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Autore: Miss All Sunday    08/01/2017    1 recensioni
L'agente Romanoff tentennò per qualche istante.
Per quale motivo l'aveva rintracciata? Possibile che lei, la temuta Vedova Nera, fosse in difficoltà? Aveva portato a compimento una missione dopo l'altra, senza mai commettere alcun errore, com'era possibile che fosse sufficiente la sua presenza per metterla in soggezione?
Natasha sapeva benissimo perché l'aveva contattata, ma non avrebbe mai pensato che dirglielo potesse risultare così difficile.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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The Hidden Truth



Russia, 1946

Quello sarebbe stato un giorno diverso all'interno della Stanza, un giorno in cui ogni cosa sarebbe cambiata. Grazie a quella che veniva definita la cerimonia di laurea, avrei finalmente potuto divenire ciò per cui ero stata addestrata, ciò per cui ero stata creata. Sarebbe stato più funzionale, una cosa in meno a cui pensare. Sarebbe diventato tutto più facile, perfino uccidere. 

Erano minuti, forse ore, che attendevo nella mia stanza. Un alloggio personale era un privilegio che solo poche ragazze potevano vantare, un beneficio di cui solo le migliori potevano godere. Al mio letto erano ancora fissate quelle manette che ogni notte mi tenevano ancorata alla realtà. Le pareti pressoché spoglie, presentavano solamente le immagini delle due personalità più influenti, le uniche di cui ci era concesso sapere il nome: Madame B, allenatrice nel combattimento corpo a corpo e Grigor Ivanovich Pchelintsov, il cervello dell'intera organizzazione. La prima era l'addestratrice del nostro fisico, il secondo della nostra mente. Nella Red Room... 

Il flusso impetuoso dei miei pensieri venne bruscamente interrotto da un uomo che fece il suo ingresso nella mia stanza.

"Sliedui za mnoi." (Seguimi) 

Senza dire nulla, mi alzai e obbedii. Sapevo a cosa andavo incontro. Non avevo paura. Quello sarebbe stato un nuovo inizio, il modo in cui avrei dimostrato -soprattutto a me stessa- che sarei stata disposta ad affrontare qualsiasi cosa. Seguii quell'uomo lungo i corridoi che si districavano all'interno di quell'immensa struttura, nessuno, eccetto Madame B e Pchelintsov, sapeva realmente cosa accadesse nelle stanze che si celavano dietro le numerose porte che superavamo velocemente. Giungemmo finalmente a quella che intuii essere la nostra destinazione: la palestra. Perché mai mi ci aveva condotto? La risposta alla mia domanda non tardò ad arrivare.

"Ana hociet tebia videt." (Lei vuole vederti)

Al lato opposto della sala, potei scorgere distintamente la figura della mia addestratrice che stava assistendo ad una lezione di danza alla quale stavano partecipando le nuove arrivate, le nuove reclute.

"Guardale, Natalia. Guardale attentamente." Seguii lo sguardo della donna aldilà del vetro che ci separava dalla stanza adiacente. Notai subito una decina di ragazzine, o meglio bambine, che stavano eseguendo una serie di esercizi alla sbarra sotto lo sguardo vigile di un addestratore.
"Nessuna di loro sopravvivrà e tu lo sai bene. Non sono abbastanza forti e precise. Non sono te... Oggi finalmente raggiungerai il tuo obiettivo. La cerimonia è necessaria per prendere il tuo posto nel mondo."

"Io non ho un posto nel mondo."

"Esatto, ma oggi tutto cambierà. È ora." Concluse, allontanandosi dalla vetrata e dirigendosi verso una porta di metallo poco distante. 

