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Autore: Layla    26/05/2009    2 recensioni
E se Bill per una maledizione fosse stato cancellato dal mondo ? E se trovasse una ragazza e una strega più o meno disposte ad
aiutarlo?
è RIPUBBLICATA PERCHè L'HO CANCELLATA PER ERRORE.
[“Sono il frontman e cantante dei Tokio Hotel.”
Lei sgranò gli occhi, confusa e anche un po’preoccupata, a quando ne sapeva lei i Tokio Hotel erano tre e il chitarrista era anche il cantante e comunque aveva i dread, non i capelli come un porcospino.
“Sei sicuro di non avere battutola testa?”
“Eh?”
Sguardo risentito. 
“Ascolta…Non offenderti, davvero… Hai battuto la testa contro il cassonetto? Succede sai?”
-Si,ai dementi e agli ubriachi Salias-Disse una voce dentro di lei-Lo hai offeso!-
“NEIN!”
Lei cominciò a sudare freddo, aveva trovato un pazzo furioso....
Arretrò.
“Senti,io non so come dirtelo…I Tokio Hotel non hanno un frontman vero e proprio, il chitarrista è anche cantante.”]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei componenti Tokio Hotel, nè offendere il gruppo o i suoi componenti singoli in alcun modo'

1)LA RAGAZZA DEL BAR.

 

 

Era un sabato sera qualunque, solita gente, soliti stronzi pieni di soldi, soliti fighetti arroganti e solito lavoro noioso.

Era la ragazza  del bar, la cameriera eccentrica che dispensava sorrisi e bevande, con i suoi vent’anni e i suoi capelli tinti di un viola acceso.

Tutti la guardavano, ma nessuno la conosceva mai veramente, un po’ come in quella canzone dei Tre allegri Ragazzi  Morti, nessuno vedeva che la cameriera era sommersa di problemi, tutti vedevano solo ciò che lei lasciava trapelare.

L’ultimo cliente era uscito e lei aveva iniziato a pulire il bancone dopo che il titolare si era portato via l’incasso, fischiettando per l’appunto quella canzone.

Era dannatamente veritiera.

“Sarà che lavori troppo….”

Le sedie vennero messe una a una sui tavoli.

“E che sorridi a tutti…

Andò a prendere lo spazzettone e iniziò a pulire.

“non ti ho mai vista cosi'
stanca e cosi' lo-go-ra”

Sottolineò con acredine l’ultima parola, era perfetta per descrivere il suo stato, se solo avesse potuto sarebbe fuggita seduta stante in Giamaica.

sara' che sei da troppo in piedi
dietro a un banco che non sa”

Guardò il pavimento, poteva andare…

Incredibilmente nessuno aveva vomitato quella sera, quell’infame di Sid almeno una volta aveva dato un’occhiata alla sua protetta e già quello era da considerarsi miracoloso.

“che ti eri preparata
per l'universita'”

Ora rimaneva l’ultimo compito, quello che detestava, portare fuori la spazzatura.

Uscire in un vicolo gelido, raggiungere un cassonetto vecchio come le piramidi( ma in sere particolarmente storte lei sospettava che quel dannato affare fosse lì già prima di loro) e sperare che nessuno sbandato decidesse  di passare di li.

Avrebbe passato un brutto quarto d’ora se l’avesse incontrata, se la cavava bene in autodifesa e nonostante le troppe Camel fumate lungo il giorno poteva essere agile se fosse stato necessario.

Chiuse i sacchetti e ne prese due per mano.

Lei era Aisha  Salias, non era la ragazza cantata da uno dei suoi gruppi preferiti, per lei non sarebbe arrivato nessun principe in bicicletta, né in triciclo né in monopattino, al massimo un barbone a supplicare per una sigaretta.

Aprì la porta che dava sul vicolo, come al solito emise un cigolio di protesta, nessuno l’aveva mai oliata.

