistro fasciato. Derek aveva sentito lo stesso odore metallico di quella notte. Poi aveva capito. Stiles aveva due graffi lungo tutta la schiena, che Vincent stava medicando. La stessa sorte doveva essere toccata al braccio.
Derek non sentiva più la terra sotto i piedi. Si sentiva sprofondare, come nelle sabbie mobili. Era di nuovo colpa sua. Aveva sentito una lacrima calda scendergli sul viso ed era corso di sopra.

Stiles aveva alzato la testa proprio in quel momento, giusto per vedere Derek scappare via. Si era rimesso la maglietta, trattenendo una smorfia di dolore, senza sentire Vincent che gli diceva di aspettare e farsi finire di medicare.
Stiles non aveva sentito nulla di tutto ciò, aveva solo seguito Derek. Era arrivato in camera sua e l’aveva trovato disteso a letto che piangeva. Stiles si era sdraiato sul fianco destro e lo aveva abbracciato da dietro.

“Shh. È tutto ok, sto bene. Non è successo nulla.” Derek continuava a piangere silenziosamente.
Era stato quando aveva sentito il primo singhiozzo di Derek, che aveva capito che la situazione non sarebbe migliorata. Stiles gli aveva dato un bacio sulla nuca e, in quel momento, aveva sentito di nuovo la voce di Derek.

“È colpa… mia.” Aveva detto senza smettere di piangere e senza guardarlo in faccia. Stiles l’aveva stretto più forte, non curante del braccio dolorante.

“Nulla è colpa tua, ok? Ho deciso io di stare qui durante la luna piena. Non è successo nulla, sono solo graffi. Starò bene. Certo, non ho la vostra velocità nel guarire, ma me la caverò comunque.”

Derek, come aveva sentito quelle parole, aveva sgranato gli occhi. Si era girato di colpo verso di lui cercando di capire se avesse qualche morso o qualche ferita più profonda.
Era ancora un Alpha e il terrore di averlo trasformato senza volerlo, lo stava mettendo in crisi.

“Derek, fermati. È tutto ok, Vincent ha detto che non sono abbastanza profonde per trasformarmi.”

“Io... Devo. Devo controllare.” Non si era fermato, fino a che Stiles non gli aveva preso il viso tra le mani e lo aveva guardato, appoggiando la sua fronte a quella di Derek.

“Va bene, sto bene. Non mi hai fatto nulla.” Glielo aveva detto nel modo più tranquillo possibile, prima di abbracciarlo. Derek per la prima volta si era lasciato andare. Lo aveva abbracciato e aveva pianto tra le sue braccia.

Stiles riteneva che aveva fatto un grosso passo avanti dopo quel giorno. Era come se, lasciandosi andare, fosse riuscito a prendere di nuovo in mano la situazione.
Aveva cominciato a mangiare di più rispetto a quello che faceva in quel periodo e ogni tanto diceva qualche parola.
Era uscito dalla sua camera più spesso.
La prima ricaduta ce l’aveva avuta quando aveva visto Vincent cambiare le medicazioni a Stiles.
Ma Stiles era stato pronto anche in quel momento, a non fargli pesare la situazione.

“Sono un mostro” aveva detto mentre guardava fuori dalla finestra.

“No, non lo sei.” Stiles gli si era seduto di fianco.

“Si”

“Derek non sei un mostro. Non eri in te, ma io ero qui perché volevo esserci. Non me ne sono pentito. Prima o poi i graffi spariranno. E io sono qui per te.”

“Sono un mostro.” Continuava a fissarsi le mani. Stiles gliele aveva prese e non le aveva più lasciate, le aveva avvicinate alle labbra e le aveva baciate. Gli aveva lasciato un bacio delicato sui palmi per cercare di farlo tranquillizzare di più.

“Non lo sarai mai, non per me. Non per chi ti conosce. Non per Cora, mi chiama tutte le sere per sapere come stai. Non potrò mai vederti come tale, perché non è ciò che sei.” Stiles aveva gli occhi lucidi e nemmeno se ne era accorto.