Superatane la soglia mi ritrovai in un altro corridoio, diverso dagli altri, poiché conduceva ad una sola destinazione. La raggiungemmo e rimasi stupita nel capire di cosa si trattasse. Era un ambiente abbastanza asettico e arredato come una sala operatoria. Pareti bianche, un lettino al centro con luci abbaglianti puntate su di esso, alcuni armadietti contenenti vari oggetti ai quali, però, non prestai molta attenzione: un'altra cosa aveva catturato il mio interesse. Si trattava di una piccola fiala di vetro contenente un liquido trasparente e sulla cui etichetta si poteva scorgere solamente un simbolo: due triangoli rossi che formavano una specie di clessidra. 
Gli avvenimenti di poco dopo si susseguirono molto rapidamente. Degli uomini, che indossavano delle mascherine e delle divise da medici, entrarono nella sala seguiti da Madame B che era uscita poco prima lasciandomi sola. Mi fecero sdraiare sul lettino che avevo visto e mi imposero di stare ferma. Dopodiché potei chiaramente sentire la punta di un ago introdursi nel mio braccio. Tutto iniziò a divenire sfocato e l'ultima cosa che riuscii a distinguere fu la voce di uno di quegli uomini: "Iniziamo. Prendete il siero." 
Poi il buio.



Mi risvegliai nelle stessa stanza. La cerimonia era terminata e l'unica prova che mi diede la certezza che tutto fosse accaduto realmente, fu una stretta fasciatura che mi cingeva il ventre. Ignorando il dolore della ferita, provai a mettermi seduta. Tutto era come prima dell'operazione, solo una cosa era cambiata: la fiala con quel segno rosso che un tempo era piena, giaceva ora, svuotata del suo contenuto, su un tavolino poco distante. Possibile che l'avessero usato per me? Solo poco tempo dopo capii realmente a cosa fosse servito. Passarono altri interminabili minuti. Finalmente sentii dei passi provenire dal corridoio che si trovata dietro l'entrata della sala. La porta si aprì e fece il suo ingresso Madame B seguita da uno degli uomini che avevo visto in precedenza. Quest'ultimo si avvicinò a me e, con un gesto deciso, sfilò l'ago che fino a pochi istanti prima si trovava ben piantato nel mio braccio. Prese poi un fascicolo, sul quale riuscii a leggere chiaramente 'Наталья Альяновна Романова' (Natal'ja Al'janovna Romanova) e lo porse alla donna che fissava la scena impassibile. Quest'ultima iniziò immediatamente a sfogliare quel plico che ormai ero certa mi riguardasse.

"Il risultato?" Chiese poi.

"Positivo. È idonea, ma potremo vedere gli effetti del lavoro di Kudrin solo a tempo debito."

"Perfetto, sapevo che non ci avrebbe delusi. Giorni stimati per la ripresa degli allenamenti?"

"Quindici."

"Dieci, non di più. Non abbiamo altro tempo da perdere."

"Come vuole, il siero dovrebbe riuscire ad accelerare il processo di guarigione. Vuole sapere altro?"

"No, per ora è sufficiente." Concluse, facendo poi cenno all'uomo di uscire. 
"Natalia, hai finalmente raggiunto il tuo obiettivo. Ti sei dimostrata superiore alle altre, l'unica degna di sopravvivere, ma non sarà così per sempre. Ricorda: sei una della mie allieve migliori, non deludermi. Tra dieci giorni ricomincerà il tuo allenamento quotidiano." Detto questo non aggiunse altro e se ne andò, così com'era arrivata, portando con sé i fogli di poco prima.



I giorni passarono velocemente. Nei test successivi alla ripresa degli allenamenti, potei constatare che qualcosa in me era cambiato: ero più veloce, avevo riflessi più pronti e la mia resistenza era notevolmente migliorata. Ora però ero in grado di dare una spiegazione a tutti quei progressi improvvisi. Ero riuscita, infatti, ad entrare momentaneamente in possesso del fascicolo che avevo visto nella sala della cerimonia e avevo capito che quelli erano gli effetti di un nuovo siero ancora in fase di sperimentazione. Grazie ad esso, le mie abilità fisiche avevano subìto una notevole evoluzione e le conseguenze erano ben visibili durante le lezioni d'addestramento. 
Da quel momento in poi divenni un'agente operativa a tutti gli effetti. Portavo a termine ogni missione che mi veniva assegnata senza compiere il minimo errore, senza lasciare tracce: ero perfetta. Era esaltante vedere il terrore negli occhi degli uomini che provavano a contrastarmi, quando capivano che per loro era ormai finita. È una loro debolezza sottovalutare noi donne e su questo si basava l'intero progetto 'Vedova Nera'. 