“Mi dispiace, bella… Se non fossi così impedita ti olierei io…anche perché questi lamenti alle due di notte mi fanno uscire pazza!”

Era novembre, rabbrividì e sentì le sue mani, sempre fredde, perdere la sensibilità, così affrettò il passo e si avvicinò al rudere acchiappa rifiuti.

Stava per mettere i sacchetti a terra, quando inciampò in qualcosa che la fece finire lunga distesa.

“Cosa diavolo c’è?”

Biascicò intontita, mettendosi in ginocchio e maledicendo l’oggetto misterioso.

Rimase a bocca aperta, non era inciampata su qualcosa, ma su qualcuno, precisamente su un paio di gambe chilometriche.

Era arrivato il barbone che aveva predetto…

Un barbone(O una barbona?) con degli assurdi capelli neri, irti sulla testa come se avesse preso la scossa, due secondi prima, con dei vestiti che probabilmente valevano quanto il suo stipendio.

“I barboni si sono aggiornati…mo fammi buttare la spazzatura che non ci sto veramente più dentro questa sera…

Cautamente si tirò in piedi, non aveva riportato danni ,si liberò dei sacchetti e poi tornò verso la porta.

Si fermò a pochi centimetri con la mano già sulla maniglia.

Poteva davvero fregarsene di quell’essere?

Poteva davvero lasciarlo lì?

Con che coraggio avrebbe raccontato a Eli, che lei Aisha, mezza sarda, aveva ignorato un povero essere umano bisognoso d’aiuto, dopo tutte le tirate che aveva fatto sull’insensibilità?

No, ovviamente non poteva, così, congelando e smadonnando ritornò al cassonetto e scosse per le spalle quell’individuo, giunto a coronare una serata che avrebbe potuto definire tranquilla.

Lui sbarrò gli occhi intontito e grugnì qualcosa che non afferrò, ma fu almeno sicura che fosse un ragazzo.

“Stai bene?”

Nessuna risposta.

“Ti posso aiutare in qualche modo?”

Disse qualcosa di incomprensibile e se tornò in coma.

Rimase lì, inginocchiata come una scema, con una parte di sé che urlava di lasciarlo lì a gelare quello zotico e l’altra che le diceva che non era corretto, la sua coscienza sapeva produrre un discreto casino se ci si metteva.

Si massaggiò la testa per un’attimo e poi decise, in uno di quei rari attimi di irrazionalità totale che ogni tanto la prendevano, che se lo sarebbe portato a casa, non poteva averlo sulla coscienza!

Aisha non era tanto alta, non era nemmeno magra, ma era deboluccia, pigra fino al midollo, scappava non appena si pronunciava la parola “palestra” e così quella sera fece una fatica del diavolo a trascinare il suo poco collaborativo nuovo amico alla macchina.

“Promemoria mentale: l’altruismo non fa per te, non hai il fisico Aisha.

Se devi ammazzare qualcuno, ricordati di procurarti una carriola, casomai dovessi trasportarlo.”

Quando finalmente riuscì a metterlo in qualche modo sui sedili posteriori (ma quanto era alto?)tirò un sospiro di sollievo e decise di concedersi  una sigaretta per festeggiare.

Lanciò un occhiata alla sua macchina, una vecchia Panda e sospirò sconsolata.

L’aveva ricevuta per il suo diciottesimo compleanno da suo nonno che alla veneranda età di ottant’ anni aveva deciso di non rinnovare più la patente, in famiglia la chiamavano”l’orrore” perché era di un color mattone che tendeva oscenamente all’arancione, senza che nessuno avesse mai avuto il coraggio di dirlo al vecchio proprietario.

Finì la sigaretta, salì in macchina, dove accese al massimo il riscaldamento e infilò un cd dei Rancid nella radio, al quarto tentativo e dopo un paio di bestemmie, l’orrore partì.

