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Autore: Sherlocked01_    08/01/2017    0 recensioni
John, dopo la morte di Mary è molto depresso e questo suscita la preoccupazione di Molly. La patologa decide di rivolgersi a Greg, il quale le rivelerà che il buon dottore sta seguendo una terapia particolare...
La storia è ispirata al film Collateral Beauty.
Contiene accenni Lestrolly molto lievi.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Lestrade, Molly Hooper
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Collateral pain

 

“Sono molto preoccupata per John.” disse Molly seduta ad un tavolo dello squallido bar del Bart's. La ragazza stringeva convulsamente le mani attorno alla sua tazza di the e non riusciva a guardare il suo interlocutore negli occhi. Greg, seduto di fronte a lei, posò dolcemente le mani sulle sue per rassicurarla. “Vedrai che si riprenderà, Ella gli ha consigliato una nuova terapia che sembra funzionare piuttosto bene.” sorrise leggermente il DI cercando lo sguardo sfuggente di lei. La patologa lo guardò confusa. “Terapia?” chiese sorpresa. Greg annuì. “Sì, la sua analista gli ha consigliato di scrivere delle lettere per sfogare i suoi pensieri.” spiegò l'uomo. “E a chi le sta scrivendo queste lettere?” chiese Molly sempre più curiosa. “All'inizio pensavo che avrebbe scritto a Sherlock, ma poi mi è capitato per errore di intercettare un paio di quelle lettere.” disse Lestrade sfilando tre buste bianche dalla tasca interna della sua giacca. Le posizionò al centro del tavolo e incitò la patologa a leggere. La ragazza tentennò in po', non volendo invadere la privacy di John, ma alla fine la curiosità vinse sopra ogni remora.

 

La prima lettera portava scritto sulla busta una sola parola: “Amore”. Molly aprì piano la busta e con un sospiro iniziò a leggere.

“Amore,

sei il più grande dono che un umano possa fare. Sei ciò che mi dà la forza di andare avanti da tutta la vita. L'amore per la mia famiglia, per Sherlock, per Mary e, ora, anche per il mio più grande tesoro, la piccola Rosie. Sei ciò che mi ha spinto a diventare un medico, l'amore per la vita umana, mi ha dato l'ispirazione per studiare, in modo da essere in grado di proteggerla e preservarla.

Purtroppo, come sei capace di costruire saldi legami e di formare le persone, sei anche capace di distruggere un uomo, come hai più volte distrutto me, come hai spezzato la mia anima ogni volta che Harry tornava a casa ubriaca fradicia e io cercavo di coprirla e nasconderla agli occhi dei nostri genitori perché avevo paura che la mandassero in un centro per disintossicarsi. Senza di lei la mia vita da adolescente sarebbe stata terribile e sentivo di doverle almeno questo per ripagarla.

Mi hai frantumato il cuore quando Sherlock si è buttato da quel dannato tetto e io non sono stato in grado di fermarlo e così per mesi, anni, hai continuato ogni giorno a martellarmi nel petto e a farmi sentire il peso di quella colpa che non avevo. Poi ho incontrato Mary e di nuovo ti ho sentito, nei suoi sguardi e nei suoi sorrisi. Nelle sue parole dolci e confortanti quando avevo gli incubi e non riuscivo a dormire. Poi Sherlock è tornato e ti ho sentito più forte che mai nelle sue parole di scusa, implicite s'intende, e nel suo modo così freddo e cinico di amarmi e di volermi accanto a se.

Penso di non averti mai percepito in maniera così prepotente e dolce allo stesso tempo come quando è nata la mia bambina. Lei è la tua rappresentazione in forma umana, è tutto per me, o meglio, lo è ora. Sì perché adesso non ho più la mia anima gemella, la mia dolce metà e mi sto di nuovo distruggendo, pezzo per pezzo. Perché quando lei era con me c'eri anche tu e il mio cuore batteva all'impazzata, mentre adesso che lei non c'è più il mio cuore è a brandelli. Ho perso due delle persone a me più care contemporaneamente e penso che non ti sentirò mai più se non sul viso della mia piccola Rosie.”

Molly sentiva un nodo in gola, quelle parole l'avevano scossa nel profondo e le avevano dato ancora di più la convinzione che nessuno avrebbe potuto tirare fuori John da quel baratro, ma doveva tirarcisi fuori con le sue forze. Questa volta però dubitava che ci sarebbe riuscito.

 

La seconda lettera recitava solo la parola: “Tempo” scritta in modo ordinato. La patologa prese due lunghi sorsi del suo the nero prima di cominciare la lettura.