Tutto cambiò quando mi venne affidato il compito di reperire più informazioni possibili riguardo alle invenzioni di un importante magnate americano: Howard Stark. Era una missione comune, niente sparatorie o cose simili, solo un facile lavoro sotto copertura. Mi introdussi senza difficoltà nella sede delle Stark Industries dopodiché, una volta ottenuto ciò di cui avevo bisogno, consegnai tutto direttamente nelle mani di Madame B e dopo poco tempo venni a conoscenza del furto dei progetti di Stark sui quali avevo lavorato. Il giorno seguente alla sparizione, notai un certo fermento all'interno della Stanza. Infatti, era ancora mattina presto quando la mia addestratrice mi fece convocare e subito pensai ad un nuovo incarico. Raggiunta la palestra in cui si trovava, però, notai che non era sola. Era in compagnia di una ragazza, mai vista prima, che si limitava ad osservarmi. Aveva qualche anno in più di me e i capelli biondi erano ordinatamente raccolti in uno chignon. Solo la voce della mia allenatrice ruppe il silenzio che aveva invaso quella sala.

"Natalia, ora dovrai combattere. Non deludermi." 

Rimasi inizialmente sorpresa dalla sua richiesta. Era già capitato che mi venisse ordinato di eseguire una lotta d'esibizione per poter dimostrare i progressi avuti grazie al siero, quella volta però era diverso: eravamo solo io e la mia sfidante, niente scienziati o altri allenatori pronti a valutare i risultati ottenuti. Se c'era una cosa, però, che avevo imparato a mie spese, era che all'interno della Stanza nessuno aveva il diritto di opporsi alle disposizioni ricevute. Così, senza obbiettare, salii al centro del ring dove poco dopo mi raggiunse anche la mia avversaria. Non ero intimidita: avevo già sconfitto molte altre ragazze e lei non sarebbe certo stata un'eccezione.       

Al segnale d'inizio cominciò lo scontro. Una delle regole principali che avevo appreso, era che non bisognava mai essere la prima ad attaccare e quindi iniziai a studiare la mia rivale per poterne identificare i punti deboli, ma per mia sfortuna anche lei sembrava essere a conoscenza di questo stratagemma. Mi resi ben presto conto che aspettando non avrei mai potuto mettere fine a quel combattimento. Decisi perciò di passare al contrattacco puntando al fianco destro, momentaneamente lasciato scoperto, della ragazza. Quest'ultima però, anticipando la mia mossa, si spostò rapidamente riuscendo così a bloccarmi il braccio e facendomi perdere l'equilibrio, dandole così l'opportunità di bloccarmi a terra. Grazie ad un deciso colpo d'anca riuscii comunque ad invertire le posizioni. Pessima decisione: senza che potessi prevederlo, la bionda riuscì a divincolarsi e a colpirmi in pieno volto con un pugno, costringendomi perciò a mollare la presa. Pochi secondi dopo la ragazza era di nuovo all'attacco. Erano impressionanti il ritmo e la precisione con cui sferrava i colpi e solo grazie ad una buona difesa, frutto di molti allenamenti, fui in grado di evitarne la maggioranza. Nonostante la mia resistenza fosse notevolmente aumentata grazie al siero, quello scontro mi stava sfibrando: dovevo porvi fine al più presto.
Dopo l'ennesimo pugno schivato, riuscii a liberarmi da quella situazione di stallo. Mi misi in posizione offensiva e, grazie ad un calcio ben assestato, la costrinsi ad arretrare: finalmente ero io a condurre il gioco. Iniziai ad attaccare senza sosta, ma dopo alcuni minuti, mi resi conto di uno strano comportamento che la mia rivale aveva adottato. Infatti, invece di difendersi per poi provare a colpirmi a sua volta, si limitava a schivare i miei colpi. Purtroppo, quando capii che stava solamente cercando il momento adatto per concludere l'incontro, era troppo tardi. Senza che potessi far nulla per impedirlo, evitò l'ennesimo attacco, si spostò rapidamente alla mia sinistra e si posizionò alle mie spalle bloccandomi poi la testa con una presa ferrea. Quella era la tecnica che io stessa avevo usato parecchie volte per annullare ogni possibile azione delle mie rivali. Stavo aspettando di sentire quel fatidico 'crack', di cui solitamente ero io la causa, che avrebbe sancito definitivamente la fine del combattimento e non solo... 

