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Autore: shiver21    06/01/2017    0 recensioni
"Quando c'eri tu qui con me sotto un prato di stelle; quando quella notte sognammo l'infinito, forse per l'ultima volta."
-Talìa si ritrova a dover affrontare la perdita del suo migliore amico, e ciò la distrugge, portandola a scrivere per lui delle lettere per trovare un po' di conforto; lettere che però vengono sempre ritrovate dalla stessa persona.
-Jaehyun ama l'arte più di qualsiasi altra cosa; è sempre stato convinto di non poter provare interesse per qualcosa che non consistesse in una tela o della pittura, ma si ritroverà presto a cambiare idea.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Autumn Leaves

"Another day, another life
Passes by just like mine
It's not complicated"
Ed Sheeran, Autumn Leaves

 

-Choi Jaehyun! Non permetterti di usare quel tono con me! -

Quante volte aveva sentito quella frase? Forse c'era davvero un problema con il tono della sua voce, si disse, era il caso di farsi visitare da un buon dottore. Odiava quando sua madre perdeva le staffe in quel modo, e per giunta a causa di sciocchezze come il "non portare a casa voti abbastanza alti". E il bello era che era perfino tra i migliori in quasi tutte le classi che frequentava al liceo, eppure ovviamente non era abbastanza.

Non sarebbe mai stato abbastanza, non con genitori come i suoi. Genitori che si aspettavano sempre il meglio, la perfezione. Ma Jaehyun non era perfetto, e a lui andava bene così.

E, a quanto pareva, la cosa non valeva anche per sua madre.

- Non saremmo mai dovuti venire qui in America, avremmo dovuto mandarti a scuola in Corea; lì si che ti avrebbero rimesso in riga! - continuò urlando sua madre.

Omma, così ti vengono le rughe. Mi sembra una reazione un pochino esagerata per una stupida C in biologia. - rispose lui sarcastico.

- Esagerata? Tu non fai nulla dalla mattina alla sera, stai sempre chiuso nella tua camera a scarabocchiare o a vagabondare in giro per la città; ora porti cattivi voti a casa e infanghi il buon nome della tua famiglia, e dai a me dell'esagerata?! -

Jaehyun la guardò negli occhi con un misto di rabbia e freddezza, poi si voltò e si avviò verso l'ingresso del loro grande appartamento. Era stufo di sentire sempre gli stessi rimproveri, sempre le stesse parole. A volte avrebbe voluto essere come suo fratello, il figlio perfetto in tutto e per tutto. Si portavano a malapena due anni di differenza, eppure tra loro c'era un discrepanza così grande che a volte anche il solo pensare che fossero imparentati sembrava surreale, un'assurdità bella e buona. Se solo fosse stato come suo fratello, i suoi genitori magari avrebbero potuto apprezzarlo, amarlo. Ma la verità dei fatti era questa, Jaehyun non sarebbe mai stato Jinho, e, come si era sempre ripetuto, a lui andava bene così.

- Hai ragione, sono io quello sbagliato, per renderti felice avrei dovuto essere esagerato proprio come te. - sussurrò.

- Jaehyun! -

Fece finta di non aver sentito, non ne poteva davvero più; con un sospiro prese il cappotto poggiato sulla poltrona vicino all'entrata, e infilandoselo uscì da quella casa infernale. Un po' d'aria fresca gli avrebbe fatto bene, sempre se quella della città si potesse definire "fresca".

Appena uscì dal lussuoso condominio il freddo vento di novembre lo colpì in pieno viso come uno schiaffo, costringendolo a nascondere metà faccia nel colletto del cappotto.

Si diede uno sguardo alle spalle e arricciando il naso continuò a camminare. Odiava quel condominio, odiava quella casa e a volte arrivava ad odiare perfino i rispettivi abitanti. Tutti così perfetti e impeccabili. Avrebbe voluto strappare quella loro maschera a morsi, mettendo a nudo ogni loro debolezza e difetto. Ma il muro di apparenze che la sua famiglia si era costruito attorno era fin troppo forte e invisibile. Però, nonostante cercassero di mascherare questa barriera perfino a lui, che della famiglia ne faceva parte, sapeva che c'era.

Quindi pian piano e con gli anni aveva imparato a farci delle piccole crepe per vederne attraverso, per capire cosa nascondessero persone tanto eccezionali da sembrargli quasi inquietanti. E tutto ciò che era riuscito a scorgere erano stati un rapporto coniugale non certo invidiabile, un padre eccessivamente stressato, una madre con fin troppe paranoie e inutili e superficiali preoccupazioni e un fratello parecchio infelice. Ed era sempre stato quest'ultimo aspetto a confonderlo, e non poco; suo fratello rappresentava tutto ciò che avrebbe voluto essere, e invece sembrava portarsi dentro una così grande tristezza.

