Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Ruta    03/01/2017    3 recensioni
La vita va avanti, procede, come ogni cosa, per corsi e ricorsi.
Molly è abituata al dolore, è un vecchio abito che le si confà e che nessuna moda potrà mai rendere obsoleto. Un dolore così, però, non lo aveva mai provato prima.
Neppure seppellendo suo padre – il gigante biondo e dalla risata tonante che la faceva volteggiare con la grazia di una libellula e popola ogni ricordo della sua infanzia – ha provato qualcosa di simile e neppure dopo. Dopo, quando è toccato a lui, quando ha sostato per ore, mesi, anni di fronte a una tomba vuota, schiacciata dal rimorso delle menzogne a cui si è prestata per amore. Amore di cosa? Di un ricordo.
SPOILER SU THE SIX THATCHERS 4X01
Genere: Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
fantasma

La vita va avanti, procede, come ogni cosa, per corsi e ricorsi.
Molly è abituata al dolore, è un vecchio abito che le si confà e che nessuna moda potrà mai rendere obsoleto. Un dolore così, però, non lo aveva mai provato prima. Guardandosi allo specchio non è senso di colpa quello che le attanaglia le viscere, ma un furore che affoga ogni piacevolezza in un mare di risentimento. Niente e nessuno, neppure una delle centinaia di autopsie compiute in un decennio di carriera (donne nel fiore dell’età, madri e figlie, mogli e sorelle strappate all’amore dei loro cari anzitempo; ragazzi succubi delle frivolezze della tendenza del momento, vittime della propria insicurezza e della solitudine; bambini), morti violente come tuoni nella notte, quiete come il bisbiglio che concilia il sonno dopo un brusco risveglio, niente l’ha preparata a questo.
Neppure seppellendo suo padre – il gigante biondo e dalla risata tonante che la faceva volteggiare con la grazia di una libellula e popola ogni ricordo della sua infanzia – ha provato qualcosa di simile e neppure dopo. Dopo, quando è toccato a lui, quando ha sostato per ore, mesi, anni di fronte a una tomba vuota, schiacciata dal rimorso delle menzogne a cui si è prestata per amore. Amore di cosa? Di un ricordo.
Ora è lo stesso tipo di devozione a legarla alla – non più colorata e confortevole e tutte le innumerevoli qualità che la sola presenza di Mary bastava ad incamerare nella – villetta a schiera dei Watson. Ci si reca ogni giorno, dopo il lavoro o tra un turno e l’altro. Non è facile, richiede sacrificio e costanza e una dedizione impermeabile alla stanchezza che le grava fin dentro le ossa, ma fare la cosa giusta non lo è mai. Solo in due altre occasioni, che lei ricordi, le ha spezzato il cuore in questo modo, però.

 

 

 

Il fantasma di ieri.

 

 

 

 

La penombra che l’accoglie è una coltellata in pieno petto. Il ricordo delle risate e della luce calda che inondavano il salotto il giorno del battesimo di Rosie, il contrasto con l’immagine della desolazione corrente, per un attimo la fa vacillare. Ma Molly, a dispetto di ciò che pensa di lei il mondo per la sua attitudine magnanima ed empatica, è una donna forte, perciò raddrizza le spalle dolenti in una postura da soldato e si prepara a ingaggiare quella che è diventata la sua battaglia personale dal funerale di Mary Watson.
Quando entra in cucina, la puzza di bruciato di cui aveva solo avuto sentore nell’ingresso si fa prepotente. Molly si precipita a spegnere il gas e butta la pentola annerita nell’acquaio, dopodiché apre la finestra. Probabilmente John aveva intenzione di sterilizzare il biberon o forse gli serviva dell’acqua per il latte in polvere. Acqua che è presto evaporata, bruciando il fondo della pentola.
Stando così le cose, è un miracolo che Rosie non abbia ancora cominciato a piangere, come testimonia il baby monitor sul tavolo, prodigiosamente tranquillo.