"Ferma, è sufficiente." La voce di Madame B risuonò all'interno della stanza. Mai era capitato che alla ragazza sconfitta venisse risparmiata la sua sorte.
Come avevo potuto perdere? Da quando il siero aveva iniziato a circolare nelle mie vene nessuno era stato in grado di contrastarmi. 

Mi rialzai, ancora abbastanza sconvolta da ciò che era appena accaduto, e osservai attentamente la bionda che stava lasciando il ring. Solo allora mi accorsi di un particolare che non avevo notato prima. Come avevo potuto essere così ingenua da non rendermene conto? Aveva delle cicatrici sul polso sinistro. Delle dannatissime cicatrici. Se solo me ne fossi accorta in tempo non l'avrei certo sottovalutata. Non riuscii più a tacere i miei dubbi. Non potevo avere appena combattuto contro... Insomma, era una cosa completamente illogica: le avevo sconfitte tutte. 

"Sei un'allieva della Stanza, non è così?" Non c'era altra spiegazione. Quei segni li conoscevo bene, li avevo anche io. Nonostante non fossi più obbligata ad utilizzarle, ogni notte assicuravo il polso alle manette che si trovavano saldamente fissate al letto. Dopo anni all'interno della struttura, quella sarebbe stata un'abitudine dura a morire. 

"Natalia, ti presento la Vedova Nera." Spiegò atona la mia allenatrice.

"Non è possibile, c'è sempre stata una sola Vedova e io ho sconfitto la precedente..."

"Esatto, ma c'è sempre un'eccezione e quella sono io." La ragazza aveva finalmente preso la parola spiazzandomi completamente. La sua voce era calma e controllata, come se mi avesse appena spiegato la cosa più normale e logica del mondo.

"Le vostre doti non sono passate inosservate, né a me né a Pchelintsov. Per questo motivo, voi due siete state designate per prendere parte ad una delle più importanti operazione controllate dalla Stanza. Inoltre vi devo fare i complimenti poiché la prima fase si è conclusa con successo grazie al vostro lavoro."

"Esattamente. Grazie alle informazioni che sei riuscita a reperire riguardo a Stark e alle sue invenzioni, io ho potuto procedere al furto senza alcun problema. Inoltre, il nostro acquirente è stato piacevolmente sorpreso dalla rapidità con cui ha avuto a disposizione l'oggetto di suo interesse. C'è solo una persona che ha provato ad ostacolare il mio lavoro: l'agente Margaret Carter del SSR. Sono inoltre venuta a conoscenza che attualmente, la macchina che utilizzavamo per comunicare con Deminov, è stata trafugata dalla donna." Concluse la bionda.

Non sapevo esattamente a cosa si riferissero, ma evidentemente quella era una missione di importanza prioritaria per Madame B. La donna, infatti, appena appresa la notizia aveva assunto un'espressione contrariata.

"Deminov, sapevo che non ci si poteva fidare di quel tedesco. Cosa sappiamo riguardo a Carter?"

"Margaret Carter è stata un'icona americana al fianco di Steve Rogers durante la Seconda Guerra Mondiale, era attiva nel centosettesimo reggimento e attualmente lavora nella Strategic Scientific Reserve. Non abbiamo altre informazioni che la riguardano."

"Dobbiamo scoprire ogni cosa su di lei per poi liberarcene senza destare sospetti." Madame B si rivolse poi alla bionda "Per questo motivo andrai in America e indagherai. Il nome con il quale ti dovrai presentare sarà..."

******


"Dorothy Underwood, esatto?" 

"Sì, è così." 