Parcheggiò discretamente soddisfatta, a un semaforo aveva perfino bruciato un truzzo, persino trascinare quell’essere incosciente che era in coma là dietro fino al suo appartamento all’ultimo piano non le sembrava così impossibile….

 

Fu svegliata da un urlo bestiale e da un miagolio ancora più incazzato.

Una era Nana, la sua gatta, l’altro chi cazzo era?

Aprì gli occhi, erano le undici e mezza secondo la sveglia e lei non connetteva molto, chi altro c’era in casa considerando che aveva buttato fuori casa Alex e il suo ciarpame un mese prima?

“Chi diavolo c’è?”

Silenzio.

Cominciò a spaventarsi, afferrò un posacenere a forma di foglia di marijuana(avanzo di Alex, il suo ex coinquilino) e strisciò verso il salotto.

Era già con il posacenere alzato pronta a colpire chiunque avesse trovato, quando lo vide, il tizio della sera prima(Si era completamente dimenticata di lui) che la guardava a occhi spalancati.

Lo capiva benissimo, si era ritrovato in una casa estranea, probabilmente svegliato da Nana che diventava isterica se beccava sconosciuti in giro e ora era arrivata lei: capelli viola  alla Erinni, maglia dei Rancid, pantaloni di una tuta a di pigiama  e un assurdo portacenere alzato conto di lui.

Lo abbassò subito e arrossì.

“Non sono pazza!”

No?!

Lui inarcò un sopracciglio e cominciò un monologo in una lingua che le era sconosciuta, a lei iniziò a germogliare un mal di testa.

Doveva farlo tacere, alla prima pausa doveva riuscire a infilare una frase qualsiasi di senso compiuto.

“Do you speak english?”

“Yes!”

Alleluia! Uno spiraglio di comunicazione si era aperto e lei ne approfitto per spiegargli la situazione,prima che  si facesse strane idee.

Who are you?”

Chiese alla fine, lui la guardò come se fosse completamente demente, eppure la domanda aveva un senso…..

“I’m Bill Kaulitz.”

“AH! sei tedesco quindi?però lo parli bene l’inglese…

La guardò incredulo e vagamente divertito, poi le ripete il suo nome, irritandola immensamente e aggiunse.” Non credevo nemmeno io di parlarlo così bene…

“Ho capito come ti chiami! Non sono sorda!”

Lui si irritò a sua volta.

“sono il frontman e cantante dei Tokio Hotel.”

Lei sgranò gli occhi, confusa e anche un po’ preoccupata, a quando ne sapeva lei i Tokio Hotel erano tre e il chitarrista era anche il cantante e comunque aveva i dread, non i capelli come un porcospino.

“Sei sicuro di non avere battuto la testa?”

“EH?”

Sguardo risentito.

Ascolta…non offenderti, davvero…Hai battuto la testa contro il cassonetto?”

“NEIN!”

Lei cominciò a sudare freddo, aveva trovato un pazzo furioso....

Arretrò.

“senti, io non so come dirtelo… I tokio Hotel non hanno un frontman vero e proprio, il chitarrista è anche cantante.”

“Ti diverti a prendermi in giro?”

Cominciò a infuriarsi, come si permetteva quello?

L’aveva svegliata in un’orario antelucano per le sue abitudini, non le aveva detto uno straccio di “grazie” e ora si metteva pure a piantargli delle grane?
“NO!”

“Secondo me si. Vestiti che andiamo in un’edicola e ti dimostrerò che se c’è qualcuno che ha battuto la testa sei tu!”

“D’accordo!”

Si infilò una giacca e un paio di anfibi, lui invece era ancora lì, in mezzo al suo salotto.

“Allora?!”

MI devo camuffare…hai dei vestiti da uomo?”

“Certo! Ho un negozio di abbigliamento in camera mia!”

“Davvero?”

“NO!”

La incenerì con un’occhiata, era un maledetto isterico! Si era beccata un ingrato isterico!

Respirò profondamente.

“Vieni!”