Rosie.
Animata da un’inquietudine senza volto, Molly sale al piano superiore.
La porta della camera da letto di John e Mary è accostata e un silenzio tombale fa presagire che finalmente John abbia ceduto un po’ della sua rabbia e disperazione al sonno.
La culla di Rosie è vuota e il cuore di Molly perde un battito. Ne perde un secondo quando dalla poltrona dirimpetto alla finestra, solenne e impeccabile, si alza Sherlock, tra le braccia una Rosie che beatamente succhia il latte dal biberon.
- Sherlock – bisbiglia e getta uno sguardo involontario al corridoio, sperando che il sonno di John sia più profondo di quello che la sua esperienza di vita faccia presagire. – Non dovresti essere qui. –
Se John è un uomo distrutto da una perdita che gli sembra incolmabile, la tristezza che scorge in fondo agli occhi di Sherlock, quando questi incrociano i suoi, non appare meno inconsolabile.
Lui si limita a un breve cenno, totalmente assorbito dalla bambina che tiene contro il petto e che osserva con tracce di affetto palpabile e un’espressione vulnerabile e fragile.
Molly non vorrebbe, ma deve, anche se farlo le rimorde la coscienza (e qualcos’altro). Fa un passo avanti, poi un altro e tende le braccia per prendere Rosie. – Se John si svegliasse… -
- Non lo farà, - lui la interrompe, ma la sua voce non è priva di una dose di gentilezza che in un momento diverso – giorno più felici, situazioni più facili – la stupirebbe.
Molly aggrotta le sopracciglia prima che un pensiero accenda le sue sinapsi, incendiandole la mente di possibilità e ipotesi dettagliate. Non importa quanto affaticato o angosciato potesse essere, John non avrebbe mai dimenticato di spegnere il fuoco, non sarebbe mai andato a riposare senza portare con sé il baby monitor. Non importa quanto la perdita di un amore l’abbia imbruttito, l’amore per sua figlia è l’ancora che lo tiene aggrappato a una parvenza di normalità. Una quotidianità scandita da ritmi serrati, ma ben distribuiti e calibrati al minuto nell’arco di giornate che si rincorrono in una danza simmetrica e monotona. – Lo hai drogato. –
Il suo tono di accusa non basta a scoraggiare Sherlock.
- Un blando sonnifero –  replica, scrollando le spalle.
- Non ne avevi alcun diritto! – Dal sussurro che era, nel silenzio di morte che avvolge la casa, la sua risposta suona secca e stentorea. Pugni serrati, braccia contro i fianchi e occhi lucidi, l’aspetto consumato da troppe notti insonni, Molly sa di essere uno spettacolo pietoso.
Sherlock, inaspettatamente, non commenta. Non batte ciglio, in effetti e il suo sguardo affezionato le percorre il viso come una carezza, con una nota morbida di fondo che lei, in preda al turbamento, scambierebbe per tenerezza.  
- Tre giorni. –
Il momento si dissolve in confusione. – Come? –
- Tre giorni, - Sherlock ripete, di nuovo il ritratto della compostezza, mentre poggia il biberon vuoto sul davanzale e inizia a massaggiare delicatamente la schiena di Rosie con un’efficienza che denota una certa esperienza. – 72 ore, 16 minuti, 54 secondi. E’ il tempo che è trascorso. –
- Trascorso da quando? – domanda Molly e l’istante successivo vorrebbe mordersi la lingua per la propria stupidità. Chiude gli occhi. Da quando, lei ha chiesto. Da cosa, sarebbe stato più corretto formulare. Sono trascorsi tre giorni dal funerale di Mary Watson, tre giorni dall’ultima volta che è riuscita a convincere John a riposare almeno un paio d’ore. Già tre giorni. Soltanto tre giorni. Dio, come vola il tempo e allo stesso modo come sembra scorrere a rilento, ristagnare, approfittando delle zone di vuoto e d’ombra per imputridirsi.
- Vengo a controllarli ogni settimana. – La supplica nella voce di lui, all’improvviso fioca e spezzata, la costringe a riaprire gli occhi di scatto. – Devo proteggerli. E’ quello che lei avrebbe voluto. Glielo devo. –