Una tristezza che lo aveva spaventato a tal punto da fargli smettere di provare ad eguagliarlo, perché di certo non avrebbe mai voluto finire così; preferiva di gran lunga sorbirsi tutte le ramanzine e apparire un fallito agli occhi della famiglia, essendo se stesso e relativamente felice.

Infondo, per il momento gli bastavano i suoi amici e i suoi amati disegni per considerarsi soddisfatto. Il problema è che dubitava sarebbero stati sufficienti quando sarebbe cresciuto, quando avrebbe dovuto trovare un lavoro all'altezza delle aspettative dei suoi genitori, che di certo non avrebbero mai concepito un artista come figlio. Magari un medico, un avvocato, un imprenditore, ma un artista assolutamente no.

Peccato che l'unica cosa che stesse davvero a cuore a Jaehyun fosse proprio l'arte.

Camminò per quasi due ore senza meta, ed erano ormai le otto di sera quando gli si accese una piccola lampadina nel cervello.

Iniziò a camminare a passo sempre più svelto, ritrovandosi dopo un po' a correre. Quando si trattava di quello, il suo corpo e la sua mente venivano travolti da una curiosità che faceva perdere importanza a qualsiasi cosa lo circondasse; non gli capitava spesso di ritrovarsi interessato così intensamente a qualcosa.

Continuò a correre fino a sentire i polmoni bruciare, e anche quando riprese a camminare, cercò di essere il più rapido possibile. Ogni volta gli sembrava quasi di essere attirato da qualcosa, come un cane richiamato da un preciso odore. Quando arrivò alla sponda del fiume che attraversava la periferia della città, aveva le gambe molli e il fiato corto, ma ovviamente il suo desiderio di sapere se anche quella volta ci sarebbe stato qualcosa ad attenderlo sulla riva rese questi fattori insignificanti.

Scese le scale in cemento che dal marciapiede portavano al praticello che accoglieva il letto del fiume, e si avvicinò alla sponda di questo. Di notte quel posto sembrava quasi incantato, con l'acqua che rifletteva le luci dei pochi lampioni presenti, le foglie degli alberi, ormai rade e rese secche e brunastre dall'autunno, mosse dal vento e le stelle chiare nel cielo a brillare con intensità, non offuscate dall'inquinamento luminoso della città, quasi fiere nel loro splendore.

Jaehyun si fermò qualche secondo ad osservarle, e quando sentì come un piccolo peso sul petto distolse lo sguardo; il cielo stellato, per quanto bello, gli aveva sempre messo addosso una strana sensazione di malinconia, o soggezione.

Camminò lungo la riva, scrutando meticolosamente il terreno, eppure niente, neanche l'ombra di un pezzetto di carta.

- Strano, eppure è giovedì. – mormorò tra se e se.

Per un attimo gli venne la brillante idea di attraversare la corrente a nuoto per arrivare all'altro capo e continuare a controllare, ma data la stanchezza per la corsa decise che si sarebbe steso per un po' sull'erba.

Peccato, la sua idea era davvero, ma davvero geniale, pensò, soprattutto visto il caldo soffocante che c'era a novembre. Certamente.

Decise che avrebbe attraversato il ponte che si trovava a pochi metri da lì, e poi sarebbe andato a controllare. Doveva per forza, anzi, assolutamente esserci qualcosa. Non aveva intenzione di arrendersi e rinunciarci così. La curiosità lo avrebbe divorato.

E mentre aveva questi pensieri in testa, troppo preso dai suoi monologhi interiori non si accorse della piccola barchetta che, come tutti i lunedì, giovedì e sabato di ogni settimana da tre mesi a quella parte, arrivò come sempre puntuale su quella sponda.

Jaehyun, decidendo di andare al ponte, si alzò, e per poco non gli sfuggì dalla vista il piccolo oggetto bianco che galleggiava placidamente sulla superfice del fiume. Pareva quasi buffo e tenero, lì tra l'acqua fangosa e le foglie secche tinte di rosso, giallo e marrone.

Appena il ragazzo lo notò, un enorme sorriso si fece largo sul suo viso, e con il cuore che batteva per qualche strano motivo prese la barchetta e la infilò nella tasca del suo cappotto.

Infondo, sapeva che sarebbe stata puntuale come sempre.

   
 
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