"Natasha, posso sapere perché mi hai raccontato tutto questo?" Domandò la donna osservando la ragazza che aveva di fronte, per poi recuperare il caffè che aveva abbandonato sul tavolino al quale erano sedute. "Sai quanto lo S.H.I.E.L.D. abbia fatto fatica a reperire quelle poche informazioni di cui siamo a conoscenza riguardo al tuo passato? Per anni non ne hai fatto menzione e poi, di punto in bianco, mi rintracci chiedendomi di incontrarci. So che sei una delle migliori agenti e so che nulla di quello che fai è lasciato al caso. Ora, mia cara, potresti dirmi il vero motivo della tua chiamata?"

L'agente Romanoff tentennò per qualche istante. 
Per quale motivo l'aveva rintracciata? Possibile che lei, la temuta Vedova Nera, fosse in difficoltà? Aveva portato a compimento una missione dopo l'altra, senza mai commettere alcun errore, com'era possibile che fosse sufficiente la presenza di quella donna per metterla in soggezione?
Natasha sapeva benissimo perché l'aveva contattata, ma non avrebbe mai pensato che dirglielo potesse risultare così difficile.

"Non appena Dottie fece il suo arrivo in America si mise subito al lavoro. Affittò un appartamento all'Hotel Griffith e si finse una normale ragazza proveniente dall'Iowa. Ogni giorno si metteva in contatto con me e Madame B, informandoci dei nuovi sviluppi. Quando fummo certe che la macchina di Deminov fosse ancora in possesso del SSR iniziammo a manipolare le decisioni di quegli agenti."

"Com'è possibile?"

"Sapevamo bene che la famigerata agente Carter fosse l'unica in grado di codificare i messaggi inviati al macchinario ed eravamo anche a conoscenza del suo interesse per le invenzioni rubate. Così ideai un piano, che ritenevo infallibile, per poterla eliminare. Inviai io stessa un messaggio a New York, nel quale si faceva riferimento ad uno scambio d'armi fra Stark e il Leviathan che si sarebbe tenuto in Russia. Ero certa che la futura fondatrice dello S.H.I.E.L.D. sarebbe stata in prima linea per quella spedizione e così fu. Due giorni dopo, infatti, fece il suo ingresso nel territorio della Vedova Nera. Seguivo ogni suo movimento e ascoltavo ogni sua parola. Madame B aveva inoltre disposto le migliori reclute ad ogni angolo della struttura in modo tale che si occupassero, come dire... dell'accoglienza. Peccato che invece di uccidere il nostro vero bersaglio, venne eliminato l'uomo sbagliato: Junior Juniper. Decisi quindi di adottare una tattica più subdola e sicuramente più funzionale, distruggere l'SSR dall'interno e per questo facemmo in modo che il dottor Ivchanko fosse portato in America. Chi mai avrebbe lasciato un prigioniero in balia dei propri aguzzini? Le sue doti di manipolazione mentale fecero il resto. L'agente Yauch e Roger Dooley sono stati l'esempio lampante di quanto il dottore fosse abile nel suo lavoro..."

Natasha non poteva credere che stesse veramente raccontando ogni cosa. 
Intanto, la donna la fissava in silenzio dall'altra parte di quel tavolino. Era tutto così strano e surreale. La mattina si trovava a controllare i rapporti di alcune vecchie missioni e la sera era a Central Park, dove la Vedova Nera le stava dicendo senza mezzi termini che la causa di tutto quello accaduto dalla sua spedizione in Russia in poi -compresa la morte dei suoi colleghi all'SSR- era stata lei. Per la prima volta dopo anni, Margaret Carter non sapeva come comportarsi. 

"Non hai detto nulla per tutto questo tempo, perché ne stai parlando proprio adesso? Perché ne stai parlando con me?" 

"Chi meglio della diretta interessata?" 

"Capisco. Hai deciso di parlarmene, ma ora voglio sapere tutto. Non puoi più tirarti indietro, Natalia." 