“È sempre colpa mia.”

E Stiles aveva preso un profondo respiro, sapeva che quello era un tasto dolente, peggio ancora dopo la morte di Boyd. Si era sempre portato il peso di tutte le cose successe.

“Allora, stammi a sentire. Non è mai colpa tua. Non puoi incolparti sempre di tutto, sei solo una persona a cui sono successe troppe cose. E vederti in questo modo, fa male. Fa più che male. Perché ci tengo a te e stiamo lavorando per farti tornare a parlare, per tirarti fuori da questo voragine in cui sei caduto, ok? E ce la faremo. Devi solo darti tempo.”

“Resta.” Aveva detto prima di afferrarlo per un polso.

Si era fermato. Era rimasto lì per la notte. Derek gli aveva fatto capire che voleva che rimanesse, a dormire, nel letto insieme a lui. Che lo stringesse come aveva fatto dopo la luna piena. Non sapeva come era possibile, ma con Stiles si sentiva al sicuro.

Erano arrivati ad un accordo, quando Derek se la sarebbe sentita di parlare, l’avrebbe fatto.
Ormai passavano ogni notte nella stessa posizione, Derek si calmava e a Stiles andava bene così. Vedere Derek stare meglio, faceva andare tutto bene.
La cosa migliore era stata la prima volta che Derek aveva riso. Stiles non se lo aspettava, da poco aveva ripreso a parlare con più di due parole e ora vederlo ridere faceva comunque effetto, anche se la causa era stato lui e il suo essere svampito.
Era riuscito a farlo uscire di casa. Era da un po’ che non vedeva la luce del sole, e non sapeva nemmeno come avesse fatto a convincerlo.
Bene, il problema era stato quando Derek gli aveva fatto notare che aveva le scarpe slacciate. Stiles non ci aveva fatto caso e aveva continuato a camminare con il gelato in mano.
Gelato che era finito sulla faccia di Derek, dopo che Stiles era inciampato nelle scarpe.
Stiles vedeva già suo padre che andava a riconoscere il suo corpo fatto a pezzi da Derek. Quindi no, non si aspettava quello che era successo. Derek aveva incominciato a ridere e Stiles aveva pensato che fosse la cosa più bella di quelle settimane.

“Scusa” aveva detto strizzando gli occhi per paura della risposta.
Derek aveva continuato a ridere.
“È bello vederti ridere.” Gli aveva detto Stiles.