Oh, Sherlock. Prima che possa impedirselo, Molly gli si affianca. Con cura, dolcemente, gli scosta i capelli dalla fronte. Non ha un aspetto riposato, ma chi lo ha mai, nei giorni di pioggia? Rughe nuove, recenti, gli solcano la fronte e la bocca, ennesima riprova della straordinaria importanza che Mary Watson ha avuto nella sua vita. Chi mai potrebbe negarlo? Era evidente. La complicità immediata, l’alchimia di due menti affini, due spiriti turbolenti animati dalla stessa indefessa scintilla di curiosità, da un’intelligenza mercuriale, da un’anima battagliera, da un identico spirito di sacrificio. Non importa cosa dica o pensi il resto del mondo, John Watson è stato il primo a scalfire il ghiaccio che gli aveva congelato il cuore, ma è stato un altro Watson a scoperchiare completamente il guscio ed ora l’ultimo barlume di questa stirpe straordinaria ne stringe tra le dita minuscole i resti, brandendoli come un’arma posta a propria protezione. Sono tutto ciò è rimasto, le pare di sentire l’angoscia di questa realizzazione nell’eco del brusio che sono i pensieri di lui e che ha scritto in faccia come parole stampate sulle pagine di un libro. Tutto ciò che mi è rimasto.
Al che lei potrebbe, vorrebbe replicare: Hai me. Puoi avere me, se mi vorrai.
Malgrado tutto, Molly non è mai stata una donna di poesia, ma di scienza. - Non è stata colpa tua, – si ritrova a dirgli, invece, perché è questo ciò di cui lui ha realmente bisogno, avrà sempre bisogno, non di altro.
L’espressione di pura sorpresa per un attimo gli restituisce l’aspetto del loro primo incontro: un giovane uomo intatto, slegato dalle passioni umane, non compromesso ancora dai sentimenti e dal fitto garbuglio del loro intrecciarsi. Cosa ti abbiamo fatto? A cosa ti abbiamo portato? Fin dove ti abbiamo spinto e fin dove ti spingeresti ancora, per amore nostro?
Una parte di lei quasi rimpiange quella versione di lui, altera e sprezzante, ma un’altra parte di lei, vecchia ed egoista, morirebbe cento volte solo per rivedere ogni giorno il riverbero di affetto che splende nel sorriso in miniatura che ora le sta rivolgendo in segno di gratitudine.
Molly trae un sospiro vibrante e si costringe a ritrarre la mano che ancora indugiava sulla fronte di lui. – Manca a tutti, sai. Non siete gli unici ad averla persa, anche se è difficile crederlo. – D’un tratto sente il naso pruderle e gli occhi bruciarle. Mary dal sorriso smagliante e dalla personalità accesa, la lingua pungente, dal coraggio dirompente, pensa con rimpianto. Mary sempre in movimento, indaffarata. Mary bella e intensa come un quadro di Van Gogh: tinte vivaci, pennellate energiche e una serena, salda cognizione della disperazione che rendeva meno utopica la meraviglia della felicità raggiunta. – Solo perché condividevate dei segreti… questo non significa che non fosse anche un po’ nostra. Era la tua migliore amica, Sherlock, proprio perché eravate così simili, ma è stata anche una mia amica e proprio perché eravamo così diverse. –
L’ha preso in contropiede. Molly si gratta il naso, sperando che lui eviti di notare quanto rossi e cerchiati i suoi occhi debbano essere. Speranza fuorviante. Dopotutto lui è Sherlock Holmes.
- Molly… -
- Devi andare. –
Lui si affloscia come se l’inverno si fosse abbattuto precocemente su di lui. – Immagino che tu abbia ragione. – A malincuore, con una lentezza struggente che Molly, per tatto, finge di non notare, lui le passa Rosie. La grande mano di lui non lascia la testolina di lei finché non ha trovato la curva confortevole della sua spalla. Rosie emette un gorgoglio e Sherlock percorre con il pollice l’arco fine del suo sopracciglio, snocciolando come elementi chimici della tavola periodica consigli per lo svezzamento.
Una manciata di secondi dopo, lui è già fuori. Una carezza sulla testa, un bacio leggero sulla tempia, la bambina dei loro migliori amici tra di loro e un sussurro roco contro l’orecchio per ringraziarla.

Non capisco proprio perché tutti pensino che non hai emozioni umane*.
Questa volta, a differenza del battesimo, il pensiero è venato di amarezza. Non verso di lui, ma per il rancore di chi, nel suo lutto, sta disprezzando quello di chi gli sta attorno.   

 
     
 

 



N/A (SPOILER FREE SUL PRIMO EPISODIO DELLA QUARTA STAGIONE):

 
Sono a letto, febbricitante e delirante a causa di una brutta influenza che mi tiene inchiodata al letto da Capodanno e sul piagnucolante andante dal 2 gennaio  e anche un po' prima (chi ha Netflix o ha già avuto modo di vedere l’episodio trovandolo su altri lidi saprà perché). Tra Rogue One, che sono andata a vedere due volte e che ho amato dalla prima all'ultima scena e Sherlock 4x01 ho trascorso metà delle feste natalizie in lacrime, giuro :(.
Dirò solo questo: sono amareggiata, delusa e triste. Amareggiata e delusa dal comportamento di John che trovo assolutamente vergognoso e immeritevole di qualunque giustificazione (Sul serio, John? Parli di giuramenti e voti a Sherlock? E di voti matrimoniali, allora? I tuoi?). Triste per due ovvie ragioni: Mary, un personaggio magnifico, dalle mille sfaccettature, piena di chiaroscuri e ironia, preziosa, unica, insostituibile Mary e Molly, per quell’ultima scena con Sherlock che mi ha spezzato il cuore e che mi ha reso ancora più rancorosa verso John. Chiunque abbia un paio d’occhi sa cosa Molly prova per Sherlock e che John l’abbia praticamente costretta a fare da postina per trasmettere il suo messaggio non è soltanto crudele, ma di più.
Sono sinceramente, profondamente addolorata e penso che mi crogiolerò in questo bozzolo di emozioni fino alla messa in onda del secondo episodio. A questo punto temo seriamente per l’incolumità di Molly e faccio gli scongiuri affinché il mio peggiore incubo non si avveri.
Una one-shot che avrebbe voluto essere catartica, ma mi ha solo fatto piangere un po’ di più pensando ai tanti piccoli momenti che Molly trascorrerà con la piccola Rosie, al perenne senso di disagio/inadeguatezza che proverà pensando a Mary, all’orgoglio materno, alla straordinaria e meravigliosa persona che contribuirà a crescere.
Un abbraccio a tutti voi, uno in particolare a chi sta piangendo/ha pianto tutte le sue lacrima guardando l’episodio!

  
 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Ruta