L'agente Romanoff potè rivedere nella mora lo stesso sguardo di quando, anni prima insieme al famigerato centosettesimo reggimento, aveva varcato la soglia della Stanza Rossa: sicuro e deciso a scoprire la verità. La Vedova Nera decise di svelare la prima delle sue carte. Recuperò la sua borsa, che giaceva sulla panchina alla quale era seduta, vi estrasse un plico di fogli ormai ingialliti dal tempo e lo consegnò alla donna.

"Questo ti appartiene, non è così?"

L'agente Carter prese quel documento e iniziò a sfogliarlo. L'ultima data che presentava era l'anno 1947,  dopodiché non vi era più scritto nulla.

"Perché questo è in tuo possesso?" Dopo aver ricevuto quella chiamata, l'ex direttrice si era preparata a qualunque evenienza, persino ad un possibile tradimento della ragazza ai danni dell'organizzazione: era pur sempre una spia russa. Tutto quello che le stava accadendo, però, andava ben oltre ogni sua aspettativa.

"C'è un'altra cosa di cui lo S.H.I.E.L.D. non è a conoscenza riguardo al mio passato. Devi sapere che uno dei doveri che dev'essere assolto dalla Vedova Nera è quello di essere sempre fedele alla Stanza Rossa e per attenersi a quest'obbligo spesso bisogna eliminare eventuali pericoli. E, per sua sfortuna, l'agente Thompson del SSR..."

"Ferma, cosa c'entri tu con Jack? È stato ritrovato morto nel suo appartamento di Los Angeles in seguito ad un colpo di pistola, ma non è stato possibile risalire all'arma utilizzata perché..."

"È stato impossibile individuare le rigature. Tipica caratteristica sovietica. Thompson doveva essere eliminato perché possedeva un oggetto che avrebbe potuto crearci parecchi problemi." Natasha aveva assunto un comportamento abbastanza distaccato rispetto a poco prima: era quello l'effetto che le faceva ripensare al suo passato, a tutte quelle note rosse sul suo registro che mai avrebbe potuto cancellare.  
"Aveva il tuo fascicolo identificativo, il quale conteneva vari riferimenti alle tue ricerche in Russia. Ricordi? Della Stanza Rossa non doveva essere trovata alcuna traccia, doveva essere praticamente inesistente. Per questo motivo ho inviato un uomo incaricato di far sparire qualsiasi prova e quell'agente sarebbe stato un testimone scomodo."

"Ma perché ucciderlo? Quello era un falso e voi lo sapevate bene!" La voce della fondatrice dello S.H.I.E.L.D. era dura e decisa, non poteva credere di essere stata la causa per cui Thompson era morto. 
D'altro canto la Vedova Nera sembrava assorta nei suoi pensieri. Peggy schioccò le dita davanti al suo viso e questo sembrò risvegliare la ragazza che, contro ogni aspettativa della donna, sorrise amaramente.

"Hai ragione, era un falso. Però le informazioni riguardanti la struttura in cui è stato ritrovato Ivchanko era tutte esatte. Troppi rischi per noi..." 

"E Dottie? Lei non era un pericolo? Era stata catturata e avrebbe potuto tradirvi da un momento all'altro, perché non eliminare anche lei?"

"Vedi Peggy, quando passi anni all'interno di quell'inferno, preferiresti la morte piuttosto che tradire la Stanza. Quando l'agente Barton ha deciso di risparmiarmi e di portarmi da Fury, contro la mia volontà sia chiaro, avrei preferito morire piuttosto che parlare. Dottie, come me d'altronde, sapeva bene a cosa sarebbe andata incontro se avesse deciso di passare dalla parte del nemico. Per di più, se avesse parlato, loro non ci avrebbero messo molto a saperlo e non avrebbero esitato ad occuparsene. Infine, non è rimasta molto in cella perché tu necessitavi del suo aiuto, esatto?"

"Tu come fai a saperlo? Prima che venisse rinchiusa, io stessa ho assistito alla perquisizione, come avrebbe fatto a informarvi dell'accaduto?"

"La Stanza ha occhi e orecchie dappertutto, reperire informazioni non è certo un problema, credimi. Vuoi sapere altro?"