“Tempo,

perché non sei mai abbastanza? Perché non mi è mai permesso di godermi la mia vita con chi amo perché tu scadi sempre troppo presto? So benissimo che per tutti è così, che tutti vorrebbero che tu ti espandessi a dismisura in certi attimi e che invece ti raggomitolassi e facessi piccolo piccolo quando la vita prende una piega sbagliata, ma con me sembri accanirti di più. Sembra che a me tu ti conceda molto meno, in maniera saltuaria e sembra che tu faccia di tutto per farmi del male. Non è stato abbastanza il tempo che rimaneva da vivere ad alcuni commilitoni, non abbastanza per permettermi di salvarli e di compiere il mio dovere. Non sei stato sufficientemente presente quando abitavo con Sherlock e non mi hai permesso di spenderti con lui prima della sua “dipartita”. E adesso, l'unica cosa che vorrei è avere più tempo da poter passare con Mary. Più tempo per lei per conoscere e accudire la nostra bambina. Io da solo non sono in grado di formarla del tutto e soprattutto non sono pronto a farlo. Ho bisogno di te per potermi preparare ad affrontare la giovinezza e l'adolescenza della mia, ormai, unica ragione di vita. Vorrei che tu fossi sempre per Rosie, per darle modo di seguire i suoi sogni e di vivere la sua vita a pieno. E vorrei dare alla mia bambina il tempo che ha diritto di trascorrere con sua madre, perché ci saranno cose che io non potrò fare per lei, e ci saranno consigli che io non potrò darle. Soprattutto però, so che arriverà il tempo delle domande, quando la mia stella i chiederà perché lei non ha una madre come tutti i bambini e che fine ha fatto la sua mamma. Ecco io vorrei che l'attesa di quel momento durasse all'infinito, perché non supererò mai tutto questo dolore e non sono sicuro che avrò mai il coraggio di dimostrarmi debole davanti a lei.”

Al termine di questa seconda lettera le viscere di Molly avevano iniziato a contorcersi e il nodo alla gola a farsi più stretto. Greg dovette accorgersene perché spostò la sua sedia accanto a quella di lei e le cinse le spalle con un braccio per consolarla. La ragazza non ebbe il coraggio di leggere anche la terza lettera, così salutò Greg con un affettuoso bacio sulle labbra e si rifugiò in un bagno dell'ospedale per rinfrescarsi un po' prima di tornare al lavoro. Aveva portato la terza lettera con se, ripromettendosi di leggerla alla fine del suo turno.

 

Erano le dieci di sera e Molly se ne stava seduta sul divano ad attendere che Greg rientrasse dal suo turno di lavoro. Dopo qualche minuto la sua mente si ricordò della lettera che giaceva ancora abbandonata nella sua borsetta da quella mattina, così la ragazza si alzò per andarla a prendere. Una volta trovata la lettera si sedette nuovamente sul divano e si accinse ad aprire la busta con su scritto:”Morte”.

“Morte,

tu che ti sei portata via i miei genitori quando avevo solo quindici anni, tu che ti ho visto prendere centinaia di giovani militari di leva in Afghanistan, tu che ti sei quasi presa il mio migliore amico. Tu bestia senza cuore, perché mi hai strappato anche lei, che era la mia unica ancora di salvezza? Perché mi hai dovuto privare della ma gioia ancora una volta? Hai privato il mondo di una grande donna, hai tolto una madre ad un innocente creatura e hai fatto sì che il mio migliore amico infrangesse il suo voto. Ti ho vista in molti modi, violenta, veloce, dolorosa e perfino misericordiosa, ma mai e dico mai così crudele. Hai preso con la forza tutto ciò che credevo mi appartenesse e mi hai dimostrato come nella vita niente ci appartenga davvero. Hai dimostrato quanto sia inutile tentare di sfuggirti, come quel povero mercante di Bagdad che è fuggito fino a Samarra per cercare di evitarti, invano ovviamente. Io sono il tuo massimo nemico, in teoria, sono colui che tenta di combatterti e scacciarti in tutti i modi, ma nessuno sa meglio di me che quando decidi di prenderti qualcuno non c'è niente da fare per fermarti. Te lo chiedo una seconda volta: perché? Qual'è il gusto di portarsi via delle giovani vite così piene di promesse e speranze? Qual'è il senso di privare la gente del proprio futuro? Sono giorni che mi arrovello su queste domande senza trovare risposte e il dubbio mi sta uccidendo. Tutto ha un suo corso, tutto inizia e finisce, ma perché allora portare via la vita a chi ha a mala pena iniziato a viverla? Non credo troverò mai risposta a queste domande, ma di una cosa puoi stare pur certa: ti terrò lontana dalla mia bambina. Dovesse essere l'ultima cosa che faccio, e probabilmente lo sarà, ma proteggerò quella bambina innocente da tutta la tua spietatezza. Fino a che non verrai a prendere anche me.”

Le guance della giovane erano ormai rigate di lacrime e, non potendo più trattenersi, scoppiò in un pianto disperato finché non cadde addormentata sul divano ed è così che il DI la ritrovò tornando dalla centrale.

   
 
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