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Autore: Daphne93    05/01/2017    5 recensioni
Salve a tutti! Io sono Chiara e questa è la prima ff che pubblico qui, quindi sono un pochino emozionata xD
Ho scritto questa one shot a tema Caryl (sì, sono una fan sfegatata di The Walking Dead, nonché shipper accanita di questa coppia *-*) partecipando ad un contest natalizio promosso dalla pagina fb Caryl Italia, perciò qui vedremo Daryl e Carol che condividono un momento particolare mentre vivono il loro Natale in maniera piuttosto singolare. Non vi anticipo altro e vi lascio alla lettura. Se vorrete recensirmi, ogni critica, positiva o negativa che sia, sarà bene accetta :)
Buona lettura e Buona Befana in anticipo!
Chiara.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Uno, due, tre colpi di fucile.

Lì fuori la mia famiglia sta rischiando il culo per respingere quei fottuti vaganti e io sono bloccato qui, su questo letto, senza poter muovere nemmeno un muscolo, dannazione!
Per non parlare del fatto che magari a breve anche io mi aggiungerò alla schiera dei morti viventi se questa infezione alla gamba non mi passerà. Non ho paura di morire, anzi, lasciare questo mondo putrefatto mi darebbe un po' di pace, sono stanco di combattere. Eppure, il solo pensiero che, da vagante, potrei far del male a Rick, a Carl o a chiunque fra tutti gli altri mi spaventa come poche cose mi abbiano mai terrorizzato in tutta la mia vita.
E poi c'è Carol… So bene che se io me ne andassi, se non ce la facessi, avrebbe delle persone meravigliose a prendersi cura di lei, anche se ha dato sufficiente dimostrazione di saper badare a sè stessa anche da sola. Ma so che lasciarla non sarà facile per me.
 

Quattro, cinque, sei colpi.
 