Quel giorno, Stiles, era convinto che Derek ce l’avrebbe fatta.

~~~

Erano passati dieci giorni dalla luna piena, quando Derek era entrato in bagno senza bussare. Derek li aveva visti, erano ancora lì. Stiles stava sistemando la fasciatura sul braccio.

“Scusa, non credevo ci… fossi tu.”

“Tranquillo, fa niente. Ho quasi fatto.”

“Come vanno?” aveva chiesto portando lo sguardo al pavimento.

“Bene, sono quasi guariti tutti. Quello sul braccio fa più fatica, ma solo perché era più profondo.”

“Mi dispiace.”

“Va bene così.”

Stiles era uscito dal bagno stringendo il braccio di Derek. Come a sostenerlo.
Quella sera, Derek, aveva detto a Stiles che se voleva potevano cambiare posizione. Per una volta voleva essere lui a rassicurare il più piccolo; Stiles aveva ceduto.
Derek era stato tutta la notte a riflettere. Era da un mese che erano lontani da Beacon Hills, Stiles aveva lasciato lì suo padre e Cora era rimasta di nuovo sola senza di lui. Ogni volta che sentiva le conversazioni tra Stiles e suo padre, lui si sentiva più in colpa. Era stato difficile prendere quella decisione, ma prima o poi avrebbe dovuto prenderla.

“Voglio tornare a Beacon Hills.” Aveva detto la mattina seguente.

Stiles ne era rimasto sorpreso. “Derek, ne sei sicuro? Non c’è fretta se non te la senti.”

“Voglio farlo.”

“Ok.”

Stiles non sapeva se Derek ne fosse davvero pronto, però lo aveva assecondato.
Avevano raccolto tutti i bagagli il giorno stesso. Sarebbero partiti dopo pranzo.

“Vincent, Derek dice che è pronto per tornare a casa.”

“Oh, è una buona notizia, no?”

“Non lo so. E se non lo fosse davvero? Non sopporterei di vederlo crollare di nuovo. Ho paura che lo faccia solo per me. Questa notte mi ha fatto anche cambiare posizione.”

“È normale che tu abbia questi dubbi, ma fidati di lui. Se lo ha detto, vuol dire che nel suo profondo sa di essere pronto.”

“Mh. Grazie per tutto quello che hai fatto per noi. Grazie.”

“Figurati. Spero sia riuscito davvero a ritrovare la pace con sé stesso. Per quanto riguarda te, prima o poi dovrai pensare solo a te stesso.”

“Lo spero anche io. Ci proverò.”


Erano partiti non appena Vincent gli aveva dato delle indicazioni per la strada.
Il viaggio era stato molto tranquillo. Derek non sembrava agitato. Cora aveva trovato un altro appartamento dove stare se Derek non se la fosse sentita di tornare al loft.
Erano quasi arrivati quando Derek aveva detto a Stiles qualcosa che, quest’ultimo, non si sarebbe mai aspettato di sentire.

“Grazie.” Disse guardandolo.

“Perché?” Stiles era rimasto spiazzato da quella parola.

“Per esserti preso cura di me, per non avermi lasciato cadere ancora più in fondo, per non odiarmi.”

“Non dirmi grazie. Sono felice di vederti di nuovo tranquillo e sono felice che tu mi abbia permesso di aiutarti.” L’aveva detto sorridendo. “Non ti abbandonerò mai, ricordatelo.”

“Posso venire a dormire da te stanotte?”

“Cos’è, già ti manco?”

“No, mi sento meglio. Mi sento migliore con te.”

“La finestra sarà aperta.”

E Derek era davvero andato lì a dormire, quella notte e tutte le notti a seguire. Era come se fosse la sua ancora, o forse lo era davvero. Quando Stiles lo stringeva a sé, si sentiva al sicuro, non si sentiva la causa di nulla, né si sentiva un mostro.

~~~

Quando quella notte, Stiles, si era svegliato perché sentiva il telefono vibrare, era felice che Derek non se ne fosse accorto. Aveva guardato l’orologio prima di rispondere. Erano le tre e venti.
Ormai era un mese che non dormiva rilassato. Aveva sempre paura che succedesse qualcosa e che lui non se ne accorgesse.

“Si?” aveva la voce impastata dal sonno. Le orecchie invece erano ben sveglie, ed era quasi saltato quando l’altra aveva preso a parlare.

“Stiles! Grazie al cielo hai risposto. Non trovo Derek. Io mi sono alzata e lui non era nel letto. Non so dove cercarlo, non ha avvisato. Succedeva anche in Nevada?”

Stiles si era girato a guardare Derek, non si era mosso di un millimetro.

“Cora, stai tranquilla. È qui. Sta dormendo.” Aveva risposto sottovoce.

“Mi è preso un infarto. Sta bene? Domattina mi sente. È appena tornato e già sparisce nel nulla.”

“Non farlo Cora. Non farglielo pesare. Chiedigli solo se la prossima volta può fartelo sapere. Ma non urlargli contro.”

“Ci proverò. È solo che mi ha fatto prendere un colpo.” Disse tirando un sospiro.

“Lo so, ma non voglio raccogliere i suoi pezzi di nuovo. Non ora che sembra aver fatto passi avanti.”

“Già. Non ti ringrazierò mai abbastanza. Io non ci sono stata.”