"Come scusa?"

"Questo era un interrogatorio o sbaglio? Dottie mi aveva parlato della tua, come dire... indole a sottoporre i sospettati al terzo grado. Non ti sei mai fidata completamente di me. Me se sono accorta appena ti ho comunicato il luogo del nostro incontro, ma tu hai detto che era meglio Central Park. Temevi una trappola? Capisco perché sei l'unica donna ad essere stata arruolata al fianco di Captain America: sempre previdente e attenta ad ogni cosa. Ma come darti torto? In fondo anche Dottie era una spia russa, non dev'essere facile fidarti di me vedendo i precedenti. Se non credi a me, però, crederai a questo." Come in precedenza, la rossa, prese la sua borsa e vi estrasse un oggetto abbastanza singolare. Era un sfera dal colore metallico che presentava un unico pulsante.

"Non può essere. Quello è..." Di fronte a quel contenitore Peggy Carter aveva perso ogni certezza. La Vedova Nera era riuscita a far crollare la sicurezza che fino a quel momento le aveva permesso di mantenere la calma, ma ora era troppo persino per lei.

"No, non si tratta del Pulsante Blitzkrieg. O meglio, non si tratta del sangue di Steve. L'ultima fiala del sangue di Captain America è andata persa molti anni fa. Quest'oggetto, però, potrebbe essere la risposta alle tue domande." Detto questo, la russa aprì la sfera rivelando al suo interno una provetta di vetro.
"Come saprai, dopo la decisione forzata di entrare nello S.H.I.E.L.D., ho chiuso ogni contatto con la Stanza Rossa. Diciamo però, che prima di abbandonarla definitivamente mi sono permessa di prendere qualche souvenir: il tuo fascicolo, quella fiala e le ricerche degli scienziati riguardo al siero."

"Cos'è quel liquido, Natalia?" 

Era la seconda volta, durante quella conversazione, che Peggy la chiamava con il suo vero nome. Natasha ormai aveva capito che era solo un espediente utilizzato dalla donna per farle credere di non essere in difficoltà, di avere tutto sotto controllo. E lei aveva semplicemente deciso di stare al suo gioco. Sapeva bene quanto potesse essere snervante vedere tutte le tue certezze sgretolarsi una dopo l'altra in così poco tempo. In fondo, appena entrata nello S.H.I.E.L.D. Fury aveva fatto lo stesso, facendole capire senza troppi giri di parole che lei era stata solamente una cavia nelle mani degli scienziati della Stanza.

"C'è una cosa che non ti ho detto prima. La sostanza usata su di me non è altro che una variante del siero del Super Soldato. Questa è l'ultimo campione del liquido usato per Steve Rogers. L'avevo rubata per poterla rivendere, ci sarebbero stati migliaia di possibili acquirenti disposti a pagare qualunque cifra, ma credo che debba averla tu."

"Perché stai facendo questo? Prima mi racconti tutta la verità, poi mi restituisci il fascicolo e infine questo." 

"So che può sembrare difficile da credere, ma tu ed io non siamo poi così diverse. Sai anche la temibile Vedova Nera ha un cuore. Posso capire pienamente cosa significhi innamorarsi di qualcuno e poi, da un giorno all'altro, perderlo per sempre. Se di quella persona potessi avere anche solo un ultimo ricordo, qualcosa che mi tenga legata a lui, sappi che sarei disposta a fare carte false pur di ottenerla. Non sono venuta qui oggi per mostrarti compassione o cose simili, voglio solo che tu abbia questo. Tenerlo o liberartene è una tua scelta, ma almeno per una volta non voglio essere io a decidere per qualcun altro."

Dire che l'ex direttrice rimase sorpresa da ciò che la russa le aveva appena confessato, sarebbe stato un eufemismo. Chi altri, all'interno dello S.H.I.E.L.D., aveva avuto l'occasione di conoscere avvenimenti così importanti del suo passato? O meglio, chi altri aveva anche solo parlato faccia a faccia con lei? 

"Quindi è questo che ti ha spinto a raccontarmi tutto?"