Lo portò in camera sua e aprì l’armadio, lui era stranito.

“Ma è un casino!”

“è il mio casino. Non giudicare!”

Gli lanciò un altro paio di rimasugli di Alex, dei jeans e una felpa nera.

“Provateli, spero che saranno di tuo gradimento.

Non vedo l’ora di finire questa stronzata.”

Uscì dalla stanza a passo di marcia, Nana le domandò con lo sguardo chi fosse quel ragazzo.

“Non lo so, ma me ne libero cara…

“Parlare con i gatti è sinonimo di pazzia e di chi sono questi orribili vestiti?”

“Di colui che non si può nominare….”

“Di Lord Voldemort?”

“Certo! È il mio coinquilino….Sapessi che litigi la mattina per il  bagno…Ormai sono diventata più brava di Harry Potter a schivare gli Avada Kedavra….”

“Potresti smetterla di prendermi in giro?”

Lei si portò un dito sotto il mento come a considerare l’ipotesi poi lo guardò dritto negli occhi.

“lo farò quando tu mi avrai ringraziata.”

“E io ti ringrazierò quando la pianterai con questo scherzo idiota.”

“Non è uno scherzo! Non ho voglia di scherzare la mattina appena alzata! È così difficile da capire???”

Afferrò rabbiosa le chiavi e le sigarette e uscì di casa, lui sogghignava divertito, dandole ai nervi.

-Stai calma Aisha, calma…che il casino vero arriva adesso.”

Durante il tragitto casa-edicola lui non aveva smesso un’attimo di guardarsi in giro.

“Piantala di fare così! Non ti considera nessuno.. è sempre pieno di punkettoni qui, non sei certo più strano di loro!”

“Tu non capisci!”

“Sono arrivata a vent’anni pettinando bambole.”

Lui la guardò stranito.

“Lascia perdere…Aspettami che ci metto un’attimo.”

“No, vengo anch’io…potresti fregarmi!”

“Ma fai quello che ti pare!”

Entrò nell’edicola, il negoziante le rivolse un sorriso, lei arraffò con aria indifferente un giornale per ragazzine.

“Ciao Aisha! Perché quest’insolito acquisto?”

“Lo porto alla cugina di Sara…

“è un po’ che non vedo Alex.”

“E non lo vedrai per un bel pezzo..L’ho buttato fuori casa…

Rispose funerea.

AH…scusa.”

“Non fa niente…ciao Nico.”

Uscì insieme alla sua nuova ombra formato palo della luce.

“Alex è colui che non si può nominare?”

“Da quando capisci l’italiano?”

“Non lo capisco infatti, sono andato per intuito…

Lei respirò a fondo un’altra volta.

“Bill Kaulitz ascoltami attentamente perché io, Aisha Salias non telo ripeterò due volte, quindi memorizza.

Non voglio parlare di Alex, ne ora ne mai, quindi cancella quel nome dalla tua mente e reprimi la tua curiosità , sono affari dannatamente miei!”

“MA!”

“Niente ma… ti è arrivato il messaggio?”

Ja…

“Più forte che non ho sentito!”

“JA!”

“Bene.”

Aisha! Mi dai il giornale?”

“A casa!”

Continuarono a litigare fino alla porta di casa, solo allora lei gli allungò il giornaletto senza dire una parola.

Lui rimase in silenzio un’attimo mentre sfogliava velocemente la rivista, poi sbiancò e lanciò un acuto altissimo, che le fece tappare automaticamente le orecchie.

Iniziò a girare per la stanza, irrequieto, Nana lo incenerì con una delle sue occhiate feline di disapprovazione, lei invece rimase in silenzio visto che lui attaccò un monologo in tedesco stretto assolutamente incomprensibile.

-Cosa faccio?-

Fece per avvicinarsi, ma lui la scansò, comprensibile che non volesse averla tra i piedi, così non le rimase altro che afferrare il pacchetto di camel e uscire i terrazzo a fumare.