"Non mi pare che fossi qui a guardarti in giro. E lui lo sa. Stai tranquilla."

"Scusa per l'ora."

"Va bene così, ci vediamo domani."

Stiles aveva chiuso il telefono e si era rigirato. Derek non sembrava aver fatto una piega, Stiles non sapeva se era così solo di facciata. Se c’era una cosa che aveva desiderato in quel mese, era riuscire a capire i sentimenti di Derek. Cosa provasse, cosa gli passasse anche solo per la testa; ma alla fine se la stavano cavando, quindi, per quanto lo desiderasse, andava bene così.
Quando la mattina dopo si era svegliato, Derek non c’era già più. Forse era un bene che fosse già tornato da Cora, sembrava molto scossa quando ci aveva parlato.
Si era tirato su con calma. Non aveva fretta, non ne aveva nemmeno quando andava a scuola, figuriamoci in vacanza. Quando era arrivato al piano di sotto aveva trovato suo padre in cucina.
Era in quel momento che si era sentito, davvero, di nuovo a casa.
John lo aveva abbracciato con troppa intensità e a lui non dispiaceva affatto, quell’abbraccio lo faceva sentire terribilmente a casa. Aveva dovuto staccarsi, però, la schiena gli dava ancora qualche fastidio e il sibilo di dolore ne era la prova.

“Figliolo, che è successo?”

“Sto bene, pà. Tranquillo, non è nulla.”

“Non è nulla? Non sei più in un altro stato. Non ci sentiamo solo per telefono e io posso vederti in faccia. Da quant’è che non dormi?” aveva chiesto preoccupato lo sceriffo.

“Da stanotte?”

“Stiles…”

“Dormo, davvero, pà. Solo non tranquillamente. Non posso abbassare l’allerta, se succedesse qualcosa non me ne accorgerei e sarebbe complicato. Dove eravamo prima non conoscevo il posto; se si faceva male o se scappava e ne faceva ad altri, non me lo sarei mai perdonato.”

“E hai lasciato che ne facesse a te.”

“No, non è così. Anche Vincent me l’ha detto più volte, ma ti giuro che non è così. Io sto bene. Le ferite si sono riemarginate e un po’ di sonno non ha mai ucciso nessuno.”

“Ora siete a casa. Promettimi che proverai a pensare anche a te stesso.”

“Te lo prometto, ma davvero, sto bene. Mi sei mancato, pà”

“Anche tu, figliolo.”

