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Autore: Siamo_infiniti    06/01/2017    0 recensioni
Oneshot ispirata alle ultime vacanze dei gemelli Kaulitz. I pensieri di Tom ci fanno ripercorrere il loro ultimo anno lavorativo e sentimentale.
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Il filo di pensieri di Tom si interrompe per un attimo, Bill gli si è seduto accanto e gli sta dicendo qualcosa mentre tiene in mano un paio di pattini e inizia a slacciarsi gli scarponi da neve. Tom annuisce, non gli serve percepire totalmente le parole, riesce a leggere i suoi gesti e a capire di cosa si tratta e poi, in questo caso, è particolarmente semplice: Bill vuole pattinare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La neve un po’ prima che cada

 

Neve. C’è neve ovunque, piccoli fiocchi ghiacciati cadono dal cielo bianco e si incastrano tra le pieghe delle sciarpe, si appiccicano ai guanti inumidendoli, scivolano sui cappelli di lana tirati fin sulle orecchie.

E Bill ride, ride felice.

Tom non riesce a non pensare che sia ciò che di più bello esista al mondo, vedere suo fratello ridere pieno di felicità; quella risata cristallina che gli nasce spontaneamente dal centro della pancia e sale, sale battendosi per uscire dalle sue labbra quasi viola dal freddo che fa in montagna.

Sta ridendo e tiene i palmi delle mani –avvolti in morbidi e caldi guanti neri- rivolti verso l’alto contro la coltre di neve che scivola su di loro. Un fiocco gli si posa sulla punta del naso e Bill socchiude gli occhi ambrati.

Seduto dove è, Tom lo osserva mentre lo fa: nota sul suo viso la pace, quella vacanza gli serviva davvero e vederlo felice è il coronamento di un anno speciale, sebbene difficile e stressante.

Bill si è impegnato per molto tempo a cercare di uscirne a testa alta e, nonostante i primi tempi non ci sia riuscito del tutto, adesso pare un uomo nuovo. Un uomo, sì, Bill non può più essere considerato un ragazzino, ha imparato a confrontarsi con la vita anni fa, forse quella volta che sono scappati da casa in fretta e furia di notte, verso una città sconosciuta.

L’anno che è passato non è stato soddisfacente solo sul livello musicale e lavorativo, no. È stato soddisfacente perché Tom ha chiaramente visto i passi in avanti di Bill, il suo ritorno alla luce del sole, il suo essere nuovamente sbocciato fuori da quel mondo buio che lo stava imprigionando da troppo tempo.

Comporre quei testi riguardanti la brutta avventura amorosa con quella persona -della quale, Tom ne è sicuro, tutti i fans hanno capito il nome eppure Bill continua a voler mantenere la segretezza- è stato il suo modo personale per lanciare un S.O.S e chiedere alla musica –e al mondo- di essere salvato.

Tom ricorda perfettamente come si sentiva Bill in quei primi anni a Los Angeles, a come aveva finito per annullarsi dietro ad una persona che nemmeno meritava il suo amore: lo prendeva, lo mollava, lo usava, lo imbottiva di belle parole, di false promesse, di bugie e poi lo lanciava via, lo feriva, lo faceva sentire vuoto, un fallito. E Tom lo vedeva come Bill strisciava per tornare a casa, per ritrovare la via verso la famiglia che gli si stringeva silenziosamente addosso; Tom si prendeva il suo dolore, lo assorbiva mentre lo abbracciava di notte quando Bill aveva in assoluto più bisogno della sua presenza. Dal giorno in cui aveva deciso di dire basta, Bill aveva ricominciato a risalire il sentiero verso la vetta della felicità e dell’amor proprio: di quello, Bill ne aveva perso davvero tanto in quei mesi.

Cantare al mondo il proprio dolore, la storia d’amore che tanto lo aveva incasinato e tanto lo aveva preso a pugni, era stato un modo per sentirsi meno solo perché era sicuro di non essere stato l’unico a farsi prendere per il culo da una persona che giurava di amarlo con tutte le forze. Ne aveva avuto poi conferma sia girovagando per il mondo mentre cantava le sue amate canzoni piene di dolore ed amarezza ed che, più semplicemente, attraverso i social network: era stato meglio, aveva raddrizzato la schiena e tutto il male che faceva inizialmente intonare quelle note e pronunciare quelle parole, adesso era quasi sparito.

Da tempo Bill non voleva tornare in Germania per passare le feste natalizie. Anche quello era un traguardo che aveva raggiunto col tempo, con il passare della paura e dell’ansia che gli dava ritornare lì dove tutto era cominciato. Simone, loro madre, si era sempre rifiutata categoricamente di lasciare quella casa nonostante le minacce ricevute, si era imposta con la stessa tenacia dei figli.

Era bello tornare a casa. Per quanto Tom avesse sempre provato a proporlo al gemello, non lo aveva mai forzato. Probabilmente, quell’anno, ne avevano sentito il bisogno entrambi ed avevano prenotato un aereo per casa. Quella vera.

Anche Bill era stato accanto a Tom in quel momento difficile, quel momento in cui aveva messo la parola fine alla propria relazione, anche lui con una persona che un po’ non si era saputo tenere, un po’ non aveva saputo tenere. Lontano dai guai, lontano dallo schifo, vicino a sé, vicino al proprio amore.