“L’avevo detto che il peggio arrivava dopo…e mo che faccio?

Sid un aiutino no, eh?”

L’unico rumore che le arrivò fu quello di una folata di vento che smosse le foglie degli alberi del giardino del condominio.

“Grazie tante!”

“La pianti di parlare da sola signorina!”

Un voce acida la riscosse dai suoi pensieri, si appoggiò alla ringhiera per vedere chi fosse e la vide: la stronsa, la z addolcita in una s per sottolineare la sua profonda cattiveria.

Quella vecchia era il terrore del condominio, si lamentava per qualsiasi cosa, dall’acqua che cadeva sul suo balcone quando annaffiava le sue piantine di basilico, alla televisione troppo alta, passando per l’aspetto di chiunque abitasse lì e dal rumore dei bambini che giocavano.

“Buongiorno signora Pautasso…

“Non prendermi in giro! Smettila di parlare che non sento la messa, razza di eretica miscredente e smettila di fumare che il fumo delle tue orribili sigarette mi fa appassire le petunie!”

- non è il mio fumo a farle appassire! Si suicidano per sentirti più vecchiaccia rompipalle.-

“Come sta?”

Tentativo di conversazione per placare il mal di testa ed evitare una guerra verbale.

“Male! I reumatismi non mi danno tregua e tossico sempre! È il tuo fumo che mi avvelena, ti farò cacciare dal condominio! Tu e i tuoi amici tossici! Quella pazza satanista e quel nuovo acquisto che sembra un ritardato!”

Tentativo fallito.

“morirà prima che riescano a cacciarmi via! Buona giornata, mia adorabile stronsa!”

Rientrò in casa sbattendo la porta finestra, troncando sul nascere gli strilli della donna.

Lui era sdraiato sul divano, totalmente apatico, lei scoccò un’occhiata di strisciò e fuggì vigliaccamente in camera con il cordless in mano.

-Oh meu deu! Cosa diavolo ho fatto? Tanto valeva metterle una bomba in casa a quella! E lui….vabbè…ragioniamo con calma…-

Si incastrò nello spazio sottola scrivania, folle abitudine che aveva quando aveva bisogno di pensare e compose il numero di Eli, sperando nel conforto del’amica rimasta in Sardegna.

Uno squillo.

Due squilli

-Eli dove sei?-

Tre squilli.

Quattro squilli.

Rispose.

“Pronto.”

“Ciao Eli, come va?

Sid è uno stronzo, lo licenzio! Non può trattare così le sue protette. Non dico una vita perfetta, ma cazzo, non mi schiva niente.

Niente e se dico è niente

Cristo che casino!”

“Buongiorno Aisha…sei in forma vedo…

L’amica aveva ritenuto saggio non chiedere il perché di quella tirata contro Sid Vicious, santo Sid, certa che avrebbe avuto una risposta.

“ho mandato a fare in culo la stronsa.

Mi scioglierà il basilico nel acido o impiccherà Nana, me lo sento.

È il demonio quella donna!”

“è un filino acida, in effetti…

“Un filino? Se avessi provato a sopportarla tutti i santi giorni l’avresti già investita con l’orrore.”

“poi?”

“Poi? Ho in casa un pazzo furioso che crede di essere il cantante dei Tokio Hotel, fai tu.

È spiaggiato sul divano in coma dopo che ha letto che si era sbagliato. È talmente giù che persino Nana non ci trova nessun gusto a tormentarlo…

“Prova a convincerlo ad andare all’ospedale… tu Dove sei?”

“sotto la scrivania! e dove sennò?”

Giusto…dimenticavo il pensatoio di Aisha….Hai un cric a portata di mano per tirarti fuori quando avrai messo giù?”

“Impegnati un po’ di più che forse rido…Eli sai qual è la cosa peggiore?”

“Spara, stella.”

“che vedendo come messo, io a ‘sto matto ci credo!”

   
 
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