E d'improvviso cala il silenzio. I miei sensi ultimamente non sono molto acuti quindi magari sono semplicemente diventato sordo, ma qualcosa mi dice che i ragazzi hanno vinto l'ennesima battaglia con i vaganti. Ne sono sicuro.
È rimasta una sola voce ad essere bene udibile da qui, appena fuori dalla mia stanza: conosco meglio di me stesso questa voce e sentirla mi fa venire voglia di alzarmi e correrle incontro, di perdermi nel suo timbro così delicato. È la voce di Carol.
Sta parlando con qualcuno, probabilmente Rick, ma non ne sono sicuro.
Vorrei che non dovesse vedermi così, nessuno di loro dovrebbe vedermi così, né tanto meno sprecare il proprio tempo a prendersi cura di me…
"Ehi, come ti senti?", Carol fa capolino sulla soglia della porta per poi dirigersi verso di me. È un tale sollievo vederla viva e vegeta.
"Puzzo di marcio, non avvicinarti troppo", voglio tenerla lontana, al sicuro, anche se questo significa combattere costantemente contro la sua testardaggine.
È impavida: ignora completamente il mio fetore, il fatto che potrei morire, trasformarmi da un momento all’altro, morderla e invece si stende accanto a me, bene attenta a non urtare la mia gamba malconcia.
"Gli altri verranno a trovarti più tardi", si adagia con la testa sul mio petto.
E pensare che sono anni che ci immagino così, stretti l'uno accanto all’altra; anni che non trovo il coraggio di farglielo capire, di mostrarle che la sua presenza è fin troppo importante per me. Tutto quello che sono riuscito a fare, ogni volta che lei ha provato ad avvicinarsi, è stato sempre in qualche modo porre dei limiti e quando finalmente mi sono sentito pronto per lasciarmi andare, lei non lo era più.
Poi, per certi aspetti come una benedizione, è venuta la ferita alla gamba, l'infezione, la febbre alta che ancora non se ne vuole andare. E un giorno, all'improvviso, mentre ero in uno stato quasi comatoso, l'ho sentita stendersi vicino a me, incurante delle mie deboli proteste.
Da quel momento in poi non ha più smesso di farlo e credo non abbia la più pallida idea di quanto ciò mi renda felice: resta solo pochi minuti abbracciata a me, prima di tornare dagli altri, ma sono i soli minuti in cui riesca a sentirmi veramente vivo.
"È molto freddo oggi", un tremore diffuso si impossessa del mio corpo.
"Certo che lo è, siamo a Dicembre, fra poco sarà Natale!", sorride sollevando lo sguardo verso di me.
Sono perplesso. Da quando è iniziata l'apocalisse, lo scorrere dei giorni, dei mesi si è confuso e alla fine abbiamo smesso di tenere il conto del tempo. Certo, dal clima possiamo intuire in che periodo ci troviamo, ma in maniera molto approssimativa.
"Non puoi saperlo", protesto mentre le accarezzo la schiena, un gesto che lei mi permette, ma che mi appare ancora così strano da fare.
"Certo che lo so. Chiudi gli occhi e lo saprai anche tu".
Non so cosa abbia in mente, ma mi fido di Carol. Chiudo gli occhi.
"Non vedo niente", dico semplicemente mentre lei si solleva appoggiata su un gomito. Ho ancora gli occhi chiusi ma percepisco che è molto vicina al mio viso.
"Guarda bene, Daryl. Io vedo una grande stanza luminosa. Sono sicura che puoi vederla anche tu", il suo alito caldo si posa sulle mie guance.
Serro di più i miei occhi e per un po' ci sono ancora solo le tenebre. Poi, all'improvviso, la vedo: un'immensa sala si estende di fronte a me e io ci sono dentro. È talmente grande che non ne riesco a vedere la fine, quasi potrei perdermi in tutta questa vastità.
"Ci sono, Carol", dico stranamente emozionato.
"Raccontami cosa c'è lì dentro", si adagia nuovamente con la testa sulla mia spalla.
"Lampadari...vedo dei grandi lampadari che pendono dal soffitto. E ci sono due lunghissime tavolate ai lati della stanza", le parole mi escono fuori dalla bocca senza freni.
È tutto molto strano: i miei Natali hanno sempre fatto abbastanza schifo, in realtà non so nemmeno cosa significhi festeggiare il Natale e quello che sto vedendo assomiglia tanto alle ambientazioni natalizie che mia madre leggeva sulle riviste.
Il pensiero di lei mi provoca un'improvvisa ondata di malinconia a cui non sono più abituato. Ho sempre cercato di dimenticare, io. Istintivamente vorrei aprire gli occhi ma la mano di Carol stringe forte la mia: è un invito a rimanere in quella stanza, fra quelle luci.
"Va avanti, Daryl", sussurra.
Guardo meglio. "C'è tanto cibo da sfamare un intero reggimento...tacchino, formaggi, vino, frutta, prosciutto al miele...oh, cazzo, quanto ne vorrei un pezzo!", mi ritrovo a passare la lingua sulle mie labbra secche.
"Puoi farlo, puoi fare tutto lì", crede fermamente in quello che dice e voglio crederci anche io.
"No, non posso pensare a magiare...C'è un grande albero di Natale al centro della sala. È bellissimo...", sento i battiti del mio cuore accelerare. Sto vivendo emozioni che non ho provato mai, è come se fossi bambino per la prima volta in vita mia.
"È addobbato con delle luci dorate e rosse, campanelle, ghirlande e...c'è qualcuno che sta sistemando intorno dei pacchi". Sì, è una figura meravigliosa quella che con leggiadria si muove intorno all'albero e che ogni tanto si volta a guardarmi.
"Chi è?", il tono della voce di Carol tradisce un pizzico di sincera curiosità.
"Sei tu.", mi lascio sfuggire.
Mi provoca un certo imbarazzo dirglielo, ma non voglio mentirle.
Carol non risponde nulla e si stringe ancora un po' a me. Forse sta sorridendo.
"Sto venendo verso di te”, proseguo, “La stanza è enorme, ma ti raggiungo subito".
In realtà sto correndo da lei, ecco perché mi ci vogliono pochi minuti per coprire la grande distanza che ci separa. Ma questo resterà nella mia mente, lo terrò per me.
"Sono contenta che tu sia venuto, ti stavo aspettando da tutta la serata", esclama Carol piacevolmente beffarda come solo lei sa essere.
Già, è sera...Non mi ero quasi accorto che da dietro le tende decorate della sala, posso vedere le luci del giorno spegnersi lentamente, accompagnate solo da qualche leggero bagliore in lontananza.
"Che cosa succede ora?", domanda Carol, la sua mano ancora stretta nella mia.
"Mi sorridi… Non stiamo parlando, ma capisco bene quello che vuoi dirmi e capisci quello che voglio dirti.". E in effetti con Carol è sempre stato così, i nostri dialoghi sono fatti di silenzi più eloquenti di una qualsiasi parola.
"Ora mi stai indicando le finestre e il tuo sorriso si fa più ampio...sta nevicando!", sotto le palpebre sento gli occhi inumidirmisi. Allora è questo, il Natale. Questo è il famoso calore di cui tutti parlano e che io non sono riuscito mai a sentire.
"Danza con me, Daryl", la voce di Carol mi riecheggia in ogni fibra del corpo, quasi da far male.
"Io non so come si fa", odio doverla deludere.
"Nemmeno io. E ora, danza con me".
Ed eccola, una melodia riempie tutta la sala. È composta dal soffio del vento, da nitriti di cavalli selvaggi, dal rumore delle onde, dalle risate di Sophia...
Ed io e Carol balliamo la nostra danza, immobili, di fronte al grande albero di Natale, illuminati dalle sue luci, abbracciati l'uno all'altra come se dovessimo vivere il nostro ultimo giorno sulla terra. E forse oggi per me lo sarà veramente, ma se devo morire è proprio così che voglio farlo. Voglio andarmene stretto nel suo abbraccio.
"Buon Natale, Daryl"
"Buon Natale, Carol"

 
 
   
 
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