E lo sceriffo gli aveva preparato i pan cake, o meglio ci aveva provato. Era sempre stato negato, ma in quel momento, a Stiles, andava bene così. Si sentiva terribilmente al sicuro.

~~~

A Derek non era andata altrettanto bene, o almeno di primo impatto. Poi, Cora, si era ricordata della promessa fatta a Stiles.
Quando l’aveva visto rientrare, era stata colpita da un misto di emozioni tra l’essere arrabbiata, sollevata e la voglia di piangere per tutta la tensione accumulata.

“Derek!” aveva urlato, prima di corrergli incontro ed abbracciarlo. Derek era rimasto fermo. Non si era sposato di un millimetro, come se potesse migliorare la situazione, perché così facendo non avrebbe fatto passi falsi. Sentiva il cuore di sua sorella battere all’impazzata. In quel momento aveva deciso di provare a stringerla, solo un po’, per ricambiare l’abbraccio. Non era successo nemmeno la sera prima, quando era tornato dal Nevada, ma in quel momento, sapeva che era l’unica cosa che poteva fare.

“Io…” Non sapeva esattamente cosa dire.

“Mi hai fatto prendere un colpo, Derek, ma fa niente. Ora sei qui e stai bene.”

E Derek ancora non parlava molto, ma a Cora andava bene sentirlo lì, di nuovo presente.

“Scusa…”

“È ok, solo la prossima volta avvisami prima di uscire.”

Cora non aveva chiesto altro a Derek, sapeva già tutto e di sicuro lui avrebbe parlato poco. Non lo aveva obbligato.

Avevano trascorso la giornata tranquillamente. Derek era tornato a fare quasi tutto, non parlava molto, ma almeno non aveva paura di toccare le cose.
Cora era felice di averlo di nuovo a casa. Certo, era tranquilla a saperlo nelle mani di Stiles però, comunque, la distanza non riusciva a renderla completamente serena. Ora, invece, vederlo lì era diverso; era più concreto. La prima volta che avevano iniziato una conversazione, era stato Derek a chiedere qualcosa.

“Il branco di Alpha?” l’aveva chiesto con calma. Alcune cose non le chiedeva a Stiles, sapeva che era stato tutto il tempo con lui e per quanto lo avessero informato, non avrebbe mai avuto una visione completa.

“Hai fame? Potrei fare della pasta.” Aveva risposto Cora, sviando il discorso.

“Cora.”

“Meglio una pizza.”

Derek aveva capito che non voleva parlarne con lui, ma lui era davvero pronto. Voleva sapere.

“Cora, fermati. Mangiamo dopo.”

“Cosa vuoi sapere?”

“Qualcosa. Sono stato via un mese.”

“Ce la siamo cavata, il branco è stato sconfitto e stiamo tutti bene.”

“Già.” Aveva risposto Derek, distogliendo lo sguardo e andando verso la camera.
Cora sapeva di aver detto qualcosa che non andava, era troppo complicato. Non sapeva come gestirla e di certo non poteva chiamare ogni due secondi Stiles.
Aveva fatto passare un po’, poi era andata a bussare alla porta della camera.

“Scusa. Non sono stata molto delicata.” Aveva sussurrato tenendo gli occhi verso terra.

“Va bene, non fa niente. Sono io.” C’era stata una pausa che sembrava troppo lunga.
“Li abbiamo sconfitti, durante la notte di luna piena. Non so se hai notato l’eclissi.”

“Non è andata molto bene la luna piena.”

“Lo so, me lo ha detto Stiles; ci lavoreremo.”

“Mh, credo di aver quasi risolto.”

“Senti Derek, mi spiace. Mi spiace di non averti aiutato, di non essere venuta con te. Avrei voluto fare di più, invece mi ritrovo a sbagliare sempre.” Si era seduta sul letto di fianco a lui.

Derek non l’aveva nemmeno fatta finire di parlare. “Eri più utile qui. E io sono tornato e sto bene.”

Cora gli aveva sorriso. Poi era uscita dalla camera ed era andata a preparare la cena.

~~~

Questa volta aveva avvisato prima di uscire. Anche se non aveva avvisato Stiles quando era entrato dalla finestra. Era già sul letto che dormiva, e per la prima volta sembrava rilassato.
A lui sembrava di essere un ladro anche se cercava di non far rumore per non svegliare Stiles.
Aveva fallito; Stiles aveva aperto gli occhi come, lui, aveva toccato il letto.

“Ehi” aveva detto stropicciandosi gli occhi.

“Non volevo svegliarti.” Aveva chiesto con tono di scuse.

“Non stavo dormendo.”

“Stiles…”

Stiles aveva sorriso. Era da un po’ che non diceva il suo nome in quel modo e per quanto lo avesse sempre trovato inquietante, non era mai stato così felice di sentirlo. Gli mancava terribilmente.

“Ok, forse ero giusto un pochino in dormiveglia.”

“Mh.” Derek gli si era sdraiato affianco e aveva ripreso a parlare “Domani mi accompagni in un posto?”

Stiles aveva annuito. Sapeva dove voleva andare, non aveva chiesto nulla, sapeva che non sarebbe servito.
La notte era passata tranquilla. Derek non si era nemmeno agitato più di tanto e il giorno dopo era arrivato prima di quanto Stiles si aspettasse.
Per una volta non era contento del fatto che il suo intuito avesse fatto centro.