"È così difficile da credere?" Un sorriso amaro si delineò sulle labbra di Natasha. "Quando ero nella Stanza mi avevano insegnato che niente e nessuno doveva frapporsi tra me e il mio compito. Poi però..." 

"Poi però ti sei innamorata e non hai potuto fare nulla per impedirlo, esatto?"

Il silenzio della Vedova Nera valse più di qualsiasi risposta che Peggy potesse ricevere.

"Hai ragione, non siamo poi così diverse. Chi l'avrebbe mai detto: la direttrice dello S.H.I.E.L.D. e una spia russa sedute ad un tavolino di Central Park."

"Dimentichi la parte in cui ci scambiamo sieri, documenti sovietici e files segreti, ma questo rientra nella normalità per noi due. Peggy, devi sapere che nessuno all'interno dello S.H.I.E.L.D. conosce il mio passato e vorrei che le cose rimanessero tali."

"L'agente Barton?"

"Lui... lui è l'eccezione. Mi ha costretto a seguirlo in America, credi che non ci abbia già pensato a farmi il terzo grado? C'è solo una cosa di cui nemmeno Clint è a conoscenza."

"Che la temuta Vedova Nera si è innamorata? Ti capisco. Dopo la scomparsa di Steve, non hanno fatto altro che additarmi come la ragazza indifesa e che aveva bisogno della compassione altrui. Poi però, grazie alla vicenda di Dottie e tutto il resto, hanno capito che non ero così ingenua."

La conversazione tra le due venne interrotta dal cellulare della russa che squillava prepotentemente.

"Clint?"

"Nat, non so dove diavolo tu sia finita, ma devi tornare subito! Fury ti sta cercando, dice che è urgente. Vuoi per caso far infuriare il pirata? Lo sai meglio di me che sarebbe un grosso errore farlo arrabbiare."

"Sì d'accordo. E Clint, evita di chiamarlo 'il pirata' quando è nei paraggi, sai che ha sempre odiato quel soprannome."

"Credi che non lo sappia, Tasha? Ora sbrigati prima che mi costringa ad andare con l'agente Hill, sai bene che quella donna mi mette in soggezione."

"Sto arrivando Barton, prendi tempo." Detto questo, pose fine alla chiamata prima che l'uomo potesse ribattere su quanto fosse stato stupido e incosciente da parte sua sparire per tutto quel tempo senza farne parola con lui. La ragazza tornò poi a concentrarsi sulla sua interlocutrice.

"Ricorda, nessuno deve sapere di questo incontro."

"Tranquilla e poi far sparire le tracce è una tua specialità. Budapest ne è un esempio, giusto mia cara? Ah, Natasha... grazie di tutto, davvero." 

"Grazie a te Peggy. Sai, in fondo Dottie è stata fortunata a vederti in azione. Ora devo sbrigarmi, Clint ha tante buone qualità, ma sostenere una conversazione con Fury non rientra fra queste." 

Detto questo la russa si avviò verso l'uscita di quel parco che, insieme a Margaret Carter, sarebbe stato custode del suo passato.



Angolo Autrice

Ciao a chiunque sia arrivato fino a questo punto e grazie per aver letto questa mia  prima storia sul fandom di Avengers.
Ho sempre pensato che Natasha (visti i suoi precedenti) debba sapere chi sia Peggy Carter e che la frase rivolta a Steve "Chi è la donna?" nel film 'The Winter Soldier', sia solo un modo per vedere la sua reazione nel rivedere Margaret. Per questo motivo -e perché ho adorato la serie "Agent Carter"- nasce questa One Shot ambientata prima del progetto Avengers e del ritrovamento di Captain America, quando la russa è un'agente dello S.H.I.E.L.D. che lavora al fianco di Clint e quando Peggy crede ancora che Steve sia morto a causa dell'incidente aereo.
Non mi resta altro che ringraziare la mia pazientissima Beta (_cryptic_) che come sempre mi ha supportato e, soprattutto, sopportato durante le mie fasi di ispirazione per questa OS.

Per ora è tutto, quindi alla prossima,
Miss All Sunday.
 
   
 
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