Essere a casa con mamma e Gordon era stato un toccasana –eccetto per la loro alimentazione, Bill era sicuro di aver preso dei chili per le leccornie cucinate da Simone-, era stata una sensazione che da molto non avevano avuto l’occasione di provare. Simone era andata a casa loro a Los Angeles a trovarli –e anche un po’ a controllare come si erano organizzati- ma tornare in Germania era tutt’altra storia. Era stato bello stare tutti assieme seduti in salotto davanti al caminetto acceso, Bill sdraiato sul tappeto con Pumba accoccolato sullo stomaco, Scotty accucciato regalmente nella sua vecchia cuccia posizionata vicino alla poltrona dove stava stravaccato Tom –che di tanto in tanto allungava un calcetto alle gambe del gemello, soprattutto se diceva qualcosa che lo metteva particolarmente in imbarazzo-, mentre Simone ed il marito rimanevano accoccolati sul divano: potevano parlare per ore anche quando la donna si appisolava contro la spalla di Gordon che continuava a scambiarsi opinioni su musica e strumenti con Tom. Per quanto lo riguardava, Bill rimaneva in silenzio e si limitava ad aggiungere qualche parola, magari seguiva le orme della madre e si appisolava un po’ lasciandosi scaldare dalle lingue di fuoco che ardevano qualche metro più in là. Poi finiva sempre con Tom che con un calcetto lo svegliava e allungava la mano verso la sua sorridendogli e tirandolo su: andiamo a dormire, diceva semplicemente.

Il filo di pensieri di Tom si interrompe per un attimo, Bill gli si è seduto accanto e gli sta dicendo qualcosa mentre tiene in mano un paio di pattini e inizia a slacciarsi gli scarponi da neve. Tom annuisce, non gli serve percepire totalmente le parole, riesce a leggere i suoi gesti e a capire di cosa si tratta e poi, in questo caso, è particolarmente semplice: Bill vuole pattinare, davanti a loro si estende un lago ghiacciato. Quando si tira su in piedi, qualche minuto dopo, Bill è un po’ instabile e allunga una mano indietro trovando immediatamente quella di Tom che lo ristabilizza. Poi lo vede prendere il via e cominciare a pattinare tenendo le braccia dapprima un po’ in avanti, poi dietro la schiena.

I pensieri di Tom riprendono a scorrere nella sua testa, il freddo un po’ li rallenta e gli viene anche da ridacchiare quando vede Bill perdere l’equilibrio, gli pare di sentire un’imprecazione tra i denti: in questo momento si ricorda di loro due bambini che pattinavano in centro città nella piccola pista ghiacciata che montavano in inverno. Ci andavano con loro madre e poi anche con gli amichetti, entrambi i gemelli avevano preso delle culate a terra ma era sempre stato divertente.

Tom continua ad osservare il gemello girare in tondo nel grande lago, Pumba che gli corre dietro scivolando con le zampe sul ghiaccio, quasi gli taglia la strada e lo fa cadere ma Bill si ristabilizza in un attimo e fa una giravolta su se stesso riprendendo a ridere spensierato.

Il tutto si riconduce al primo pensiero di Tom: vedere ridere Bill lo fa sentire la persona più felice e fortunata del mondo, lo fa stare bene e come tutti sanno la sua risata è contagiosa così come il suo entusiasmo. Per questo Tom indossa velocemente i pattini appoggiati lì vicino e si tira su in piedi. Con un fischio richiama Scotty che un po’ con gli anni si è impigrito, anche se chiunque parrebbe pigro dinnanzi all’instancabile Pumba. Il setter adesso corre accanto al padrone e gli da una musata contro la mano ricoperta di un guanto felpato.

Con qualche falcata Tom raggiunge Bill, acchiappa un lembo della sua sciarpa e lo fa rallentare, ridacchiando e meritandosi un pizzicotto sul braccio.

Lo affianca e gli fa appoggiare la mano nell’incavo del proprio braccio ed iniziano a parlare dei programmi per il giorno dopo, quel sentiero che a Bill piacerebbe percorrere per arrivare ad una cascata sicuramente ghiacciata e lì sai che belle foto possiamo fare e i cani possono gironzolare un po’ senza problemi. Compiono ancora qualche giro mentre il sole comincia a tramontare dietro la montagna rendendo tutto più buio e più freddo: è adesso che i gemelli si ritrovano infreddoliti e si scambiano uno sguardo d’intesa, due sorrisi furbi sulle bocche uguali, sulla punta della lingua la stessa proposta.

“Cioccolata calda?”

“Cioccolata calda.”

 

Fine

 

*

 

Sarà il freddo, sarà l’aria di Natale che se ne va, saranno i video su Instagram di Bill e quella foto del panorama con un ben poco innocente didascalia. Insomma, da tempo volevo scrivere di nuovo qualcosa su di loro, qualcosa di non troppo zuccheroso né drammatico.

Visto dal punto di vista del nostro Tom che penso lascerebbe fare qualsiasi cosa a suo fratello, si è persino lasciato scattare un selfie con lui, roba che poteva solamente continuare a nevicare da quanto è stato sorprendente!

Questa one-shot vuole seguire i pensieri di un Tom felice dei traguardi del gemello (ed anche dei propri). Insomma, se vi è piaciuta (anche se non vi è piaciuta) fatemelo sapere con un commento.

In caso vi interessasse qualcos’altro natalizio (in tema Merlin) à E sembrerà Natale sempre

Tanti cari auguri a tutti voi,

M.

 

 

 

  
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