Erano arrivati davanti al loft nel primo pomeriggio. Stiles aveva aspettato che fosse Derek a fare il primo passo.
Primo passo che non era arrivato. “Non fa niente” aveva cercato subito di rassicurarlo “torneremo un’altra volta. Non devi entrare subito.”
E così era stato. Erano tornati i tre giorni successivi.
L’ultimo giorno erano entrati. Derek era rimasto sulla porta fino a che, Stiles, non lo aveva preso per una mano. Derek aveva preso coraggio, gli aveva stretto la mano un po’ più forte, come a cercare sostegno.
Sostegno che, Stiles, stava cercando di trasmettergli in ogni modo.

“È colpa mia.”

“Non è-” Stiles era stato interrotto.

“Stiles, lo apprezzo; ma è così. Li ho portati io in questo mondo, sono stato io a morderli e ora? Erica è morta e Boyd l’ho ucciso io. Tutto perché li ho morsi, perché ho p-provato a formare un branco e ora… ora cos-cosa ne è rimasto?”

“Ora ce l’hai comunque un branco. Non sei da solo e non sei tu il colpevole di quello che è successo. Hai lottato fino all’ultimo. Ma non è colpa tua.”

Era in quel momento che, Derek, era crollato per l’ultima volta. Erano rimasti seduti più di un quarto d’ora per terra, Derek si era lasciato andare completamente e Stiles era come se sentisse che dopo quel crollo sarebbe riuscito a rimettersi in piedi.

Quando erano usciti dal loft, si era già fatto buio. Stiles aveva proposto di ordinare una pizza; così si erano ritrovati in camera di Stiles, a mangiare due pizze sul letto.

“Non mangiavo una pizza da più di un mese. Per carità, Vincent cucinava bene, però la pizza… tutta un’altra cosa.”

“Bene… la minestra di verdure non era il suo piatto forte”

“Shh, quello è perché tu sei un lupo e mangi solo carne.”

“Non credo. Ricordo il giorno del gelato.”

“Oddio, speravo l’avessi rimosso. Anche se quel giorno mi piace.”

“Perché?”

“Perché è stato il primo giorno in cui hai riso e io mi sentivo bene perché avevi fatto un enorme passo avanti.”

Derek aveva sorriso “Grazie”
Stiles aveva ricambiato il sorriso e si era alzato per buttare i cartoni.

“La notte” aveva preso una pausa “Vengo da te perché mi sento al sicuro, è come se in questo mese fossi diventato la mia ancora.”

“Che onore. Non credo di essere mai stato l’ancora di qualcuno.”

“Idiota.”

“Sono contento che ne sei uscito, un mese fa non sembravi nemmeno tu; ora sei tu, sei Derek. E il resto, le ultime cose, verranno da sé.”

“È anche merito di chi mi ha aiutato, di chi mi ha tirato a galla in questo mese e non ha lasciato che cadessi troppo in basso.”

“Modestamente.”

“Io intendevo Vincent.” Stiles gli aveva prontamente lanciato un cuscino mentre rideva.

Quando Derek si era alzato e si era avvicinato alla finestra, Stiles lo aveva subito fermato.

“Dove vai?”

“A casa. Prima o poi dovrò tornare a dormire da solo.”

“Resta.” Gli aveva detto prendendogli un polso.

“Me la posso cavare Stiles, davvero.”

“Ma io no.”

Era con quelle parole che lo aveva stretto a sé e non l’aveva più lasciato andare; né tantomeno l’avrebbe lasciato cadere di nuovo.




And my behavior is hard to understand
When I’m like a phone with no connection
But I’m still doin’ all I can
To try and get me some reception
And I’m knee deep in sinking sand
Crying out for your attention
Kindly lend a helping hand
For once defy convention
And hold on to me














La canzone finale è Hold on to me, dei Placebo.
Grazie per aver letto e ancora auguri!

   
 
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